La scelta della Lega di riorganizzare l’All Star Game di Atlanta ha sorpreso un po’ tutti tra tifosi e addetti ai lavori. Se dietro ad una decisione discutibile figurano degli interessi economici abbastanza chiari, allo stesso tempo si è spalancata una porta ancora più grande per tutti i possibili esordienti alla partita delle stelle. L’NBA aveva infatti deciso di aprire comunque le votazioni, indipendentemente dalla cancellazione iniziale dell’evento, per poi scegliere di comprimere il weekend in una sola serata, quella del 7 marzo, nella quale andranno in scena sia la partita che le varie skills competitions.
La scorsa stagione i debuttanti furono addirittura 10, stabilendo un nuovo record. Anche se quest’anno non avremo un numero così alto, queste prime settimane di stagione hanno messo in vetrina alcuni nomi che potrebbero meritarsi la prima chiamata in carriera. Tra nomination attese e qualche sorpresa, ecco 5 possibili “first time All-Star”. In quanti raggiungeranno il traguardo?
Jaylen Brown
La stagione che sta disputando Jaylen Brown è indubbiamente la sua migliore in carriera, sotto ogni punto di vista. In pochi si sarebbero aspettati un’ascesa così rapida, soprattutto dopo le difficoltà emerse tra secondo e terzo anno, ma il georgiano sembra viaggiare spedito verso l’élite della Lega.
Il primo quarto di Regular Season dei Celtics non è stato dei migliori, a causa delle numerose assenze di una squadra che non fa della profondità il suo punto di forza. Detto questo, a tenere in piedi la baracca ci ha messo molto del suo il ragazzo il maglia #7, riuscendo ad evitare il tracollo nelle due settimane di assenza forzata di Tatum. Se Boston si trova con un record positivo nonostante le montagne russe, lo deve soprattutto al fantastico inizio di Brown.
Nonostante un minutaggio invariato rispetto alla scorsa stagione, Jaylen si è ritagliato fin dalla prima partita un ruolo molto più centrale nella metà campo offensiva dei Celtics. Con uno Usage Rate aumentato di più di 6 punti percentuali, da 24.7 a 31.4, Brown si è di fatto messo a pari livello con Tatum, diventando quasi il go-to-guy della squadra insieme al prodotto di Duke.
Certamente l’addio di Hayward e il ritorno complicato di Walker hanno spinto Stevens ad offrire una fetta di attacco più consistente ad altri elementi della squadra, ma neanche il Coach dei Celtics si sarebbe potuto aspettare delle risposte immediate così positive dal suo, ormai ex, secondo violino. La dimensione da passatore di Brown non è sicuramente sopra la media, ma l’aumento di palla in mano è coinciso con un incremento importante dell’Assist Percentage, ormai vicina a quota 20%.
A sorprendere è che, nonostante questo cambio di marcia, Jaylen non abbia aumentato la percentuale di palle perse su 100 possessi, riuscendo addirittura ad abbassarla da 11.2 a 10.2. Un dato molto significativo, che testimonia la pulizia con cui sta giocando il nativo di Marietta.
Jaylen Brown skip pass out of the pick and roll. That's nice. Whew. pic.twitter.com/cLqWwETbGJ
— Jackson Frank (@jackfrank_jjf) December 25, 2020
Con una mole di tiro sempre più ampia, Brown sta concludendo con percentuali davvero irreali. Per la prima volta in carriera sta viaggiando sopra il 50% dal campo e il 40% dall’arco, esattamente il 42%, con un True Shooting del 61%. Numeri davvero importanti, che non sembrano così insostenibili se messi a confronto con i miglioramenti degli ultimi due anni. Anche se dovesse esserci un leggero calo fisiologico nel corso della stagione, Brown sembra aver messo delle fondamenta importanti per compiere il famoso “next step”, e la convocazione all’All Star Game pare più vicina.
Malcolm Brogdon
Dopo un inizio di stagione a mille, i Pacers si sono dovuti ridimensionare nelle ultime partite. Esattamente come Boston, Indiana sta pagando una squadra molto corta, che rende il lavoro di Coach Bjorkgren e del suo staff ancora più complicato considerando la compressione della stagione. Se con il ritorno LeVert nelle prossime settimane, e quello più avanti di Warren, avremo delle indicazioni più affidabili sullo spot a cui potranno puntare i Pacers in vista dei Playoffs, ad aver brillato in questa prima parte di stagione è certamente Malcolm Brogdon.
