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Nash è la scommessa Nets
Provvidenza o dannazione?

Alessandro Petrini by Alessandro Petrini
21 Dicembre, 2020
Reading Time: 7 mins read
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Steve Nash Nets

Copertina a cura di Nicolò Bedaglia

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«Wear a mask, save a life». Nella metropolitana di New York la voce rassicurante e l’accento inglese di Steve Nash viene trasmessa a intervalli regolare per sensibilizzare le persone a viaggiare in sicurezza sui mezzi pubblici. Lui ha carisma, faccia giusta e un atteggiamento inclusivo. Per certi versi sembra l’uomo della provvidenza e forse Steve Nash è la persona migliore che potesse arrivare a Brooklyn in questo momento. Ma è bene sottolineare il “forse”.

Dalla sua parte c’è sicuramente la sua storia da giocatore di altissimo livello e poi le ulteriori relazioni stabilite nel corso degli anni come consulente di varie franchigie «in attesa – come dice lui – di capire cosa avrebbe potuto fare nel capitolo successivo della propria vita». Il tutto va contestualizzato con la New York del 2020, meglio ancora con Brooklyn e le sue dinamiche di gentrificazione che ancora di più durante il lockdown la stanno facendo emergere come borough più all’avanguardia della città. Nash di tutto questo è l’uomo immagine perfetto. Adatto ad avvicinare ancora di più il pubblico al Barclay Center portando a compimento quel processo di radicamento in città che non è ancora del tutto realizzato dopo il trasferimento della franchigia dal New Jersey e la concorrenza spietata in città con un brand affermato come quello dei Knicks. Invece questo sembra essere il momento giusto. Tanto che a Brooklyn Nash ha appena comprato casa in una zona baricentrica che gli permette di andare a piedi sia al centro di allenamento di Industry City sia al Barclay.

 

La sfida di Steve Nash

Il combinato disposto del rientro in campo di Irving e Durant, assieme all’arrivo a Long Island di Nash ha elettrizzato i media e l’ambiente. Lui poi è tutt’altro che divisivo: appena arrivato ha voluto uno staff di alto livello con persone fidate (D’Antoni e Stoudemaire) ma ha tenuto come primo assistente anche coach Vaughn che aveva rilevato pro tempore il gruppo dopo l’esonero di Atkinson. Nel frattempo ha sfoderato le doti da comunicatore scegliendo sempre le parole giuste per diffondere il messaggio giusto. Parla sempre di rispetto dei protocolli Covid, di stagione strana con tempi condensati, non nasconde nemmeno il fatto che i Nets siano una contender ma soprattutto non dà alibi né ai giocatori né alla squadra usando la famosa formula del “siamo un cantiere”. Semplicemente è bravo a dribblare le insidie delle interviste provando a proteggere sempre le proprie scelte.

Qual è l’aspetto che finora lo sta mettendo più alla prova in questa primissima esperienza da allenatore? «Lavorare insieme e all’unisono con la parte manageriale della società. Ci sono tante persone e professionalità con cui confrontarsi e con le quali collaborare. É molto più che occuparsi semplicemente del gioco della pallacanestro. É una cosa su cui sto imparando a misurarmi e mi piace farlo».

Inoltre Nash è un canadese, nato in Sudafrica da madre gallese e padre inglese, che si è costruito una carriera di successo negli Stati Uniti. Un uomo di mondo che ha scelto di inserire nel coaching staff tre ex giocatori con esperienze internazionali per lavorare sul miglioramento individuale dei giocatori: Dante Milligan, Lance Harris e Travis Bader, gli ultimi due già visti anche in Italia da giocatori.

Non è un caso se nei pronostici preseason il suo nome sia tra quelli già candidati al Coach of the year. Per informazioni, tra gli altri, chiedere al proprietario dei Mavericks Mark Cuban, che per lui ha subito speso un endorsement. Cose che a molti possono sembrare un’eresia, soprattutto se si pensa che si sta parlando di un allenatore che non ha ancora una partita NBA all’attivo.

 

Cosa può andare storto?

Ma in sostanza cosa potrebbe andare storto? La risposta è tutto. Perché è semplice costruire un idillio mentre si giocano partite che di fatto non contano. É facile gestire la stampa e l’ambiente quando sei stato uno dei migliori giocatori di sempre e per il momento non hai sbagliato niente ma non hai affrontato nemmeno una difficoltà, ed è ancora più semplice gestire dei campioni nelle partite di preseason quando puoi fare i cambi con il cronometro in mano a prescindere dal risultato. É ovvio che Nash ha grandi potenzialità come allenatore ma ha ancora tutto da dimostrare e i primi problemi arriveranno tra un paio di mesi, con le sconfitte in regular season, i malumori e magari la gestione di qualche pezzo pregiato (Dinwiddie, LeVert?) che potrebbe sapersi costretto a essere sacrificato in vista di una trade.

