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Gli imbucati tra le stelle
I 10 All-Star peggiori della storia

Jacopo Bianchi by Jacopo Bianchi
7 Marzo, 2021
Reading Time: 9 mins read
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NBA ALL STAR FLOP

Copertina a cura di Francesco Ricciardi / Getty Images

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Si è discusso in passato, si sta discutendo proprio in questi giorni e si discuterà in eterno tra tifosi, addetti a lavori e giocatori sulla selezione dei partecipanti all’All-Star Game. È normale che sia così, per certi versi è anche voluto, ma ciò non toglie che in alcune occasioni le scelte della NBA abbiano dato la netta impressione di essere prese in totale controtendenza rispetto a tutto quello che rappresenta un All-Star Game.

In quella che dovrebbe essere per definizione la vetrina delle stelle più brillanti della Lega, nascosti più o meno nel dimenticatoio, abbiamo individuato degli imbucati. Da qui nasce questa lista con 10 nomi insoliti, curiosi e probabilmente non meritevoli di poter vantare nel proprio curriculum una presenza all’All-Star Game. Giusto per guardare le cose dalla giusta prospettiva: se non conoscessimo il tema trattato scorrendoli potremmo pensare a tutto tranne che a un agglomerato di giocatori che hanno disputato la partita delle stelle.

Parliamo di una materia che possiede un’ampia dose di soggettività, ma è fondamentale avere alcune regole di base che ci permettano di giungere facilmente ad un gruppo circoscritto rispetto ai 495 giocatori convocati nella storia dell’ASG. Per semplificare il processo e raggiungere la crème de la crème escludiamo tutti i giocatori che hanno partecipato a più di un’edizione in carriera. Prenderemo in considerazione soltanto le stagioni successive al ‘merger’ tra NBA ed ABA avvenuto nel 1976 per il semplice fatto che il numero di squadre nei primi 30 anni della Lega è cambiato e non di poco. L’ordine cronologico la rende una lista e non una classifica, ma soprattutto non aumenta ulteriormente la dose di soggettività necessaria per stilarla.

 

1) Don Buse – Indiana Pacers (1977 – Milwaukee)

Stagione della convocazione: 8,0 punti 3,3 rimbalzi 8,5 assist 3,5 rubate

Il playmaker arrivato ai Pacers nel 1972 aveva fatto in tempo a vincere il titolo ABA 1973 inserendosi alla perfezione nel sistema già ampiamente collaudato di Bob ‘Slick’ Leonard. Buse, dopo aver già disputato un All-Star Game in ABA, a metà della sua prima stagione NBA viene selezionato per la partita delle stelle.

Il motivo è abbastanza chiaro visto che il prodotto di University of Evansville guida la classifica di assist (8,5) e palle rubate (3,5) dell’intera Lega che infatti vincerà al termine della stagione. Peccato che le sue capacità realizzative non siano proprio dello stesso livello (8 punti di media con meno del 40% al tiro) e anche il suo status non sia propriamente da star.

La stagione 1976-77 rimarrà, infatti, la migliore della carriera NBA per Buse che una volta inquadrato da tattici e scout farà sempre più fatica ad esprimersi, fino ad un lento ed inesorabile declino. La presenza di Buse all’ASG 1977 si può quasi considerare una scelta politica, dettata dal ‘merger’ appena siglato tra le due leghe e volta a riconoscere l’ottimo lavoro fatto dai Pacers nei 9 anni di ABA.  

 

2) Steve Johnson – Portland Trail Blazers (1988 – Chicago)

Stagione della convocazione: 15.4 punti 5.6 rimbalzi 1.3 assist

Al celebre All-Star Game di Chicago del 1988, quello del secondo titolo di Jordan allo Slam Dunk Contest, avrebbe dovuto partecipare anche Steve Johnson. Il lungo dei Blazers però si infortunò alla caviglia e fu costretto a dare forfait, infatti tra le fila dell’Ovest James Donaldson prese il suo posto.

Resta però la selezione di un giocatore che stava viaggiando a poco più di 15 punti e neanche 6 rimbalzi di media, mentre nella stagione precedente ad esempio aveva chiuso a quota 16,8 punti e 7,2 rimbalzi. Lo stesso Johnson, infatti, disse che secondo lui avevano sbagliato anno per l’eventuale convocazione, esattamente come ammise che le sue caviglie erano arrivate al capolinea. Da qui in poi giocherà solo altre 43 gare prima di ritirarsi. 

 

3) James Donaldson – Dallas Mavericks (1988 – Chicago)

Stagione della convocazione: 7,0 punti 9,3 rimbalzi 0,8 assist 1,3 stoppate

Ovviamente il sostituto di Steve Johnson non poteva essere da meno per cui la NBA restando coerente decise di completare la rappresentate della Western Conference con James Donaldson. Giusto per considerare il tutto con le debite proporzioni i compagni di reparto erano Karl Malone, Abdul-Jabbar e Olajuwon, gli avversari diretti Moses Malone, McHale, Ewing e Barkley.

