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Nick Nurse, un allenatore innovativo e di tendenza

Alexandros Moussas by Alexandros Moussas
3 Marzo, 2021
Reading Time: 11 mins read
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Nick Nurse

Copertina a cura di Nicolò Bedaglia / Getty Images

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Quando si pensa agli Stati Uniti e alla loro cultura sportiva, l’Iowa non è uno dei primi luoghi che viene in mente. Le due principali università, Iowa e Iowa State, non hanno mai vinto il titolo NCAA, con la prima che ha raggiunto, in una sola occasione, la finale del torneo universitario. Inoltre, non vi sono franchigie professionistiche nello stato e il più grande giocatore di sempre uscito dall’Iowa, ovvero Kyle Korver, è in realtà nato in California.

Difficile immaginare che da uno stato con così poca cultura cestistica possa uscire uno degli allenatori più innovativi dell’ultimo decennio della NBA. Meno strano pensare che per poter uscire dall’anonimato, Nurse abbia dovuto emigrare per mettersi in mostra. I suoi primi passi li ha fatti in Europa, 11 anni passati principalmente tra Regno Unito e Belgio. Dopo essere tornato negli Stati Uniti, trova casa prima a Oklahoma nell’ormai defunta USBL, e poi proprio in Iowa.

Perché proprio in Iowa i Timberwolves decidono di creare la loro squadra di D-League, e Nurse ne diventa il primo capo allenatore nel 2007. Nurse guida gli Iowa Energy alla vittoria nel 2011 dopo aver vinto anche il premio di allenatore dell’anno, per poi ripetersi una volta trasferitosi ai Rio Grande Vypers (la squadra satellite dei Rockets).

Nel 2013 i Toronto Raptors decidono allora di integrarlo nello staff di Dwane Casey. Cinque anni dopo, Casey viene licenziato dopo l’ennesima delusione ai playoff della franchigia canadese. Ujiri, il general manager, vuole un profilo innovativo: non pare quindi casuale che i due allenatori arrivati al ballottaggio finale avessero entrambi un passato europeo importante e un lungo curriculum. Da un lato Nurse, il candidato interno che spiccava tra i vari assistenti Raptors. Dall’altro, Ettore Messina.

 

Un posto nella storia, ma non per Messina

Ujiri, all’epoca general manager, si ritrova a dover scegliere fra due menti sopraffine. Dopo il secondo colloquio con Messina avvenuto a Toronto, sembra che i Raptors si siano fatti convincere dall’allenatore italiano e dalla sua preparazione. Messina diventa così a tutti gli effetti il favorito per il posto, ma purtroppo per lui, l’illusione è solo momentanea. Ujiri decide che la scelta migliore sarebbe stata quella di dare continuità all’ambiente e premiare l’ormai cinquantenne allenatore dell’Iowa, famoso nell’organizzazione dei Raptors per la quantità di ore passata in sala video e per aver innovato l’attacco di Casey nella stagione 2017/18.

Una scelta che con il senno di poi non può di certo dirsi sbagliata, ma che a noi lascia un po’ di amaro in bocca. Sarebbe stato il primo capo allenatore italiano della storia della NBA, il terzo con un importante passato in zona FIBA dopo Blatt e Kokoškov. Anche se non è stato lui in prima persona a rompere determinate barriere dell’eterno dualismo “NBA vs FIBA”, non si può non annoverare Messina fra le persone che hanno portato avanti l’espansione europea nel basket a stelle e strisce.

Ironia della sorte, i Raptors conquisteranno il loro primo titolo NBA al primo anno da allenatore di Nurse, con Sergio Scariolo come assistente, che giusto la scorsa settimana ha vinto la sua prima partita in NBA da allenatore.

