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Drummond e Griffin sono in partenza

Jacopo Bianchi by Jacopo Bianchi
23 Febbraio, 2021
Reading Time: 7 mins read
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Copertina a cura di Sebastiano Barban

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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Il 15 febbraio, in occasione della gara giocata dai suoi Warriors contro i Cavs, Draymond Green non ha perso l’occasione per far sentire nuovamente la sua voce su un tema caldo del momento. Non è la prima volta, infatti, che il prodotto di Michigan State alza il volume della radio e richiama l’attenzione dei media, ma questa ha fatto più rumore di altre.

Nella conferenza post gara (vinta agilmente dai Warriors 129-98) Green ha voluto rimarcare l’assenza forzata di Andre Drummond tra le fila di Cleveland e l’atteggiamento che la franchigia dell’Ohio sta applicando nei confronti del 2 volte All-Star. Se però ci limitiamo ai titoli di giornali e siti americani, o addirittura a quelli italiani, diventa davvero complesso analizzare e comprendere la situazione.

A prima vista potrebbe sembrare un attacco diretto da parte di Green nei confronti dei Cavaliers (e anche dei Detroit Pistons), ma la realtà è ben distante. Il giocatore dei Warriors non ha voluto sottolineare quanto siano state meschine queste franchigie a sfruttare l’attuale regolamento NBA, ma quanto sia sbilanciato il sistema creato dalla Lega per gestire questa tipologia di situazioni. 

 

La situazione in casa Cavaliers

Andre Drummond, sbarcato in Ohio via trade a metà della scorsa stagione dopo 7 anni passati ai Pistons, ha fatto in tempo a giocare soltanto 8 gare prima della chiusura anticipata della regular season 2019-2020. Anche se raccolti in un campione piuttosto ridotto i 17,5 punti e gli 11,1 rimbalzi hanno dato un’indicazione chiara al front office dei Cavs, senza dimenticare le potenzialità dell’intesa mostrata nei giochi a due con Collin Sexton.

Proprio seguendo queste indicazioni Cleveland ha programmato la stagione attualmente in corso e non è un caso che siano arrivati 8 successi nelle prime 14 gare. Il fautore principale è stato sicuramente il playmaker uscito da Alabama che, giunto al terzo anno nella Lega, ha elevato il suo livello di gioco tanto da diventare un serio candidato all’All-Star Game.

Lo sparring partner dell’ottimo avvio però è stato proprio Drummond che tra dicembre e gennaio ha piazzato 16 doppie-doppie in 19 partite con oltre 18 punti di media, più di 15 rimbalzi a serata conditi da quasi 3 assist e 2 stoppate. Eppure la trade a 4 quattro squadre per James Harden, che ha convolto in maniera marginale anche i Cavs, ha sconvolto tutti i piani fatti in off-season. In particolare è stato l’approdo in Ohio di Jarrett Allen, lungo di ottime prospettive classe 1998 alla sua quarta stagione NBA, a costringere Cleveland a fare delle scelte.

Così si è arrivati al singolare esperimento del doppio centro nello starting five adottato da coach Bickerstaff per la prima volta contro Phoenix il 9 febbraio (sconfitta 119-113) e chiuso nella gara successiva contro Denver (altro KO). Il tentativo di gestire la particolare situazione del roster è durato soltanto 14 partite con i minuti di Drummond che hanno continuato a calare e quelli di Allen ovviamente a crescere. La gara disputata a Portland il 13 febbraio è stata l’ultima giocata dal nativo di Mount Vernon con la maglia dei Cavs, dal giorno successivo infatti Drummond si è trasformato in uno spettatore non pagante. 

 

La situazione in casa Pistons

La stessa sorte è toccata ad un collega ancora più illustre: Blake Griffin, dopo aver giocato le prime 20 partite della stagione, dal 14 di febbraio assiste senza partecipare alle gare dei Detroit Pistons. In questo caso non è stata nessuna trade a sconvolgere i piani, ma semplicemente una scelta dettata dall’impatto probabilmente superiore alle aspettative di Jerami Grant e dai lampi mostrati dal rookie Saddiq Bey.

Fa strano anche in questo caso vedere un 6 volte All-Star relegato al ruolo di spettatore, soprattutto considerando i risultati che sta raccogliendo la squadra di Motor City. Ma forse sono proprio i risultati delle due squadre, al momento ultima e penultima forza della Eastern Conference, a dare la chiave di lettura fondamentale per analizzare la situazione.

Cavs e Pistons stanno attraversando una fase di transizione dove l’unico vero obiettivo è la completa ricostruzione, proprio per questo in entrambi i casi è stata data carta bianca ai rispettivi front office. Cleveland ha messo rapidamente le carte sul tavolo con la partecipazione alla trade per Harden e il taglio di Garland, Detroit invece, complice l’infortunio di Hayes, ha potuto fare con calma. La cessione di Rose avvenuta il 7 febbraio è stata il primo tassello, seguita a ruota dall’esclusione di Griffin dalla lista dei giocatori attivi arrivata dopo il successo a Boston del 13 febbraio. 

 

Le parole di Draymond Green

Fin qui si potrebbe solamente concordare con Draymond Green sull’urgenza di sollevare una questione che va a toccare una zona abbastanza grigia del regolamento NBA. Ma purtroppo, come già accaduto altre volte in passato, il giocatore dei Warriors ha voluto spingersi oltre: 

“No one is going to fight back that (Harden) was dogging it his last days in Houston. He was castrated for wanting to go to a different team, and everybody destroyed that man. A team can come out and say, ‘We want to trade a guy,’ and that guy is to go sit and if he doesn’t stay professional, then he’s a cancer and he’s not good in someone’s locker room and he’s the issue.”

