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L’osservatorio NCAA
Sorpresa a The Citadel, Gonzaga al top

Carlo Perotti by Carlo Perotti
16 Gennaio, 2021
Reading Time: 9 mins read
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osservatorio NCAA

Copertina a cura di Francesco Ricciardi / Photo Credits: The Spokesman - Review

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In questa puntata de “L’Osservatorio NCAA” tratteremo di come il Board stia progettando il prossimo Torneo NCAA nei templi della pallacanestro giovanile dell’Indiana, nonostante lo schedule sia funestato da partite rinviate per casi di Covid; andremo a fare un ripasso della storia di Gonzaga e North Carolina, vedremo un paio di altissime scelte del prossimo draft NBA e faremo il nostro rituale ed immancabile giro a The Citadel dove abbiamo trovato una novità inaspettata.

 

La miglior Gonzaga della storia?

Gonzaga sta dominando talmente in scioltezza il college basketball americano che vi sono solo due domande da porsi: gli Zags arriveranno con la #1 assoluta al Torneo NCAA? Sono la miglior edizione dei Bulldogs mai messa in campo da coach Mark Few? 

Gonzaga – come sua abitudine – ha scelto una prima parte di schedule dura in vista poi del consueto periodo di facile dominio nella WCC ed ha sgominato ogni avversaria: Kansas, Auburn, West Virginia, Iowa e Virginia. Considerando che ora entra nella regular season della sua conference, dove non perderà nessuna partita, Gonzaga sarà la testa di serie numero 1 al Torneo NCAA a meno di clamorosi exploit di Baylor nella competitiva – anzi, diciamolo chiaramente, di gran lunga la conference più difficile d’America – Big12.

Più complessa la seconda questione. La Gonzaga 20-21 impressiona per la coralità difensiva ed offensiva, è una squadra veramente divertente da vedere e si nota quanto i giocatori adorino passarsi la palla. C’è una point guard dal talento e la stazza NBA come Jalen Suggs, il miglior tiratore ad oggi nella NCAA ovvero Corey Kispert, che sta però impressionando anche per la capacità di rendersi utile anche tatticamente giocando molti minuti da 4, e due guardie capaci di accendersi rapidamente come il francese Joel Ayayi ed Andrew Nembhard. Si tratta di gran lunga del miglior back court del college basketball. Qualche dubbio invece sotto canestro, dove Drew Timme è bravissimo ma gioca solo sotto al livello del ferro ed Anton Watson è un onesto gregario. 

La Gonzaga del 2017 invece dominava sotto canestro col meraviglioso orso polacco Przemek Karnowski, Zach Collins e Johnathan Williams, così come quella del 2013 con Kelly Olynik e Robert Sucre. Vogliamo parlare poi del gruppo del 2003 con Blake Stepp in regia, Adam Morrison come swingman e la coppia Ronny Turiaf-Cory Violette sotto canestro? La front line di due anni fa – sconfitta a sorpresa da Texas Tech – annoverava Rui Hachimura, Brandon Clarke, Killian Tillie e Filip Petrusev. Insomma, corazzate sotto canestro contro cui gli odierni Zags farebbero molta fatica. Ciononostante, la fluidità del gioco offensivo e l’aiutarsi in campo sono caratteristiche in cui questo gruppo eccelle rispetto alle grandi squadre del passato. 

Siamo di fronte alla miglior Gonzaga di sempre? Forse sì. Per consacrarsi dovranno alzare il trofeo agli inizi di aprile ad Indianapolis poiché quella è la gloria che rende eterna una squadra. Troppe volte in passato Gonzaga ha fallito l’assalto decisivo.

 

Ed il peggior backcourt di sempre a North Carolina?