 

Nurse e la G-League sono diventati di moda

Nurse non è stato il primo allenatore scelto dopo un’esperienza nella G-League. Quin Snyder è arrivato sulla panchina dei Jazz da ormai 7 anni dopo aver in precedenza allenato gli Austin Toros di San Antonio. Il successo immediato e così sorprendente è da considerarsi come un l’inizio di un trend sempre più in voga. Daigneault e Jenkins sono solo gli ultimi due allenatori ad aver ripercorso il cammino attraverso la lega di sviluppo da quando Nurse si è imposto a Toronto.

Ben più impressionante invece che dalla sua guida si siano già staccati due assistenti che hanno avuto l’opportunità di diventare capi allenatori altrove. Bjorkgren a Indiana ha svecchiato il playbook dei Pacers dopo l’era McMillan. Non più tardi del 21 febbraio scorso, è arrivato l’annuncio del secondo assistente scelto come capo allenatore. Chris Finch, guru offensivo dei Raptors, ha firmato per Minnesota dopo aver sostenuto varie interviste già durante la scorsa estate.

Un lascito piuttosto importante se si pensa che Nurse è soltanto alla terza stagione nella NBA. Ancor più importante è l’immagine che si è creata attorno a lui e al suo passato, grazie anche all’aiuto della dirigenza dei Raptors. Con Nurse e un roster creato per la maggior parte attraverso la G-League, Toronto ha mostrato quanto sia importante avere un’organizzazione solida e attenta allo sviluppo dei suoi giocatori grazie ad un sapiente uso della squadra satellite.

Nei Raptors 905 sono stati sviluppati un gran numero di giocatori: Siakam, Powell, VanVleet e Boucher, infatti, sono tutti passati da un’esperienza nella G-League. Anche quest’anno, nonostante le difficoltà del caso, Toronto ha inviato la prima scelta dello scorso draft, Malachi Flynn, per farlo adattare al ritmo forsennato della NBA. Così facendo, Toronto si è costruita un sistema che garantisce un gran numero di ricambi pronti all’uso.

 

Un successo maturato in un sistema collaudato

Come in ogni grande organizzazione, per poter dare il massimo serve che ci sia armonia e che ogni componente venga messo nella posizione migliore per mettere in mostra le proprie capacità. Gran merito del successo di Nurse è di Ujiri, il presidente delle operazioni legate al basket, e Bobby Webster, il general manager. Il primo è in scadenza e sarà di sicuro oggetto di grandi attenzioni durante la prossima off-season. Il secondo invece è stato da poco confermato, garantendo la continuità necessaria al progetto.

In particolare, il numero di esterni che riescono a trovare un posto nella lega senza sfigurare in maglia Raptors è in perenne aumento. Quest’anno in particolare Nurse ha fatto girare vorticosamente i vari Stanley Johnson, Watanabe, Bembry, Davis e Thomas riuscendo spesso a creare dei quintetti bilanciati ad hoc per l’accoppiamento della serata.

Se Johnson è un eccellente difensore che è stato usato spesso da centro tattico per via della sua fisicità nonostante i due metri scarsi, nelle ultime settimane è uscito fuori Bembry. L’ex Atlanta rimane un pessimo tiratore, ma le sue capacità difensive sul pallone, unite ad una buona capacità di creazione secondaria lo rendono un giocatore utilissimo. Spesso in assenza di Lowry è stato lui a sostenere un minutaggio elevato al fianco di VanVleet, prendendosi sempre la guardia più pericolosa degli avversari senza far danni in attacco grazie ad un ottimo tempismo nei tagli a canestro.

a supercut of deandre’ bembry’s superb cuts pic.twitter.com/4bFBaSCHiw

— William Lou (@william_lou) February 27, 2021

 

Il quintetto piccolo

I Raptors hanno iniziato la stagione giocando con Baynes titolare alla posizione di centro. In un sistema che richiede sempre di più una buona velocità laterale, l’australiano è parso in estrema difficoltà. Allo stesso tempo Baynes non è un comandante difensivo come Marc Gasol, capace grazie alla sua visione e alla sua comunicazione di dirigere i compagni dal pitturato.

