TRIESTE – Abbiamo avuto l’occasione di realizzare un’intervista esclusiva nel capoluogo giuliano a Zoran Dragić, ex giocatore dei Phoenix Suns e dei Miami Heat in NBA, che ora milita tra le fila dell’Alma Pallacanestro Trieste. Abbiamo parlato, con il classe 89′, dell’Alma, di Trieste, dell’NBA e dell’aspetto mentale della pallacanestro. Ringraziamo vivamente Zoran Dragić e l’ufficio stampa di Alma Pallacanestro Trieste per la disponibilità e vi auguriamo una buona lettura.
D: Come stai ora fisicamente e mentalmente?
Z: “Sto bene. Penso che il peggior momento per me, fisicamente e mentalmente, sia stato quando sono arrivato perché non giocavo un cinque contro cinque da molto tempo, a causa del mio secondo infortunio al legamento crociato del ginocchio destro. Mi allenavo esclusivamente da solo e facevo qualche uno contro uno ma si verificano poche situazioni rispetto ad un allenamento o ad una partita in cui ci sono dieci giocatori sul parquet. Adesso ritengo che ho una buona forma fisica anche perché all’Alma ci alleniamo molto bene. Per quanto riguarda la squadra devo dire che tutti hanno raggiunto il picco fisico nel corso della stagione e con i risultati che abbiamo ottenuto, nonostante siamo un po’ calati nel finale di campionato, cosa che è comunque normale, siamo consapevoli di avere buone chance di raggiungere i playoff ad una partita dal termine della regular-season.”
D: A mio modesto parere, penso che la partita contro Milano sia molto particolare. Dovrete affrontare una squadra che non ha niente da conquistare ma ha tanti comprimari che sono molto motivati. Come si prepara, mentalmente, un incontro del genere?
Z: “Penso che non lo prepari un incontro del genere perché conosciamo bene chi gioca lì. Dobbiamo giocare la miglior partita possibile, col giusto atteggiamento, anche perché conosciamo le nostre potenzialità nonostante le due ultime partite. In più non abbiamo molta pressione. Sappiamo che per qualificarci, senza ulteriori pensieri, dobbiamo vincere ma abbiamo altri risultati a disposizione perché altre squadre devono necessariamente conquistare due punti. Le probabilità sono dalla nostra parte ma sicuramente andremo a Milano per vincere cercando di sfruttare l’assenza di Mike James. Sappiamo che ci sono molti comprimari, di altissimo livello, che non hanno giocato tanto e vorranno mostrare a Pianigiani cosa siano in grado di fare e sarà difficile per questo motivo. Comunque vogliamo batterli e penso anche che giochiamo meglio contro le big di questo campionato. Questo è successo anche all’andata e credo che accadrà anche in questa occasione.”
D: Hai imparato qualcosa di nuovo durante questi quattro mesi a Trieste sulla pallacanestro o sulla vita in generale?
Z: “Non proprio. Sono professionista da dieci anni ma imparo qualcosa ogni giorno su situazioni differenti. Penso che qui ci sia una grande storia perché Trieste è una città che vive di pallacanestro ed è brutto ciò che è successo negli scorsi due mesi con il presidente. Questa è stata una distrazione per noi giocatori ma siamo stati in grado di dimenticare ciò ed abbiamo dimostrato che per noi il basket è più importante del resto.”
D: Quali sono le differenze tra l’NBA ed il basket europeo nel modo di giocare?
Z: “È diverso, è più veloce e ci sono giocatori più atletici. In Eurolega c’è più cinque contro cinque mentre se dovessi includere la Serie A ci sono ulteriori comparazioni e similitudini. Per esempio, sia in Italia che negli USA, le partite hanno ritmi alti e ciò produce molti contropiedi. Però in NBA c’è tanto isolamento uno contro uno, cosa che in Europa non è possibile a causa dell’assenza della regola dei tre secondi difensivi. In più le dimensioni del campo sono maggiori oltreoceano e ciò offre scenari tattici alternativi. Sostanzialmente è tutto diverso negli Stati Uniti.”
D: Secondo te in che modo si evolverà il gioco della pallacanestro? Pensi che questo cambiamento sarà simile o diverso tra Stati Uniti ed Europa?
