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Sabonis cresce, Siakam regredisce
Haliburton, inizio incoraggiante

Andrea Bandiziol by Andrea Bandiziol
4 Gennaio, 2021
Reading Time: 14 mins read
0
7emezzo NBA theshot

Copertina a cura di Fra Villa

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Benvenuti al primo episodio di Sette e Mezzo, una rubrica che uscirà ogni due settimane in cui parlerò di sette cose che ho notato nelle ultime due settimane NBA: giocatori che hanno aggiunto una particolare arma al proprio arsenale, atteggiamenti in campo che non lasciano presagire nulla di buono, squadre o singoli in crescita o in caduta libera.

Oltre a questi sette punti ce ne sarà poi uno extra, e da qui il titolo “Sette e Mezzo”: una curiosità da fine rotazione, una potenziale presa come dodicesimo uomo per il vostro fantabasket, una sfumatura diversa di uno schema che potrebbe tornare utile a fine stagione come no. Insomma, un dettaglio non di primissimo piano nel panorama della lega. Bando alle ciance, partiamo subito.

 

1) Chris Paul è clutch

Ne avevo parlato anche nella preview della stagione di Phoenix: a mio avviso, la sostituzione di Ricky Rubio con Chris Paul avrebbe, salute permettendo, migliorato e non di poco il record in stagione regolare dei Suns. Non tanto per il miglioramento in valore assoluto del roster, quanto per la gestione dei finali di partita tirati.

Dicevo che Paul avrebbe portato una seconda opzione oltre a Booker nei finali di partita tirati, uno a cui poter dare la palla e stare sicuri che questa non sarebbe andata persa, una guida mentale che con astuzia avrebbe usato ogni trucco a sua disposizione per portare a casa la vittoria. Bene, dopo sette partite i Suns sono 5-2, e Chris Paul ne ha già decise due nei possessi finali.

L’anno scorso, una partita così tirata probabilmente PHX l’avrebbe persa. Ora Booker non deve più fare tutto in attacco: il migliore dif di DAL sta su Book, CP può portare su palla e poi fare quello che sa fare sul p&r contro il lungo. Ora provate ad immaginare Rubio fare questo. pic.twitter.com/7N1GqZskGp

— Andrea Bandiziol (@AndBand7) December 24, 2020

I Suns hanno fatto molta difficoltà nei finali di partita punto a punto l’anno scorso, principalmente per due ragioni: non avevano un’altra opzione affidabile oltre a Booker che potesse crearsi un tiro dalla media, zona in cui spesso le difese forzano gli attaccanti nei possessi finali, ed il numero di palle perse che Booker tende a collezionare quando è costretto a creare per se stesso e per gli altri (quasi 6 palle perse a partita per lui in questo inizio di stagione).

La presenza a roster di Paul porta ovvi benefici su entrambi questi aspetti, e l’esordio stagionale contro Dallas e la partita giocata venerdì notte contro Denver ne sono la prova.

 

Abbiamo visto fare questa cosa a CP3 un milione di volte nella sua carriera: blocco in punta, pick&roll, attacca il lungo dopo il cambio, tiro dalla media, due punti. Ormai tutti lo sanno, ma non possono farci nulla. Non solo, Paul porta in dote un occhio di riguardo da parte della classe arbitrale: questo contatto di Gary Harris, a due minuti dalla fine, viene chiamato come fallo solo se effettuato contro pochissimi giocatori nella lega, e CP3 è uno di questi.

 

Non aspettatevi che i Suns continuino con questo ritmo di vittorie e sconfitte, ma è probabile che siano una squadra con cui le potenze dell’Ovest debbano ora fare i conti.

 

Trae Young e l’arte di attirare falli

Parlando di fischi arbitrali, credo sia arrivato il momento di riconoscere che c’è un nuovo re nella lega quando si parla di cercare il contatto ed andare in lunetta, e risponde al nome di Trae Young: nelle prime cinque partite della stagione, Young è andato in lunetta più di 13 volte a partita. Questo punto ricade più nella categoria “cose che non mi sono piaciute”, non tanto per l’evoluzione del gioco di Trae (passare da 5 a 9 a 13 tiri liberi nel giro di due soli anni è per pochi eletti, ed ha effetti benefici a cascata sul suo gioco), quanto più per la piega che ha preso la lega nel fischiare questo genere di contatti.

