Steve Nash, Mike D’Antoni, Amar’e Stoudemire e Sean Marks tornano dove tutto è iniziato. Con “tutto” non intendo solo una delle squadre più divertenti ed emblematiche della storia, ma anche l’inizio della rivoluzione del basket moderno dei “Seven Seconds Or Less” Phoenix Suns cuciti intorno al genio canadese che adesso siede sulla panchina dei Nets. Senza dimenticare la sfida nella sfida fra due dei playmaker più brillanti dell’ultimo decennio, Harden e Paul, un tempo uniti per superare insieme la maledizione dei playoffs e ora grandi rivali dopo aver fallito nell’impresa a un passo dal traguardo. Sul parquet di Phoenix fresco di restyling con il logo “The Valley” c’era tutto questo, e il fatto che Irving e Durant fossero entrambi in borghese non ha fatto altro che spingere ancora di più sotto i riflettori le sfide nella sfida: i nuovi Nets contro il loro passato, James Harden contro Chris Paul. Ne escono vincitori i primi dopo una rimonta epica dal -24 del terzo quarto, che mette in luce tutto il potenziale di Brooklyn.
La partita inizia come pronosticabile, con i Suns che prendono il largo inesorabilmente grazie ad un Booker con il pilota automatico ed alla difesa disinteressata dei Nets, capitanata da un Harden che sembrava non sentire la sfida come il suo rivale Chris Paul. Mentre i Nets in attacco sono Harden e poco altro, Phoenix fa quello che vuole trovando tiri aperti, attaccando mismatch e punendo una difesa lenta a rientrare. Brooklyn è nella seconda partita di una back-to-back in trasferta senza due terzi dei Big Three, e la partita sembra scorrere placida verso un finale inevitabile intervallata da aneddoti e reperti vari sugli incroci del destino di cui vi parlavo poco sopra. In questa epoca più che mai, però, basta abbassare la guardia un attimo e anche un margine di oltre venti punti può ridursi in niente nel giro di un quarto di basket. Ed è proprio quello che è successo ieri notte, in un secondo tempo che deve far ben sperare i tifosi dei Nets per qualcosa in più di un’altra W a referto.
Basterà una difesa ad intermittenza?
Uno dei problemi principali di Brooklyn è la metà campo difensiva, e credo che la cosa non sia una sorpresa per nessuno. Con tre super attaccanti e una squadra quasi del tutto nuova, era difficile aspettarsi qualcosa di diverso dal fondo della classifica in più o meno tutte le statistiche difensive, dal defensive rating, ai canestri subiti, alle percentuali concesse. L’unica nota positiva, o meglio non tragica, riguarda la difesa sul tiro da tre, in cui i Nets si aggirano a metà classifica. “Defense wins championships” recita uno dei detti più conosciuti (e validi!) nel mondo del basket, ma alla fine conta comunque fare un punto in più degli altri, no? Si, ma diventa complicato a prescindere dal talento offensivo fare questo tanto agognato punto in più quando gli avversari segnano a ripetizione. Giustissimo direte voi, e allora perché i Nets hanno un record di 10-1 (9-1 prima di ieri) contro le squadre che hanno vinto più del 50% delle partite? Risposte certe a queste considerazioni non ne ho, non solo perché sono un umile scriba, ma anche perché una squadra così gruvierica – deliziosa ma piena di buchi – non si era mai vista nella storia della lega.
The Nets are 9-1 vs teams that are .500 or better this season.
— StatMuse (@statmuse) February 14, 2021
The best record in the league. pic.twitter.com/wu9Q5aEQmu
Azzardo dunque un’ipotesi: i Nets quando vogliono difendono in modo decente, e lo hanno dimostrato ieri sera soprattutto con le riserve ma anche con un James Harden a larghi tratti in versione birillo che è andato però a guadagnarsi la rubata decisiva, in collaborazione con un’ottima challenge di Steve Nash. Ecco, in questo fotogramma sono racchiuse tutte le speranze di Brooklyn: le stelle che quando serve fanno il lavoro sporco e un genio del gioco alle prime armi in panchina che inizia ad indovinare le decisioni fulminee che fanno la differenza.