Che l’ex play dei Bucks avesse trovato una sua dimensione perfetta a Indianapolis si era potuto notare fin dalla sua firma nell’estate 2019, ma il grande rendimento di quest’anno dimostra come abbia tutti i mezzi e le intenzioni per poter compiere un altro passo importante nella sua carriera.
Brogdon è attualmente ottavo della Lega per minuti a partita, 35.8, 5 in più di media rispetto all’anno scorso. Inutile soffermarsi troppo su questo dato, è chiaro come sia diventato uno dei pilastri dei Pacers insieme a Sabonis. Nonostante le leggere flessioni di entrambi tra fine gennaio e inizio febbraio, si stanno confermando come insostituibili.
I due si trovano alla perfezione e la linea diretta è diventata sempre più calda quest’anno: Brogdon serve infatti il 40% dei suoi passaggi al lungo lituano, 15% in più rispetto all’anno scorso, che coincidono con circa 2 assist di media a partita. Sicuramente la mancanza di un portatore di palla secondario affidabile, dopo l’addio di Oladipo, ha accentuato ancora di più questo dato, che si ridimensionerà una volta tornato LeVert, ma già nelle prime partite i due avevano mostrato un’intesa più marcata.
Brogdon sta inoltre tirando in maniera molto convincente, avendo aumentato le conclusioni a partita sia in relazione ai minuti che alle urgenze tecniche della squadra. “The President” ha incrementato l’efficenza sia in catch&shoot che dal palleggio. La sua pericolosità nel tiro dal palleggio è descritta perfettamente dai numeri, visto che tra i giocatori con almeno 180 tiri dall’inizio della stagione è terzo con il 44.4% dal campo, dietro a Ingram e Paul, e quarto dal perimetro con il 38.8%, dietro a Curry, Russell, LaVine e Ingram.
Complessivamente Brogdon sta tirando con più del 39% dall’arco, un miglioramento molto importante rispetto all’anno scorso, 32%, nel quale aveva avuto più difficoltà anche a causa di uno spacing di squadra non ottimale.
Considerando che Indiana non è tra le squadre più seguite e Malcolm non è certamente un personaggio eccentrico nel panorama della Lega, non sarà così facile vederlo alla partita delle stelle. Nei primi riscontri non figurava neanche in top-10 tra le guardie ad Est, e per farlo arrivare ad Atlanta sarebbe necessaria una spinta importante da parte dell’altro 50% di valore del voto, composto da media e giocatori. Nonostante questo, il primo quarto di stagione di Brogdon ci ha mostrato un giocatore ancora più valido rispetto al passato e, chiamata o meno, Indiana non potrebbe essere più contenta del rendimento del suo numero #7.
Zion Williamson
Spostando la lente di ingrandimento sull’Ovest, non poteva mancare il nome di Zion Williamson. Le difficoltà dei Pelicans in questo inizio di stagione hanno in parte oscurato l’annata piuttosto produttiva che sta mettendo in mostra Zion. Per quanto il contesto non aiuti, sia per le difficoltà di Van Gundy che per la costruzione discutibile del roster, la prima scelta 2019 sta riuscendo comunque ad avere un rendimento da All Star, in linea con la ventina di partite della scorsa stagione.
Le aspettative per Zion erano certamente molto alte prima dell’inizio della stagione. Offensivamente Williamson sta rispettando le attese, se non addirittura superando quelle più realistiche. A livello statistico le differenze rispetto alla scorsa annata sono ben poche, il che fa capire ancora meglio quanto avesse impattato in maniera positiva fin dal suo esordio a stagione inoltrata.
L’abbassamento dello Usage Rate non ha modificato l’efficienza di Zion nella metà campo offensiva, in cui ha mostrato dei miglioramenti significativi in termini di scelte e letture. Il fatto che i Pelicans non abbiano ancora un grande ritmo in attacco e siano solo 19esimi della Lega nel pace, poco più alto di 99.3, fa capire come possa essere complesso per un giocatore come lui immergersi in una dimensione completamente diversa da quella in cui potrebbe rendere al meglio. La difficoltà di dover attaccare quasi sempre le difese schierate sono visibili, ma Zion sta avendo comunque una produzione offensiva di primo livello.