Come logica conseguenza, Baynes passa la maggior parte del tempo seduto in panchina. In compenso, Nurse ha trovato una sua quadra rinunciando de facto ad un centro tradizionale. Sempre più spesso il 5 avversario viene preso in consegna da Anunoby o Siakam, e per quanto siano leggermente sottodimensionati riescono a reggere l’urto grazie ad una forza fisica fuori dal comune.

L’idea di abbassare ulteriormente il quintetto nelle ultime partite è arrivata a discapito delle ali presenti in rosa, favoreggiando invece le guardie. Questa estremizzazione ha reso l’ attacco di Toronto più frizzante di quanto ci si potrebbe aspettare dal loro talento, e senza un eccessivo contraccolpo difensivo. Dopo ormai metà stagione, risulta difficile immaginare Toronto tornare ad una costruzione più classica della rosa, con un vero e proprio centro in mezza all’area. Toronto infatti non è più una delle prime 10 difese della lega, ma ha trovato un equilibrio accettabile proprio grazie ad un attacco piuttosto produttivo.

 

La difesa a zona

I Raptors dell’era Nurse hanno fatto scuola in termini di difesa di squadra. Pare incredibilmente normale usare la zona nel 2021, ma fino al suo arrivo non era un tipo di difesa più di tanto utilizzata. Per sdoganarne l’uso si è dovuto le Finals del 2019, con i Warriors orfani di Durant e Thompson costretti ad aggrapparsi al solo Curry.

In quell’occasione, Nurse ha usato a più ripresa la box & one per limitare la stella dei Dubs francobollandogli addosso VanVleet. Oggi i Raptors utilizzano dei concetti di difesa semplici, ma ben complessi nella loro messa in pratica. Toronto difende di squadra soprattutto per sopperire alla mancanza di peso e centimetri in mezzo, creando trap e raddoppi continui contro il giocatore a cui vogliono togliere il pallone dalle mani. Un ottimo esempio è stata la partita contro i 76ers.

 

Per limitare Embiid, spesso un esterno andava ad ostacolargli il palleggio in modo da non concedergli la possibilità di battere il suo diretto difensore.

 

Forzandolo al passaggio, i Raptors hanno limitato in questa maniera la creazione di gioco da parte di uno degli attaccanti più impattanti della lega, costringendo Philadelphia ad affidarsi ai suoi comprimari. Le rotazioni frenetiche ma puntuali dei Raptors hanno fatto il resto.

Un approccio simile è stato utilizzato anche nella sfida contro i Nets. Con Durant che di fatto ha potuto giocare un quarto e mezzo per via del protocollo anti-covid, i Raptors hanno forzato Irving, ma soprattutto Harden al passaggio, raddoppiandoli ad ogni pick&roll. E anche in questo caso, i risultati sono stati evidenti, con i vari Green, Brown e Harris costretti a mettere la palla per terra e ad attaccare dal palleggio la difesa di Toronto che nel frattempo iniziava il suo vorticoso giro di aiuti e recuperi.

BKN spesso chiama P&R molto alti per dar spazio alle loro stelle. Nei momenti in cui c’era solo uno dei big 3, Nurse ha fatto trap ad ogni possesso per togliergli la palla dalle mani, chiudendoli con la linea di metà campo. Super prestazione di Bembry, con il solito aiuto di YUTA pic.twitter.com/3atok49uVJ

— Sasso ? (@sassoulatin) February 6, 2021

 

L’incerto destino di Lowry

Nelle ultime settimane si sono succedute parecchie voci di mercato con al centro Kyle Lowry. Dal lato pratico, bisogna sottolineare come il suo contratto lo renda particolarmente difficile da scambiare. Il nativo di Philadelphia, però, è un giocatore che andrebbe bene per qualsiasi squadra alla ricerca dell’anello mancante per poter puntare il titolo.

