La partenza dei Pelicans è stata parecchio stentata, e molti hanno iniziato fin troppo rapidamente ad analizare le ragioni del fallimento della franchigia della Louisiana. Tale esagerazione però appare quasi normale se si pensa a chi sia il volto della franchigia: Zion Williamson è arrivato nella lega con delle aspettative pari se non superiori a quelle del prescelto LeBron James, mettendolo immediatamente sulla bocca di tutti, nel bene e nel male.
Ben presto è diventato il personaggio più polarizzante della lega. Difficile avere un’opinione precisa di che tipo di giocatore sia e possa diventare a causa di un fisico che rappresenta un unicum anche per una lega di super-uomini come la NBA. Impossibile sentire un giudizio equilibrato sul suo conto. Normale quindi che, di fronte alle difficoltà iniziali dei Pelicans, Zion sia finito sul banco degli imputati, dimenticandosi che ha 20 anni e solo 45 partite all’attivo da professionista.
La difesa rimane un problema, ma qualcosa si muove
Ovviamente Zion non è esente da colpe. Le critiche su di lui si focalizzano soprattutto sulle sue carenze difensive e nella limitata visione di gioco. Entrambi sono dei problemi oggettivi della sua attuale versione.
Textbook YMCA closeout by Zion right here. pic.twitter.com/GsEe75UmdI
— John Hollinger (@johnhollinger) January 3, 2021
La mini striscia di 3 vittorie consecutive dei Pelicans rappresenta però una raccolta di tanti piccoli segnali positivi. Pochi giorni fa Van Gundy si è sbilanciato, definendo la partita contro i Suns la migliore della stagione di Zion. Parole non a caso, giunte a sottolineare una fondamentale svolta nel gioco dell’enfant prodige: l’improvviso e quasi inaspettato impegno difensivo.
Dopo aver collezionato diversi esempi in cui pareva disinteressarsi della metà campo difensiva, nelle ultime partite ha iniziato a ruotare correttamente, a lottare sui palloni vaganti e a rimanere concentrato anche lontano dal pallone. Non più tardi di qualche settimana fa non era raro vederlo incorrere in errori puerili che potevano destare più di qualche preoccupazione.
Il cambiamento parte innanzitutto a livello mentale. Chiaramente non si può pretendere da lui un apporto difensivo di primo livello, ma dato il sistema dei Pelicans è fondamentale che non faccia deragliare l’esecuzione della squadra sbagliando delle piccole ovvietà come il recupero sui tiratori.
Si è chiaramente ancora ben lontani dal poter immaginare Williamson vicino a un livello quantomeno accettabile in difesa. La base di partenza era talmente povera che prima di poterlo vedere contribuire positivamente nella propria metà campo sarà necessario parecchio tempo. Il fatto che si stia impegnando di più e che stia dando dei segnali incoraggianti è però fondamentale. Nel momento in cui sarà in grado di non danneggiare la propria squadra, la NBA dovrà iniziare a fare seriamente i conti con lui e con la sua esplosività fuori dal comune.
Piccoli, ma importanti miglioramenti in attacco
Contro Memphis la partita di Zion non era iniziata nel migliore dei modi. Le sue prime due azioni in attacco avevano portato a due palle perse, dovute a delle letture discutibili contro la zona creata dai Grizzlies per riempire l’area e togliergli il ferro.
Williamson però è stato bravo a non scoraggiarsi e a continuare ad attaccare in maniera aggressiva l’area avversaria, ma con maggior lucidità. Nei momenti in cui Zion legge la situazione e non si ostina ad attaccare a testa bassa, le sua qualità non possono non venire a galla. Se nelle ricezioni dinamiche è stato pressoché infermabile fin dal primo giorno in NBA, è molto incoraggiante osservare azioni in cui, analizzando cosa gli offre la difesa, capisce come sfruttare i blocchi di Adams per arrivare comunque al ferro.
Se Williamson migliorerà sensibilmente le sue letture, dando continuità a questa striscia positiva, le difese NBA si ritroveranno senza armi per poterlo arginare. Gli avversari sono e saranno costretti ad erigere contro di lui il famoso muro, coniato proprio dal suo allenatore ai tempi dei Magic per limitare un giovane James. Ma se lui inizierà a capire come attaccarlo, passando di più il pallone contro i raddoppi, i Pelicans diventeranno molto pericolosi.
La coppia con Ingram
Uno dei principali motivi che hanno portato i Pelicans all’attuale striscia di vittorie non è tanto la capacità realizzativa delle due giovani stelle, ma la loro rinnovata propensione a sfruttare l’attenzione delle difese avversarie per creare gioco per i compagni. Se in stagione Williamson e Ingram producono normalmente 7.5 assist di media a partita, nelle ultime 3 c’è stato un notevole incremento.
I 10.6 assist possono non sembrare granché in termini assoluti, ma in proporzione tale miglioramento rappresenta una piccola rivoluzione per i Pelicans. Ancora prima di vederli giocare assieme pareva evidente a tutti come i due si completassero a meraviglia sul lato offensivo del campo: Ingram tiratore sopraffino, Williamson macchina da canestri nel pitturato. Entrambi però sono ancora un po’ grezzi nel gestire le attenzioni degli avversari, ma stanno migliorando.
Il dato veramente incoraggiante di queste ultime partite è l’impennata del rapporto assist/turnover: Ingram è passato da 1.91 a 8.0, Zion da 1.09 a 3.20. Queste statistiche saranno le più importanti da analizzare da qui fino a fine stagione. Se i due dimostreranno dei passi in avanti nel coinvolgimento dei compagni, i Pelicans saranno legittimati a credere in un futuro roseo.
L’anello mancante della coppia al momento rimane la difesa, ma se si inizia a intravedere qualche miglioramento da parte di Zion, Brandon è già oggi un difensore competente. Ingram infatti difficilmente si fa battere lontano dal pallone e spesso si fa trovare nella posizione giusta; non è un difensore di primo livello sul pallone per una questione di peso, ma è di sicuro volenteroso.
Se entrambi faranno il passo successivo nel loro gioco, NOLA diventerà una delle squadre più interessanti ed intriganti della lega. In fin dei conti, il talento dei due è innegabile: i Pelicans ha ancora tanta strada da percorrere, ma se le loro giovani stelle dimostrano di avere una buona etica lavorativa e voglia di perfezionare il loro gioco, non vi sono limiti per Ingram e Zion. E chissà se a quel punto la profezia sul prescelto non possa ripetersi, 16 anni dopo l’apparizione di LeBron James.