Non solo, Nash è anche stato ottimo nel trovare minuti di riposo per l’unica stella che aveva a disposizione, cavalcando la panchina al punto giusto per rientrare in partita grazie all’energia dei gregari per poi lasciare che un Harden ancora fresco conducesse la nave in porto. Basterà tutto questo per fare strada ai playoffs? I precedenti storici dicono che serve una difesa fra le prime dieci della lega, ma la potenza di fuoco di questi Nets potrebbe far sì che sia sufficiente difendere a sprazzi, cosa che stanno dimostrando di poter fare.
Steve Nash ha la stoffa del coach
Era Houston a tenere prigioniero Harden, o Harden a tenere prigioniera Houston? Questa è la domanda che si facevano più o meno tutti da qualche anno a questa parte. Stare tutti fermi sulla linea da tre ad aspettare che il Barba generasse un buon tiro aveva funzionato fino ad un certo punto, ma c’era chi pensava fosse l’unico modo in cui potesse giocare James Harden.
A Steve Nash ed al suo staff costellato di ex-Suns va dato il merito di avergli sì lasciato la palla in mano, ma anche creato più movimento intorno a lui. Un passatore così straordinario è in grado di fare qualcosa di buono smantellando sistematicamente la difesa all’interno di un attacco statico, ma è quando tutti si muovono intorno a lui che diventa davvero imprevedibile e di una letalità sostenibile a lungo termine. Non aspettatevi i Golden State Warriors del 2016, però rispetto all’immobilismo dei Rockets è tutta un’altra storia.
Jae Crowder has only been in Phoenix for a few months, but he’s still rocking the throwback Steve Nash jersey tonight ?
— Zona (@AZSportsZone) February 17, 2021
Respect ✊
(via @Suns IG ?) pic.twitter.com/Y7W4zUtguT
A questo proposito è arrivata anche la benedizione di Kyrie Irving: “You are the PG, I’m the SG”, tu sei la point guard e io la shooting guard. Un altro enorme successo per Coach Steve Nash, che era stato scelto soprattutto per tenere sotto controllo le superstar e fino ad ora sta riuscendo nell’impresa. Se ricordate, prima di inizio stagione lo stesso Kyrie aveva rilasciato dichiarazioni preoccupanti: “Non credo che abbiamo un vero e proprio coach, delle volte sarà Steve, delle volte sarà Kevin, delle volte sarò io”. Dopo tre mesi lo sguardo di ghiaccio e la voce profonda del due volte MVP che siede sulla panchina dei Nets ha rimesso tutti al loro posto, aspettando di vedere, finalmente, questa squadra al completo nel tentativo di trovare l’affiatamento giusto per scrivere la storia ai playoffs.
Un (altro) gran finale
Dopo che i Nets si erano portati fino al -2 a pochi minuti dalla fine, Chris Paul sembrava aver messo in ghiaccio la partita per i Suns con quattro canestri di fila e uno shrug di jordaniana memoria che sapeva di schiaffo al suo ex compagno di squadra. Non aveva fatto i conti con una delle squadre più temibili della lega nei finali punto a punto. Infatti, James Harden, prima attaccando il ferro, poi con una bomba dal palleggio dopo aver lasciato spazio ad un appoggio al vetro facile di Jeff Green, ha riportato definitivamente la partita sulla strada di Brooklyn.
Per l’ennesima volta un finale tirato ha sorriso ai Nets, che, proprio per via di un attacco stellare e di una difesa terribile si sono trovati molto spesso in questa situazione. Un buon attacco batte sempre una buona difesa, e questo, in circostanze ad alta pressione con il risultato in bilico, aiuta Brooklyn a cavarsela, ma per veleggiare più serenamente verso le partite che contano sarebbe opportuno migliorare quel Net Rating (3,9) che al momento non li vede al livello delle altre contender.
Nel frattempo, Steve Nash e il suo staff possono godersi un’accoglienza positiva nella loro vecchia arena ed una insperata vittoria che porta con sé segnali positivi.