Siamo nel 2001 e Matt Doherty, il peggior coach della gloriosa storia dei Tar Heels, annoverava i seguenti giocatori nel suo reparto esterni: Adam Boone, in seguito fuggito a Minnesota per la tremenda vergogna e pressione subita, l’insipido Melvin Scott, il muscolare e generoso Jackie Manuel e, dalla panchina, Brian Morrison, pure lui scappato a fine stagione per provare a rilanciarsi a UCLA. Assai probabilmente la peggior accozzaglia di esterni, fisicamente e tecnicamente, mai visti a Chapel Hill in quella stagione da 8 vinte e 20 perse ed un settimo posto in ACC che tutti i tifosi dell’azzurro Carolina vorrebbero cancellare.

Un ventennio dopo, North Carolina, che viene da una stagione pessima in cui ha evitato l’umiliazione del non invito al Torneo solo “grazie” al Covid che ha azzerato la scorsa annata sportiva, presenta un buon reparto di lunghi dalla notevole presenza fisica – nonostante l’IQ non sia elevatissimo, specialmente in Armando Bacot, l’uomo dai capelli ad ananas – ma i seguenti giocatori nel back court: il talentuoso freshman Caleb Love, punito anche con la panchina da Roy Williams per la tragica selezione di tiro, la point guard RJ Davis, il tiratore bianco Andrew Platek ed il due metri Leaky Black in ala piccola. Al momento nessun esterno viaggia sopra i 10 di media e solo Platek tira con un appena accettabile 40% dal campo. Tirando le somme, se non siamo ai livelli del 2001 poco ci manca, anche se ora vi è talento più diffuso – Love e RJ Davis sono comunque considerati prospetti NBA – e anche se Roy Williams non è mai stato un maestro di psicologia quando c’è da gestire un gruppo in piena confusione mentale, un tris di vittorie sul filo di lana sulle scarse Notre Dame e Miami – con il determinante rendimento del filiforme Leaky Black – e la più recente su Syracuse aiutano di certo il morale ed aumentano le chance di uscire dalla bubble in cui secondo il guru della Bracketologia Joe Lunardi si è infilata assieme a Duke.

 

Just in Cade 

Pare evidente per quale ragione gli scout NBA siano così interessati a Cade Cunningham di Oklahoma State: trattasi di point forward di ben oltre due metri – viene listato a 2.04 – con capacità di controllo di palla e visione di gioco non comuni.

Sta viaggiando a oltre 18 di media con 5.8 rimbalzi e 3.8 assist ed ha in mano il gioco dei Cowboys, pur non risultando un mangiapalloni, e con l’idea in grande crescita fra gli addetti ai lavori che sia un giocatore estremamente allenabile. 

In campo gli dà una bella mano Isaac Likekele, un nome da scioglilingua ed un fisico da fullback, pieno di muscoli in cento novantacinque centimetri (scarsi) di sviluppo verticale per il più classico dei giocatori senza ruolo: a volte porta palla, altre volte gioca in post ma qualsiasi cosa la esegue con grande energia.

Tornando a Cunningham, il paragone più immediato per un giocatore di quella stazza è Ben Simmons ma esulando da altezza, ball handling e doti di passatore – e non è poco, ce ne rendiamo conto – per il resto non gli somiglia granché: non ha minimamente lo stesso atletismo, la fisicità esuberante, il senso per il rimbalzo. In compenso tira meglio, molto meglio, nonostante le sue percentuali in questa prima fase di stagione non sempre lo abbiano dimostrato. A volte invece ci ricorda Kyle “SlowMo” Anderson – anche come volto – per una certa indolenza nei movimenti ed una velocità di certo non fulminante ma con mani d’oro ed un talento che, a sprazzi, sprigiona in modo armonico, come se uscisse dalle sue mani una sonata di Beethoven. Certo, Anderson è un paragone molto meno eccitante – e magari troppo ardito – però pure lui in uscita dalla high school nella mitica St.Anthony’s di Bob Hurley era un prospetto iper-considerato e nel suo anno di sophomore a UCLA viaggiò a statistiche comparabili con quelle di Cunningham, che comunque al momento si merita un posto nella Top5 di tutti i mock draft.

