Questa notte Kevin Durant è tornato in campo dopo aver saltato le ultime 3 partite dei Brooklyn Nets a causa del protocollo sul Covid-19 imposto dalla NBA, a seguito del tanto discusso episodio avvenuto qualche giorno prima nella partita contro i Raptors. Il fato ha voluto che la prima partita di Durant dopo lo stop forzato fosse proprio contro la sua ex-squadra, i Golden State Warriors, che ieri notte hanno affrontato il nativo di Washington D.C. per la prima volta al Chase Center dopo l’addio di un anno e mezzo fa.
Il match, vinto piuttosto agevolmente dalla squadra di KD per 134 a 117, è l’occasione per fare il punto della situazione dei Brooklyn Nets, che attualmente occupano il terzo posto nella Eastern Conference con un record di 16-12.
La partita
Il match è stato a senso unico per gran parte della sua durata, ad esclusione dei primi dieci minuti, in cui Golden State è riuscita a rispondere colpo su colpo ai Nets portandosi in vantaggio 24 a 22 con circa tre minuti da giocare nel primo quarto. Dopo però sono arrivati un recupero di Luwawu-Cabarrot chiuso con un layup, sette tiri liberi, due triple e un canestro di Durant assistito da Harden che hanno consentito a Brooklyn di piazzare un parziale di 15 a 4 negli ultimi minuti, che in seguito si rivelerà essere l’allungo decisivo.
Con Durant e Irving in panchina, i Warriors sono riusciti ad accorciare le distanze portandosi sul momentaneo -3 (37-34) dopo 2 minuti, sfruttando le debolezze della bench unit dei Nets. Con il rientro in campo di Durant, però, gli ospiti hanno ripreso a segnare con una continuità disarmante: riacciuffato il vantaggio in doppia cifra, hanno chiuso il primo tempo sopra di 15 lunghezze, 66 a 51, nonostante un KD da 4/13 dal campo per 11 punti totali.
Il terzo quarto è stato un assolo dei Brooklyn Nets, con Steph Curry & co. costretti ad arrendersi alla potenza di fuoco della squadra di Steve Nash, in grado di segnare 42 punti in 12 minuti grazie alle iniziative personali di Durant e Irving (17 punti con 8/13 dal campo) e al playmaking di James Harden (6 assist nel quarto, 14 dopo 36′). L’ultimo periodo è stata solo una formalità: i Warriors hanno provato un’ultima improbabile rimonta puntualmente respinta da un parziale di Irving.
Il Kevin Durant post-infortunio
La rottura del tendine d’Achille è uno dei peggiori infortuni che un atleta può subire: dopo l’operazione, è richiesto uno stop prolungato seguito da un’altrettanto lunga riabilitazione prima di poter anche solo tornare ad allenarsi senza contatti. Inoltre, come per qualsiasi altro infortunio, anche l’aspetto mentale gioca un ruolo fondamentale e talvolta all’atleta sono necessari mesi per lasciarsi alle spalle il trauma e tornare a giocare liberamente. Per tutti questi aspetti il ritorno in campo di Durant, dopo l’infortunio sofferto alle Finals 2019, ha sollevato per mesi dubbi tra addetti ai lavori e fans, che si domandavano costantemente se l’ex-Warriors sarebbe tornato a livelli simili di quello visto nella Baia e a Oklahoma City qualche anno prima.
A scacciare ogni dubbio ci ha pensato lo stesso Durant, che dopo uno stop lungo oltre 18 mesi è ritornato in campo dimostrando di essere lo stesso di sempre, dopo un comprensibile periodo iniziale di rodaggio. In un interessante articolo riguardante questo tipo di infortunio è contenuta la seguente tabella che indica i mesi di recupero dei giocatori che hanno sofferto la rottura del tendine d’Achille. Come si può vedere, un riposo forzato più lungo è ideale per consentire al fisico di riprendersi completamente, come testimonia il caso di John Wall, rimasto lontano dai campi per 22 mesi e che ora sembra essere in ottima forma.