Proprio i Sixers insieme ai Clippers e agli Heat paiono i più interessati, ma trovare una quadra con queste franchigie pare particolarmente complicato. L’unica reale moneta di scambio appetibile per i Raptors sarebbe composta da scelte al draft e qualche giovane. Un po’ poco per una bandiera come Lowry.

Proprio questa sua aura complica ulteriormente l’assunto. L’ambiente di Toronto è elettrico e i tifosi dei Raptors hanno paura che non vedranno più Lowry giocare in Canada con la canotta dei dinosauri. Il passaggio di testimone da vecchio a nuovo corso si sta concretizzando, e la partenza di Lowry sarà un momento catartico che non può lasciare indifferente la squadra.

Il fatto che il record senza Lowry sia 6-1 (e spesso contro avversari di primo livello) è un piccolo indizio di quanto questo passaggio di consegna potrebbe essere indolore. Il suo apporto difensivo non è feroce come nelle passate stagioni, e non avendo più il primo passo dei tempi migliori in attacco non è più determinante per i Raptors per costruire il loro attacco. Ciò nonostante non vuol dire che non abbia mostrato la sua classe in diverse partite, come contro i Nets.

Per quanto iconico, ogni giocatore fa il suo tempo. Il fatto che Toronto abbia trovato in VanVleet un degno erede della mentalità di Lowry permetterebbe ai Raptors di non aver un brusco tracollo. Psicologicamente, è innegabile che ci sarebbe un contraccolpo, ma non per forza negativo. Nurse da par suo, sta dimostrando di avere delle contromisure, e non vi sono dubbi che sarà in grado di traghettare Toronto verso i playoff nonostante anche questa difficoltà.

 

Il valore aggiunto di Toronto

I Raptors sono ormai stabilmente una squadra di medio alto livello della Eastern Conference, nonostante il grande ricambio di giocatori. Il nucleo attuale è tutto “made in Raptors”: Siakam, VanVleet, Anunoby sono tutti giocatori entrati nella lega con Toronto e che si stanno affermando come le colonne del nuovo ciclo. E la nuova scoperta di Boucher, data la solida base dei 905Raptors fa pensare che i Raptors siano qui per restare.

Trasformistici, camaleontici  nei loro schemi e nel personale. Oltre al trio sopracitato, Nick Nurse è il vero protagonista della costanza nei risultati della squadra. Sempre superiori alle aspettative, perennemente pronti ad evolversi. I recenti miglioramenti di Siakam nel playmaking, di Anunoby quando attacca gli avversari dal palleggio, di VanVleet a gestire un carico offensivo sempre maggiore sono delle piccole proiezioni del futuro che verrà.

Don’t underestimate the power of OG. His stronger than a bull (for a better coordination I think we have to wait a bit) pic.twitter.com/epbFtrd1Qu

— Sasso ? (@sassoulatin) February 19, 2021

Se Nurse vorrà, è probabile che a Toronto siano pronti a firmarlo a vita. Il suo percorso, partendo da specialista dei video fino ad essere campione NBA, è un simbolo perfetto della mentalità che i Raptors vogliono mostrare al mondo. La franchigia canadese grazie a lui è riuscita a togliersi di dosso l’etichetta di perdente.

Il numero di tifosi dei Raptors in Canada è in forte e costante aumento e la presenza di Nurse, specie con l’ipotetica partenza di Lowry alle porte, diventa ogni giorno più simbolica. Un motivo d’orgoglio per l’intero movimento cestistico canadese. Più importante ormai di ogni giocatore, e prossimo a diventare il vero volto della franchigia.

Tags: Nick NursePascal Siakam
Alexandros Moussas

Alexandros Moussas

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum affermava Seneca. Io ho scelto di perseverare e credere che i Jazz prima o poi riusciranno ad alzare il Larry O'Brien. Aspettando che succeda, ne analizzo pregi e difetti con la pretesa di essere il più analitico possibile, senza riuscire però a superare la fase del distacco. I numeri sono miei amici.

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