 

Questo è un movimento completamente innaturale del corpo per un tiro, e l’obiettivo palese è quello di cercare contatto col corpo del difensore, non mettere la palla nel cesto. Sono molto favorevole a fischiare movimenti “stupidi” del difensore, e sono anche un fan delle piccole astuzie che i campioni hanno saputo usare a proprio favore nel corso degli anni, ma per il mio gusto personale contatti come quello sopra o quelli che seguono non andrebbero fischiati.

 

Di nuovo, Trae sta palleggiando seguendo una traiettoria, mentre Brooks sta seguendo la sua. Trae mette una gamba davanti a Brooks, poi si pianta e butta il sedere indietro. Brooks può fare qualcosa per evitarlo? Ovviamente no. Poteva prevedere che Trae avrebbe eseguito un movimento completamente innaturale? Di nuovo, no. C’è una soluzione a questo problema per un difensore? Ne vedo solo una: stare a due metri da Trae Young, perché un metro potrebbe non essere sufficiente per evitare un piccolo kamikaze rosso che ti salta addosso per cercare il contatto, fregandosene bellamente di cercare di fare canestro.

Ho volutamente evitato di prendere posizione su contatti la cui chiamata mi fa storcere il naso, ma che ritengo al limite del regolare e soggetti a discrezione del singolo arbitro, come quello seguente.

 

I falli rallentano il flusso del gioco, rendono meno godibile lo spettacolo, radicalizzano le posizioni dei tifosi (basti pensare alle schiere di haters che Harden si è fatto negli anni, anche a causa del suo modo particolare di cercare contatti e finire in lunetta) e, in un certo senso, disabituano lo stesso giocatore che cerca il contatto al metro arbitrale che troverà ai playoffs (di nuovo, guardate il numero di liberi dato ad Harden in stagione regolare e ai playoffs nelle ultime due stagioni).

Trae è uno dei giocatori che più preferisco guardare in tutta la lega, non voglio vedere il ritmo della partita interrotto per una chiamata del genere.

 

La crescita di Keldon Johnson

Keldon Johnson è alla sua seconda stagione con gli Spurs, e la prima non è stata facile, come peraltro accade alla maggior parte dei rookie sotto Coach Popovich. Quello che invece non accade alla maggior parte dei sophomore allenati da Pop è giocare 30 minuti a partita. Già l’anno scorso, Johnson ha messo in mostra la sua abilità di concludere al ferro: in questa prima parte di stagione, sta elevando quest’arte a nuove vette.

Seriamente, è impressionante. Segnatevi il nome di Keldon tra i candidati al Most Improved Player. pic.twitter.com/u2W9x4wb0i

— Andrea Bandiziol (@AndBand7) December 28, 2020

Ci sono una serie di cose impressionanti nella clip qui sopra. Nell’ordine, il primo passo non è bruciante ma è molto buono, ed è sufficiente a battere il proprio uomo perché i difensori non possono battezzare Keldon sul perimetro (ad oggi, tira col 43% da 3 su più di 4 tentativi a partita); l’elevazione e il tempo per cui sta in aria sono eccezionali, e di pari livello è anche l’abilità di assorbire il contatto da uno decisamente massiccio come Valančiūnas; per concludere, il tocco è di ottimo livello (testimoniato dall’84% ai liberi) e consente a Keldon di appoggiare al ferro in qualsiasi circostanza, vedere la conclusione contro Anthony Davis qui sotto per credere.

 

La combinazione di doti atletiche, gioco in prossimità del canestro e abilità al tiro potrebbe presto trasformare Keldon Johnson in un realizzatore di primo piano, decisamente un gradino sopra alla solita etichetta da “3&D”.

 

Domantas Sabonis sta diventando una superstar

Domas Sabonis, all’anagrafe Domantas, non è solamente il figlio di Arvydas. Sabonis è, per distacco, il miglior giocatore dei Pacers che stanno sorprendendo in questo avvio di stagione sotto la guida del nuovo Head Coach Nate Bjorkgren. Che Sabonis fosse una forza da rollante e sotto canestro si sapeva già da un po’, ma quest’anno sul menù della casa c’è una nuova specialità: il tiro da 3.

