Dopo un inizio di stagione in cui, almeno offensivamente parlando, visto che difensivamente è alla miglior stagione in carriera, stava avendo problemi, Devin Booker nelle ultime partite sembra aver definitivamente ritrovato soprattutto le percentuali che ad inizio stagione non lo assistevano così tanto. Questa notte, contro una Milwaukee lanciatissima, reduce da 5W consecutive (ma orfana di Holiday, positivo al Covid), Booker e in generale Phoenix erano chiamati ad un esame di maturità, anche loro reduci da 3W consecutive, nella partita tra due delle squadre più in forma della lega.
La partita per i Suns non è stata facile, costretti ad inseguire per 3 quarti per via di un Giannis incontenibile, autore di un 15/19 da 2 (compreso il tiro per la vittoria sbagliato) che la dice lunga sul suo dominio nel pitturato avversario. Nei primi minuti del quarto quarto sono però riusciti finalmente a riconquistare il tanto agognato vantaggio, difeso poi con le unghie e con i denti. I due canestri consecutivi di Booker a 3 minuti dalla fine sembravano aver messo la parola fine sulla gara (tiri tra l’altro difficilissimi, ottima difesa di Middleton entrambe le volte), con Phoenix che si porta sul +8, ma così non è: nel successivo minuto e 40 secondi Milwaukee si riporta sotto ed impatta sul 124 pari a 50 secondi dalla fine con una schiacciata del greco.
Nel possesso successivo Booker va in lunetta, mette il primo e sbaglia il secondo, ma Milwaukee spreca prima con una brutta persa sull’asse Middleton-Giannis, grazie anche ad una bella difesa di Crowder che “leva la sedia” al greco, e poi, dopo un errore al tiro dello stesso Booker, vede le proprie speranze infrangersi sul secondo ferro col tiro dai 6 metri di Giannis, raggiungendo così le 4W consecutive – di cui una senza CP3 – issandosi al quarto posto ad Ovest con un record di 15W e 9L.
“È difficile per le altre squadre, non sai cosa fare. Molte squadre hanno un primary defender, su chi lo metti? Su di me o Booker? Stiamo imparando a giocare insieme”. Le parole di Paul dicono molto, sia sulle difficoltà delle squadre avversarie nell’accoppiarsi con la franchigia dell’Arizona, sia sulle difficoltà di Booker nel doversi abituare a giocare con qualcun altro capace di creare un tiro per sé e per gli altri.
Tornando al prodotto di Kentucky, negli ultimi anni offensivamente parlando ha mostrato un arsenale completissimo e assolutamente invidiabile per un giocatore di soli 24 anni. Nonostante sia già da tempo nella lega infatti Book è solo di fine ottobre del ‘96: è nella media della lega o sopra come percentuali da ogni zona del campo, mentre l’aspetto in cui è più “carente” (tra molte virgolette) è il tiro da 3, cu cui soprattutto all’arrivo in NBA c’erano ben altre aspettative.
Nonostante il talento gli sia sempre stato riconosciuto, negli ultimi anni è spesso stato snobbato per qualsiasi riconoscimento o premio individuale (un solo All-Star Game, quello dell’anno scorso, in cui è stato chiamato all’ultimo come sostituto dell’infortunato Lillard), additato da molti come il classico giocatore da “good stats-bad team”, incapace di trascinare la propria squadra alla vittoria e di portarla ai PO.
La percezione è leggermente cambiata grazie alla bolla di Orlando, dove Phoenix è andata ad un nulla dal raggiungere i playoffs chiudendo le 8 partite con un percorso netto fatto di 8W e 0L. Quest’anno la franchigia si presentava ai nastri di partenza con un roster rinnovato e con ambizioni quantomeno da postseason, forti degli innesti di Paul e Crowder, reduce da una seconda parte di stagione scorsa a Miami più che positiva.
L’inizio di stagione per la squadra era stato ottimo, con 5 vittorie nelle prime 6. Booker però era apparso molto discontinuo, capace di buone prestazioni alternate ad altre molto meno buone (solo 8 punti nella netta vittoria contro New Orleans, l’ultima volta che non era andato in doppia cifra era aprile 2019, e non ci era andato per problemi fisici), da lì in poi Phoenix è stata molto più altalenante, anche a causa dell’assenza dello stesso Booker che ha saltato 4 partite.
Dal momento del rientro però qualcosa è cambiato, Phoenix è tornata a macinare vittorie (5 vittorie su 6 partite), Devin ha ritrovato la fiducia e si è messo a disposizione della squadra, leggendo benissimo le partite e facendo quello che serviva per vincere, sia che esso volesse dire distribuire più assist (11 vs Boston e “soli” 16 tiri in 38 minuti sul parquet) o tirare molto di più per sopperire alle assenze dei compagni (27 tiri il giorno successivo contro Cleveland senza CP3, con la partita ribaltata del quarto quarto proprio dal figlio di Melvin).
Il tutto è culminato nella vittoria di questa notte contro Milwaukee: la partita è stata un clinic offensivo, con la difesa di Bud che non riusciva a fermare in nessun modo la guardia di Phoenix, che ha segnato in ogni modo possibile e immaginabile, uscendo dai blocchi, creandosi il tiro dal palleggio, tagliando dietro la difesa, tirando sopra la testa del malcapitato Brook Lopez più e più volte, punendo così la difesa drop di Milwaukee sul pick and roll fino ai 2 tiri finali in faccia a Middleton.
Cosa gli vuoi dire? Buonissima difesa ma se l’attaccante segna questi tiri qui non puoi farci nulla.
Devin e Chris stanno imparando a conoscersi e a sfruttare l’uno le caratteristiche dell’altro, stanno imparando a capire quando fare un passo avanti o un passo indietro per il bene della squadra e questa è una pessima notizia per gli avversari.
Sperando che la dea bendata lasci stare le due stelle di Phoenix, fin troppo bersagliate in carriera, quest’anno in Arizona si potrà tornare a sorridere e a giocare i playoffs, che negli ultimi anni sono stati solo tristemente accarezzati più volte ma mai completamente raggiunti.