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Preview Warriors 20/21: una dinastia al crocevia

Cosimo Sarti by Cosimo Sarti
22 Dicembre, 2020
Reading Time: 7 mins read
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Warriors Preview NBA

Copertina a cura di Sebastiano Luca Martini

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Record 19/20: 15-50.

IN: Kelly Oubre Jr. (trade), Brad Wanamaker (free agent), Kent Bazemore (free agent), James Wiseman (draft, #2), Nico Mannion (draft, #48);

OUT: Willie Cauley-Stein, Dragan Bender, Ky Bowman, Omari Spellman.

Roster 20/21:

G: Curry, Wanamaker, Mulder, Poole, Lee, Mannion (two-way player), Thompson (out for the season);

F: Oubre Jr, Wiggins, Green, Paschall, Bazemore, Toscano-Anderson;

C: Looney, Wiseman, Chriss, Smailagic.

La lunga notte del draft

Sono rimasti in tre: Steve Kerr, Stephen Curry, Draymond Green. Questi non sono gli Warriors invincibili grazie alla controversa firma di Durant, ma nemmeno quelli del caos infernale ricamato intorno agli Splash Bros che in molti speravano di ritrovare questa stagione. Ѐ successo tutto – ironicamente – durante la notte in cui si realizzano sogni e si alimentano speranze, che a Golden State hanno vissuto incollati al telefono non per dirimere gli ultimi dubbi sulla seconda scelta al Draft, ma per sapere come stesse Klay Thompson. Klay, è apparso sempre più chiaro con il passare delle ore, non stava per niente bene: rottura del tendine d’Achille e out for the season, le quattro parole più temute nel mondo dello sport. 

Nel frattempo Adam Silver annunciava il nome di James Wiseman, un gigante che più che il terzo Splash Brother sembra il terzo Riace Brother, con un fisico da far invidia alle due celebri statue bronzee riemerse al largo delle coste calabresi e tanti punti interrogativi sulla capacità di integrarsi in un contesto di squadra a livello NBA. Al secondo giro, quando ormai era nota la gravità dell’infortunio di Thompson, Bob Myers ha selezionato l’italo-americano Nico Mannion; senese di nascita cresciuto in Arizona, ha il potenziale per essere il colpaccio del Draft. Nonostante fosse considerato da anni uno dei migliori nella sua classe di età, un regista intelligente ma più ortodosso rispetto a LaMelo Ball, è scivolato alla scelta #48, complice l’interruzione della stagione NCAA proprio nel suo momento peggiore.

Insieme ai due rookie e al fianco dei due superstiti di Coach Kerr ci sarà una schiera di atleti con ottime doti individuali come Wiggins, Oubre Jr., Bazemore e Wanamaker, oltre a qualche elemento che si è distinto durante il prolungato provino che è stata la stagione 19/20, come Paschall, Chriss, Lee, Poole, Mulder e Toscano-Anderson. Senza dimenticare un uomo chiave come Looney: giovane ma tormentato dagli infortuni nelle ultime due stagioni, è l’unico lungo ad avere già esperienza nel sistema offensivo e difensivo di Golden State. Il tratto in comune che hanno tutti questi giocatori è che non sono in grado di creare gioco per gli altri, e che quindi questi saranno Warriors eliocentrici – non necessariamente una cattiva notizia – dipendenti in tutto e per tutto dalla luce irradiata da Stephen Curry.

 

Un sistema Currycentrico

Il giocatore da cui dipendono le sorti della stagione è il rientrante Curry, che custodisce in sé l’anima degli Warriors. Fino al giorno in cui Steph deciderà di smettere con la pallacanestro per dedicarsi a tempo pieno alla cucina di coppia insieme alla signora Curry, Golden State non perderà la propria identità offensiva. Nelle intenzioni di Coach Kerr, Steph farà coppia fissa con Draymond Green e gran parte dell’attacco passera dal pick’n’roll fra i due giocatori simbolo della dynasty nata – ed esauritasi? – ad Oakland. Curry è un giocatore imprevedibile con la palla in mano e capace di segnare “from the logo” con un rilascio fulmineo, ragion per cui diventa pericolosissimo nel preciso istante in cui mette piede nella metà campo offensiva.

