Siamo giunti all’undicesima puntata di The Answer, la rubrica in cui rispondiamo alle vostre domande. Ogni settimana vengono raccolti via mail (redazionetheshot@gmail.com) e sui nostri canali social i vostri quesiti, vengono scelti i più interessanti e un membro (o anche più di uno, come vedremo oggi) della redazione di The Shot vi darà la sua opinione.
Sotto con le domande quindi, buona lettura!
1) Quale pensate che sia il futuro dei Wizards? Si pensava all’inizio che potessero avere una squadra da playoff ma è palese che la coppia Westbrook/Beal non basti, anche perché la fase difensiva è disastrosa. Come vi comportereste al posto del GM? Cercare di arrivare subito ai PO o scambiare tutti e ricostruire?
Domanda di Andrea Lo Giudice, risponde Francesco Contran
Ciao Andrea,
dopo questo inizio da 3-9 pare evidente che il massimo a cui i Wizards possano ambire sia un play-in agguantato con fatica, viste anche le molte assenze dovute ai protocolli sanitari della lega. Sheppard ha scambiato per Westbrook nella speranza di dimostrare a Beal il desiderio di competere dei Wizards, ma fin qui, complice un avvio disastroso, tutto ciò non è avvenuto.
Russell è l’ombra del giocatore che conoscevamo, e anche a causa degli infortuni, non attacca il ferro, il suo punto di forza da sempre. Ne consegue che risulta uno dei peggiori attaccanti della lega in quanto ad efficienza. È pertanto lecito pensare a ricostruire, ma non credo che il GM la veda così. Bisogna ricordarsi che le decisioni della franchigia della capitale dipendono anche dal proprietario Ted Leonsis, il quale – secondo Fred Katz di The Athletic – ha contribuito alla decisione di cedere Wall.
Smantellare tutto dopo meno di due mesi sarebbe un autogol gigantesco per Sheppard, che rischierebbe di perdere il suo posto. Credo perciò che, a meno che Beal non chieda espressamente uno scambio, e a meno di offerte irrinunciabili che non arriveranno, i Wizards resteranno questi fino a fine stagione, e se fossi Sheppard aspetterei a smantellare. Miglioreranno? La gara con Phoenix prima dello stop forzato aveva fatto vedere quanto promettente è questa squadra quando risolve i suoi problemi difensivi, ma il fatto è che ciò non succede quasi mai e sono innumerevoli i vantaggi in doppia cifra sprecati.
Bradley Beal was going through it on the bench. pic.twitter.com/OFLbkdbVMe
— Bleacher Report (@BleacherReport) January 27, 2021
Per me il responsabile principale è Scott Brooks, che andrebbe licenziato il prima possibile. Anche nel suo caso però bisogna tenere conto del fatto che andrebbe sostituito, e a stagione in corso non è facile trovare assistant coach da altre squadre. E pescare dallo staff di Brooks, che lo ha seguito da OKC nella quasi totalità, sarebbe un segnale di continuità contraddittorio. I nomi più probabili per sostituirlo sarebbero quindi Tony Brown e Jarrell Christian, con la suggestione Corey Gaines, che ha vinto un titolo da allenatore nella WNBA nel 2009.
In ogni caso, la nuova posizione sarebbe ad interim, ma è chiaro che qualcosa va fatto, perché gli errori nelle gestioni della rotazione da parte dell’allenatore sono evidenti: tra sostituzioni mal gestite e impiego in campo di giocatori peggiori rispetto a quelli in panchina, i problemi sono moltissimi. Pur con le attenuanti Westbrook e Bertāns, presentatisi tutt’altro che in forma al training camp. Per concludere non credo che vedremo grossi movimenti, ma Washington inseguirà i playoff, perché deve farlo finché c’è Beal in squadra.
Forse se sostituissero Brooks l’obiettivo sarebbe più facile, perché almeno tre sconfitte erano evitabili con un utilizzo meno sconsiderato delle rotazioni. Rotazioni che hanno finito per far perdere ritmo a tutti senza concederlo a nessuno che non fosse Beal, straordinariamente prolifico in questo inizio di stagione. Insomma, molte ombre sui Wizards, finiti nel buio e lontani dalla luce.
2) Che tipo di stagione vedremo da parte dei Rockets dopo la trade? Cercheranno il play-in oppure non sono abbastanza forti per farcela?
Domanda di Francesco Contran, risponde Cesare Russo
Ciao Francesco,
Pur avendo finalmente superato lo scoglio della trade, la stagione dei Rockets continua ad essere tormentata, in questo caso dagli infortuni. In 15 partite, il numero di quintetti titolari diversi ha già raggiunto la doppia cifra e, in queste condizioni, è difficile capire quali possano essere le direzioni da prendere e le distanze a cui si può arrivare.
