Nuovo anno, nuova squadra, stessa storia per i Timberwolves. Nessuno, prima della stagione, li riteneva una contender, al massimo da nono o decimo posto, però, in barba alle previsioni, Minnesota è addirittura sprofondata nel baratro della Conference (15°, con 4-14 di record) e non sembra riuscire a uscirne. Il motivo? Manca il capobranco.
Il cuore di questa disfatta, infatti, è l’odissea del Lupo che veste il #32. Towns è il re nella scacchiera cestistica dei Timberwolves, ma il rapporto tra lui e i compagni dovrebbe essere mutualmente benefico, non simbiotico: l’assenza del primo non può coincidere con quello che è successo, ossia il completo tracollo dei secondi. KAT ha giocato e vinto le prime due partite della stagione, poi si è subito infortunato al polso, saltando le successive sei. Dopo essere rientrato per sole due gare, il 15 gennaio è risultato positivo al COVID e quindi altro stop forzato, da due settimane. In totale: 14 gare senza Towns, solo 2 W.
— Karl-Anthony Towns (@KarlTowns) January 15, 2021
Ci si aspettava che in difesa i Timberwolves sarebbero stati tra i peggiori in NBA (infatti concedono 113.4 punti a gara per 100 possessi), con o senza Towns, che però ha mostrato netti miglioramenti rispetto al passato: 2.8 stoppate condite da 8.5 rimbalzi difensivi di media. L’unico vero difensore è Okogie, che però è tanto bravo in un lato del campo quanto inefficace nell’altro.
È in attacco, infatti, che escono i problemi, in parte inaspettati. Le riserve nel ruolo di 5 sono Davis, di cui c’è ben poco da dire, e Naz Reid, che invece sta dimostrando di essere un ottimo centro di riserva (12.1 punti con il 38.8% dalla lunga distanza, 4.8 rimbalzi e 1.6 stoppate). Il punto è la parola “riserva”: nessuno può sostituire KAT, cosa che influenza anche il resto dell’attacco. Nel pitturato, senza Towns che è sempre stato ai vertici delle classifiche in 2nd-chance points, i Wolves non riescono a convertire sistematicamente gli 11.1 rimbalzi offensivi a partita (7° in NBA) in punti (13.8, 8°).
Russell, nonostante i 20.1 PPG, senza un vero partner da pick and roll si ritrova spesso doppiato dalle difese. Gli avversari sanno che lasciare smarcato un Davis o un Okogie all’arco non comporta pericoli e che D’Lo ha la tendenza a prendersi tiri anche contestati, ignorando i compagni, peraltro non grandi realizzatori. Unica eccezione è Beasley (20 PPG), una delle poche note positive in attacco (in difesa è un altro discorso), ma non è abbastanza. La speranza che Russell potesse diventare il leader ad interim è stata delusa e i suoi 5.4 assist di media sono più dovuti al fatto che la palla passa sempre prima fra le sue mani che non a una vera capacità di coinvolgimento.
Lo stesso vale per Rubio, i cui 5.7 assist non nascondono la confusione su quale sia il suo ruolo sul parquet, specie quando lo condivide con D’Lo. Infine, l’ala grande: Hernangómez, partito titolare, ha giocato talmente male che solo la decenza ha evitato che il suo recente stop causa COVID fosse accolto con grida di giubilo, anche se Vanderbilt (7 punti, 5.6 rimbalzi e tanta grinta), che da sconosciuta riserva è diventato l’eroe dei tifosi e temporaneo detentore del ruolo, potrebbe essere la soluzione a lungo termine.
Male in campo, quindi, ma non meglio a lato. Coach Saunders è a rischio, reo di troppi crimini tattici, specie nelle rotazioni, che lasciano perplessi o sconvolti, e una gestione catastrofica in troppe partite (vedi la sconfitta contro i Magic, persa per il buzzer beater di Cole Anthony, con i Timberwolves che si sono fatti rimontare da +20 e Saunders che è uscito dalla gara con 2 time-out inutilizzati).
Infine, Anthony Edwards. 13.1 PPG per lui, sprazzi di grande talento, ma c’è ancora confusione sul suo ruolo in questa squadra. Ant non è stato scelto per essere la star ma per il suo potenziale, però bisogna capire come esprimerlo. Con quel fisico alieno è temibile in penetrazione, dove segna o scarica a un compagno libero, giocandosela anche contro difensori d’élite come Gobert. Il tiro è un altro discorso: bene ai liberi (82.5%) ma non da 3 (31.3%, e ne tenta 5.5 a partita). Gli errori da rookie, come per esempio gli 1.3 turnover di media, sono perdonabili, ma bisogna sbrigarsi a trovare il suo spazio, poiché il rischio di implosione è alto.
Il ritorno di KAT, si spera imminente, potrebbe cambiare la marea, ma molti tifosi si domandano se riuscirà a guidare il suo branco verso la salvezza o se sia già troppo tardi.