Williamson sta viaggiando a 23.7 punti di media, con il 60% dal campo e il 63% di True Shooting, mentre nella Restricted Area sta tirando con un ottimo 63% dal campo. Un dato generale che cambia pochissimo se confrontato alle situazioni in cui è marcato stretto, entro mezzo metro, che occupano più del 20% di frequenza dei suoi tiri e nelle quali segna con il 60%, rispetto al 53% dell’anno scorso. Cifre davvero impressionanti che fanno capire come stia migliorando anche nell’uso del corpo, l’arma più potente presente nel suo arsenale.
Derrick Favors didn’t stand a chance vs. Zion ? pic.twitter.com/vxU86M6GrD
— Bleacher Report (@BleacherReport) January 20, 2021
Con i numeri che sta caricando sulle spalle e con la probabile risalita dei Pelicans, Zion non avrà problemi a finire tra i convocati per Atlanta. In più, è chiaro come la Lega abbia la necessità di puntare sui giocatori più di spicco del panorama NBA, e non perderebbe l’occasione per mettere Williamson accanto alle superstar più affermate. Nel primo responso dai tifosi il prodotto di Duke ha preso più di 400.000 voti, posizionandosi sesto nel Frontcourt dell’Ovest dietro a Paul George. Con le prossime tornate e quella successiva dei media, Zion avrà il posto assicurato tra le riserve per il primo, dei tanti, All Star Game della carriera.
Julius Randle
Una delle sorprese principali tra i candidati all’esordio e è sicuramente Julius Randle. Dopo una pessima prima stagione nella Grande Mela, Randle ha ritrovato la fiducia che gli era mancata ed è diventato il simbolo dell’inizio positivo dei Knicks. Ad aver stupito in molti è stato il cambiamento messo in atto dall’ex Lakers, che si sta mostrando più disposto a cercare i compagni piuttosto che andare a sbattere contro le difese schierate.
Nonostante qualche forzatura di troppo, in particolar modo nelle ultime partite, è innegabile che Randle abbia lavorato molto duramente nei mesi di pausa per diventare un giocatore più efficiente, e una fetta consistente dei meriti per le vittorie di New York passa dalle sue mani.
Tom Thibodeau ha deciso di puntare subito forte sul lungo texano, e lo ha reso il volto della squadra fin dalla prima partita. Randle sta avendo un rendimento fisico impressionante, considerando che è secondo della Lega per minuti di media, 36.8, dietro solo a James Harden, ed ha giocato ogni partita dall’inizio della stagione.
Inoltre, i Knicks sono una delle poche squadre a non aver avuto rinvii per il protocollo anti-Covid, e sono già 26 le partite consecutive in cui Randle ha messo piede in campo. Il fatto che stia giocando così tanto gonfia anche le statistiche principali, che recitano i numeri migliori in carriera, ma dietro di loro sono presenti una serie di campi più approfonditi che descrivono perfettamente il suo cambio di marcia.
Partendo dall’efficienza al tiro è visibile subito come stia mantenendo delle ottime percentuali in relazione al numero elevato di tiri, più di 16 a partita. Randle sta infatti tirando con il 48% dal campo e il 40% da 3 su più di 4 tentativi a partita. Un dato destinato a calare, visto che non ha mai superato il 34% in carriera con una mole nettamente minore, ma che racconta di un lavoro importante per ampliare le sue doti offensive.
Proprio legato a questo tema, è presente anche quello dei liberi, essendo una percentuale più affidabile e sostenibile: al momento Julius viaggia con 80% dalla lunetta, 7% in più rispetto alla scorsa stagione. Nonostante il 58% di True Shooting, gran parte dei tiri continuano ad essere molto discutibili in termine di scelte. Il fatto che stia continuando a segnare anche conclusioni molto complesse sta costringendo le difese ad alzare notevolmente il livello di attenzione su di lui.
Julius Randle has hit 3 straight 3s against the Bulls. He's up to 39.1% for the year on 3s. Knicks up 17 on the Bulls. Wrote about his offseason workouts and All-Star goal that pushed him to this breakout year for the Knicks: https://t.co/LfDriRFcB3 pic.twitter.com/jrVFXCgIWN
— Mike Vorkunov (@MikeVorkunov) February 4, 2021
Il cambiamento reale rispetto al passato è però legato agli assist: 6 di media con un Assist Percentage del 27.8%, una differenza abissale rispetto al 15% dell’anno scorso, considerando anche che la Turnover Percentage è rimasta identica. In più sono addirittura 10.5 gli assist potenziali a partita, quarto tra i lunghi dietro a Jokic, Green e Antetokounmpo. Una figura ormai insostituibile nello scacchiere di Thibodeau, essendo passato da -0.3 a +4.2 di Box Plus Minus, con +6.3 di On-Off. Il rendimento complessivo di Randle sembra destinato a calare, ma le possibilità di vederlo tra le riserve ad Est il prossimo 7 Marzo rimangono molto alte.
