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Premi stagionali: le previsioni

Stefano Gaiera by Stefano Gaiera
22 Dicembre, 2020
Reading Time: 11 mins read
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Cover premi stagionali

Copertina a cura di Matia Di Vito / Photo Credits: cherwell.org, Rushmore

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Quale modo migliore può esserci di stemperare l’ansia da inizio stagione se non provare a fare un toto-premi?

Gli Award NBA sono l’unico vero punto di contatto tra narrativa e realtà all’interno della stagione NBA. Ogni anno vengono chiamati 101 giornalisti ad esprimere le loro preferenze su quelli che sono stati i migliori giocatori della lega nella stagione appena conclusa, ed ogni anno questi giornalisti danno voce a uno spettro di punti di vista differenti sul gioco, unendo così al parere di giornalisti come Zach Lowe o Doris Burke, che coprono l’NBA sul piano nazionale, un coro di beatwriters con una visione molto più focalizzata sulla squadra locale che seguono quotidianamente, e persino di giornalisti internazionali.

I premi sono ormai noti a tutti gli appassionati NBA: si parte dal Most Valuable Player, il migliore giocatore della stagione regolare, per passare al miglior difensore col Defensive Player Of the Year, il miglior sesto uomo con il 6th Man Of the Year, il Rookie Of The Year per il Rookie che più si è fatto trovare pronto davanti alla freneticità del mondo NBA, il Most Improved Player per il giocatore che ha fatto il miglior salto rispetto alla stagione precedente ed infine il Coach Of The Year, per l’allenatore che più di tutti ha spinto la propria squadra a dare il meglio di se.

Oltre ai premi individuali abbiamo poi tre quintetti All-NBA, due quintetti All-Defense e due quintetti All-Rookie, molto attesi dai giocatori ai fini dei risvolti positivi che possono avere sugli incentivi stagionali o sulla fase di rinegoziazione dei contratti.

 

Miglior giocatore: Luka Dončić(DAL)

Il primo premio che affrontiamo è subito il più ambito: l’MVP Award.

Con l’inizio dell’ultima stagione della carriera di Wunderdirk Nowitzki, i Dallas Mavericks han trovato in Dončić un nuovo Wonder Boy, mostrando che, se organizzata nel modo giusto, la fine di un ciclo può semplicemente diventare il principio per uno nuovo. Certo, questa organizzazione è facilitata se un talento generazionale come Luka riesce a scivolare fino alla terza scelta del Draft, ma è cosa ben nota che la fortuna aiuti gli audaci.

Dopo un primo anno terminato con il Rookie of the Year ed un impressionante tabellino composto da 21 punti, 8 rimbalzi e 6 assist, Dončić è riuscito già nella stagione appena passata a consacrarsi come una delle stelle più brillanti della lega e a creare attorno a se un enorme hype per ciò che può dimostrare nella stagione che sta per cominciare.

In attacco Luka è come uno squalo: riconosciuto l’avversario più debole lo punta senza sosta ed utilizza la sua combinazione di tecnica e mezzi fisici per creare il più grande vantaggio possibile per se ed i compagni. Per conquistare l’MVP ci sono però varie parti del proprio gioco che deve ancora migliorare.

La prima è, quasi incredibile a dirsi, la gestione dei possessi. Lo scorso anno Carlisle, ai fini dello sviluppo della propria stella, ha permesso a Luka di fare tutte le scelte azzardate che più riteneva opportune, ma la risposta di Dončić non è sempre stata delle migliori. Sicuramente quanto mostrato dallo sloveno è straordinario se consideriamo la sua giovane età, ma se Luka vuole entrare di diritto nel monte Rushmore delle stelle NBA guadagnandosi il premio di MVP della Regular Season deve portare il prossimo anno uno stile di gioco più ordinato ed ancora più attento all’efficienza.

Un secondo ambito in cui la giovane stella deve migliorare è la gestione dei possessi contro i difensori fisicamente più dotati di lui. Luka è un maestro del mismatch hunting ma, come mostrato nella serie contro i Clippers, cala ancora molto di rendimento quando riceve attenzioni da star da parte di difensori come Kawhi. Sicuramente venire marcati da un talento come Kawhi Leonard non è facile per nessuno, ma viste le aspettative dietro questo ragazzo ci aspettiamo un drastico miglioramento anche in questo ambito.

