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E alla fine arriva Curry

Cosimo Sarti by Cosimo Sarti
26 Febbraio, 2021
Reading Time: 9 mins read
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Stephen Curry

Copertina a cura di Alessandro Cardona / Getty Images

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Mi è stato chiesto di parlare della stagione di Stephen Curry. Cosa volete che scriva? Non lo conoscete Curry? Sono ormai dieci anni che fa quello che fa, è una delle tre migliori point guard della storia senza “se” e senza “ma” e ha cambiato per sempre la pallacanestro. Ora, io non credo che all’alba degli anni ’90 ci fosse ancora qualcuno meravigliato del fatto che Magic Johnson fosse ben oltre i due metri e conducesse in contropiede i Lakers come Bob Cousy conduceva i Celtics degli anni ’60, a meno che qualcuno non si fosse appena avvicinato al gioco del basket. Ecco, questa è proprio l’unica giustificazione che tollero per essere sorpresi della straordinaria stagione di Curry, quindi quello che farò sarà illustrare cosa lo rende così speciale a chi non ha avuto la fortuna di vederlo dominare e plasmare la lega come nessun altro nello scorso decennio. Voialtri, si proprio voi, voi che c’eravate e avete lo stesso dubitato del suo talento, aprite questo link, stampate l’immagine in formato A3 e appendetela davanti al letto in modo che sia la prima cosa che vedete ogni mattina quando aprite gli occhi.

 

Slap Bet

Bene, chi non è impegnato a stampare una grossa “L” meditando sui propri errori, può proseguire nella lettura di questo articolo inspiegabilmente intitolato “E alla fine arriva Curry”, che inizierò diradando ogni dubbio riguardo al titolo; è un riferimento alla serie TV “How I Met Your Mother“, tradotta in italiano con “E alla fine arriva mamma”. Delle vicissitudini romantiche del protagonista Ted Mosby poco ci interessa, ma c’è un siparietto parallelo alla storia che va avanti per sette stagioni e che rappresenta esattamente il motivo per cui Steph è pressoché immarcabile: la famigerata “Slap Bet“, la scommessa dello schiaffo.

In pratica, chi perde una slap bet è destinato a prendere un bello schiaffone in faccia, solo che non sa quando e come. Può prenderlo immediatamente, può prenderlo perché in un qualunque momento sta facendo qualcosa che disturba il suo boia schiaffeggiatore, può non prenderlo proprio ma essere continuamente tormentato dalla minaccia del grave palmo. Ѐ esattamente come provare a difendere su Curry: sai che può colpirti con o senza palla, da qualunque posizione, in qualunque momento e prima che tu possa reagire. Lo schiaffo prima o poi lo prendi, è solo quando e come.

Il “quando” e il “come” li scopriremo grazie alle clip che ho tagliato dalla partita di Golden State contro i New York Knicks, una delle migliori difese della lega, e lo faremo osservando le azioni dal punto di vista dei difensori. Preparatevi, perché stiamo per scendere in una valle di lacrime.

 

Se arrivi tardi ti arriva uno schiaffo

Un attimo di ritardo. Basta un attimo di ritardo. Payton è ben incollato a Steph quando Green fa platealmente segno al #30 di sfruttare il suo blocco per andare a ricevere palla da Wiseman. Tutti sanno cosa sta per succedere. Il piano è semplice: se Payton non riesce a passare sul blocco in modo pulito, Noel deve catapultarsi sul perimetro per impedire il tiro, e se Noel non riesce a raggiungerlo dopo il passaggio di Wiseman, anche Randle deve catapultarsi sul perimetro. Il problema è che avviene tutto con un attimo di ritardo. Payton parte una frazione di secondo dopo Steph e non riesce a superare il blocco in tempo utile, Noel se ne rende conto a cose fatte e qui però quel diabolico motherf—-r fa una genialata.

Perchè nonostante tutto – e qui mi immedesimo nel dramma difensivo – c’eravamo; Noel sarebbe riuscito a contestare su un eventuale scarico, ma no, no, no, ecco che Steph fa mezzo passo per ricevere il quasi-consegnato e allora chi ci va? Noel o Randle? Noel crede che tocchi a Randle perché è convinto che Steph giri intorno a Wiseman, Randle capisce con un istante di ritardo il tracollo che si materializza. Già, perché il piccoletto appena mette le mani sulla palla fa un passo indietro e prima che qualcuno dei nostri eroi possa raggiungerlo lascia partire una tripla. Solo rete. Ah, e se non ve ne siete accorti vi faccio notare che Green avrebbe avuto un’autostrada libera verso il ferro, più o meno come quella che ha nella clip qui sotto.

