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Memphis, l’unione fa la forza
E il filotto di vittorie continua

Enrico Bussetti by Enrico Bussetti
2 Febbraio, 2021
Reading Time: 7 mins read
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Taylor Jenkins Memphis Grizzlies

Copertina a cura di Francesco Ricciardi / Photo credits: Getty Images

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Nella notte appena passata i Memphis Grizzlies hanno servito il bis, sempre a domicilio: seconda vittoria consecutiva all’AT&T Center di San Antonio, ancora più larga della precedente, contro degli Spurs che arrivavano da un ottimo momento di forma. Il protocollo anti-COVID, che aveva lasciato fermi i Grizzlies per più di dieci giorni, non si è dimostrato un freno sufficiente allo stato di grazia di un collettivo davvero solido: cinque vittorie consecutive, stop forzato, altre due vittorie.

Se fossimo in Italia parleremmo di sette referti rosa in fila: un bottino eccellente per una squadra che era partita senza entusiasmare e in generale sempre piuttosto lontana dai riflettori. Analizziamo le chiavi della striscia positiva, con anche un occhio sulle prospettive future. I playoff, ad oggi, sono alla portata.

 

La forza del branco è il lupo, la forza del lupo è il branco

Anderson 17, Tillman 10, Brooks 13, Clarke 18, Morant 13, Jones 11, Melton 17, Bane 10, Dieng 19. No, non è l’estrazione del Lotto, bensì tutti i giocatori dei Grizzlies finiti in doppia cifra nell’ultima partita. Tolto John Konchar, che si è fermato a 5, ogni giocatore iscritto a referto ha scollinato quota 10: non c’è miglior fotografia di una squadra che basa gran parte dei suoi successi sulla profondità del roster. Anche il collettivo più compatto ed affiatato, però, ha un leader degno del ruolo, e nel Tennessee il ruolo appartiene di diritto a Temetrius Jamel Morant.

Dopo una partenza a razzo e un fastidioso infortunio, nelle ultime 4 partite Memphis ha di nuovo potuto contare sull’apporto del suo numero 12. Numeri un po’ meno altisonanti, certo, ma nell’attesa di tornare a pieno regime Morant si diletta con piacere nel ruolo di closer: quando la palla scotta, lui si prende tiri senza alcun tipo di problema.

This is the sequence where Ja Morant showed what a closer he is. Grizzlies up just 5, they’d only scored 10 pts in the quarter, 5:00 left. Ja finds Brooks for 3 w/ a brilliant pass, finds him again w/ an even better one, hits a floater, then sets up Dieng. 90 sec later, game over pic.twitter.com/sFjh0i3IGA

— Peter Edmiston (@peteredmiston) February 1, 2021

Il talento cristallino di Ja non è comunque una novità, e vale la pena spendere qualche parola su giocatori che in situazioni normali sarebbero probabilmente in fondo alle rotazioni e che invece stanno continuando a fornire un contributo significativo. I Grizzlies non hanno avuto finora neanche un minuto né da Jaren Jackson Jr., il teorico secondo violino, né da Justise Winslow, pezzo pregiato della trade che ha coinvolto Andre Iguodala. Come se non bastasse, anche Jonas Valančiūnas, diventata una vera e propria ancora della difesa, è stato costretto a fermarsi ai box contro San Antonio a causa del coronavirus.

Problemi insormontabili? Ma neanche per idea. Kyle Anderson, giocatore che ha totalizzato più minuti in campo finora, sta tirando come probabilmente mai aveva fatto in carriera, mentre Tyus Jones e Brandon Clarke, dopo un inizio poco incoraggiante, stanno tornando ad essere quei giocatori di sicura affidabilità che tanto bene avevano fatto lo scorso anno. Persino Gorgui Dieng, arrivato così in sordina che più in sordina non si può, sta dimostrando di saper dire ancora ampiamente la sua su un parquet NBA, grazie soprattutto a una mano educatissima anche dalla lunga distanza.

L’attacco di Memphis sta traendo beneficio, nelle ultime uscite, da un maggior movimento lontano dalla palla, che si traduce ovviamente in una fase offensiva più fluida ed efficace. Il dato dell’Offensive Rating rimane comunque poco entusiasmante, con un 108.8 che colloca i Grizzlies al 22° posto nella NBA. La causa è soprattutto da ricercare in un tiro da tre punti che continua ad entrare e non entrare, variando molto di partita in partita. Il vero fiore all’occhiello della squadra di Coach Jenkins è infatti la difesa.

 

Di qui non si passa

Solo i Los Angeles Lakers, ad oggi, hanno un Defensive Rating migliore di quello dei Grizzlies, che sono anche ampiamente al primo posto per palle rubate. Memphis mette ogni sera sul parquet una ferocia inaudita nella sua metà campo: la composizione del roster aiuta, data la presenza di tanti buoni difensori individualmente, ma non è scontato tradurre tutto ciò in un’esecuzione puntuale e precisa di tattiche e movimenti di squadra.

Valanciunas, come già accennato, gioca un ruolo molto importante, essendo in grado di contestare in maniera molto efficace le penetrazioni senza avere grandissima mobilità laterale. La vera novità è però una maggiore versatilità, con Coach Jenkins che varia il piano partita difensivo a seconda delle necessità. Non a caso l’assenza del centro lituano non ha pregiudicato più di tanto le chances di vittoria contro gli Spurs.

