Nella notte appena trascorsa, i Los Angeles Clippers hanno passeggiato sui Sacramento Kings, consegnandogli a domicilio ben 138 punti e registrando per la prima volta in stagione tre vittorie consecutive. Al comando, almeno al pari di Kawhi Leonard e per alcuni tratti anche di più, c’è Paul George. Stanotte solo 29 minuti per lui, date le poche difficoltà presentate dalla partita, ma un’altra prestazione ottima al tiro: 8/14 dal campo, 4/8 da tre punti e 6/6 ai liberi. A dirla tutta, questo è l’andazzo dall’inizio della stagione: dopo quasi un mese di partite nel discorso MVP si può includere, con pieno merito, anche PG.
Percentuali irreali e testa sul collo
La migliore spiegazione, probabilmente, è la più semplice: Paul George sta facendo canestro. Tante volte, tutte le sere. Le cifre sono lì da vedere: il 68.1% di True Shooting è un dato sensazionale, al livello del miglior Curry in termini di efficienza, e di paragonabile a Steph c’è anche quel 51.5% da dietro l’arco. La premessa è sempre la stessa, certo: le percentuali al tiro su un campione di una decina abbondante di partite vanno sempre prese con le pinze. Per ora, però, la situazione è questa.
Nel corso dell’offseason è diventato virale un video di George, ospite al podcast All The Smoke, che asseriva di essere stato utilizzato da Doc Rivers come mero tiratore in uscita dai blocchi, senza sfruttare a sufficienza le sue abilità palla in mano. La dichiarazione, corretta parzialmente da George stesso dopo poco, era stata vista come l’ennesimo segnale di un gruppo che non aveva remato in maniera compatta dalla stessa parte nel corso della stagione.
Paul George on former Clippers HC Doc Rivers
— NBA Retweet (@RTNBA) December 2, 2020
“Doc was trying to play me as a Ray Allen or a JJ Redick, all pin downs. I can do it, but that ain’t my game…. I need some flow. you know, that last season was just hard”
(All The Smoke Pod) pic.twitter.com/I1DfnwjGK0
In questo inizio di stagione, però, la musica non è cambiata così tanto. PG gioca 2.7 possessi a partita in isolamento, non molti di più rispetto ai 2.3 della scorsa stagione. L’efficacia, però, è completamente diversa: i punti per possesso sono passati da un disastroso 0.75 ad un ottimo 1.17. La differenza che passa, per essere franchi, tra le stalle e le stelle della NBA. Non si notano grandi miglioramenti per quanto riguarda invece il post basso, mentre i dati sul pick and roll sono addirittura peggiorati. Il segreto di Pulcinella è un altro: Paul George è attualmente il miglior tiratore sugli scarichi della lega. Inoltre, sembra muoversi di più e meglio senza palla, fondamentale in cui in realtà è sempre stato piuttosto abile.
Tante triple dunque, come mai prima d’ora: per la prima volta in carriera i tentativi da 3 punti superano quelli da 2. Va dato però anche merito a Paul della maggior convinzione che sta mostrando ad attaccare il ferro, anche se come vedremo dopo ci sono ancora margini di miglioramento. Ciò che però salta subito agli occhi guardandolo è la concentrazione, la sensazione di essere costantemente sul pezzo: proprio ciò che i Clippers sono chiamati a mostrare dopo il tonfo della scorsa stagione.
La difesa sulla palla, ad esempio, è sempre stato uno dei punti di forza del suo gioco e un miglior focus non può che fargli bene in questo senso. Qui sotto non si scompone sulla finta, tiene bene sullo scivolamento e usa sapientemente il corpo per rubare il pallone senza commettere fallo. Niente di straordinario, ma l’avversario è pur sempre Donovan Mitchell.
Ultimi, ma non per importanza, sono i buoni segnali che ha lanciato come facilitatore. Non è solo il miglior dato in carriera sugli assist a colpire: PG, che ha avuto tanto la palla in mano in queste prime partite, cerca spesso di coinvolgere i compagni per far girare la squadra al meglio. Non sarà mai una point guard e la qualità dei passaggi rimane di medio livello, ma sicuramente il passo in avanti c’è stato ed è stato degno di nota. In questa occasione avrebbe già un tiro di discreta qualità, ma esita, sfrutta il blocco e vede McCollum più attento all’area che a Batum: scarico veloce, tre punti.
Le zone d’ombra
No, non è tutto oro quel che luccica. Qualche perplessità, sicuramente, c’è ancora, com’è normale che sia. Sono ancora tanti (forse troppi) i tiri dall’alto coefficiente di difficoltà presi dal numero 13 dei Clippers. Cosa succederà quando le percentuali, inevitabilmente, caleranno un po’? Quello sarà il momento in cui si capirà se Paul potrà davvero portare il suo gioco offensivo al livello superiore. Perché ad esempio qui non sfrutta il vantaggio acquisito contro Chris Paul, accontentandosi di un tiro cadendo all’indietro invece di puntare con decisione il ferro?
In questo tipo di tiri l’obiezione più frequente è “se segna, ha ragione lui”, e finora Paul George ha segnato spesso. Le difese, però, lo aspettano al varco nelle prossime settimane.
Un altro punto dolente sono i tiri liberi conquistati. Il miglioramento c’è stato, ma 5.1 viaggi in lunetta di media a partita sembrano sempre un po’ pochi per un giocatore con quella struttura fisica. George gioca come una guardia, ma è finito nel corpo di un 3/4, pur conservando una certa rapidità palla in mano: ci sono potenzialmente tutti gli ingredienti per castigare le difese con continuità. Il discorso viene spesso affrontato, per esempio, anche con Tatum, poiché rappresenta uno degli elementi che separano gli All-Star dall’eccellenza assoluta.
Un altro dato preoccupante è quello sulle palle perse. George viaggia a 3.8 turnover a partita, il dato più alto della sua carriera. Non è certo una sorpresa, visto l’aumento di responsabilità palla in mano ed il maggiore coinvolgimento dei compagni, ma alla lunga è un aspetto che potrebbe pesare.
Qui sicuramente la concentrazione è bassa a causa del risultato, ma la lettura non è complessa e nemmeno il passaggio. In generale i Clippers sembrano disposti, giustamente, a convivere con questa situazione; per tutta la regular season il gioco varrà effettivamente la candela, ma ai playoffs?
La domanda è la solita: durerà?
L’inizio di stagione di George è passato colpevolmente un po’ sottotraccia: è ancora ben sedimentata la narrativa di un Playoff P poco fedele al suo soprannome nella bolla. Opinione sicuramente corretta, ma ricondurre la sconfitta al secondo turno dei Clippers ad una sola persona sarebbe ingiusto, tanto quanto evitare di riconoscergli i meriti per queste prime partite.
Sarà difficile, almeno a parere di chi scrive, vedere Paul ancora tra i candidati MVP a fine anno: una corposa parte di questo successo è figlia di percentuali probabilmente insostenibili, soprattutto per alcuni tiri piuttosto forzati. Ma non è detto che sia necessario: il talento non è mai mancato nella metà biancorossa di L.A., a differenza di coesione e mentalità positiva. La direzione intrapresa da George è sicuramente quella giusta e ci sono tutti i presupposti per una stagione sicuramente superiore alla precedente e all’altezza del suo grande talento.