La NBA scelse di colmare il vuoto lasciato da Johnson concedendo un terzo convocato ad una delle migliori squadre della stagione: ad Alex English e Fat Lever venne aggiunto proprio Donaldson. É innegabile che il centro, passato anche in Italia in un paio di occasioni, contribuì a portare i Mavs fino a gara 7 della finale di conference contro i Lakers, ma lo è anche il fatto che non lo fece da protagonista. I numeri messi a registro da Donaldson nella stagione 87-88 da quell’anno in poi sono stati raggiunti da oltre 400 giocatori.

 

4) Tyrone Hill – Cleveland Cavaliers (1995 – Phoenix)

Stagione della convocazione: 13,8 punti 10,9 rimbalzi 0,8 assist

Viaggiare in doppia-doppia di media sicuramente è un bel biglietto da visita per provare a strappare una convocazione ad un All-Star Game. Lo è ancora di più se capita nella Eastern Conference in un periodo non particolarmente florido dal punto di vista dei lunghi. Dietro O’Neal, Johnson, Ewing e Mourning nel 1995 c’era ampio spazio di manovra e fu il 26enne Tyrone Hill a sfruttarlo al meglio.

Non ci furono infortuni in questo caso a mitigare le responsabilità, esattamente come non ci furono particolari meriti di squadra. Cleveland, infatti, chiuse la stagione a quota 43 vittorie e con una secca eliminazione al primo turno dei playoffs. Dal punto di vista statistico fu la miglior stagione in carriera di Hill che dopo il discreto crescendo delle prime 5 annate non riuscì mai a fare meglio di così. Trovarsi al posto giusto nel momento giusto a volte conta più di tutto il resto. 

 

5) Chris Gatling – Dallas Mavericks (1997 – Cleveland)

Stagione della convocazione: 19 punti 7,9 rimbalzi 0,6 assist

Chris Gatling ha realmente giocato i 5 mesi di pallacanestro migliori della sua vita proprio prima dell’All-Star Game 1997 per cui si potrebbe dire che in qualche modo ha ingannato il sistema, ma facciamo qualche passo indietro.

La scelta numero 16 del Draft 1991 gioca le prime 4 stagioni NBA con la maglia dei Warriors senza mai superare i 26 minuti di impiego e i 13 punti segnati. A metà della stagione successiva viene ceduto agli Heat che però abbandona già in estate. Sceglie Dallas che effettivamente sembra la squadra perfetta per lui, ma gli stessi Mavs poco dopo la pausa per l’All-Star Game lo cedono ai Nets. Anche New Jersey a poco più di un anno di distanza procede nella stessa maniera spedendolo ai Bucks. Arriveranno altre 4 squadre in 3 stagioni prima delle famigerate 12 gare disputate con la maglia della Scavolini Pesaro.

Il quadro del giocatore è piuttosto chiaro, come lo è lo status molto distante da quello di superstar, eppure quei 5 mesi a 19 punti e quasi 8 rimbalzi sono bastati a portare Gatling tra le stelle. Aiutò e non poco la situazione infortuni con ben 5 giocatori ai box (Barkley, Mourning, Ewing, O’Neal e Drexler) e la scelta della NBA di puntare su giovani emergenti per rimpiazzarli (Garnett e Webber alla prima convocazione) tra cui proprio lo stesso Gatling.

 

6) Theo Ratliff – Philadelphia 76ers (2001 – Washington D.C.)

Stagione della convocazione: 12,4 punti 8,3 rimbalzi 3,7 stoppate

L’All-Star Game del 2001 è decisamente uno dei più belli di sempre con l’entusiasmante rimonta dell’Est chiusa da Marbury e Iverson in un finale da partita vera. Avrebbe dovuto essere della partita anche Theo Ratliff, il centro dal corpo di cristallo di quei 76ers da finale NBA al termine della stagione. Ma fu proprio un infortunio ad impedire al nativo di Demopolis di coronare una stagione da oltre 12 punti 8 rimbalzi e soprattutto quasi 4 stoppate di media.

Numeri sicuramente importanti, ma sono medie che rappresentano il massimo in carriera in ogni categoria, a cui Ratliff non si avvicinerà mai più nei 10 anni successivi di carriera. Il centro dell’Alabama sarà sempre ricordato come un grande combattente del pitturato e come un eccellente stoppatore, ma non più di questo. Sappiamo fin troppo bene che la classe operaia ogni tanto va in paradiso, ma non dovrebbe bastare per una convocazione all’All-Star Game.

 

7) Jamaal Magloire – New Orleans Hornets (2004 – Los Angeles)

Stagione della convocazione: 13,6 punti 10,3 rimbalzi 1,2 stoppate

A meno di 10 anni dalla convocazione di Tyrone Hill la Eastern Conference (all’epoca New Orleans faceva parte dell’Est) incappò ancora una volta nella medesima tipologia di selezione. Altro giocatore in doppia-doppia di media, altro lungo in un periodo con poca competizione nel ruolo, ma anche in questo caso un po’ troppo poco per finire tra le stelle dell’All-Star Game.

