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Atlanta Hawks “inaccettabili”
Pierce accusa, colpa di chi?

Riccardo Pratesi by Riccardo Pratesi
28 Febbraio, 2021
Reading Time: 7 mins read
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hawks

Copertina a cura di Alessandro Cardona / Getty Images

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Lloyd Pierce lo dice forte e chiaro: “Inaccettabile“. Il Coach di Atlanta lo ripete due volte, per sicurezza, per essere certo di non venir frainteso. L’atteggiamento dei suoi Hawks, sconfitti a Oklahoma City dai Thunder, il settimo k.o. patito nelle ultime 10 gare, è stato inaccettabile. Difficile dargli torto. Però il suo j’accuse fa sorridere.

Nel senso che in collegamento media via Zoom non gli si poteva offrire uno specchio, per aiutarlo nel caso cercasse colpevoli del rendimento deficitario della franchigia della Georgia.

 

Delusione senza SE e senza MA

Gli Hawks, che avevano iniziato la stagione con aspettative enormi, legittimate da un mercato importante, fotografato dagli arrivi di Danilo Gallinari, Bogdan Bogdanović e Rajon Rondo, si ritrovano, a 3 partite dalla boa di metà stagione regolare, con un inquietante record di 14 vittorie e 19 sconfitte.

Le colpe sono di tanti, anche se le vittorie tendono a essere rivendicate da molti padri mentre le sconfitte sono spesse figlie uniche. Ce ne sono state nell’allestimento dell’organico, sicuro. Gli infortuni non hanno aiutato, per niente. L’allenatore, appunto, ha fatto più danni della grandine d’estate. Il giocatore franchigia, Young, stenta a rendere tout court per quello status. La chimica di squadra è rivedibile, se non addirittura preoccupante. Manca un’identità di squadra, prima di tutto. Gli Hawks non hanno una capo e una coda. Tanto talento, specie in attacco, ma slegato. Manca un filo conduttore, manca leadership. Soprattutto, appunto, mancano i risultati.

L’Est un paracadute lo fornisce in dotazione a tutte le 15 squadre, in caso di picchiate: tra le qualificate playoff a oggi ce ne sarebbero appena tre, Philadelphia, Brooklyn e Milwaukee, con record vincente. Eppure, proprio perché i valori sono relativi, e considerando che Miami e Toronto sono in risalita, diventa difficile immaginare che chi lotta per l’ottavo posto o anche solo per il play in, possa mettere in fila chissà quale striscia di successi nel prossimo futuro. E dunque gli Hawks, al momento 11esimi e primi esclusi da ogni prosieguo di post season, e con dietro Washington in crescita esponenziale, devono cominciare a preoccuparsi. Nel caso non l’avessero già fatto. Meno slogan e magari più difesa.

 

Le parole di Pierce: troppe?

Lloyd Pierce, noto come ex compagno di squadra di Steve Nash a Santa Clara University (campus favoloso, Bay Area californiana, se capitate in zona…), è alla terza stagione alla guida degli Hawks. Le prime due sono andate male, come risultati. Molto male. 29 vinte e 53 perse la prima, 20 e 47 la seconda. Ma gli si chiedeva di migliorare o almeno mettere in vetrina i giovani, e Young, a torto o ragione, era finito all’All-Star Game, 12 mesi fa. A questo giro gli è stato chiesto di far diventare vincente una squadra che ha le potenzialità per farlo. Sta andando di nuovo male. Molto male. “Ci è mancata fisicità, contro OKC. Sembriamo con le gambe molli, stanchi. É mancata l’urgenza del risultato. E dobbiamo comunicare meglio“.

É sembrato abbaiare alla luna, onestamente, ma è difficile contestualizzare un episodio. L’impressione è che si desse quell’importanza che il resto del mondo cestistico non sembra riconoscergli. Ha tenuto a lungo in panca Young, lui motiva così la scelta da chi non prende prigionieri, in emergenza. “Rondo e Mays stavano facendo bene, per quello hanno giocato parecchio. C’era in campo energia positiva“. Vero. Poi, ecco, in un’epoca in cui ci si scanna nei dibattiti social per una statistica avanzata non si era accorto, pare incredibile, ma è tutto vero, che i Thunder all’intervallo avessero cambiato maglia perché il loro arancione e il rosso di Atlanta si confondevano. Vestiti in bianco, nei secondi 24′. Non proprio una gran figura gli arbitri, e neppure Pierce, che non è dunque apparso lucidissimo nella disamina di quanto successo.

Più in generale, gli infortuni non lo hanno aiutato, sinora. Bogdanović perso è stato un colpo pesante, Rondo, Hunter e Reddish sono stati a lungo fuori, anche Gallinari ha pagato dazio agli acciacchi fisici. Di sicuro c’è che a metà stagione gli Hawks non sono una squadra con una fisionomia definita e una rotazione chiara. Navigano a vista. Le colpe in merito del Coach sono automatiche: Atlanta è la squadra che difende male e con Young che tira spesso e quando gli pare, nell’immaginario collettivo del tifoso NBA medio. E se la studi in modo analitico, arrivi comunque a quella conclusione…Su Gallo provato da 5: “Capela era stanco, doveva uscire e Gallo doveva giocare, era reduce da una partita da 38 punti segnati…“. Se volete una spiegazione un po’ più tecnica, confidate nella prossima intervista.

 

Le parole di Young: troppo poche?

Lo salva che Trae Young non faccia molto meglio, in collegamento Zoom. Ha finito la partita non al meglio, acciaccato. Ma non sa spiegare dove: “Il piede, la caviglia, l’inguine sinistro. Non so come sto“.