 

In questo inizio di stagione Sabonis ha messo 7 triple su 13, e le indicazioni sembrano chiare: dopo un blocco in punta di Sabonis, le difese non possono più semplicemente collassare e difendere il pitturato, ma devono anche fare i conti con la nuova dimensione perimetrale di Domas. Allargare il range di tiro regalerà a Sabonis anche spazi maggiori per trovare i suoi compagni, cosa che già fa in maniera eccelsa (buon sangue non mente).

 

Il tutto senza dimenticare ciò che Sabonis sa fare meglio e che ha già mosso l’ago della bilancia anche in un finale di partita in questa stagione: concludere nei pressi del ferro.

 

Sabonis ha soli 25 anni e sta migliorando di anno in anno. Se continuasse così, la convocazione all’All-Star Game dello scorso anno non sarà un unicum: il prossimo obiettivo è diventare All-NBA e portare i suoi Pacers il più avanti possibile.

 

Cosa succede a Siakam?

C’è qualcosa che non va con Pascal Siakam. Non so esattamente cosa sia, credo che non lo sappia nessuno eccetto qualche componente dello spogliatoio dei Raptors, ma dalla bolla di Orlando Siakam non è più lo stesso della stagione regolare 2019/20.

Che il camerunense abbia sofferto psicologicamente la bolla ormai è risaputo: è stata una sfida per molti, nulla di sorprendente. Ma tutti quelli vicini a Siakam, compagni di squadra, beat writer e Coach Nurse erano sicuri che Siakam sarebbe tornato più forte di prima. Finora, non è stato così.

 

Dall’esterno paiono due le concause per questo inizio di stagione insoddisfacente: una forma fisica lontana dall’ottimale ed una certa prevedibilità nelle sue mosse. La seconda appare evidente nella clip qui sopra: ormai gli avversari sanno che Siakam preferisce avvicinarsi al canestro più possibile e non ama prendere floater, ma cerca solitamente l’appoggio a tabella dopo una spin move, una virata dorsale.

Qui, Zion non fa altro che retrocedere e bloccare l’appoggio con la mano sinistra, mentre Hayes raddoppia per prevenire la virata. Bloccate le due opzioni principali, l’unica opzione di Siakam è liberarsi del pallone, ma è ormai troppo tardi. Siakam non ha mai imparato i tempi del passaggio per i compagni, è sempre stato affetto da “tunnel vision”, come dicono gli americani: tende a vedere solo il canestro. E se a questo unite la prima concausa, una non eccelsa forma fisica, si ottengono questi risultati.

 

Le sue pessime prestazioni offensive stanno influenzando negativamente anche la sua difesa. Siakam sembra spesso distratto, non concentrato lontano dalla palla e piuttosto impacciato quando si tratta di difendere qualcuno in uno contro uno. Siakam non è mai stato bello da vedere palla in mano, sebbene sia stato molto efficace negli anni passati, ma la difesa sulla palla è uno dei biglietti da visita che ha presentato all’ingresso nella lega.

Insomma, non ci si aspetta un Siakam confusionario e scoordinato come nell’azione seguente.

 

Al momento, il record di Toronto recita una vittoria e quattro sconfitte. Serve il miglior Pascal Siakam per correggere la rotta e dare un senso alla stagione dei Raptors.

 

Cleveland = Sex-land

Sono bastate qualche buona prestazione del duo di giovani guardie ed una partenza da quattro vittorie e due sconfitte per ravvivare la fantasia dei tifosi Cavs, che hanno prontamente fuso i cognomi dei due nel modo più irriverente possibile e ne hanno fatto il loro hashtag ricorrente su Twitter. E hanno diverse ragioni per essere ottimisti.

 

Sexton è partito segnandone 26 a notte con buone percentuali. Probabilmente queste si assesteranno nelle prossime partite, ma il terzo anno da Alabama sembra ulteriormente migliorato al tiro, più esplosivo fisicamente, più maturo nel gestire accelerazioni e frenate per arrivare dove vuole arrivare.

Ormai è palese che difficilmente sarà altro oltre che un realizzatore, ma le probabilità che diventi uno realizzatore di primissimo livello nonostante la stazza minuta stanno aumentando col passare del tempo. Garland, invece, sembra essere il più incline tra i due a cercare i compagni, avendo mostrato discrete cose nella gestione del pick&roll e nel navigare in area per mescolare le carte della difesa prima di servire un tagliante o un tiratore.