Perché al di là dei vari paragoni che possiamo fare, Cade Cunningham alla fine della fiera è un giocatore estremamente interessante e di prospettiva. “Fresh Prince”… “Slow Mo”… alla fine per noi è “Just in Cade”.

 

La Bolla Indiana

Con il numero di contagi che non diminuiscono, anzi vi sono intere squadre in quarantena, il Board della NCAA doveva fare qualcosa in vista della March Madness ed ha deciso di proporre una grande Bolla, di memoria Disneyana, nello stato che più ama il basket studentesco: l’Indiana.

Con la collaborazione di Indiana University, Purdue, Butler, IUPU e Ball State che hanno messo a disposizione tutti i loro palazzetti, anche splendidamente storici come la Assembly Hall o la Hinkle Fieldhouse, oltre al Lucas Oil Stadium – dove verranno creati due campi da basket da utilizzare alternatamente in modo da sanificare quello appena usato – le locations avranno enorme valore nostalgico e un certo fascino, certamente superiore ai freddi e moderni palasport NBA che di solito vengono affittati per il Torneo NCAA per la loro capienza e le varie facilities che propongono.

Viene pure messa a disposizione l’enorme Indiana Convention Center – un polo espositivo tipo Fiera di Milano, per intenderci – per gli allenamenti delle squadre e, grazie alla collaborazione cogli hotel della catena Marriott – dove saranno ospitate ed isolate le squadre partecipanti – ed una convenzione con la sanità dell’Indiana in modo di avere test sui tamponi rapidi, si potrà ricreare una bolla di sicurezza durante il mese di durata dell’evento.

Sinceramente per modalità organizzativa – erano troppe le squadre per pensare ad una nuova avventura a Disneyland – questa volta non si può negare che la NCAA, che spesso abbiamo criticato per le sue scelte politiche e cervellotiche, ha trovato la miglior soluzione possibile. Poi starà alle varie squadre avere la bravura e la fortuna di arrivare a marzo senza situazioni di contagio, perché un solo malato in squadra rischia di aver conseguenze beffarde per queste squadre che hanno lavorato mesi per arrivare pronti all’appuntamento clou del college basketball.

 

Fratelli Contro

Nell’ultracentenaria storia del college basketball vi sono stati numerosi casi di fratelli vincenti giocando assieme in un college: in ordine sparso ricordiamo i gemelli Grant a Clemson o quelli Lopez a Stanford, oppure la sequela di fratelloni Plumlee a Duke, ma recentemente ci siamo imbattuti in una bella sfida fra fratelli giocata a Tucson, Arizona.

Nelle file di USC – a proposito, i Trojans sembrano profondi ed attrezzati per fare bene anche al torneo NCAA, storicamente un disastro per loro – vi erano i più famosi fratelli Mobley: Isaiah (sophomore 2.08 8.7 ppg 7.3 rpg) ed Evan (freshman 2.13 15.4 ppg 8.3 rpg 58% fg), con quest’ultimo considerato il miglior lungo della NCAA in prospettiva di Draft NBA. Orbene, se Isaiah ha dei “flash” di talento, con una buona capacità anche dal palleggio, è evidente che sia Evan quello più pronto, con ottima mobilità e mani dolci, anche se molto leggero e con quella misura di sette piedi che pare un po’ ottimistica visto vicino al fratello o a colui di cui stiamo per parlare…