Se avete guardato abbastanza partite degli Warriors, però, saprete sicuramente che Steph diventa ancora più pericoloso e capace di scardinare la più solida delle difese nel momento in cui si libera della palla. Le situazioni nelle quali Curry si muove senza palla sono anche le più difficili da imparare a gestire per i suoi stessi compagni, un aspetto sottolineato più volte dagli Warriors durante la preseason. Trattandosi di una superstar atipica, capace di coinvolgere e trascinare più di chiunque altro ma allo stesso tempo dipendente da letture rapide e armonia di movimenti in campo, potremmo assistere a due scenari diversi: se i compagni sapranno seguire la sua coreografia allora tutta la squadra renderà a un livello più alto rispetto alle attese, in caso contrario potrebbero risentirne le prestazioni di Curry stesso, costretto a creare con la palla in mano per la maggior parte del tempo.

La capacità di adattamento di tutti i volti nuovi degli Warriors sarà dunque il tassello fondamentale sia per raggiungere i piani alti della classifica che per dare forza alla corsa all’MVP di Curry. In una stagione che dopo la notte del Draft ha visto la squadra costretta ad abbandonare l’ambizione di essere una contender, l’affermazione individuale del proprio simbolo potrebbe essere comunque una gran bella soddisfazione, anche per un pubblico che negli ultimi anni è stato abituato a ben altri obiettivi.

Ho appena scritto che gli Warriors hanno abbandonato ogni speranza di lottare per un anello quando, in realtà, una remota possibilità ci sarebbe e passa ancora una volta per la mani del diabolico genio con la maglia #30 e dal supporto che riceverà dai compagni. Non sto più parlando dell’attacco, ma della difesa: all’alba della dynasty, con Thompson a occuparsi della guardia più pericolosa, Curry era libero di starsene in agguato e usare la sua rapidità di pensiero e mani per essere primo nella lega per palle rubate (2,1 SPG). Oubre Jr. ha già raccolto il testimone da Klay e le conseguenti lodi di tutto lo spogliatoio, ma le rubate di Steph sarebbero un bonus di inestimabile valore per un’iterazione dei Golden State Warriors con pochi playmaker e molti atleti, lo strumento ideale con cui raccogliere i frutti di una difesa che punta ad essere fra le migliori in NBA.

 

Il miglior scenario possibile

La stagione degli Warriors è dipendente da una lunga catena di “se”, tutti legati l’uno all’altro a doppio filo. Questo significa che un effetto domino in senso positivo o negativo è molto probabile. E se tutti i nodi di questa catena di incognite iniziassero a risolversi uno dopo l’altro a favore di Golden State? Se l’entusiasmo contagioso di Oubre Jr. fosse il giusto contrappeso all’infuriante nonchalance di Wiggins? Se una rinfrancata coppia Curry-Green tornasse a far venire il mal di testa agli avversari su entrambi i lati del campo? Se il “mostro a tre teste” Looney-Wiseman-Chriss, di Jacksoniana memoria, si rivelasse il padrone del pitturato giusto per ogni circostanza? Sono sì interrogativi, ma non remote speranze. Ve lo garantisco, nessuna delle due regine losangeline vorrebbe trovarsi di fronte la Cenerentola Californiana che viene dalla Baia senza niente da perdere e con tanta voglia di divertirsi. Uno Steph Curry formato MVP e il vulcanico Draymond Green che hanno davanti la possibilità di dimostrare che erano loro, e non Durant, la vera anima del back-to-back, sono un avversario ostico anche per le avversarie meglio equipaggiate. 