 

Irving e Durant

Sono i veri motori dell’entusiasmo Nets di questi due mesi. Senza di loro probabilmente né Nash né D’Antoni sarebbero arrivati dalle parti di Atlantic Avenue. Eppure sono anche le due micce che possono far saltare il progetto. A ottobre Kyrie esordì nel podcast ETC di Kevin Durant dicendo che la sua percezione era quella che a Brooklyn non ci fosse davvero un head coach. Una frase che Nash non ha mai davvero preso in considerazione dicendo di essere sicuro che i due stessero scherzando, finché nell’ultima settimana, proprio dopo le multe di 25mila dollari a Irving e ai Nets perché il giocatore si era rifiutato di parlare con i media, il giocatore ha ammesso di essersi ricreduto affermando che Nash è un allenatore eccezionale.

Intanto l’ultima trovata di Kyrie è bruciare la salvia in campo prima del riscaldamento. «Un rito della tradizione Sioux che già faccio tutti i giorni a casa per purificare l’ambiente e ritrovare il mio equilibrio. L’ho fatto stasera Boston prima della partita, ma non è un gesto legato al mio passato qui. L’avevo già fatto al Barcley nella prima uscita contro Washington e se le squadre me lo permetteranno vorrò farlo prima di ogni partita». Da capire ancora se avrebbe fatto lo stesso in un TD Garden con i tifosi.

 

Attacco

Quando a Nash chiedono che tipo di gioco vorrà fare, risponde che non è questo il momento di bombardare i giocatori con nuovi concetti e schemi. «Questa è la preseason più breve nella storia della NBA e abbiamo un gruppo completamente rinnovato soprattutto negli equilibri e nelle caratteristiche. Prima di iniziare a buttare dentro delle buone idee vogliamo capire a che punto si trova la squadra e come sta lavorando. Il nostro parametro di riferimento sarà l’efficienza e ci chiederemo se stiamo costruendo buoni tiri, se li stiamo segnando, se siamo difficili da difendere. Tutti questi indicatori ci diranno a che punto siamo e su cosa dobbiamo lavorare. Vogliamo che i Nets giochino in velocità, occupino bene gli spazi e prendano decisioni prima che la difesa possa schierarsi». La stessa cosa che vogliono fare tutte le altre squadre della NBA, con la differenza che non tutte hanno il talento di Durant o Irving o tanti punti nelle mani che salgono dalla panchina.

 

Difesa

É uno dei punti sui quali Nash si concentra sia prima che dopo la partita. E davvero è stato uno degli aspetti più interessanti della partita di Boston. I Nets hanno un roster profondo ma non particolarmente ricco di centimetri. Eppure la squadra ha messo in campo tanta fisicità e le 10 stoppate (3 di Durant e 2 di Jordan) raccontano solo in parte lo strapotere fisico che si è visto sul campo. Con una menzione che spetta alla prestazione di Taurean Prince. «Era una delle cose sulle quali ci eravamo concentrati e siamo andati bene. Siamo stati bravi a riconoscere le situazioni e non è semplice visto che lavoriamo insieme da 18 giorni».

 

Dualismi

Intanto si continua a discutere della partenza in quintetto di Dinwiddie o LeVert o del dualismo tra Allen e Jordan. Nelle due uscite di preseason Nash è sempre partito con Dinwiddie e Jordan facendo poi i cambi con l’orologio e prevedendo per LeVert un ruolo in gruppo alla Ginobili, da leader della seconda squadra che esce dalla panchina. «Purtroppo potrei ritrovarmi a non avere questa possibilità di scelta – prosegue -. Ho il sospetto che questa stagione sarà in continua evoluzione tra infortuni, eventuali positività e un calendario molto denso. Credo che scopriremo lo scenario giorno dopo giorno e dovremo adattarci».

 

Harris l’equilibratore

Scelto al secondo giro da Cleveland nel 2014, è lui il predestinato a essere l’ago della bilancia della squadra. Ovviamente parliamo ancora di precampionato e di partite che non sono che amichevoli, ma finora ha dimostrato di essere il giocatore in grado di dare più equilibrio rispetto agli altri. Grande intelligenza cestistica sia in difesa sia in attacco, è bravo a punire sugli scarichi e soprattutto non chiede né mangia palloni. Aspetto fondamentale quando in squadra si hanno Irving e Durant.

 

L’interrogativo Eboua

Un po’ d’Italia arriva nella Grande Mela. Forse. Dopo essere stato tagliato dagli Heat, Paul Eboua era stato subito ingaggiato dai Nets che lo avevano aggiunto al gruppo di lavoro immaginando di girarlo ai Long Island Nets in G-League. Eboua infatti è stato poi tagliato: non ha “fatto il roster” di 15 giocatori. I bene informati danno Eboua verso la G League: ad oggi 5 nomi, tra cui il suo, per 4 posti. Appunto quattro tagli. L’unica certezza è che i due giocatori con contratti 2 ways saranno Jared Harper e Theo Pinson. L’ultima parola spetta dunque ad Eboua che può decidere di privilegiare un contratto in Europa, in alternativa alla G-League.

Tags: Brooklyn NetsSteve Nash
Alessandro Petrini

Alessandro Petrini

Giornalista e allenatore New York based. Direttore di @ClipComunicare, vice allenatore al Five Towns College (NY), scrivo di Knicks e Nets su @TheShotIT.

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