Il settebello è servito! Incuranti dell’assenza di Giannis Antetokounmpo, stanotte i Milwaukee Bucks hanno schiacciato gli Indiana Pacers 140-113, chiudendo la pratica già nel primo quarto e infilando la settima vittoria consecutiva. I ragazzi del Wisconsin hanno perso solo una volta nelle ultime 13 partite e stanno ricordando la loro forza all’intero universo NBA, che sembrava essersela scordata un po’. Un Antetokounmpo superlativo è sicuramente il punto di partenza, ma i Cervi sembrano aver sfruttato questo periodo passato un po’ sottotraccia per compattarsi come squadra. Il talento, d’altronde, è sempre stato lì e ora Nets e 76ers sono avvisati.
The Greek Freak vuole mettere in difficoltà i giurati
Bill Russell, Wilt Chamberlain, Kareem Abdul-Jabbar, Moses Malone, Larry Bird, Magic Johnson, Michael Jordan, LeBron James. Otto nomi, gli unici otto giocatori ad aver vinto il premio di MVP per più di due volte. Se non sono gli otto migliori di sempre non ci andiamo comunque molto lontano. Per i criteri impliciti di assegnazione del Maurice Podoloff Trophy è davvero arduo che Antetokounmpo riesca a conquistarlo anche in questo 2021, visto che lo inserirebbe in una élite davvero difficile da sostenere. Sopra Duncan, sopra Karl Malone, sopra Nash, sopra Curry: nomi tutt’altro che banali. Senza contare che solo Russell, Chamberlain e Bird sono riusciti a trionfare per tre anni consecutivi: il greco ha la storia contro di sé.
Giannis sta giocando come se di tutto questo non gli importasse una virgola (com’è giusto che sia, d’altronde): 29 punti e 11.7 rimbalzi di media, cifre da Shaquille O’Neal condite dal massimo in carriera di 6.4 assist. Dominatore sui due lati del campo e anche un po’ sbruffone: in poche parole, una stella NBA.
Giannis hit Dwight w the step back and then told the 76ers to sit down ??? pic.twitter.com/D95vqH29rs
— BasketballontheBrain ? (@1Guy1Basket) March 18, 2021
Il greco è sempre stato un buon passatore in transizione, molto puntuale in situazioni di “penetra e scarica”, ma quando riesce ed effettuare le giuste letture e ad eseguire con questa precisione a difesa schierata diventa veramente arduo fermarlo.
Un argomento di dibattito ormai eterno anche su queste pagine è un maggiore utilizzo di Giannis come tagliante, o comunque un maggiore coinvolgimento in situazioni di ricezione dinamica. Il suo playmaking è clamoroso per la stazza ma in assoluto ha comunque dei limiti, soprattutto in prospettiva playoffs: non sembra effettivamente un’eresia provare a togliergli un po’ la palla dalle mani. Anche perché parliamoci chiaro: chi può fermare quella combinazione di forza e agilità lanciata in corsa? Il più delle volte non servono neppure letture astruse o passaggi particolarmente complicati per arrivare a due punti facili facili.
Il tiro da 3 punti continua ad essere altalenante ad essere buoni, con meno del 30% su quasi 4 tentativi a partita. Dalla linea della carità, invece, stanno arrivando risultati incoraggianti. Dopo un inizio terribile Antetokounmpo si è ripreso: in queste ultime 13 partite la percentuale è un ottimo 78%, che si alza all’80% nel recente filotto di vittorie. Campioni non così estesi, certo, ma non è un caso che il rendimento di Milwaukee si sia alzato in concomitanza con più liberi messi dentro dalla sua stella. In una NBA all’insegna dell’efficienza è fondamentale che un giocatore che attacca così tanto il ferro riesca a guadagnare dai suoi viaggi in lunetta.
Per il resto Giannis è sempre lui, per sua stessa ammissione un po’ più tranquillo nel giocare con qualche riflettore in meno puntato addosso. I recenti infortuni di Joel Embiid e LeBron James stanno facendo scivolare sempre di più quel certo trofeo tra le mani di Nikola Jokić, ma state certi che il greco farà di tutto per cambiare il corso degli eventi, una sgroppata alla volta.
