Stavolta James Harden l’ha combinata grossa. L’NBA stanotte l’ha considerato indisponibile per violazione del protocollo antiCOVID. E facendo i conti, anche se di test positivo c’era solo quello di Ben McLemore, ha considerato indisponibili almeno 8 giocatori degli Houston Rockets, dei 15 che compongono organico, per problematiche (test inconcludenti, giocatori in quarantena o infortunati) legate principalmente alla pandemia. E dunque la franchigia texana non ha raggiunto il numero minimo di 8 giocatori necessario per regolamento per poter giocare la prima partita stagionale, contro Oklahoma City. Dunque la partita, in programma per la scorsa notte italiana, è saltata. Rinviata a data da destinarsi.
La notizia è arrivata alle 23.25 italiane, appena 2 ore e mezza prima della prevista palla a due. Harden è da tempo soggetto dei titoli dei siti sportivi statunitensi, per le motivazioni meno auspicabili: la reiterata richiesta di trade, il ritardo con cui si è presentato al raduno, lo stile di vita glamour, tra party e strip club, documentato dai social network, la cattiva forma fisica con cui si è ripresentato sul parquet, appesantito. La partecipazione a una festa non autorizzata la goccia che per la lega ha fatto traboccare il vaso. É stato multato, di 50.000 dollari, per lui una bazzecola, ma non sospeso. Ma esposto al pubblico ludibrio. Per una stella NBA, che è pure azienda di marketing in movimento, la pena più implacabile.
L’NBA è probabilmente la lega più dinamica nel panorama statunitense. Gli sforzi fatti da Stern e da Silver per rendere il prodotto globale sono stati impressionanti. Dopo aver superato l’esame della bolla di Orlando, la stagione 2020-21 è un nuovo banco di prova. L’episodio di stanotte, con la decisione di posticipare la partita tra Rockets e Thunder è quanto di peggio ci si potesse augurare. Un passo falso al secondo giorno della stagione è un colpo duro per l’immagine della NBA.
Come si è arrivati a rinviare la partita?
La stagione dei Rockets era già iniziata con un alone di mistero a causa della telenovela Harden. Prevederne l’esito pareva impossibile. Più semplice era immaginare che questa dinamica potesse creare problemi interni all’organizzazione. Nel dettaglio Houston pare aver dovuto gestire due problemi differenti. Da un lato, un gruppo nutrito di giocatori si è trovato in un appartamento per una sessione collettiva dal barbiere.
There was a group of Houston players — including Martin, John Wall, DeMarcus Cousins — away from the facility at an apartment getting haircuts, sources said. That’s led to the contact tracing on Wall and Cousins as team awaits more testing results on Martin, sources said.
— Adrian Wojnarowski (@wojespn) December 23, 2020
A quanto pare, la matricola KJ Martin è risultata positivo al COVID-19 in un primo momento, ma negativa in seguito. Il fatto che un numero cospicuo di suo compagni di squadra si sia ritrovato con lui ha fatto partire in automatico il “contact tracking”, con tampone obbligatorio per tutti. La maggior parte dei giocatori è risultata negativa, ma era già troppo tardi per poter scendere in campo. Houston non è riuscita ad avere 8 giocatori disponibili, perché oltre al suddetto gruppetto, bisogna aggiungere alla conta anche Ben McLemore, positivo già da qualche giorno. Oltre a questo scenario sanitario, Houston deve gestire anche le bizze della sua stella.
Ufficialmente saltata! Disastro sul piano dell’immagine, al pronti/via. Vediamo se e chi pagherà dazio… https://t.co/1fjxDl8FFt
— Riccardo Pratesi (@rprat75) December 23, 2020
La questione Harden
Menzione d’onore infatti la merita proprio il “barba”. A quanto emerso, Harden è risultato positivo al COVID-19 quest’estate (nei test effettuati ultimamente è sempre risultato negativo). Il tutto si è risolto con un ritardo all’arrivo nella bolla di Orlando, ma niente di più. L’insubordinazione attuale, con molteplici testimonianze della sua vita notturna in barba al protocollo della lega, sta prendendo invece una piega grottesca.
Watch James Harden Attend Maskless Stripper Christmas Party After Throwing Basketball at Teammate; Adam Silver Had Instructed NBA Players to Stay Away From COVID Booty & Strip Clubs; How Party Host Exposed Him on Instagram (Exclusive Video-IG) https://t.co/4huOgFXH6C pic.twitter.com/dTZNdvmBco
— Robert Littal BSO (@BSO) December 22, 2020
Tralasciando il suo discutibile stato di forma, il problema legato al suo comportamento è piuttosto evidente. Harden così facendo mette a repentaglio l’integrità del calendario, causando danni non indifferenti alla lega. Come verrà gestita dalla NBA questa situazione? Ieri notte è stata comunicata una multa da 50 mila dollari. Una cifra irrisoria. Houston dal canto suo non gli pagherà le partite che salterà per non avere adempito al protocollo, ma il conto in banca di Harden non ne soffrirà comunque più di tanto.
Rockets and Harden are awaiting word on NBA medical staff to decide on how long of a quarantine will be necessary before he’s cleared to return to the team. Besides the 50K fine for violating protocol, Harden will lose $284K in salary for each missed game.
— Adrian Wojnarowski (@wojespn) December 24, 2020
L’NBA si è da sempre dimostrata permissiva in questi frangenti, lasciando la libertà ai giocatori di fare ciò che preferiscono nella loro vita privata. Lou Williams quest’estate era stato a sua volta filmato in un locale notturno, ma aveva un regolare permesso dato dai Clippers per assentarsi dalla bolla di Orlando. Il fatto che stesse violando il protocollo di sicurezza sanitario non è gli è valso alcun tipo di multa, creando così un precedente. Harden rappresenta un nuovo banco di prova.
E’ un peccato che si debba parlare delle questioni extra cestistiche, quando si discute di un giocatore dal talento unico come Harden. Credo inoltre che Silver sia tutt’altro che soddisfatto di vedere l’NBA tra i trend di Twitter nel pre partita e invece che per questioni prettamente sportive. Ci sarà una stretta onde evitare il ripetersi di questo genere di situazioni? O l’investigazione in corso si fermerà alla multa di questa notte? Evitare di posticipare troppe partite in un calendario così fitto è fondamentale.
L’era del potere ai giocatori
Negli anni, in particolare nell’epoca Silver, si è assistito al cosiddetto player empowerement. Questo spostamento di “potere” a favore dei giocatori ha avuto mille effetti, positivi e negativi. Gli ammutinamenti delle stelle scontente rientrano in quest’ultima categoria. Il comportamento attuale di Harden va oltre gli “scioperi” di Leonard e Davis, che smisero di giocare per forzare le loro squadre a scambiarli. L’NBA non può essere felice di questi atteggiamenti, lontani da quanto ci si possa attendere da professionisti.
Difficile credere che un singolo campione possa causare un cambiamento tangibile nelle relazioni tra NBA e giocatori. Per quanto il problema sia evidente, il trend non sarà facilmente stravolto dall’oggi al domani. Le stelle della lega rappresentano piccole industrie, e sono la base su cui si costruisce l’immagine della lega. E’ nell’interesse di tutte le parti in causa evitare il ripetersi un caso limite di questa magnitudo. Anche perché c’è l’effetto domino. Non è da escludere che il comportamento di Wall e Cousins, tra i protagonisti della sessione “barbiere a domicilio”, altre personalità storicamente al limite nei comportamenti, sia influenzato in parte anche dall’atteggiamento del Barba. Se lui si può permettere di non rispettare le regole, perché dovrebbero farlo gli altri?