Infatti, fra le file di Arizona – che si è autobannata dai tornei post conference in vista della punizione che sta per cascare sulla testa di coach Miller e del suo ateneo – troviamo due gemelli lituani: Azoulas (freshman 2.10, 10.5 ppg 5.9 rpg) e Tautvilas Tubelis (freshman, ala di 2 metri, per ora poco impiegato). Azoulas Tubelis ha rapidamente scalzato Christian Koloko dal quintetto base dei Wildcats e contro USC è esploso in un losing effort da 31 punti, 11-16 al tiro con due triple a segno ed 8 rimbalzi, dimostrando come mai fosse stato nominato MVP all’Euroleague Next Generation Tournament giocato a Kaunas e sia uno dei più promettenti lunghi europei. Grosso – molto più grosso di Evan Mobley, a cui certamente dà almeno una quindicina di chili – mobile e mancino, con un buon tiro piazzato ma anche buona competenza per ricevere profondo in post basso, Tubelis ha letteralmente fatto impazzire Mobley che, pur giocando una buona partita a livello offensivo (19 punti ed 11 rimbalzi alla fine), ha mostrato che tipo di sofferenze difensive potrebbe soffrire la prossima stagione dopo il salto in NBA contro centri molto più grossi di lui.

 

The Citadel in fiamme

Da anni seguiamo con grande simpatia The Citadel, piccola accademia militare del South Carolina, dopo aver letto “La mia stagione no” di Pat Conroy, grande scrittore che descrive la sua tribolata stagione da regista titolare dei Bulldogs sotto la guida del durissimo coach Mel Thompson. Uno dei libri più belli mai scritti sul college basketball. Ora cerchiamo di inquadrare storicamente The Citadel: da sempre è una delle squadre più scarse della già non fortissima Southern Conference, che sino agli anni Cinquanta annoverava il trio del Triangle “Duke-UNC-NC State” per poi perderle verso la ACC e che negli ultimi anni è stata dominata da squadre come Chattanooga, Furman o East Tennessee… non proprio il Gotha della NCAA. Qui The Citadel è a quota zero championship vinti ed è perennemente incollata agli ultimi posti della classifica. Vi è una dura logica in tutto ciò: accademia militare, pure di quelle con disciplina ferrea, e con nessuna possibilità di attrarre giocatori di medio livello – lasciamo perdere quelli forti – con una borsa di studio. Chi va a The Citadel va a studiare, ad avere una formazione per una carriera militare e magari vi passa quattro anni a giocare – e perdere regolarmente – in Division I. 

Nel 1920, ovvero oltre un secolo fa, The Citadel cominciò la stagione con un record di sei vinte e zero perse. Mai più eguagliato. Ora, grazie anche ad uno schedule non troppo difficile, è a quota otto vittorie e zero sconfitte. Di gran lunga la partenza più gloriosa dei Bulldogs.

E c’è pure una pepita nascosta: per la prima volta nella storia The Citadel ha nel roster un giocatore con vaghe chance di professionismo. Non NBA, non Eurolega, nemmeno LBA ma un campionato svizzero o finlandese quello sì, lì potrebbe giocarci. Si chiama Hayden Brown: è un senior, gioca da ala forte nonostante sia solo un metro e novantacinque centimetri, ma viaggia a 23.4 punti – quarto giocatore più prolifico della NCAA – e 10.8 rimbalzi – tredicesimo in assoluto – ad allacciata di scarpe, tira col 56 % dal campo, il 46% da tre ed il 78% dalla lunetta, e ha sin qui fatturato cinque doppie doppie con un 37+13 a Chattanooga ed un 31+21 contro Columbia International. Il livello è molto basso, questo è innegabile, ma il ragazzo sa giocare a basket: ha tecnica di tiro, sa metter palla a terra ed attaccare in palleggio, discreta forza fisica e sufficiente esplosività per andare a schiacciare e, pur essendo ben sotto ai due metri, ha abbastanza energia per andare a prendere rimbalzi in movimento. Signori, Hayden Brown è un idolo dei Cadetti… e gli ritireranno la maglia se continua così!

Tags: Cade CunninghamEvan MobleyGonzagaIndianaMark FewNCAANorth CarolinaTabulisThe Citadel
Carlo Perotti

Carlo Perotti

NCAA and Cantù columnist

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