Un mattoncino alla volta, una partita alla volta
Tutta Milwaukee in realtà sembra aver beneficiato di un’aria più tranquilla. Khris Middleton è forse un po’ in calando dopo un anno e mezzo ad altissimi livelli, ma rimane un’assoluta garanzia nel ruolo di secondo violino. Donte DiVincenzo non è più una sorpresa da tempo e Brook Lopez è, beh, Brook Lopez: sempre tanti dubbi sulla sua difesa drop e sempre tante triple messe a segno, con qualche prestazione di livello in più nelle ultime gare.
Il vero punto di discontinuità si chiama Jrue Holiday: l’ex giocatore dei Pelicans ha sostanzialmente guardato i compagni da casa per l’intero mese di febbraio causa coronavirus e le sue 10 partite saltate si sono fatte sentire eccome. Pare che Holiday avesse sintomi, e il caso Tatum dimostra come gli strascichi di questo maledetto agente patogeno possano essere anche piuttosto lunghi: Coach Budenholzer lo ha fatto dunque partire dalla panchina nelle prime tre uscite e ha aumentato in maniera graduale il suo minutaggio.
Anche 20 minuti di Jrue a mezzo servizio sono oro colato per i Bucks, figuriamoci se poi tira fuori canestri della vittoria come quello contro i Grizzlies o prestazioni come l’ultima: 28 punti e 14 assist, con 11 su 15 dal campo e 5 su 6 da tre. Holiday è un buon passatore, probabilmente anche un po’ sottovalutato, ed un realizzatore completo: non battezzabile al tiro da fuori e soprattutto pericoloso in penetrazione quando ha spazio. Non un primo violino, ma un giocatore che vorresti sempre avere come seconda o terza opzione, magari appostato sul lato debole.
Il suo QI cestistico è ben noto e se in attacco si fa notare, è in difesa che dà il meglio di sé: qui una palla rubata con nonchalance ad un certo Russell Westbrook, in una situazione che si verifica quasi ad ogni partita dei Bucks.
In linea di massima Milwaukee, nella discontinuità del suo roster, trova sempre qualcuno in grado di portare un contributo sufficiente a portare a casa la partita, dimostrandosi forse squadra più lunga di quanto ci si aspettasse ad inizio anno. Si potrebbe citare sia Pat Connaughton, che in qualche modo il suo lo fa sempre, sia Bobby Portis, che quando collega tutti i fili nei punti giusti della sua testa si ricorda del talento che ha, ma per una volta si può pure premiare Bryn Forbes, specialista che più specialista non si può.
L’ex guardia degli Spurs è poca cosa fisicamente ed è meglio non chiedergli di mettere troppo palla a terra, ma quando ha la mano calda è capace di mettere nel canestro tutto ciò che gli passa per le mani. Al netto di uno 0/10 dal campo contro Philadelphia, Forbes di recente ha fatto vedere più spesso la sua versione di cecchino, come ad esempio nel clamoroso 7/7 da dietro l’arco contro i Knicks. Come spesso accade, la fiducia fa andare anche oltre i propri limiti: sarete sorpresi di vederlo chiudere al ferro assorbendo il contatto con la naturalezza di un navigato Dwyane Wade.
In tutto ciò si è potuto avere solo un assaggio del potenziale contributo di P.J. Tucker alla causa, che abbiamo precedentemente approfondito. Tucker non è certo un giocatore d’estro, ma il suo mantra di difesa e triple dagli angoli ben si adatta, almeno sulla carta, a questa squadra. Ci sono dubbi tecnici, tattici, psicologici, ma i Bucks hanno fatto semplicemente vedere cosa possono essere quando riescono a giocare la loro pallacanestro: una serissima pretendente a quelle NBA Finals tanto agognate, con più di un pensiero al Larry O’Brien Trophy. Scusate se è poco.