È cambiato tanto, non è cambiato nulla. A metà stagione, con solo 7 vittorie su 35 gare, i Minnesota Timberwolves languono nel baratro della Western Conference, al 15° posto. Una squadra sfortunata, certo, ma non più di altre che però sono ancora in corsa per i playoffs, come Memphis.
Il cambio di allenatore
Il vero problema è l’incapacità generale dei giocatori, della proprietà e anche dell’allenatore, che una settimana fa aveva un nome e adesso ne ha un altro. Il 22 febbraio, infatti, i piani alti dei Wolves (leggi, il POBO Gersson Rosas) nel giro di pochissimo hanno prima licenziato Ryan Saunders e poi hanno annunciato l’assunzione di Chris Finch, ex assistant coach ai Raptors.
La vicenda è stata così atipica, anche solo per la rapidità con cui si è svolta, che in tanti hanno criticato i Wolves, accusandoli anche di razzismo (insinuazione forse un po’eccessiva per uno dei front office più diversificati della Lega), soprattutto per la mancata promozione di David Vanterpool, l’attuale assistant head coach afroamericano a Minnesota. La voce più forte a riguardo è stata quella di Dame Lillard, suo paladino dai tempi insieme a Portland.
Anche la NCBA, l’associazione degli allenatori, ha dichiarato di non aver gradito come si sono svolti i fatti. La scelta però non è stata casuale. Finch, che allena dal ‘97 con esperienze e titoli vinti sia in Europa che in America, era il candidato ideale di Rosas già nel 2019, prima che Glen Taylor, il proprietario, lo costringesse
di fatto ad assumere Saunders. I due si sono conosciuti durante i loro anni ai Rio Grande Valley Vipers, la squadra in G-League dei Rockets, prima di approdare entrambi a Houston.
C’è anche Finch dietro all’attacco dei texani fatto di triple e layup e il suo arrivo sembra quindi contraddire le dichiarazioni di Rosas che, da neo-assunto, assicurò che i Wolves non sarebbero diventati la “Houston North”. Ad esempio, anche se abbiamo visto solo 4 gare di questa nuova era, è aumentato il numero di triple prese a partita (6° in NBA con 40.5), con persino un record di franchigia di 54 contro i Bucks. Realizzarle però è un altro discorso: sono 14° con 12.5.
Quale che sia il futuro, di sicuro un cambio al timone era necessario: la presenza di Saunders, ottima persona (a quanto si dice) ma pessimo coach, non era più giustificabile. Certo è che con questa mossa questi sono diventati del tutto i Wolves di Rosas e sarà quindi lui il principale responsabile di ciò che accadrà, sperando abbiano ragione quelli che gridano “Trust The Prosas”.
Il cambiamento nello stile di gioco
Minnesota è quindi (ancora…) un cantiere in costruzione. È cambiato tanto, ma non è cambiato nulla. C’è da chiedersi ad esempio quanto si stiano davvero impegnando nel vincere, data la possibilità, se arrivassero ultimi, di riprendersi la scelta al Draft 2021, attualmente top 3 protected in mano ai Warriors.
Sono però possibili dei cambiamenti nello stile di gioco (almeno in attacco, visto che la difesa è comunque pessima –mai meno di 118 punti concessi nell’era Finch) e nel roster, tolto Towns (a meno che non decida di andarsene lui), rientrato l’11 febbraio dopo quasi un mese di assenza. Il suo ritorno, tuttavia, non ha avuto
l’impatto positivo che alcuni – me compreso – si attendevano: solo 1 W su 10 gare.
Bisognerà vedere quanto ha pesato la mal gestione di Saunders e se Finch otterrà risultati diversi, anche perché dovrà pure fare i conti con le assenze di Russell e di Beasley. Il primo, per un’operazione al ginocchio sinistro, starà fuori diverse settimane e la sua coesistenza con KAT rimane quindi una mezza incognita, avendo giocato solo 5 partite insieme. Il secondo, invece, è in ottima forma ma è fermo per i suoi guai con la legge. Beasley, infatti, era stato arrestato per aver puntato un fucile a una coppia che aveva accostato sul vialetto di casa sua e per possesso illegale di armi e droga. Il 9 febbraio era già stato condannato a 120 giorni ai domiciliari (da scontare a fine stagione) e il 25 febbraio la NBA l’ha sospeso per 12 gare, quindi fino al 27 marzo, contro Houston.
L’assenza di Malik, che viaggiava a 20.5 punti di media tirando da 3 con il 40.6%, sarà pesantissima per i Wolves e per coach Finch, che perde il suo miglior realizzatore dall’arco. Vedremo quindi se riuscirà a estrarre un trucco dal cappello magico, ma in molti, anche su questa stagione, hanno già fatto calare il sipario e dicono “andrà meglio la prossima”. Forse.
Francesco Della Ferrera per A Wolf in the NBA