Andamento Lento
Siamo, volenti o nolenti, in pieno Festival di Sanremo e, per chi ha qualche anno, il titolo non può che riportare la mente alla canzone con cui Tullio De Piscopo – il grande batterista di Pino Daniele, e non solo – partecipò nel lontanissimo 1988.
Per i tifosi di Boston, però, il titolo richiama la stagione balbettante dei loro Celtics. Una stagione che, dopo la offseason non proprio esaltante, si annunciava difficile, ma neanche il più pessimista (o accanito tifoso Lakers) poteva immaginare di trovare Boston con un record attorno alla fatidica soglia .500. La delusione è palpabile, i tifosi sono sconcertati per alcune prestazioni davvero poco scusabili e smarriti di fronte alla mancanza dell’intensità, soprattutto difensiva, che ha sempre contraddistinto la squadra di Brad Stevens.
Non hanno aiutato a tranquillizzare l’ambiente le dichiarazioni di Danny Ainge che, nell’ordine, ha definito la squadra non pronta per definirsi “contender”, ha stigmatizzato l’impegno dei suoi, si è preso la colpa per alcune scelte di mercato che, se potesse, non rifarebbe.
Ma va davvero tutto così male a Boston?
Eppure, la prima gara stagionale si era chiusa con l’entusiasmante vittoria contro Milwaukee, e il 15 gennaio i Celtics occupavano la prima posizione a Est con un record di 8-3. Inoltre, se Jayson Tatum sta confermando perché sarà tra le stelle assolute della Lega del prossimo futuro, Jaylen Brown è cresciuto al punto da mettere quasi in dubbio la sua qualifica di “scudiero”. Non è una sorpresa, quindi, trovare i “Jays” convocati tra i magnifici ventiquattro che animeranno l’All-Star Game di Atlanta, Tatum addirittura in quintetto.
L’eccellente rendimento delle due stelle (entrambi oltre i 25 punti di media) è riuscito a nascondere la pesantissima assenza di Kemba Walker e il lento inserimento di Tristan Thompson e Jeff Teague. Quando Marcus Smart, però, si è infortunato sul campo di San Francisco, il rientro di Kemba è stato contrassegnato da più bassi che alti, Tatum ha contratto il Covid-19, e Brown ha iniziato ad avvertire alcuni scricchiolii al ginocchio, la squadra è piombata in un inesorabile crepuscolo. Di colpo sono riemersi i dubbi d’inizio stagione sulla tenuta di un roster meno qualitativo e profondo, soprattutto nel reparto ali, il più importante della NBA di oggi.
Cosa non funziona?
Le sconfitte nell’ultimo mese (7-9 il record a febbraio) non sono ascrivibili solo agli infortuni e alla fatica accumulata per sopperire alle assenze. I Celtics sono lontani parenti di quelli ammirati ai Playoffs 2020, sia come applicazione difensiva che come esecuzione e varietà offensiva (i Celtics sono 29esimi come assist nel Quarto Periodo).
Ma il campionato del 2021 è molto particolare. Molte delle squadre più attese hanno affrontato periodi di difficoltà (Miami, Denver, Milwaukee, Brooklyn, solo per citarne alcune); il poco riposo concesso dopo i Playoffs, i ritmi serrati del calendario, gli spalti vuoti hanno prodotto un campionato nel quale l’intensità latitante “regala” partite che sembrano spesso delle esibizioni, riducendo così il divario tecnico tra le compagini.
Non è un caso, quindi, che le classifiche delle Conference siano corte ed equilibrate. Boston, con il record di 18-17, occupa il quarto posto a Est a sole 5 partite dalla prima. Se ciò non bastasse a risollevare il morale dei tanti tifosi dei Celtics, proviamo con questo dato: Smart, Walker, Tatum e Brown hanno potuto disputare assieme soli 28 minuti.
Quando i Celtics riusciranno a schierare stabilmente i loro migliori interpreti, i vari Payton Pritchard (ottimo l’impatto della matricola), Semi Ojeleye, Javonte Green, Nesmith (e Romeo Langford, quando rientrerà) potranno far fruttare i tanti minuti concessi da Stevens in un ruolo più naturale, costituendo una valida alternativa dalla panchina.
La stagione è ancora lunga, e mai come quest’anno entrerà nel vivo nei mesi di marzo e aprile. Brad Stevens spera di poter avere, per allora, tutti i giocatori sani e pronti per una seconda parte di stagione da protagonisti.
Poi, se Ainge trovasse l’occasione giusta (Harrison Barnes?) per usare la Trade Player Exception, ecco che a Boston in tanti ritroverebbero il sorriso.
Lorenzo Cipriani per We Are Celtics