La preseason è stata, come ci si poteva aspettare, abbastanza interlocutoria per quanto riguarda le risposte agli interrogativi decisivi per la stagione dei Dubs. Senza Green e Wiseman, fermati dal Covid, non si possono giudicare né il frontcourt né la difesa di Golden State. Non che le amichevoli di preparazione solitamente forniscano grosse indicazioni, però, insomma, qualcosa di più da dire in questa preview speravo di averlo quando è stata spostata in avanti sul calendario per far spazio alla copertura dell’esordio NBA di Nico Mannion (contiene considerazioni anche sul resto della truppa Warriors, fra cui indizi positivi sul rendimento degli esterni, ergo leggete!).

Il lato positivo? A tutte queste domande troveremo risposta seguendo quella che si preannuncia essere una delle stagioni più divertenti degli ultimi dieci anni per Golden State. No, non sono stato in letargo dal 2012 al 2019. Si, mentre non ero in letargo ho seguito l’NBA. 

 

Il peggior scenario possibile

Per molte squadre quando si parla di worst-case scenario si parte dagli infortuni, uno spauracchio che non può non esserci per una squadra i cui due motori hanno più chilometri sulle gambe di chiunque non sia un cyborg spacciato per essere umano sotto il falso nome di LeBron James. Con Curry e Green lontani dal parquet per più di una ventina di partite a testa la questione playoffs si farebbe assai complicata e, a quel punto, tanto varrebbe tirare i remi in barca aspettando Klay e un’altra scelta alta al Draft. L’epilogo peggiore per la stagione di Golden State sarebbe rappresentato dal finire nella terra di nessuno con i due leader troppo acciaccati per stare in campo con continuità ma in grado di fornire abbastanza prestazioni di buon livello per tenere la squadra lontano dagli ultimi posti. La situazione degli Warriors però è ben più complessa di così, nonostante nessuno all’interno della società voglia ammetterlo.

Per essere schietti: se i veterani dello spogliatoio credono di poter estendere la dynasty per qualche altro anno, questa campagna non ammette ritirate strategiche. Joe Lacob spenderà 147 milioni di dollari di luxury tax ed è improponibile che continui a farlo per un nucleo storico arrivato alla fine della corsa; si renderebbero necessarie decisioni dolorose per iniziare a ricostruire la squadra intorno ad uno Wiseman in cui tutto l’ambiente Warriors sembra credere moltissimo. Anche nel caso di un fallimento questo campionato risponderà a moltissime domande sul futuro della franchigia, dal ruolo che avranno i due prestigiosi rookie nel futuro della franchigia, a chi dei due esterni al bivio della carriera riuscirà a imboccare la strada giusta, a quali saranno le vecchie glorie a cui verrà concesso di continuare a indossare la divisa con cui sono diventati Hall-of-Famer.

 

Previsione finale

Com’è il detto? Soldi e paura – di sbagliare un pronostico, in questo caso – mai avuti. Però stavolta può succedere davvero di tutto, per cui alzo le mani e lascio che sia il campo a parlare dandovi una sola garanzia, quella di una stagione imperdibile che indirizzerà il prossimo lustro dei Golden State Warriors. Potremmo assistere a qualunque scenario: dalla rinascita di Steph Curry che guida i suoi fino in fondo ai playoffs, alla vittoria della lottery per affiancare a Wiseman un’altra giovane stella e ripartire da zero o quasi, più tutto quello che c’è in mezzo. La squadra che ha segnato lo scorso decennio è pronta ad iniziare quello nuovo con i fuochi d’artificio.

Tags: Andrew WigginsDraymond GreenDubsGolden Stategolden state warriorsJames WisemanKelly OubreKlay ThompsonNico MannionStephen CurrySteve Kerrwarriors
Cosimo Sarti

Cosimo Sarti

Il Laocoonte della redazione di The Shot dal giorno della sua fondazione, imperverso inascoltato su tutti i canali di comunicazione disponibili.

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