Che cos’è un passaggio d’epoca? Come si riconosce? Chi lo decreta? Noi della community di Houston Rockets Italia lo abbiamo toccato con mano, il passaggio d’epoca. Con la partenza di James Harden, dal 2012 faccia della nostra franchigia, che è stato ceduto ai Brooklyn Nets andando a formare i nuovi Big Three con Kyrie Irving e Kevin Durant nella Grande Mela. Un movimento tellurico di grossa intensità a H-Town.
E noi, nel nostro piccolo, stiamo ancora vivendo in un frullatore di emozioni, ansie e meraviglie, sconcerto e sbalordimento. È finita un’era, tra gioie, soddisfazioni, intervallate a delusioni e qualche rimpianto. Ma ne comincerà un’altra, anzi è già cominciata.
La trade dell’anno
Nessuno aveva intenzione di scambiare la propria stella, considerando che Harden ha scritto la storia della franchigia per quasi un decennio. È secondo solo ad Hakeem Olajuwon, eppure dopo tanti anni in cui il ‘tredici’ è stato centrale in ogni singola decisione per Houston, è stato proprio il Barba a forzare la mano e chiedere di essere ceduto.
Puntando però i piedi, come un bimbo capriccioso la cui mamma gli ha vietato l’ultimo giro di giostra. Philadelphia, Denver, Miami, e Brooklyn: tante franchigie a fargli la corte. Ma i Nets hanno avuto immediatamente una marcia in più, perché erano la destinazione più gradita ad Harden, il posto giusto per lui per andare a caccia del titolo, in bella ed allegra compagnia di Irving e dell’amico Durant.
Nessuno aveva intenzione di scambiare la propria stella, considerando che Harden ha scritto la storia della franchigia per quasi un decennio. È secondo solo ad Hakeem Olajuwon, eppure dopo tanti anni in cui il ‘tredici’ è stato centrale in ogni singola decisione per Houston, è stato proprio il Barba a forzare la mano e chiedere di essere ceduto. Puntando però i piedi, come un bimbo capriccioso la cui mamma gli ha vietato l’ultimo giro di giostra. Philadelphia, Denver, Miami, e Brooklyn: tante franchigie a fargli la corte. Ma i Nets hanno avuto immediatamente una marcia in più, perché erano la destinazione più gradita ad Harden, il posto giusto per lui per andare a caccia del titolo, in buona e allegra compagnia di Irving e dell’amico Durant.
Dopo settimane di snervanti trattative, centinaia di rumors, chiacchiere, finalmente la trade è andata in porto. Tanto tuonò che piovve. Maxi operazione a quattro squadre. Sono state chiamate dentro anche Cleveland e Indiana, per far quadrare i conti. E invocato più volte Euclide, per tentare di raccapezzarsi nel sottobosco della maxi trade. Ceduto Harden, cosa abbiamo guadagnato? Innanzitutto, abbiamo risparmiato un bel po’, sia per questa stagione che per il futuro. Dato che i tre giocatori giunti in Texas sono tutti e tre in scadenza: Victor Oladipo, Dante Exum e Rodions Kurucs.
Ma chiaramente, il piatto forte della trade sono le scelte. E ne abbiamo ricevute a iosa, per la gioia di tutti noi tifosi Rockets. Tre prime scelte non protette Nets (2022, 2024, 2026), una prima scelta Bucks 2022, e le swaps 2021, 2023, 2025, 2027, cioè la possibilità di scambiare le proprie pick con quelle di Brooklyn. Come è facile capire, il tesoro del mega scambio sta tutto qui, nelle scelte.
Quindi, ad oggi è molto complicato se non impossibile ragionare su chi ha vinto questa trade. Ovvio, Brooklyn ha inglobato a roster un campione, una superstar della lega in grado di fare tripla doppia all’esordio in pantofole, e tenere medie da trentellista in smoking. Ma Houston, chiamata a ricostruire, ha un bel po’ di materiale di cui servirsi per svoltare pagina. Oltre alla flessibilità salariale, voluta fortemente dal GM Stone, lo stesso che avrebbe potuto tenere LeVert e invece ha virato sul contratto in scadenza di Oladipo.