Al di là delle frasi di circostanza, con cui sottolinea l’importanza della difesa, peraltro sconfessate dalla sua da torero, mostrata in partita, ribadisce l’impressione di essere una macchina da punti, ma anche lontanissimo da una leadership che possa supportare in parallelo le doti di campo, che in attacco sono parecchie, sia chiaro. Però le letture di gioco non sono sempre indovinate, talvolta è egoista e in assoluto, non sembra avere la stoffa del capobranco, come si era visto sin dai tempi di Oklahoma University.

Il timore dei tifosi Hawks, oltre i quasi 27 punti segnati per partita, che non vanno dato per scontati, e dei 9.5 assist smazzati di contorno, è che possa rivelarsi in prospettiva un giocatore che ha bisogno di avere la palla in mano da primo violino, ma che non possa assicurare il rendimento per valore assoluto che ci si attende dal primo violino di una squadra ambiziosa. Per limiti fisici, non è un super atleta, ed è piccolino, per i limiti difensivi, per i limiti caratteriali.

Il problema è che, appunto, ha invece l’ego della star NBA. Insomma, nella peggiore delle ipotesi potrebbe diventare la versione sana e “accessoriata” di Isaiah Thomas, l’ex piccolo grande uomo dei Boston Celtics. Nella migliore, ha solo 22 anni, diventa neutro o quasi difensivamente e in attacco generale di campo, oltre che talento cristallino. Ma per adesso…

Per questo la domanda sulla sua eventuale coesistenza con Rondo, difficile per motivi difensivi, ma che sarebbe ideale sul piano del carisma e delle letture di gioco, trasformando Young in realizzatore puro immarcabile, senza costringerlo a fare “troppo”, era doverosa. Coach Pierce risponde così: “Qua e là Rondo e Young potremmo vederli assieme, dipende dai match up, ma Rondo ha appena compiuto 35 anni, dobbiamo gestirne in minuti. Lui va in campo per insegnare ai compagni, da leader e facilitatore”. E comunque per la cronaca contro i Thunder Young e Rondo hanno giocato assieme per ben due spezzoni di partita differenti.

 

Le parole di Collins e Capela, ultime parole famose?

Collins e Young non si amano, hanno avuto screzi emersi persino in superficie. La domanda sui veterani lo accende subito, quando c’è da esaltare l’alter ego di Young: “Rondo e Gallinari con la loro leadership stanno aiutando me e i più giovani di questo organico, ma la mentalità è qualcosa che ci dobbiamo costruire, dobbiamo guadagnarci le vittorie“.

Capela a parole, mi è capitato più volte di parlarci, è come in campo. Tutto “carne e patate”: solido. Sa quel che dice. “Ci sono mancate difesa e intensità, ma ogni partita è diversa, non c’è sempre lo stesso tema ricorrente da correggere. Dobbiamo crescere in tutto. Iniziare meglio le partite, non possiamo concedere più di 30 punti nel 1° quarto e poi trovarci in affanno“. Chiude con un: “Non abbiamo giocato abbastanza duro” che è una sacrosanta verità, ma che rischia di diventare espressione da ultime parole famose, nel senso che sono mesi che succede. E Atlanta sa che così non va, eppure è recidiva, come nemmeno chi accumula multe sul cruscotto per divieto di sosta senza farci proprio nulla.

 

I fatti: i perché della crisi e come svoltare

Il 25 marzo sarà l’ultimo giorno utile per effettuare scambi, in NBA. Atlanta ha un dannato bisogno di farne uno. Collins e Capela pur essendo lunghi profondamente diversi, attaccante di tocco il primo, super difensore e rollante che finisce al ferro il secondo, sono poco compatibili. Il Gallo da 4 avrebbe molto più senso in un’epoca di small ball. Poi Collins vuole un rinnovo da faraone che la franchigia non intende, concedergli e prima di perderlo per nulla…a maggior ragione visti i rapporti non idilliaci con Young, che è l’uomo franchigia, nei progetti Hawks.

Rondo ha giocato male sinora in stagione: ha bisogno di sentirsi al centro del progetto per tirare fuori il meglio, lui che invece capobranco indiscusso e leader di uomini lo è naturalmente. Se non ha abbastanza minuti, se ne ha meno di quanti ne aveva ai Lakers con i quali ha vinto l’anello da terzo miglior giocatore nel campus di Walt Disney, a Orlando, allora forse è il caso per il bene di tutti di mandarlo in una contender.

Oppure, se invece lo si immagina mentore di Trae, gli vanno trovati minuti. Solomon Hill ha avuto un rendimento tragico, eppure continua a giocare tanti minuti. Troppi? Insomma, vanno verosimilmente fatte scelti forti, più che pronunciate frasi forti. Ma la formula del successo non è facile da trovare, e il tempo stringe. E questo gli Hawks lo sanno bene. Gallinari pensava di aver firmato per una squadra “da corsa”, e sinora, invece…

Tags: clint capelaLloyd Pierce
Riccardo Pratesi

Riccardo Pratesi

Direttore http://the-shot.it. 20 anni da scriba per Gazzetta dello Sport: Juventus&Nazionale poi NBA&NFL 4 anni dagli USA, ora dall'Italia. 228 gare NBA da cronista live, 33 di NFL. Dal 2014 al 2018 corrispondente dal'America per Sky Sport 24. Podcast: NBA Milkshake. Autore: 30su30 versione cartacea e ebook aggiornata

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