Z: “Penso che sarà come in NBA. Personalmente non voglio questo ma i giovanissimi guardano soprattutto la NBA e vorranno essere come James Harden e Steph Curry. Al giorno d’oggi il basket è un gioco di puro atletismo, non come prima. È sicuramente più divertente vedere partite con ritmi alti, contropiedi e schiacciate ma questa filosofia, presente soprattutto in NBA, non mi piace. Preferisco il basket europeo perché si gioca coralmente e tutte le partite devono essere affrontate al cento per cento.”
D: E come vedi un’eventuale introduzione, in futuro, della linea da quattro?
Z: “Penso che non la metteranno mai perché non ha un briciolo di senso. Lo hanno fatto della BIG 3 ma nel basket competitivo non ha assolutamente senso. Penso che non si possa sviluppare, in termini regolamentari, questo gioco.”
D: Viviamo nell’era delle statistiche. Quanto sono utili per voi giocatori questi dati per conoscere i vostri avversari?
Z: “Hanno certamente la loro utilità, specialmente quando abbiamo i meeting per preparare le partite. Per esempio studiamo, nel corso della settimana, le loro percentuali dal campo o il loro lato preferito quando decidono di andare fin sotto canestro. In particolare, nei momenti cruciali, cerchi di pensare ai punti deboli dell’avversario, ed in questo i coach ti aiutano molto, per indurlo ad un errore che può rivelarsi determinante. Quindi si, le statistiche sono un mezzo importante per prepararci alle partite.”
D: La partita di domenica scorsa contro Sassari ha rappresentato ancora una volta quanto sia importante l’aspetto mentale nel basket. Credi che i fan sottovalutino, al giorno d’oggi, questa componente?
Z: “L’aspetto mentale del gioco è cruciale perché, qualora uno non sia completamente concentrato giocherebbe male e non produrrebbe tanto quanto desidera. In più la pressione del risultato gioca un ruolo considerevole. Ogni giocatore si prepara in modo diverso all’incontro dal punto di vista mentale ma possono accadere giorni, come nel match contro Sassari, in cui non entra niente a nessuno, tutto va storto e ciò non ci è mai successo nei quattro mesi in cui sono qua. Non riuscivamo a tornare in partita perché, nonostante il nostro impegno, niente è andato dalla nostra parte ma sicuramente la parte mentale nella pallacanestro è molto importante.”
D: Ti ho fatto questa domanda anche perché ci sono persone che giudicano i giocatori in base alle statistiche, cosa ne pensi?
Z: “Penso che non si possa giudicare qualcuno solamente dalle statistiche. Ti aiutano molto perché scopri le tendenze dell’avversario ma non puoi basarti esclusivamente sui numeri. Non è che se uno tira male non è un buon giocatore.”
D: Hai avuto due infortuni, che hanno riguardato il legamento crociato del ginocchio destro, in due anni ma ora sei tornato ad ottimi livelli. Qual è stata la cosa che ti ha più spinto a tornare dopo questo periodo buio? Hai qualche consiglio per coloro che stanno attraversando un momento difficile?
Z: “Per me, quando ho avuto il primo infortunio, è stato molto difficile perché era qualcosa di nuovo nella mia vita. Non avevo mai avuto problemi del genere ed ero impaurito perché non sapevo come approcciarmi a questo tipo di problema. Quando sono guarito ero felice perché volevo dimostrare che potessi recuperare da questa brutta esperienza ma il punto è il modo in cui torni. Ciò perché questo problema ti può davvero mettere in difficoltà soprattutto dal punto di vista mentale. Pensi di non poter andare più dentro perché hai paura di subire un contatto e quindi cambi il tuo modo di giocare. Ciò può essere positivo ma anche negativo perché la paura non ti fa affrontare il gioco come in precedenza. Con il secondo infortunio sapevo già cosa dovessi fare ed in più sono stato molto sfortunato in quell’occasione. Praticamente l’arbitro aveva già fischiato un fallo mentre io stavo andando a realizzare un lay-up nonostante il canestro non sarebbe stato convalidato. A quel punto un giovane del Tofaş mi ha spinto mentre ero in aria perché pensava che l’azione fosse in proseguimento. Non è accaduto perché ero tornato in fretta ed il ginocchio non fosse solido ma a causa di questo evento sfortunato. Queste però sono cose che succedono. A quel punto ho pian piano accettato l’accaduto e volevo tornare a tutti costi per i miei figli, per mia moglie e perché non volevo ritirarmi in questo modo. Volevo ritornare a modo mio. A tutti quelli che stanno vivendo un momento difficile voglio dire di essere ottimisti, di lavorare duro e che buone cose accadranno. Questo è solo un ostacolo nella vostra carriera.”