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Cleveland corsara a Philly
Il ritorno di Sexland

Davide Torelli by Davide Torelli
28 Febbraio, 2021
Reading Time: 5 mins read
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sexton cleveland

Copertina a cura di Alessandro Cardona / Getty Images

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Cleveland sorprende, ed era tanto che non succedeva. Terza vittoria consecutiva per i ragazzi di coach Bickerstaff, che addirittura espugnano il Wells Fargo Center dopo un tempo supplementare.

Trascinati dalla coppia formata da Collin Sexton (28 punti, 5 rimbalzi e 3 assist) e Darius Garland (25 punti, 2 rimbalzi e 9 assist), i Cavaliers sembrano assestare un ennesimo colpo di coda ad una stagione incanalata sui binari della mediocrità, dopo il brillante avvio. Il mese di febbraio è stato qualcosa di orribile, con una striscia di 10 sconfitte consecutive interrotta dal successo casalingo con Atlanta, replicata dapprima con Houston ed infine nella partita della notte, che sulla carta appariva piuttosto scontata e decisamente a vantaggio dell’attuale miglior squadra ad est, i Philadelphia 76ers.

Nonostante i 42 punti di Embiid ed i 24 di Simmons, il ritmo della gara viene impresso dai Cavs comunque falcidiati dalle assenze – con appena 9 giocatori a referto – che riescono a difendere un vantaggio conquistato nella prima frazione che tocca anche i 13 punti di differenza.

Malgrado la pesante assenza di Tobias Harris (ed un Seth Curry da 1 su 7 dall’arco), i Sixers sembrano riprendere il controllo delle operazioni nell’ultimo quarto, quando è prevedibile lo strappo che determini il successo. Ma è proprio nel momento in cui la tenuta mentale dei Cavaliers potrebbe vacillare, che il backcourt risponde presente e trattiene la partita sul filo, fino all’estrema conclusione, con Embiid che sbaglia il tiro della vittoria sulla sirena.

Il supplementare inizia con una tripla dell’ottimo Isaac Okoro (15 punti e 8 rimbalzi), costretto subito dopo ad uscire per falli, lasciando ai compagni l’onere di giocarsela contro una squadra un po’ alle corde, che incassa 20 punti totali nei 5 minuti di prolungamento. Quelli della staffa sono gli ultimi due di Garland, che con il floater del più 5 consegna di fatto la W ai suoi, chiudendo con il suo massimo per punti in carriera.

 

Il ritorno di Sexland

Con Larry Nance, Taurean Prince e Cedi Osman fuori combattimento, vincere a Philadelphia poteva rappresentare un’autentica impresa, a maggior ragione quando i due centri a disposizione – un buon Jarrett Allen e JaVale McGee – si caricano subito di falli, costretti dalla prova mastodontica del lungo avversario. Embiid registra a referto già 21 punti nella prima metà, tenendo praticamente da solo i Sixers in partita e confermando le previsioni di chi lo vede favorito alla corsa per l’MVP stagionale.

Eppure Sexland sembra tornata, ottenendo tantissimo anche da giocatori solitamente meno visibili, come un Dean Wade da 12 rimbalzi, i 10 punti di Damyean Dotson e un Dylan Windler salito decisamente per minutaggio e convinzione nelle ultime prestazioni.

A prescindere dalle diatribe che riguardano il futuro di Andre Drummond, il motivo per cui guardare con interesse a questa squadra è il core giovane, dove le due ragioni del nomignolo di cui sopra si confermano di lusso nella lega, quantomeno offensivamente. E fa specie considerare che nella striscia di vittorie in avvio di stagione (un trittico, come quello concluso stanotte), i Cavs avevano già castigato i Sixers senza Embiid, con la coppia formata da Sexton e Garland proprio a sostegno dell’ex centro dei Pistons, allora protagonista con 24 punti e 14 rimbalzi. Era il 28 dicembre, e sembra passato un secolo.