Se ipotizziamo un recupero rapido, che possa finalmente dare in mano a coach Silas una squadra al completo su cui lavorare, l’obiettivo play-in non è affatto irraggiungibile. Attualmente Houston è la dodicesima squadra ad ovest, con un record di 6-9 (3-3 dopo aver scambiato Harden). Non ha squadre che possano impensierirla nelle posizioni più basse, mentre, tolti i Mavericks, nelle posizioni subito sopra ci sono squadre con cui possono giocarsela con più o meno possibilità di successo.
Il trio Wall-Oladipo-Wood non ha ancora giocato insieme ed è molto probabilmente la combinazione con più talento nella parte bassa di una Western Conference, se sarà disponibile per un buon numero di partite, Houston può fare molto bene. Ciò che farà la differenza nelle ambizioni e nei risultati dei Rockets, credo sia però il resto della squadra, in particolare Tucker, House Jr., Nwaba e Gordon. Questi giocatori rappresentano senz’altro un lusso per una squadra che lotta per i playoff e possono realmente fare la differenza, ammesso che concludano la stagione a Houston.
Sono ovviamente elementi interessanti per i piani alti della classifica, che potrebbero essere disposti a sacrificare un po’ del loro futuro. Se il record dovesse essere insoddisfacente e le offerte valide, avrebbe molto senso anticipare di qualche mese una ricostruzione necessaria e guadagnarci anche qualcosa, specie dai contratti in scadenza (ovvero tutti tranne quelli di Wall, Gordon, Wood e House Jr., insieme ai non garantiti di Tate e Clemons).
Al contrario, se la squadra dovesse arrivare a fine marzo su un’onda positiva (i rumors che escono dallo spogliatoio sembrano essere positivi, sicuramente adesso c’è più tranquillità), cercare di andare fino in fondo non è mai una soluzione sbagliata a prescindere perché l’esperienza dei playoff non la si può insegnare. Se devo sbilanciarmi, dico che i Rockets al completo possono arrivare al play-in e giocarli addirittura “in vantaggio” (quindi arrivando effettivamente nelle prime 8).
Mi aspetto che Stone scambi Tucker (è un giocatore troppo prezioso per perderlo a zero) e farà affidamento sul lavoro di Silas, che intanto continua ad allargare il playbook, perché la sua assenza pesi solo dopo la regular season. Il problema più grosso sarà effettivamente il numero che Wall e Oladipo giocheranno insieme, potendo così contare anche su un Gordon sesto uomo, un lusso per la zona della classifica in cui si troveranno i Rockets lungo la stagione.
3) Il fatto che il cambio di allenatore stia portando ad una situazione in cui i Knicks, al posto di giocare senza logica, stiano puntando a giocarsela ad ogni partita cercando di sviluppare giovani come R.J. Barrett e Obi Toppin, è una cosa dovuta da un cambio di visione societaria o una “presa di posizione” di Thibodeau? Ma soprattutto, è un tentativo di costruire una cultura per puntare alle free agency dei prossimi anni?
Domanda di Alessandro Cardona, risponde Francesco Perillo
Ciao Alessandro,
La stagione dei Knicks è certamente iniziata in modo sorprendente, come in pochi avrebbero pronosticato alla vigilia. Nonostante il campione di partite sia ancora molto ristretto per poter parlare di un reale cambio di marcia, ci sono degli aspetti molto positivi che fanno timidamente sperare per il meglio. A New York la pazienza non esiste, e finché James Dolan continuerà ad essere il proprietario e ad avere potere decisionale sulle scelte della franchigia questo aspetto non cambierà mai, come ci confermano gli ultimi 20 anni di storia di questa squadra.
Nel momento in cui il nuovo front office targato CAA ha messo piede negli uffici del Garden, le aspettative che si potesse vedere un nuovo progetto pluriennale targato solo giovani sono scese a zero, e la scelta di Tom Thibodeau come nuovo allenatore ne è stata la riprova definitiva. Nessuna possibilità di scegliere Atkinson, Udoka o Will Hardy, visto che sarebbe stato un nuovo salto nel vuoto alla ricerca di un qualcosa che a New York non si potrà mai costruire, e sarebbe terminato con la crocifissione del coach nel giro di un paio di stagioni, per stare larghi.
I Knicks si sono affidati ad una delle figure più storiche e particolari degli ultimi decenni della lega, con il chiaro obiettivo di svoltare l’angolo fin dal primo giorno. Thibodeau si porta appresso tanti punti deboli che si scontrano con le caratteristiche dell’NBA moderna, che in parte stiamo già vedendo, ma si è subito confermato come un allenatore in grado di imporre una cultura del lavoro differente, già capace di mostrare risultati anche sul parquet.
