“Questo All-Star Game s’ha da fare”.
Se il buon Don Abbondio si fosse scontrato contro commissioner e lega avrebbe di certo tirato i remi in barca presto. Poco c’è da fare quando in ballo c’è una tradizione da mantenere, attorno a cui gravitano interessi economici e mediatici. La pandemia non ha bloccato baracche e burattini, quel grande show che tutti aspettano e temono allo stesso tempo, ma ha reso necessario un cambiamento. Quel cambiamento è stato il luogo!
La città di Indianapolis avrebbe dovuto ospitare le varie competizioni, ma con il virus in atto poco si può programmare e la lega ha optato per Atlanta, posticipando il mandato al 2024. Se l’All-Star Game si fosse regolarmente svolto ad Indianapolis di sicuro non ci sarebbero state sterili discussioni sulla mancata chiamata di Domantas Sabonis, il quale – per una regola non scritta – sarebbe stato scelto come rappresentante della franchigia ospitante.
Non è questo il caso, e molti hanno storto il naso quando a comparire tra le riserve è stato Nikola Vučević. A mettere tutti d’accordo è stato Kevin Durant, infortunato ed escluso dalla lista dei partecipanti, il quale ha automaticamente teletrasportato Sabonis ad Atlanta, di gran lunga il Pacer più costante e rappresentativo di questa stagione che si appresta a girare la boa, con ben 24 doppie doppie (secondo dietro Jokić), 4 triple doppie e stats degne di un All-Star.
A dire il vero, per un breve periodo all’inizio della stagione vi era un altro giocatore che avrebbe meritato la convocazione: nelle prime tre settimane, Malcolm Brogdon aveva fatto sognare i tifosi di Indiana con prestazioni chirurgiche, regia impeccabile e soprattutto una leadership che tanto aveva fatto ben sperare. Sogno svanito con la trade che ha portato Oladipo a Houston e l’ex-Bucks sovraccaricato di responsabilità in attacco e privato di una solida spalla nella metà campo difensiva.
Il lituano comunque non sarà l’unico Pacer a rappresentare la franchigia allo spettacolo, infatti è stato chiamato a partecipare allo Slam Dunk Contest il rookie Cassius Stanley, che ha racimolato briciole nella sua prima esperienza NBA e che si sta facendo le ossa nella G-League.
É chiaro a tutti come questo All-Star Game, a causa della pandemia, sia meno atteso rispetto ai precedenti e, l’assenza di giocatori più mediatici, ha rincarato la dose di stizza nei confronti dell’esibizione più amata, quella delle schiacciate. Ciò non toglie che il ragazzo from Duke può regalare spettacolo grazie a quell’esplosività e verticalità in grado di rompere qualche record appartenente a un certo Williamson.
Dopotutto Indiana ha da sempre ben figurato in questa sfida e, basta fare qualche passo indietro e ritornare nel 2017, per riportare a galla la vittoria di Glenn Robinson III, a quei tempi coadiuvato da Paul George. Insomma, Indiana qualche volta vince, ma si fa presto a lasciar tutto nell’oblio e molto probabilmente questo All-Star Game va diritto verso questa direzione, sorprese escluse.
Gabriele Timpanaro di Indiana Pacers Italia