I miglioramenti di Sexton in materia di selezione delle scelte offensive – e volendo di efficienza – appaiono evidenti quando le cose funzionano bene in materia di risultati. Ultimamente è raro, ma non casuale. Quella crescita progressiva che sta caratterizzando i tre anni del prodotto da Alabama (seppur per la canonica stagione di passaggio), lo rendono leader conclamato di un gruppo che comunque è in cerca di una vera conduzione in campo. L’affiancamento di Garland e Okoro risulta funzionale ad una struttura che lo prevede prima opzione nei momenti chiave della gara, sfruttando le sue abilità con la palla in mano, come regista delle operazioni. Non disdegnando – anche per qualità fisiche ben visibili – la conclusione personale come prima soluzione.

Il punto però, guardando avanti e superando il presente, è capire se un giocatore simile può funzionare da uomo franchigia, e non solo da prima opzione attuale.
Perché laddove le velleità in ottica futura prevedono un’ulteriore crescita a livello di risultati, Sexton appare più secondo violino ideale che trascinatore, per un gruppo che punta a superare un primo turno di playoff un giorno. Capitalizzare dalla cessione di Drummond appare ancora di più un imperativo, ammettendo così l’errore compiuto nello scommettere su un giocatore anacronistico per caratteristiche, soprattutto per una squadra rifondata su un backcourt rapido ed imprevedibile.

Insomma di accorgimenti da fare – e strada da percorrere – ce ne sarebbero ancora tanti. Ma la possibilità di riemergere dai bassifondi di Conference, almeno sulla carta, esiste e resiste. Con la striscia di sconfitte peggiore registrata dal dopo LeBron, oramai alle spalle.

 

Cleveland, una chance per il play-in?

Ne abbiamo già parlato su queste pagine, ad est la corsa per l’ottavo posto rischia di diventare un’autentica bagarre, ed è abbastanza difficile da prevedere al momento. Basti pensare a come, con improvvisa resurrezione, Washington sia rientrata in corsa sostenuta dalla forma ritrovata di Westbrook, a supporto di Beal.
Dando un rapido sguardo alla classifica, i Cavs apparivano decisamente indietro prima delle ultime tre prodezze, ma in un sistema dove possiamo dar per morti solo i derelitti Pistons resiste più di una speranza per agganciare il treno play-in, ammesso che effettivamente interessi. Anche perché la stagione regolare è ancora lunga e piena di insidie, per tutti.

Guardando esclusivamente al campo, Cleveland può guardare con fiducia al futuro partendo dalle assenze che non hanno pesato sulla vittoria notturna, con un pizzico di curiosità verso la trade deadline. A livello di solidità di gioco, la squadra ha ancora numerosi passi da compiere, ma l’idea di liberarsi degli ultimi residui “attempati” per favorire una linea verde nella sua totalità sembra la più saggia, adesso che le basi appaiono minimamente più solide rispetto agli ultimi anni. Con gli arrivi di Prince e soprattutto di Allen da Brooklyn, più che funzionali in questa direzione. Ed è proprio sul fronte di mercato che le cose potrebbero cambiare ulteriormente, capitalizzando il più possibile dalle cessioni potenziali di Drummond e Love, e magari lavorando per scegliere al meglio nel prossimo draft. Qualsiasi sia la pick a disposizione.

Tornare in post season potrebbe inficiare la prospettiva di una posizione da Lottery, ma contemporaneamente regalerebbe un prestigio più metaforico che altro alla stagione dei Cavaliers, per quanto il messaggio di fondo sarebbe chiarissimo. E cioè riprendere a considerare Cleveland nella mappa della lega, guardandovi in ottica futura. Non più trattandola da “Mistake on the Lake” – come avvenuto dopo la partenza di LeBron – ma calcolando il processo di “Sexland” più avanzato di tanti altri nella NBA. Improvvisamente liberatasi dalle macerie, con velleità di tornare a dire la sua in un futuro prossimo. Non troppo lontano dall’oggi.

Tags: Andre DrummondCleveland CavaliersCollin SextonDarius GarlandJ.B. BickerstaffKevin Love
Davide Torelli

Davide Torelli

Nato a Montevarchi (Toscana), all' età di sette anni scopre Magic vs Michael e le Nba Finals, prima di venir rapito dai guizzi di Reign Man e giurare fedeltà eterna al basket NBA. Nel frattempo combina di tutto - scrivendo di tutto - restando comunque incensurato. Fonda il canale Youtube BIG 3 (ex NBA Week), e scrive "So Nineties, il decennio dorato dell'NBA" edito da Edizioni Ultra.

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