I Denver Nuggets stanotte contro Dallas hanno vinto la quarta partita consecutiva. Tornando nei quartieri alti della classifica dell’Ovest, issandosi al quarto posto.
Non è casuale che la risalita dei ragazzi di Coach Malone sia coincisa con il rientro di Michael Porter. L’uomo in più. La variabile, oltre le certezze Jokic e Murray. In Texas, contro Doncic e i Mavs, Porter Jr è stato spettacolare. 30 punti e la tripla decisiva nel finale, in volata. Con lui recuperato, ha giocato appena 7 partite in stagione, delle 17 di squadra (10-7) fermato dal protocollo anti pandemia, i Nuggets tornano ad essere la prima alternativa credibile al duopolio di Los Angeles, a Lakers e Clippers.
Se Porter è questo in maniera costante, all’American Airlines Center ha tirato 10/18 , con 6 triple a bersaglio e 8 rimbalzi di contorno, beh, allora Denver può quantomeno sperare di segnare ogni sera un punto in più degli avversari. Poi sulla difesa i Nuggets stanno ancora lavorando, ma con i tre migliori giocatori assi offensivi difficilmente potranno esibire una difesa da Bad Boys, oltre le intemperanze di Murray, stanotte cacciato dal campo per un colpo proibito ad Hardaway, dove fa più male.
Ma se quei tre girano, in attacco, allora l’aver lasciato partire Jerami Grant diventa un rimpianto meno pressante. E aver scelto Porter e non lui come perno del futuro assume un senso sull’immediato e in prospettiva.
Continuità cercasi
Il talento di Porter è di quelli speciali. Indubitabile. Denver tirò i dadi per lui al Draft 2018, scegliendolo in Lotteria, con la chiamata numero 14, nonostante una schiena a pezzi, già operata due volte. Quel potenziale valeva il rischio. Porter è stato poi un anno fermo, e in pratica aveva sostanzialmente perso anche l’unico a livello di college, giocando appena 3 partite per Missouri University. Ma nella scorsa stagione, ristabilito, ha mostrato schegge di futuro strabilianti. Segna al ferro e da fuori, ottimo atletismo, armonioso nei gesti. Un Natural: la pallacanestro, specie offensiva, gli sgorga spontanea dai polpastrelli.
Però la continuità sinora è sempre mancata, e resta tutta da dimostrare. Ha solo 22 anni e, se la trova, diventa un fenomeno. E Denver comincia a festeggiare. Sinora comunque, sia fisica che di prestazioni, la continuità è appunto stata una chimera. 55 partite giocate la scorsa stagione regolare, ma appena 16 minuti per partita. Centellinato. Cristallo meraviglioso, ma fragile. Come tenere una Ferrari in garage: uno spreco. Ai playoff i suoi minuti sono diventati 24 per partita e i Nuggets hanno raggiunto la finale di Conference, respinti solo dai Lakers, poi campioni. Trascinati dalle prodezze di un centro serbo e di una guardia canadese, ma pure dagli sprazzi di classe cristallina di Porter.
Quest’anno i minuti per gara sono diventati oltre 28′. Se parte dalla panchina, “spacca” le partite con le sue dote realizzative, i 17 punti a partita parlano chiaro. Se parte in quintetto per le difese avversarie l’attacco dei Nuggets diventa un irrisolvibile cubo di Rubik dal pronti/via. Ma la continuità è di nuovo venuta a mancare. Lui che in passato aveva avuto parole fuori dal coro e che avevano fatto discutere, rispetto alla pandemia, si è visto fermato 10 partite dal protocollo anti COVID. Una disdetta per lui e per Denver, partita ad andamento lento, come una fuoriserie che stenta a carburare. Però col suo ritorno stanno tornando anche le vittorie pesanti: due contro Phoenix, prima di quella di Dallas. Avversarie da playoff, da sopravanzare in griglia, possibilmente.
Schegge di futuro
Porter è anche un ottimo rimbalzista. 7.3 di media. La difesa comunque è ancora tutta da costruire. E’ alto, mobile, duttile, in teoria creta sulla quale lavorare, come coaching staff, sbizzarrendosi. Divertendosi, persino. Anche se poi i Nuggets hanno fretta, oltre i suoi inevitabili dolori di crescita su quella metà campo. Le partenze di Grant e Craig hanno esacerbato le sue mancanze, in un organico in cui al Joker non puoi chiedere di difendere forte per 48′, se vuoi che inventi in attacco, che dipinga pallacanestro. E se lo chiedi troppo di frequente a Murray rischi la reazione patita da Hardaway dopo che l’aveva spedito per terra, stanotte.
Però Porter merita la pazienza dei tifosi Nuggets. perché poi già adesso in attacco si fa spesso perdonare. E con gli interessi. Non ha paura della palla in mano, con la gara in bilico. Anzi, la chiede, persino la pretende, come fanno i campioni. Stanotte quando Harris gliel’ha recapitata per la tripla dall’angolo lui ha esibito l’elegante tiro in sospensione, mosso la retina e poi ha sorriso. Canestro del 114-107. Game over. I telecronisti dei Mavs avevano capito tutto prima. E gridato: “Oh no”. Già, l’Ovest è avvisato. Se Porter prende il ritmo diventa un problema per tutti…