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I Knicks sono finalmente diventati una squadra?

Knicks Italia by Knicks Italia
20 Gennaio, 2021
Reading Time: 5 mins read
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knicks

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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Alzi la mano chi avrebbe creduto dopo poco più di dieci gare di vedere i Knicks a tante vittorie quante l’anno scorso arrivarono dopo ventiquattro partite giocate, e con uno dei calendari più difficili della lega. Ci siamo sbagliati tutti, dagli analyst ai boomaker passando per noi tifosi, o questo inizio di stagione è un inizio di stagione ancor più inizio di stagione del solito anche per i canoni NBA?

Partiamo subito col dire che la mano di Tom Thibodeau si vede, o meglio si vede la mano di un coach. Fizdale, Fisher ed Hornacek, gli ultimi tre che lo hanno preceduto sulla panchina dei Knicks, non allenano più, anzi uno non aveva mai allenato e gli altri due avevano esperienze risibili da capo allenatore. Per quanto si possano avere dei dubbi sulla modernità delle idee di Thibs, gli va dato atto di aver eliminato quasi del tutto il gioco dal mid-range e riempito gli angoli, cosa che fino all’anno scorso pareva fantascienza.

Naturalmente sono poi gli interpreti a fare la differenza, e non è un caso che l’offensive rating sia comunque il peggiore della Lega. Paghiamo principalmente la cronica assenza di tiratori affidabili dal perimetro. Alec Burks, numeri alla mano il migliore della squadra in questo fondamentale, si è presto chiamato fuori per infortunio e pure Reggie Bullock ha saltato un paio di partite, ma non bisogna cadere nell’equivoco di considerarli i salvatori della patria quando rientreranno. Al di là delle assenze, lo starting five ha evidenti problemi di spacing data la presenza in contemporanea di Mitchell Robinson, R.J. Barrett ed Elfrid Payton.

È quindi lapalissiano per gli avversari aspettarci sotto canestro, chiudendo l’area o disponendosi a zona: i Knicks sono secondi per possessi contro una difesa a zona, solo ad Atlanta ne viene proposta di più. Payton è battezzato ad ogni possesso, e in pratica attacchiamo 4 contro 5. Barrett si sta ritrovando dopo una serie di partite desolanti e in chiaro slump, ma a nostro parere sta giocando troppi minuti e di conseguenza si sta prendendo troppi tiri dal perimetro.

In questo momento è un ventenne che potremmo definire in stagione da rookie 1.5 causa lockdown: ha caratteristiche da slasher che non vengono valorizzate, non è servito in maniera dinamica, i portatori di palla primari del quintetto titolare non alzano mai il ritmo e – come per Payton – viene invitato a tirare da oltre l’arco, con risultati desolanti. Molto meglio quando può attaccare il ferro, di fisico, anche se deve imparare a prendersi più falli.

Le difese così si riposano, lasciando palla in mano a Julius Randle, libero di mettere su numeri nel ruolo di point forward. Più di un sopracciglio si è alzato davanti alle sue prove, ma se riparametriamo la sua stagione sui 36 minuti (ne sta giocando di più, quarto in NBA, e quattro volte è andato oltre 40 minuti, unico fino ad ora nella lega) scopriamo che, assist a parte, punti e rimbalzi sono in linea con la sua carriera – mentre le percentuali al tiro stanno tornando su livelli normali dopo l’eccezionalità delle prime gare.

Dicevamo degli assist: giocando da creatore di gioco ha maggiormente palla in mano e di conseguenza ne mette a referto tre in più rispetto allo scorso anno, ma solo due se prendiamo in considerazione la stagione 2016-2017 in maglia Lakers (sempre riparametrato sul 36 minuti), con quella squadra che chiuse con 26 vittorie stagionali. La domanda, quando verrà l’ora di rifirmarlo, dovrà essere: è un giocatore da contesti perdenti in cui ha sempre messo numeri, ti può far fare il salto da perdente a contesto vincente, oppure quest’ultimo non sarà mai affare suo?

Anche in difesa si sono visti miglioramenti di squadra, c’è più comunicazione, Robinson è sul pezzo e pare disciplinato nel non cadere in falli stupidi. Anche Kevin Knox in questo fondamentale pare un altro, soprattutto nel non avere quelle amnesie che regalavano almeno un paio di backdoor a serata al suo avversario diretto, e tutto questo non può che essere merito del nuovo coaching staff. Knox tra l’altro è il secondo miglior tiratore di squadra da fuori, ma soprattutto prende il 40% dei suoi tiri da tre dagli angoli, mettendoli con un irreale 60%, dato sicuramente destinato a scendere ma che indica un’evoluzione nel suo gioco.

Arriviamo quindi alla sopresa Immanuel Quickley: da venticinquesima scelta all’ultimo draft si sta rapidamente prendendo le chiavi della squadra. Nel crunch time ormai in campo c’è lui e non Payton, alza il ritmo, mette qualche tripla ma soprattutto ha un floater che in questo momento gli entrerebbe anche se lo provasse dalla sesta fila. Se dura, bravo lui, ma attendiamo prima di ergerlo a nuovo eroe di Gotham City.

Non renderebbe giustizia alla nostra intelligenza, ma soprattutto a lui. Innanzitutto sarebbe troppo facile credere che promuoverlo nello starting five risolverebbe i problemi dei Knicks. A parte la maggiore pressione mediatica (che da prodotto di Kentucky magari è abituato ad avere), giocherebbe più minuti contro i titolari avversari, e Payton guiderebbe una second unit che con Quickley ha velocità e spacing, ma che con lui avrebbe una sorta di freno a mano tirato. Aspettiamo a vedere cosa deciderà di fare Thibs.

L’altro rookie, Obi Toppin, è appena rientrato da un fastidioso infortunio al polpaccio e, come in preseason, è utilizzato per aprire il campo come se fosse solo uno stretch four. Vista l’assenza di lunghi con il tiro da fuori per ora la soluzione può essere accettabile, come per Knox, però se la soluzione è continuativa rischiamo di non valorizzarne altre caratteristiche.

E quindi? Nonostante i progressi rispetto al recente passato siano tangibili, restiamo per talento una delle ultime cinque squadre del lotto. Il 5-3 iniziale aveva forse illuso più di un tifoso Knicks di essere la OKC dello scorso anno, ma le cinque sconfitte che sono arrivate da lì in poi hanno tarpato questi voli pindarici. Inutile avere reazioni eccessive in un senso o nell’altro, prendiamo quello che di buono arriverà senza drammi o eccessive esaltazioni.

Tags: Elfrid PaytonImmanuel QuickleyJames DolanJulius RandleKevin KnoxMitchell RobinsonObi ToppinR.J. BarrettTom Thibodeau
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