Zach LaVine
La nomination di LaVine sembra essere una delle più scontate di questo All Star Game. Dopo la delusione per la mancata selezione dello scorso anno, in molti erano convinti che questa sarebbe stata la stagione del “next step” definitivo. Con qualche incertezza sul suo futuro a Chicago, viste le voci e il contratto in scadenza nel 2022, LaVine ha iniziato la sua settima annata nella Lega spingendo subito sull’acceleratore. Certamente il nuovo Front Office e il cambio in panchina hanno aiutato a rasserenare un ambiente che era già esploso tra le mani di Forman e Boylen, il che ha reso il contesto più funzionale anche per Zach.
Il talento offensivo di LaVine non è mai stato in discussione, e questo primo terzo di stagione dei Bulls ha mostrato un giocatore ancora più efficiente nella metà campo avversaria. Zach sta tenendo 27.4 punti di media, settimo della Lega, nonostante un abbassamento dello Usage Rate. Le percentuali davvero fuori da ogni logica: con più del 64% di True Shooting, LaVine sta tirando con il 50% dalla media su quasi 70 tentativi e con il 41% le triple centrali.
Ad impressionare però è la sua efficienza al ferro, nonostante si stia ristabilizzando a cifre più umane dopo l’inizio di stagione. L’ex guardia dei Wolves sta concludendo con il 69% in Restricted Area, mentre tra i giocatori con almeno 10 Drives a partita è secondo con il 58%, dietro solo ad Antetokounmpo e davanti ai vari Lillard, Curry e Irving e Harden.

Come si nota dalla shot chart, è abbastanza impressionante come il blu scuro, che sta a significare un distacco percentuale importante rispetto alle media della Lega, occupi totalmente la Restricted Area. Come per Randle, anche per LaVine le percentuali sono destinate ad abbassarsi in maniera significativa. Detto questo, è chiaro che almeno a livello di produzione offensiva il ragazzo di Washington abbia notevolmente iniziato con un altro passo rispetto a molti dei suoi colleghi.
L’obiettivo All Star Game sembra praticamente scontato, e se Zach continuerà a viaggiare con cifre importanti per gran parte di febbraio non ci sarà nessun tipo di dubbio che verrà scelto per la prima volta in carriera.
Menzioni d’onore
La cerchia delle possibili new entry non si ferma a cinque. Tra i vari parquet della Lega sono presenti anche altri nomi che, nonostante difficilmente raggiungeranno il traguardo, si meritano una menzione per quanto fatto vedere in questa prima parte di stagione. Spicca sicuramente Mike Conley, che sta disputando una grande annata con i suoi Jazz, attualmente primi della classe ad Ovest. Per Conley sarebbe il coronamento di una grande carriera, che per motivi diversi non lo ha mai portato a partecipare alla partita delle stelle.
Spostandoci verso l’altra costa è giusto fare una tappa tra l’Oklahoma e il Texas, dove Shai Gilgeous-Alexander e Christian Wood stanno giocando le loro migliori stagioni. Per entrambi ci sarà tempo per entrare nel circolo delle star, ma i numeri messi in piedi sono quantomeno degni di nota già per questa edizione.
Discorso simile anche per Collin Sexton, che ha trascinato i Cavs ad un fantastico inizio di stagione nonostante i mille infortuni del roster. Il traffico ad Est riduce le sue possibilità, così come quelle di Tobias Harris, ma soprattutto per il secondo potrebbe arrivare una spinta importante dai voti dei giocatori. Anche Jerami Grant è stato protagonista di un inizio sopra ogni aspettativa, ma se il record dei Pistons non migliorerà in fretta le sue chance non potranno essere molto alte. Tra nomi che viaggiano spediti verso la prima chiamata e dark horses ancora in gara, l’All Star Game 2021 sarà anche degli esordienti, pronti a aggiungere una stella alla propria carriera.