Stiamo vedendo tante cose nuove in difesa: i Grizzlies alternano al drop conservativo in base ai momenti della partita trap, switch continui e zona 2-3. pic.twitter.com/xnKcApNCII

— Francesco La Mura (@cicciolamura) January 17, 2021

Come sempre, soprattutto nella pallacanestro moderna, la difesa è un ambito in cui l’organizzazione collettiva è molto più importante dei singoli elementi. Vale comunque la pena di sottolineare, oltre ai giocatori citati in precedenza, l’apporto di De’Anthony Melton, un vero e proprio coltellino svizzero che torna utile in quasi tutte le fasi di gioco, e soprattutto di Xavier Tillman. Il rookie, che si porta dietro fin dal college la fama di difensore versatile e in grado di cambiare a piacimento, sta finora rispettando le aspettative e ha già portato scampoli di una leadership vocale che in futuro, magari con l’asticella delle ambizioni posta un po’ più in alto, potrebbe tornare veramente utile.

Tillman è il leader vocale che mancava a questa difesa: lo si vede spesso indicare ai compagni gli accoppiamenti da fare in transizione e capisce dove e quando aiutare: nonostante il canestro subito il tempismo con cui va a contestare il tiro di Harris è perfetto. pic.twitter.com/61CU1wpe7V

— Francesco La Mura (@cicciolamura) January 17, 2021

Giovani scelti e forgiati con cura

I Memphis Grizzlies sono teoricamente una squadra in ricostruzione, eppure i risultati conseguiti in questo primo anno e mezzo scarso fanno pensare a una franchigia decisamente in anticipo sulla tabella di marcia. I meriti sono innanzitutto da dare a chi sta dietro la scrivania: il front office dei Grizzlies ha fatto degli autentici capolavori sia in sede di Draft sia al tavolo delle trade. Jaren Jackson Jr. e Ja Morant si sono dimostrati già pronti a guidare la squadra dal primo giorno, ma è soprattutto nelle scelte più basse che Memphis ha dato il meglio di sé.

Brandon Clarke è finora l’assoluta steal of the draft del 2019, e Xavier Tillman sta prepotentemente facendo emergere la sua candidatura per questa stagione. Anche un role player come Desmond Bane sta contribuendo fin da subito ad allargare il campo, niente male come scelta numero 30.

Bane mette a posto i piedi e lascia partire la bomba in un amen. pic.twitter.com/9Lr5gedH8U

— Francesco La Mura (@cicciolamura) January 31, 2021

Anche un undrafted come John Konchar sta trovando spazio in qualche occasione, nell’ottica della ricerca di gemme nascoste fondamentale per un piccolo mercato. Anche l’acquisizione di Melton, strappato ai Phoenix Suns per un tozzo di pane e diventato un pezzo fondamentale dell’ingranaggio, è un altro successo di questa filosofia.

Una nota di merito va anche al giovanissimo Coach Jenkins, alla sua prima esperienza da capo allenatore. Personaggio poco chiacchierato, Jenkins è riuscito nell’arduo compito di rendere indolore la transizione dal periodo del Grit and Grind a una pallacanestro più moderna. Memphis, che giocava a basso ritmo sostanzialmente dai tempi di Elvis Presley, si è trasformata in una squadra che non ha paura a correre e ad alzare il ritmo, trascinata da una scheggia con la palla in mano come Morant.

Campo più aperto, migliori spaziature: insomma, un basket più al passo coi tempi, nonostante la mancanza di qualche tiratore in più si faccia sentire ancora un po’ troppo spesso. La difesa poggia su pilastri differenti da quelli dell’era delle Twin Towers Randolph-Gasol, ma sta tornando ad un’efficacia simile e i risultati sul campo parlano chiaro. Anni in ombra? Di fatto, un paio con Bickerstaff al timone e zero con Jenkins. Difficile fare meglio.

Le prospettive, ora, si fanno interessanti. Memphis ha chiaramente ancora in corpo la rabbia per dei playoff sfuggiti per pochi millimetri a causa del discusso format del play-in. E pazienza se in giro per l’NBA hanno continuato a filarseli in pochi: i Grizzlies hanno sfruttato l’inizio a rilento di tante squadre della Western Conference per issarsi fino al quarto posto. Le 6 partite da recuperare sono però una variabile non da poco, anche perché non sono ancora chiari i modi e i tempi in cui Memphis dovrà tornare in pari con il resto del gruppo.

La conquista del fattore campo in postseason rimarrà probabilmente solo una suggestione, ma sembra ormai una certezza un piazzamento entro le prime 10, con conseguente secondo giro di giostra al play-in. Lì la voglia di vendetta sarà al massimo, e non è detto che i Grizzlies partano sfavoriti.

Tags: Desmond BaneGorgui Diengja morantJonas Valanciunaskyle andersonMemphis GrizzliesTaylor JenkinsXavier Tillman
Enrico Bussetti

Enrico Bussetti

Vive per il basket da quando era alto meno della palla. Resosi conto di difettare lievemente in quanto a talento, rimedia arbitrando e seguendo giornalmente l’NBA, con i Mavericks come unica fede.

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