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I dolori dei giovani Suns
Tutto qui? Coach Williams sbotta

Andrea Bandiziol by Andrea Bandiziol
29 Gennaio, 2021
Reading Time: 8 mins read
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Phoenix Suns cover

Copertina a cura di Matia "Di Ui" Di Vito / Photo credits: Benny Sieu/USA Today Sports, Christian Petersen/Getty Images, Joe Camporeale/USA Today Sports, Mark J. Rebilas/USA Today Sports

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NdA: Questo articolo è stato scritto prima che i Suns giocassero contro i Golden State Warriors nella notte di giovedì 28 gennaio.

Lo avevamo detto nella preview stagionale: i Phoenix Suns ci avrebbero messo un po’ ad ingranare. Non ci si doveva lasciare ingannare dal record dopo dieci partite, che recitava 7-3, come ora probabilmente non ci deve mettere le mani nei capelli sull’8-8. Ma che l’atmosfera non sia delle più rilassate, specialmente dopo la gara persa in malo modo in casa contro OKC (che ho seguito con accesso media via Zoom per The Shot), ce lo dice a chiare lettere la conferenza stampa post-gara di un imbufalito Coach Monty Williams:

Costanza. Ci manca costanza. [Questa sconfitta] è colpa nostra. E qualunque siano le prossime domande, la mia risposta sarà sempre la stessa: ci serve costanza.

Questo tutto quello che siamo riusciti a togliergli di bocca, prima che si allontanasse dalla sala stampa sbattendo fragorosamente la porta. Che l’atmosfera sia pesante nel post-partita ce lo conferma anche l’espressione delusa di CP3 davanti ai microfoni.

Giochiamo a sprazzi. A tratti siamo una grande squadra, muoviamo la palla, difendiamo bene. A tratti perdiamo tanti palloni, io per primo. Dobbiamo rispettare i nostri avversari, perché vengono pagati esattamente come noi. Giochiamo a sprazzi. Voglio capire quale sia il problema, perché queste sconfitte ci stanno stufando.

Dubbi confermati anche da Jae Crowder, che punta il dito contro “una mancanza generale di comunicazione in campo”. C’è da sperare che si tratti solamente di un normale assestamento in una fase di crescita e scoperta personale per la franchigia dell’Arizona, e mai quanto in questa fase risulterà importante la figura del leader che Chris Paul incarna.

 

CP3 e la ricerca della chimica di squadra

I Suns sono ancora lontani dall’avere un’identità ben definita. C’era da aspettarselo dato l’inserimento di diversi nuovi pezzi nella rotazione, Paul e Crowder su tutti. Non a caso, sebbene CP3 abbia deciso un paio di partite allo scadere ed abbia regalato due prestazioni magistrali in assenza di Booker (32 punti con soli 21 tiri nella partita contro OKC, la sua vecchia squadra), il meglio i Suns lo hanno dato col vecchio nucleo di giocatori in campo, soprattutto con le riserve guidate da Devin Booker, protagoniste di parziali positivi spesso gettati al vento dai titolari.

 

Crowder ha esplicitamente detto che lui e Paul devono “farsi sentire di più in campo, portare più leadership vocale”. Con le riserve la circolazione di palla è stata più fluida e i giochi chiamati sono sembrati più assimilati dai protagonisti. La mancanza di esecuzione e la scarsa circolazione di palla nei finali di partita è stata evidente, ieri sera come in tutta la prima parte della stagione, soprattutto contro le difese che cambiano sistematicamente sui pick and roll. I Suns stessi sembrano esserne consci, come evidenziato dalla risposta data da Mikal Bridges durante la conferenza stampa che ha preceduto la gara contro OKC.

Dobbiamo muovere di più la palla, muoverla più velocemente, scaricare quando arriva il cambio e poi muoversi. Ogni tanto quando c’è un cambio difensivo teniamo la palla un po’ troppo a lungo, e così la difesa ha il tempo di sistemarsi, di ruotare. Dobbiamo giocare con ritmo subito dopo il cambio, liberarci del pallone, attaccare il ferro.