Magloire, infatti, non supererà mai più in carriera i 12 punti e 9 rimbalzi, oltre a non averlo mai fatto in precedenza. Il prodotto di Kentucky sicuramente disputò un’ottima stagione, ma ancora molto lontana da quella di una star o di superstar, senza dimenticare che venne escluso ad esempio Carlos Boozer con 15,5 punti e 11,4 rimbalzi.

 

8) Mo Williams – Cleveland Cavaliers (2009 – Phoenix)

Stagione della convocazione: 17,8 punti 4,1 assist 3,4 rimbalzi

Il 13 gennaio del 2015 con la maglia di Minnesota (vestita per sole 41 gare) Mo Williams, giocatore da poco più di 13 punti di media in carriera e mai sopra 17,8, ne ha piazzati 52 contro i Pacers. Una prestazione sorprendente quasi come il fatto che il prodotto di Alabama sia stato convocato per un All-Star Game. Galeotto fu l’infortunio di Chris Bosh, ma soprattutto il debordante effetto del primo LeBron James di Cleveland.

La Lega voleva a tutti i costi premiare la grande stagione dei Cavs, chiusa poi con 66 vittorie e il primo posto della Eastern, portando almeno due giocatori della franchigia dell’Ohio all’All-Star Game. La scelta però era piuttosto complessa visto che LeBron attorno a sé non aveva proprio un roster particolarmente talentuoso. Alla fine riuscì a spuntarla Williams grazie a delle statistiche discrete e alla capacità di aver sfruttato al meglio la presenza in campo di James. 

 

9) Chris Kaman – Los Angeles Clippers (2010 – Dallas)

Stagione della convocazione: 18,5 punti 9,3 assist 1,3 rimbalzi

Partendo dal presupposto che Chris Kaman non ha mai avuto le ‘sembianze’ di un All-Star nel senso più ampio possibile del termine, non dovrebbe comunque bastare una stagione da 18 e 9 per finire nella vetrina più colorata della stagione. Soprattutto se parliamo del rappresentante di una squadra da 29 successi in stagione a fronte di 53 sconfitte.

Anche perché Kaman, nonostante il notevole coinvolgimento offensivo, nel 2010 non era minimamente la star della squadra data la presenza a roster di Baron Davis. Aiutarono, come accaduto nella maggior parte dei casi, gli infortuni, in questo caso di Chris Paul, Brandon Roy, Allen Iverson e Kobe Bryant. Il prodotto di CMU prese infatti proprio il posto dello sfortunato Roy, ma la Lega avrebbe avuto l’imbarazzo della scelta per trovare un degno sostituto, anche all’interno della stessa franchigia. 

 

10) Kyle Korver – Atlanta Hawks (2015 – New York) 

Stagione della convocazione: 12.1 punti 4.1 rimbalzi 2.3 assist

Dopo una sfavillante carriera a Creighton Kyle Korver in NBA si impose immediatamente come un grande tiratore e nel giro di qualche stagione si attestò come uno dei migliori specialisti nel tiro da tre punti dell’intera Lega. Una specialista appunto, questo è stato Korver sia nelle 11 stagioni antecedenti alla sopracitata convocazione che nelle 5 successive.

Possono bastare i migliori dati in carriera per quanto riguarda i punti (12,1) e i rimbalzi (4,1) per trasformare uno specialista in un All-Star? Davvero difficile, soprattutto se consideriamo che Korver è stato il primo giocatore dal 1953 ad essere convocato con delle medie inferiori ai 13 punti 5 rimbalzi e 3 assist. Anche in questo caso furono gli infortuni a rimescolare completamente le carte infatti la Lega, complici le assenze di Bryant, Davis, Griffin e Wade, decise di omaggiare la migliore squadra della Eastern Conference con la convocazione di un quarto giocatore (evento accaduto soltanto 8 volte nella storia).

Sicuramente Korver aveva un ruolo importante, per certi versi anche fondamentale, in una squadra da 60 vittorie in regular season, ma non era di certo la star.

 

Il club degli snobbati

Per i 10 imbucati della lista ci sono almeno altrettanti giocatori che invece avrebbero meritato una partecipazione all’All-Star Game, ma per un motivo o per l’altro non è mai arrivata. Tra quelli in attività si è salvato in extremis Mike Conley che è appena stato chiamato a sostituire l’infortunato Devin Booker, ma restano privi di una convocazione sul curriculum ad esempio Lou Williams e CJ McCollum.

In caso non dovesse mai arrivare ‘la fatidica selezione’ si ritroverebbero in buona compagnia visto che giocatori del calibro di Jason Terry, Rod Stickland, Jason Williams, Lamar Odom e Richard Jefferson non hanno mai avuto questo onore.

Tags: All-Star Game
Jacopo Bianchi

Jacopo Bianchi

Professional Journalist - Columnist @TheShotIT - Host of "Basket Time" @ https://teletutto.it

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