La crescita dei giovani non è certamente l’obiettivo numero uno di Thibs, che guarda solamente alla vittoria partita per partita, a qualunque costo. Forse, proprio per questo motivo, una parte di quello che stiamo vedendo potrebbe far sperare per il meglio. I giovani presenti nel roster si stanno meritando tutto lo spazio che stanno avendo, visto che in caso contrario sarebbero già stati relegati in panchina. Barrett si è ritagliato un ruolo da protagonista fin dalla prima partita, e tra alti e bassi continuerà ad essere un punto di riferimento per il coach, mentre Obi avrà bisogno di rimettersi in forma dopo l’infortunio. E poi Robinson, Quickley, Knox, aspettando il ritorno di Ntilikina, tutti ragazzi che stanno mostrando di valere anche più del loro minutaggio.
Gli ultimi anni hanno fatto capire alla franchigia che la città, il Garden e il mercato più grande della Lega non bastano più a convincere le stelle se dietro non c’è una cultura vincente. I Knicks hanno l’obbligo di costruirsi il futuro tra le proprie mura di casa, e solo così potranno tornare ad essere tra le prime scelte in free agency. Non sarà un processo breve e c’è un’intera immagine da ridisegnare, ma in base ai risultati e, soprattutto, a quello che mostreranno i giovani da quest’anno, si potrebbe iniziare a vedere la luce in fondo al tunnel.
4) Quali sono i prospetti più intriganti (non necessariamente i più forti, un misto tra sconosciuti e forti) del prossimo draft?
Domanda di Andrea Poggi, risponde Francesco Semprucci
Ciao Andrea,
inizio col dire che in questo Draft avrei potuto parlare di parecchi prospetti particolari ma ho deciso di sceglierne tre con un filo conduttore tra di loro: essere passatori sopra la media per la taglia.
1) Sandro Mamukelashvili, PF, Seton Hall, 211cm
Sandro è uno dei giocatori di culto di questa stagione del college basket, e il motivo è presto detto: il georgiano (seppur nato a NY) è un giocatore di 211cm che si diverte a giocare i pick and roll da palleggiatore o da bloccante indistintamente, ha la coordinazione e il ball-handling per attaccare i close out ma anche la forza fisica, a livello di college, per giocare spalle a canestro, il tutto con un range ben oltre la linea dei punti, seppur con percentuali nella media (34% nei suoi 4 anni al college).
Skillset interessante per un 210cm, Sandro Mamukelashvili sta dimostrando una capacità di lettura, un ball-handling e un controllo del corpo notevoli. Al secondo 30 la court awarness per fare un passaggio del genere è molto interessante, così come la lettura successiva su p&r ⬇️ pic.twitter.com/RYLPRrhSdt
— Francesco Semprucci (@fra_sempru) December 12, 2020
Interessante anche il passato del lungo, infatti è passato anche in Italia per le giovanili di Biella. In ottica draft è dato al secondo giro perché, per quanto possa essere intrigante come archetipo di giocatore, non è (ancora? Le percentuali ai liberi non sono incoraggianti, 66% in carriera) un tiratore tale da permetterselo in campo in difesa e in attacco senza la minaccia del tiro rischia di essere un giocatore normale in ottica NBA.
2) Dalano Banton, PG, Nebraska, 206cm
Dalano è tornato quest’anno in campo dopo un anno di redshirt, dovuto al trasferimento da Western Kentucky. Vedere giocare Banton è un’esperienza mistica, gioca PG ma è il secondo più alto in squadra, non è un giocatore particolarmente atletico o veloce ma è molto fluido, ha un ball-handling, una gestione del pick and roll e un’abilità da passatore notevole e non solo per la sua stazza. Sa trovare bene i compagni a metà campo, specialmente i tiratori negli angoli che riesce spesso a raggiungere con angoli di passaggio complicati grazie alle sue lunghe leve.
Sa sfruttare bene i suoi cm per finire sulla testa dei difensori e spostarli, ha un buon tocco da vicino, ama spingere in transizione sia per mettersi in proprio che per trovare i compagni. I limiti principali sono dovuti ad una fisicità molto limitata (pesa circa 90kg) e ad un tiro a dir poco ondivago (sotto il 30% da 3 e sotto il 70% ai liberi), oltre a dei mezzi atletici non da primo della classe.
3) Josh Giddey, PG, Aldelaide 36ers (Australia), 203cm
Giddey è il giocatore più giovane tra i tre di cui parliamo oggi (è nato il 10 ottobre 2002) ed è un prospetto che si è fatto conoscere e che ha fatto molto parlare di sé negli ultimi due anni, poiché con le selezioni giovanili dell’Australia e in altri eventi internazionali ha fatto le onde. Oltre al giocatore è interessante anche la sua storia: Giddey infatti ha deciso di rifiutare una borsa di studio dagli USA (su di lui c’erano università importanti come Arizona) per rimanere in Australia e dare fiducia al progetto “sviluppo giovani promesse” (tradotto un po’ alla buona) pensato dalla NBL.