L’attacco al ferro, e conseguentemente il (limitato) numero di tiri liberi conquistati, è stato l’altro grosso punto debole dei Suns in questo inizio di stagione: Phoenix è ventinovesima per liberi tentati a partita, motivo primario per cui molte partite in bilico sono finite nelle mani degli avversari. La ragione di questa problematica è da cercarsi nella composizione stessa del roster, formato da ottimi tiratori (Cam Johnson e Bridges su tutti) e da giocatori che, sebbene non abbiano percentuali vicino al 40%, offrono ottime spaziature grazie all’alto numero di tentativi dalla lunga distanza (Crowder e Šarić).

Non a caso, i Suns sono quinti per triple tentate a partita e settimi per triple realizzate, nonostante siano penultimi nella lega per pace, cioè per possessi giocati a partita. Se questa composizione del roster garantisce un’abbondanza di triple che fa sì che il campo sia ben aperto e che Ayton abbia spazi per attaccare all’interno dell’area, allo stesso tempo comporta un’assenza quasi totale di giocatori che sappiano crearsi un tiro da soli e che siano aggressivi nell’andare a canestro, con Booker e Paul felici eccezioni.

Le due stelle dei Suns sono andate in lunetta meno del solito in questo inizio di stagione: se da un lato Paul sta ancora cercando la giusta chimica coi compagni di squadra e deve fare i conti con le primavere che avanzano, Booker è sembrato meno esplosivo degli anni scorsi ed ancora alla ricerca della perfetta forma fisica. È proprio l’assenza temporanea di Booker a preoccupare a questo riguardo. Ho chiesto a Coach Williams novità sul suo infortunio prima della gara:

Il suo infortunio al tendine del ginocchio sta certamente migliorando, [Booker] è ancora day-to-day, oggi è venuto in palestra a tirare, cammina normalmente.

Booker fuori significa 5 tiri liberi in meno a partita per i Suns, il 30% di quanti stiano riuscendo a tirarne ogni notte. Senza il loro compagno di squadra All-Star, è compito di Paul, Bridges ed Ayton cercare di essere più aggressivi e arrivare con maggiore frequenza al ferro. Ne ho parlato con Mikal, il quale ha risposto così:

Cercherò di essere più aggressivo. Se [gli avversari] passeranno sotto i blocchi e mi lasceranno spazio, tirerò. Se mi staranno addosso, cercherò di più l’entrata. Dovrò leggere il gioco, capire cosa mi concederà la difesa.

Nella risposta di Bridges si trova esattamente la chiave di lettura dei pochi liberi tirati dai Suns: Phoenix costruisce ottimi tiri sul perimetro, spesso aperti, grazie sia a una buona circolazione di palla che al movimento lontano dalla palla dei tanti tiratori. E se un tiratore ha spazio per tirare, lo farà, non cercherà la penetrazione. Le percentuali dall’arco miglioreranno, ma a roster i Suns non hanno giocatori il cui istinto primario sia quello di penetrare, cercare il contatto, punti dalla lunetta, se non Booker.

Lo si è visto contro OKC: dopo un primo quarto in cui tutto sembrava andare per il meglio, tra fine secondo ed inizio terzo quarto i Suns hanno bruciato un vantaggio di 17 punti, finendo addirittura per trovarsi sotto di 13, tirando 0/12 da 3 in quel lasso temporale e non trovando soluzioni alternative al tiro da fuori. Quando nulla sembra entrare nel canestro, la buona vecchia medicina è cercare di più la lunetta, forzare falli da parte degli avversari. Medicina che i Suns non hanno saputo mandar giù nella notte di mercoledì: solo 12 tiri liberi in tutta la gara, zero per Bridges, le cui dichiarazioni erano state forse premonitrici.

 

Ayton specchio dei Suns

Chi i Suns si aspettano possa compiere più viaggi alla linea del tiro libero ogni notte è DeAndre Ayton, protagonista delle ultime partite per la franchigia dell”Arizona prima della débâcle contro OKC. Il centro bahamense è sembrato più sciolto nelle ultime partite, meno frenato dal suo stesso pensiero, più presente nel flusso della partita. Con la concentrazione sono aumentate anche l’aggressività e la presenza sotto canestro: 18+16 contro Memphis, 26+17 contro Houston, 27+13 e 17+13 nelle due partite contro Denver, con una media di più di quattro liberi a partita.