 

Garland sembra quello più riflessivo dei due in difesa, mentre Sexton è un impulsivo, uno che alterna momenti di completa disattenzione (tanti) a fasi in cui cerca di entrare nelle scarpe dell’attaccante (pochi). È ancora presto per dire se questi Cavs possano essere una squadra in lotta per il play-in tournament, eventualità per cui nessuno li considerava sino a un paio di settimane fa, ma di certo il duo Sexton-Garland sta facendo vedere cose che lasciano ben sperare per il futuro.

 

Tyrese Haliburton è già pronto

Prima del draft ero ottimista sul fatto che Haliburton potesse essere un buon giocatore NBA, magari uno di quelli a cui è difficile trovare una casa, un contesto cucito addosso a lui, ma avevo pochi dubbi che ce l’avrebbe fatta. Dopo qualche partita, pare che il rookie da Iowa State abbia fatto bingo al primo colpo.

 

Haliburton è una delle ragioni del buon inizio di Sacramento, se non del tutto in termini di risultati (i Kings sono 3-3 dopo le prime sei partite), quantomeno in termini di organizzazione difensiva ed offensiva.

Ha dimostrato di avere un ottimo tempismo nel portare l’aiuto (tre le rubate nella partita contro Denver da cui la clip è presa) ed è lungo a sufficienza per dare fastidio alle guardie avversarie in fase di tiro. Dove però Haliburton ha dimostrato di eccellere al momento è in attacco: è raro per un giocatore, tanto più un esordiente, incidere così tanto prendendosi meno di sette tiri a partita. I compagni hanno dimostrato di fidarsi di lui nelle fasi cruciali della partita, sia per prendersi un tiro quando i 24 secondi stanno per scadere, sia per gestire il flusso dell’attacco con la gara in bilico.

 

Probabilmente Haliburton non potrà mai giocare molto palla in mano, un po’ per il suo fisico gracile, un po’ per la sua incapacità di creare separazione dal proprio uomo per trovare un tiro, ma sarà un ottimo scudiero per Fox negli anni a venire.

 

Il Mezzo: Jae’Sean Tate è finalmente arrivato in NBA, e vuole rimanerci

Il percorso di Jae’Sean Tate non è quello di un giocatore baciato dal talento. Dopo quattro anni a Ohio State senza mai ottenere gli onori della cronaca, Tate si dichiara eleggibile per il Draft 2018 senza venire selezionato. I Bucks lo invitano nel loro roster per giocare la Summer League, ma non se ne farà nulla. Poco dopo va a giocare in Belgio, ad Anversa per la precisione, dove rimane per l’intera stagione prima di prendere il volo per Sidney e finire nel First Team All-NBL 2019/20, elettro tra i cinque migliori giocatori della lega australiana nella passata stagione.

Gli Houston Rockets decidono di dargli una possibilità pochi giorni prima del training camp, ed eccoci qua un mese dopo, con Tate che sta giocando 26 minuti di media per la franchigia texana.

 

Tate è già diventato un beniamino della tifoseria grazie agli sforzi profusi ogni volta che scende in campo: intensità, soprattutto dal lato difensivo, versatilità, capacità di difendere quattro posizioni in campo.

Tate non si risparmia mai, e la clip qui sopra è un microcosmo del rookie classe ’95: parte in post contro Barnes (Tate è particolarmente forte, è in grado di tenere bene giocatori più alti e grossi di lui), per poi cambiare e difendere sul portatore di palla, Cory Joseph, e saltare per impedire ogni linea di passaggio. L’intensità di Tate porta gli avversari a compiere spesso scelte sbagliate, come accade a Lillard in questa clip.

 

Al momento, Tate offre poco dal punto di vista offensivo, a maggior ragione date le sue difficoltà al tiro da fuori. Ciononostante, Tate sembra essere fatto della stessa pasta del suo compagno di squadra PJ Tucker: un soldatino che obbedisce agli ordini del Coach, suda sempre la maglia e studia per migliorare il proprio gioco giorno dopo giorno. Jae’Sean Tate è finalmente arrivato in NBA, e non ha nessuna intenzione di andarsene.

Tags: Chris PaulDomantas SabonisJae'Sean TateKeldon JohnsonPascal SiakamSette e mezzoSexlandTrae YoungTyrese Haliburton
Andrea Bandiziol

Andrea Bandiziol

Andrea, 30 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di The Shot vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora. Non è molto contento quando gli si ricorda che i Suns ora avrebbero potuto avere Doncic a roster.

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