La superstar dei Nets sta attualmente viaggiando a 29.5 punti di media tirando con il 53% dal campo, il 45% da 3 (5.9 tentativi) e l’87% dalla lunetta (7.8 tentativi), a cui aggiunge 7.4 rimbalzi, 5.2 assist e 1.4 stoppate, il tutto restando in campo quasi 36 minuti di media. Allenatori e medici stanno monitorando costantemente la situazione di Durant cercando di tutelarlo il più possibile in modo da evitare ricadute, ma l’ottima forma del prodotto della University of Texas è testimoniata anche dal fatto di aver già giocato un back-to-back lo scorso gennaio e di essere rimasto in campo per oltre 50 minuti nella sconfitta dei Nets a Cleveland dopo due supplementari, in cui ha messo a segno 38 punti (12/25 FGs, 3/9 3FGs, 11/13 ai liberi), 12 rimbalzi, 8 assist, 4 stoppate e un recupero.
A che punto sono i Brooklyn Nets?
Dopo la vittoria di questa notte, i Brooklyn Nets sono 6-1 quando il trio Irving-Harden-Durant scende in campo. La convivenza tra tre dei migliori giocatori in isolamento della storia sta funzionando e la chimica tra di loro sembra essere decisamente migliorata dopo il rientro di Kyrie Irving. A testimoniarlo, è una dichiarazione dello stesso Irving di qualche giorno fa, in cui l’ex-Cavaliers ha dichiarato di essere disposto a giocare da shooting guard in modo da lasciare i compiti di playmaking a James Harden.
Kyrie Irving said a few days ago, he and James Harden made a decision: "I just looked at him and said, 'You're the point guard, and I'm going to play shooting guard. That's it."
— Malika Andrews (@malika_andrews) February 14, 2021
La scelta di “lasciare” ad Harden il ruolo di point guard si sta rivelando azzeccata per entrambi: l’ex-Houston è il leader della NBA per assist a partita con 11.2, sta tirando solamente 14.6 volte a gara e segna 23.6 punti di media (entrambi i dati sono i più bassi in carriera dall’ultimo anno ai Thunder), ma sta tirando con il 48% dal campo e con il 38% da 3 (entrambi career high del periodo post-OKC). La partita di questa notte è un chiaro esempio del “nuovo” Harden, che contro i Warriors si è divertito a coinvolgere i propri compagni mettendo a segno 16 assist a cui ha aggiunto 18 punti (tirando 6/11), 8 rimbalzi e 3 recuperi, deliziandoci con passaggi di questo tipo che hanno premiato soprattutto un Brown Jr. particolarmente attivo lontano dalla palla:
Dall’altra parte, Irving sta avendo l’annata più efficiente in carriera: segna 27.6 punti di media tirando con il 53% dal campo (career-high), il 41% da 3 (secondo miglior dato in carriera) e il 95% ai liberi (77/81), per una TS% del 64%; dovendo gestire meno possessi (29.2% di USG%, mai così bassa dal suo quarto anno) Kyrie riesce ad essere ugualmente produttivo ma molto più efficiente e non mancano le occasioni in cui può mettere in mostra il suo talento cristallino.
Se da una parte l’attacco dei Nets è pressoché inarrestabile, la difesa fa acqua da tutte le parti. Anche questa notte la squadra di Steve Nash ha subito 117 punti da dei Warriors non particolarmente brillanti, che hanno tirato con il 26% da 3 di squadra (9/34), e i problemi riguardanti la protezione del ferro e i punti nel pitturato degli avversari persistono. L’unico centro a roster, DeAndre Jordan, è inadatto a difendere nella NBA attuale essendo l’ombra del giocatore visto ai Clippers, e questo sta costringendo coach Nash a giocare con Durant e Jeff Green da 5 con risultati poco incoraggianti, nonostante KD sia un buon difensore in aiuto. Inoltre, anche in quanto a difensori sulla palla il roster dei Nets scarseggia, con il solo Bruce Brown Jr. in grado di impensierire seriamente gli attaccanti avversari, nonostante il fisico non troppo imponente (193 cm per 92 kg).
In generale, sembra che ai Nets manchi anche una solida organizzazione difensiva oltre che personale adatto: alcuni canestri messi a segno da Golden State sono arrivati da disattenzioni piuttosto banali da parte di Durant & co., che dovranno assolutamente migliorare nella propria metà campo per poter competere con le altre pretendenti al titolo.
Qualcosa dovrà sicuramente muoversi prima della trade deadline, perché ad oggi i Brooklyn Nets sono una macchina da canestri inarrestabile, ma ai Playoffs la musica cambia, e spesso sono le squadre difensivamente più preparate ad andare fino in fondo.