La cosa più incoraggiante è che i miglioramenti in attacco sembrano essere figli di un cambio di atteggiamento che è partito innanzitutto dalla fase difensiva, dove Ayton si sta imponendo come uno dei migliori protettori del ferro della lega. Le gare contro Jokić, il centro offensivamente più completo della lega, sembrano aver confermato che il numero 22 sia in grado di frenare chiunque nei pressi del canestro, tanto da guadagnarsi i complimenti di Jokić stesso.

 

Ayton ha messo in mostra il proprio potenziale diverse volte nella propria giovane carriera, facendo però purtroppo spesso seguire prestazioni avulse dal gioco alle ottime serate. Testimonianza ne è stata la stessa partita contro Oklahoma, in cui il lungo da Arizona non ha visto la palla toccare il fondo della retina dopo un proprio tiro in tutto il primo tempo (solo due punti per goaltending): svogliato nel prendere posizione sotto il ferro avversario, timido nel mettere palla a terra, titubante nel rilasciare il tiro fuori dal pitturato.

A fine partita saranno solo 4 i punti per lui, prestazione macchiata anche dal facile appoggio mancato che avrebbe portato i Suns sul +1 con poco più di 20 secondi sul cronometro. Prestazioni come questa lasciano l’amaro in bocca, a maggior ragione alla luce dei miglioramenti messi in mostra nelle ultime settimane, certamente notevoli e innegabili. Ayton è l’immagine simbolica per questi Suns: splendidi a momenti, terribili in altri, spesso nello spazio di pochi minuti nello stesso quarto. Difficile trovare una fotografia migliore di quanto appena detto rispetto alla gara contro OKC.

Giusto il tempo di riprendersi da un parziale di 30 punti, ed eccoli di nuovo davanti con una sequenza da 20-2, per poi disunirsi di nuovo nel finale e perdere la partita. Di certo la crescita del loro centro, unita ai costanti miglioramenti di Bridges e Johnson su entrambi i lati del campo, fanno comunque ben sperare i Suns per il prosieguo della stagione, anche se al momento il sentimento predominante è certamente negativo.

La Western Conference rimane una bolgia e le rotazioni devono ancora essere raffinate, ma ogni partita che passa senza che una maggiore chimica di squadra venga trovata rischia di diminuire le probabilità di raggiungere i playoff. Come ribadito da Coach Williams (che non ha partecipato alle due sessioni di allenamento che hanno preceduto la gara contro OKC per ragioni personali, riguardo alle quali Williams stesso ha detto che probabilmente dovrà assentarsi nuovamente nei prossimi giorni), nel pre-partita in risposta alla mia domanda riguardo alle difficoltà nel quarto quarto:

Non c’è nessuno a cui dare la colpa, e se ci fosse quel qualcuno sarei io. È il mio lavoro mettere i ragazzi in determinate rotazioni, in determinate combinazioni così da renderli più efficaci. […] Sta a me mettere in campo le giuste rotazioni per avere più costanza. Ecco, costanza: dobbiamo perseguire la costanza nel fare le cose che sappiamo noi possiamo fare bene.

Nonostante le brutte sconfitte contro Washington e Detroit e le delusioni in volata contro Denver e OKC, ci sono anche ragioni per essere ottimisti in casa Suns. Probabilmente ai ragazzi di Williams manca principalmente una cosa: il tempo per imparare a conoscersi. Spesso la risposta più semplice è anche la più azzeccata.

Tags: Chris Pauldeandre aytonDevin BookerJae Crowdermikal bridgesmonty williamsPhoenix Suns
Andrea Bandiziol

Andrea Bandiziol

Andrea, 30 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di The Shot vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora. Non è molto contento quando gli si ricorda che i Suns ora avrebbero potuto avere Doncic a roster.

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