 

Se ti rilassi ti arriva uno schiaffo

Perfetto. Perfetto. Andiamo! Barrett riesce a negare la ricezione verso la linea da tre e la difesa collassa bene in area costringendo Steph all’alto-basso per Kelly Oubre. Il peggio è pass… cazzo! Quando Barrett abbassa la guardia, Steph non smette di muoversi e si sottrae al controllo del difensore. Nel momento in cui il giovane R.J. si rende conto della cosa comincia a correre affannosamente per recuperare, mentre Steph indietreggia in pieno controllo, beffardo e irraggiungibile, con gli occhi sulla palla. Sembra di vedere su un campo da basket la fiaba della lepre e la tartaruga, con Barrett che sbuffa, corre, suda e Steph che sfrutta l’attimo di riposo del suo avversario per vincere la sfida. Mai abbassare la guardia.

Qui era fatta, qui era davvero fatta. Passati tutti i blocchi, superate tutte le insidie per venti interminabili secondi, la difesa costringe Steph a ricevere in angolo, con Payton addosso e appena quattro secondi sul cronometro. Ѐ fermo, intrappolato in angolo, con gli aiuti pronti ad arrivare da ogni lato, finché Payton abbassa per una frazione di secondo il braccio.

Bang.

Altri tre.

Che fastidio.

 

Se hai paura ti prendi uno schiaffo

Ve la ricordate la prima clip? Vi rinfresco la memoria. Quando Payton passa sul blocco, Gibson deve impedire la ricezione a Steph per il tempo necessario al suo compagno per recuperare, e lo fa alla perfezione! Al punto che, con due uomini addosso, Steph è completamente oscurato e Draymond Green non riesce a passargli la palla per l’ultimo tiro del quarto. Ci sono voluti due difensori, ma questa volta, cascasse il mondo, lo schiaffo non ce lo prendiamo. Due difensori? Eh sì, due difensori. Vuol dire che qualcuno è libero, e quando la palla è in mano ad uno dei migliori passatori della lega, di solito, quel qualcuno se la ritroverà presto in mano. Se poi quel qualcuno è James Wiseman – oltre 210 cm di atletismo – lanciato verso il ferro, sono guai.

Lo so che qui ufficialmente siamo dalla parte della difesa, ma guardate i piccoli dettagli che mettono Green in condizione di fare quello che sembra un passaggio facile facile. Primo, manda via Oubre per essere sicuro di avere spazio sul lato forte per il passaggio a Wiseman; secondo, tiene lo sguardo fisso su Curry per non suggerire alla difesa quello che è il suo intento; terzo, solo all’ultimo momento indirizza il passaggio verso Wiseman, con il polso, quando la palla è all’apice del rimbalzo, servendo al compagno una palla lenta e alta – e quindi di semplice ricezione – mentre la difesa è sbilanciata.

Se dovessi dare un titolo a questo possesso, lo chiamerei “Il trionfo del terrore”. Payton è talmente preoccupato da una possibile ricezione di Steph dietro l’arco da dimenticare la regola fondamentale per difendere nel gioco del basket: o stai fra il tuo uomo e il canestro, o stai fra la palla e il tuo uomo. Payton sta fra il suo uomo e la linea da tre punti, e il suo uomo è libero di tagliare verso canestro. A quel punto è Randle a ignorare un altro di quei princìpi che ti insegnano il primo giorno di minibasket: l’uomo con la palla è il più pericoloso, a maggior ragione se è ad un passo dal canestro. Randle si preoccupa di chiudere la linea di passaggio verso Steph, e Green appoggia comodamente due punti al tabellone.

Come quando gli amici più simpatici ti sbattono il tuo stesso braccio in testa e ti chiedono “perché ti picchi da solo?”.

 

Se è destino prendi uno schiaffo

La palla preferisce Steph, c’è poco da fare, e qui la difesa si prende un altro schiaffone e basta. Così, perché sì. Perché si può difendere in tanti modi: attenti o distratti, aggressivi o circospetti, spaventati o sicuri, e alla fine arriva Curry.

Tags: Golden StateStephen Currywarriors
Cosimo Sarti

Cosimo Sarti

Il Laocoonte della redazione di The Shot dal giorno della sua fondazione, imperverso inascoltato su tutti i canali di comunicazione disponibili.

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