Le reazioni della community alla partenza di Harden
La fine della storia con i Rockets era inevitabile. Chi più a malincuore, chi con più leggerezza, ha digerito l’episodio. Perché se chi scrive si è innamorato dei Rockets con Tracy McGrady, e quindi ne ha già viste tante, all’interno del nostro gruppo più ragazzi si sono avvicinati ed appassionati al basket NBA e agli Houston Rockets, proprio grazie all’uomo con la folta Barba. E hanno visto, quindi, crollare un mito.
Sarà dura, e posso rendermene conto, continuare a far parte di una community che non “vanta” più tra le sue fila un personaggio così polarizzante quale risulta essere Harden. Ma andiamo avanti, consapevoli che in squadra abbiamo comunque giocatori che ci consentiranno di toglierci soddisfazioni anche in un anno per noi molto particolare, di rebuilding. Ricostruzione senza passare dalle forche caudine del tanking, un verbo che non esiste da anni nel vocabolario Rockets.
Qual è il futuro per i nostri Rockets?
“La cosa più eccitante di questo scambio è che ci offre flessibilità nel futuro”, commentava il general manager Stone all’indomani dell’ufficialità della trade di James Harden. Aggiungendo: “Avremo la possibilità di poter concludere accordi man mano che si presentano le opportunità, quest’anno, l’anno prossimo o in qualsiasi momento”. Anche se la trade non avvantaggia Houston nell’immediato, non lasciandola in un’ottima posizione in questa stagione, i benefici potrebbero essere tratti a lungo termine.
Quest’anno i Rockets non hanno una possibilità realistica di poter lottare per il titolo, e potrebbe essere difficile anche continuare a presenziare in post-season. Wall, Wood, House, i veterani Gordon, Tucker e Cousins, gli intriganti rookie Jones e Tate e l’ultima aggiunta, il peperino Porter Jr., formano però un gruppo competitivo, che nelle prime uscite ha anche divertito noi tifosi. Pur non avendo mai la squadra al completo, a causa di infortuni e protocolli COVID da rispettare.
Di vittorie ne abbiamo raccolte pochine, ma le novità tattiche apportate da Silas ci sono piaciute: zero isolamenti, meno abuso del tiro da tre e un idea di gioco di squadra, finalmente. Ci passiamo la palla, comunichiamo, insomma, si può dire che giochiamo in cinque. Con Wood, forse rilasciato troppo in fretta da Detroit, che ci ha fatto strabuzzare gli occhi grazie alle sue prestazioni sontuose. Gira infatti in doppia doppia di media, a 20+ punti e 10+ rimbalzi ad allacciata di scarpe. Ha solo 25 anni, e continua a migliorare il suo gioco a un ritmo incredibile.
Vederlo “vestirsi” da Most Improved Player a fine anno non è un pensiero utopistico. È il giocatore scelto da Stone e Silas per guidare la ricostruzione. Aspettiamo Cousins, apparso fuori forma, un po’ un tronco, ma siamo fiduciosi che possa migliorare la sua condizione fisica così da poterci tornare utile a stagione inoltrata. Una scommessa al minimo salariale, che speriamo sia vinta dal front office dei Rockets.
Considerazioni finali
Chiaramente, è molto complicato fare previsioni sui Rockets, su come andrà la stagione. Faremo l’exploit e ci presenteremo nuovamente ai playoff, oppure ci rintaneremo nelle trincee della Western Conference? Fare previsioni è azzardato, perfino gli scienziati avrebbero difficoltà a “maneggiare” Houston in questo momento. Noi, semplicemente, viviamo alla giornata. Ci godiamo l’attuale squadra e guardiamo al futuro con occhi nuovi.
Andrea Indovino per Houston Rockets Italia