Giddey è una PG di oltre 2 metri con flash da passatore e ball-handler notevoli: è praticamente ambidestro quando si tratta di passare la palla, ha un estro e una fantasia notevoli, sa giocare il pick and roll sia per finire al ferro (notevole tocco con entrambi le mani, compreso nel pacchetto il sottomano direttamente dal palleggio a una mano a là Nash o Rubio) sia per trovare il rollante o i tiratori. Più in generale, è un giocatore estremamente intelligente.
La dimensione da passatore di Josh Giddey abbinata a 203cm di altezza è intrigante. In stagione sono 12 assist in 2 partite, pensate se giocasse con gente che fa canestro. pic.twitter.com/yDj0mc3eiR
— Francesco Semprucci (@fra_sempru) January 23, 2021
I più grandi dubbi su di lui sono sul tiro (migliorato come percentuali, ai liberi in carriera siamo sul 75%, da 3 nei vari tornei giovanili siamo sul 38%) ma pessimo come meccanica, sia come parte superiore sia inferiore, sulla fisicità (pesa circa 80kg) e su un profilo atletico sotto la media NBA che si ripercuotono in una difesa on ball spesso problematica, seppur off ball sfruttando i centimetri e l’intelligenza sia un buon difensore.
5) Come stanno andando Maledon e Pokusevski? E il trio SGA, Dort e Bazley può avere una qualche evoluzione o stiamo parlando di un secondo/terzo violino e due role player?
Domanda di Davide Finamore, risponde Francesco Contran
Ciao Davide,
per quanto concerne il rendimento dei rookie dei Thunder dobbiamo considerare in che contesto giocano. Entrambi partono dalla panchina, con Maledon che gioca 20 minuti a gara e Pokusevski qualcuno in meno. Al loro fianco, nella maggior parte dei possessi, ci sono Muscala, Kenrich Williams e Hamidou Diallo, non proprio i migliori giocatori della lega, benché per ora si stiano comportando bene. Così capita che Theo sia in grado di creare almeno sei occasione pulite per i compagni e che questi non capitalizzino, come testimoniano i poco meno di 3 assist a sera.
Tuttavia il francese sta facendo bene nel ruolo di regista di riserva, cercando sempre la giocata più corretta per i compagni, con poche forzature personali. Ha fatto vedere un floater interessante, un buon primo passo e in generale buone letture. Comprensibilmente non è efficiente, ma non mi preoccuperei troppo, è alle prime partite. Pokusevski è un giocatore molto divertente da guardare nel suo processo di crescita, perché alterna infrazioni di passi banali a passaggi sorprendenti, goaltending difensivi a stoppate da highlight.
Non è pronto per questi livelli e si vede, ma in difesa sta reggendo abbastanza bene sui cambi, dimostrando una buona velocità laterale. Inoltre è intelligente nei recuperi in aiuto. L’attacco è da lavori in corso: deve lavorare sul trattamento di palla, perché la visione di gioco c’è. Il tiro è ondivago e non sta entrando, ma è anche vero che i compagni non stanno creando le migliori opportunità per lui. Soprattutto, non ha tentato ancora liberi. Ha bisogno di fare molta strada, ma c’è del potenziale.
Quanto a Shai Gilgeous-Alexander, può sicuramente essere un secondo violino di una contender, e c’è una remota possibilità che possa diventare qualcosa di più. Alcune gare, come contro i Clippers e i Nets, lo hanno visto dominare sul campo ed adattarsi alle difese in un modo sorprendente. È molto più efficiente, non forza mai, e ha la capacità di arrivare ovunque sul terreno di gioco, con un controllo del corpo pazzesco. La dimensione da creatore è stupefacente, se i suoi compagni segnassero poco di più flirterebbe con la doppia doppia tutte le sere.
È un gran leader vocale, e trascina i compagni sul campo, spronandoli sempre a fare meglio. Quanto a Bazley, potrebbe essere più di un role player, ma attualmente sta faticando parecchio al tiro e l’adattamento al ruolo di titolare richiederà un po’ di tempo. Nelle ultime gare ha sofferto l’assenza di Horford al suo fianco. Attacca però maggiormente il ferro, è solido in difesa e ha delle belle letture da passatore.
Dort ha apparentemente limato tutti i suoi difetti al tiro, va al ferro di prepotenza, mette palla per terra e ogni tanto sorprende con un bel passaggio. In difesa è il solito mastino. È il miglior tiratore di Oklahoma in questo inizio, e dopo meno di 60 gare in carriera sembra avere molto potenziale da esprimere. Credo che in un caso ideale possa diventare una versione potenziata di Marcus Smart, e per un undrafted sarebbe un gran colpo.