Il 3 volte campione NBA ha voluto evidenziare la disparità di trattamento tra un giocatore e una franchigia: una squadra può annunciare pubblicamente che intende scambiare un giocatore, mentre un giocatore non può chiedere pubblicamente di essere ceduto senza rischiare di incorrere in sanzioni da parte della Lega.

Green però nel tentativo di creare un parallelo attuale ed efficace con il caso Harden/Rockets si è dimenticato di specificare che Drummond e Griffin prima di trovarsi in questa situazione hanno raggiunto un accordo formale con le rispettive franchigie. Questo fa un’enorme differenza nel caso specifico, ma non toglie nulla all’importanza del tema sollevato dal prodotto di Michigan State: la NBA non esita a multare i giocatori che fanno dichiarazioni troppo sopra le righe soprattutto su alcuni argomenti, mentre la maggior parte delle franchigie non sempre riceve lo stesso tipo di trattamento.

Impossibile però non tenere conto anche dell’aspetto economico della faccenda. I giocatori anche se messi fuori squadra continuano a percepire lo stipendio previsto dal loro contratto, mentre una franchigia nella situazione opposta perde una quantità di dollari piuttosto significativa, senza neppure considerare i risvolti indiretti. Certamente di minor impatto, ma non trascurabile anche l’aspetto psicologico, in questo caso particolarmente rilevante dal punto di vista dei giocatori.

Non facile per un professionista in salute assimilare il concetto di dover guardare i compagni giocare, ancora più complesso restare concentrato e mantenersi in forma nell’attesa di scoprire la nuova destinazione. Parliamo pur sempre di professionisti pagati fior di milioni che hanno scelto volontariamente questa professione per cui la componente piscologica rimane relativa, ma sicuramente Silver deve trovare un modo per rendere meno imbarazzanti queste situazioni sia per i giocatori che per le franchigie.

 

Trade o buyout?

Ora bisognerà soltanto attendere la trade deadline, quest’anno fissata al 25 di marzo, per vedere dove finiranno Drummond e Griffin. Per provare a farsi un’idea su quelle che potrebbero essere le destinazioni dei due ex All-Star prima di tutto bisognerebbe capire se avverrà con una trade o se si accorderanno per un buyout con le rispettive franchigie.

Per il centro uscito da Uconn in pole position ci sono sicuramente Brooklyn e Dallas che hanno un’impellente necessità di trovare una presenza nel pitturato, difficile però escludere 3 contender del livello di Lakers, Clippers e Bucks. Nel caso di Drummond, e dei Cavs ovviamente, l’opzione più probabile pare quella della trade che stravolge completamente il novero delle pretendenti (contratto da 28.7 milioni a stagione in scadenza nel 2021).

I Celtics potrebbero avere la contropartita giusta per accaparrarsi i servigi del centro classe 1993, trovando così il lungo che manca da qualche stagione e che potrebbe far fare il salto definitivo alla squadra di Stevens verso la vetta della Eastern. Anche Toronto dopo aver perso Gasol e Ibaka in off-season potrebbe avere le stesse intenzioni, ma i Raptors dispongono di qualche asset in meno da offrire. Tanto dipenderà dal ‘prezzo’ fissato da Cleveland, in caso di ribasso alcune franchigie in ricostruzione avviata potrebbero provare a puntare su Drummond per inserirlo nei propri piani oppure per liberare spazio salariale. 

Discorso completamente diverso per Blake Griffin che di primavere alle spalle ne ha già 31 (e saranno 32 alla deadline), arriva da un’annata dove ha giocato solo 18 gare per reiterati problemi al ginocchio sinistro e non ha particolarmente brillato in questa prima parte di stagione. L’opzione della trade, considerando il contratto da oltre 36M per questa stagione e la player option da quasi 39M per la prossima, pare davvero un miraggio.

In caso di buyout però non c’è alcun dubbio che un veterano come Griffin potrebbe fare comodo a tante squadre indipendentemente che siano contender, in ascesa o in ricostruzione. La più suggestiva è il possibile ritorno a L.A., sponda Clippers ovviamente, per tornare all’assalto del Larry O’Brien Trophy dopo i fallimenti di Lob City. Interessanti anche le opzioni Blazers e Nuggets che potrebbero impreziosire ulteriormente dei roster ben attrezzati per fare rumore ai playoffs.

Sull’altra costa sicuramente farebbero un tentativo gli Heat che stanno faticando e non poco a confermarsi dopo le Finals disputate la scorsa stagione, ma potrebbe inserirsi anche una squadra in ascesa come Charlotte (Griffin è ancora un atleta sponsorizzato Jordan). Nei prossimi 30 giorni scopriremo sicuramente le destinazioni di Andre Drummond e Blake Griffin, ma soprattutto l’impatto che avranno sugli equilibri della Lega. Una cosa però è certa, vederli seduti in borghese a bordo campo fa uno strano effetto.

Tags: Andre DrummondBlake Griffin
Jacopo Bianchi

Jacopo Bianchi

Professional Journalist - Columnist @TheShotIT - Host of "Basket Time" @ https://teletutto.it

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