A fare da trade union tra i due punti precedenti c’è infine la gestione del clutch time: la Regular Season è sostanzialmente un grosso allenamento in preparazione ai playoffs, ma nei finali di partita vede alzarsi esponenzialmente il livello competitivo, permettendo di vedere i giocatori sfidarsi in situazioni “vere”. Pena anche l’assenza di un secondo creatore credibile in squadra, Luka durante la scorsa stagione ha avuto un trattamento speciale dai propri avversari e, messo alle strette da difensori fisici e difese concentrate su di lui, non ha sempre brillato quanto necessario.

L’MVP è anche narrativa, e la narrativa del campione a tutto tondo è necessaria per battere la concorrenza di stelle affermate come Giannis o Harden. Se Dončić riuscirà a mostrare sviluppi in questi tre ambiti avrà sicuramente buone speranze di imporsi sugli altri contendenti e conquistare questo prestigioso premio.

 

Difensore dell’anno: Anthony Davis (LAL)

Già dopo pochissime gare dall’inizio della scorsa stagione era chiaro come la corsa per il DPOY fosse una lotta a due tra Giannis Antetokounmpo ed Anthony Davis. Il prosieguo della stagione è poi storia nota a tutti, col greco vincitore di questo award così come del premio di miglior giocatore, ma gli oltre 230 punti di scarto nelle votazioni tra i due giocatori non sono rappresentativi di quanto quello tra i due campioni sia stato un vero e proprio testa a testa. Possiamo scommettere che per la prossima stagione il Defensive Player of the Year sarà un obiettivo del neo campione NBA.

Yo media, imma tell y’all this. If y’all mess up this MVP like you did the DPOY. We gonna have issues fr. https://t.co/WdAOWF5tVt

— kuz (@kylekuzma) September 9, 2020

Grazie alle sue quattro comparse in cinque anni, Davis è un habitué nei quintetti All Defensive, e con l’arrivo ai Lakers il Monociglio ha mostrato quell’ulteriore miglioramento tale da renderlo ufficialmente uno dei migliori difensore di tutta la lega, se non il migliore in assoluto. A New Orleans Davis è stato per ben tre volte il miglior stoppatore della lega ma spesso si muoveva come “centro del passato”, molto più attento a chiudere sotto canestro che ad interrompere il flusso dell’azione offensiva; a Los Angeles The Brow è diventato un difensore molto più vocale e meno egoista, capace di sacrificarsi e di chiudere anche sugli errori dei compagni.

La difesa di Davis durante le Finals è stata una tra le prestazioni difensive più dominanti degli ultimi 20 anni, capace di competere con quanto fatto vedere da Hall of Famer dal calibro di Tim Duncan o Kevin Garnett. Rispetto alla più monodimensionale difesa dei Bucks, i Lakers han presentato una grande variabilità negli schemi difensivi, facendo così finalmente esplodere le quotazioni di Anthony Davis e dargli quel boost necessario a colmare i voti di distanza con Giannis ed assicurarsi così l’importante premio.

 

Sesto uomo dell’anno: Montrezl Harrell (LAL)

Con le dovute proporzioni la stagione di Harrell è stata per certi versi l’opposto di quella di Anthony Davis.

Premiato lo scorso anno come Sesto Uomo per l’apporto dalla panchina durante la stagione regolare, Harrell non è riuscito a portare nella bolla tutta la cattiveria e l’intensità mostrata fino a Marzo, complice anche una difficile situazione familiare ed una serie di accoppiamenti (ed aggiustamenti da parte del coaching staff) non favorevoli ai Playoffs. Col passaggio dalla sponda Clippers a quella Lakers, Monsta Trez vorrà sicuramente prendere la propria rivincita contro tutte quelle voci che ne hanno abbassato drasticamente le quotazioni per la free agency appena passata.

Harrell è sicuramente un giocatore con molti limiti, da quelli caratteriali a quelli difensivi, ma almeno durante la Regular Season compensa con una grandissima energia che i Lakers cercheranno di incanalare al meglio, così da poter far riposare le proprie stelle.

A contendersi il premio con Harrell abbiamo il neo compagno Dennis Schroder, che però sembra intenzionato a partire titolare per la prossima stagione, ed il nostro connazionale Danilo Gallinari.

Per un’analisi più approfondita su cosa porta Trez ai Lakers potete vedere la nostra analisi sulla Free Agency dei campioni in carica NBA.

 

Matricola dell’anno: Obi Toppin (NYK)

Il salto fisico e mentale richiesto per passare dal College (o dall’Europa) all’NBA è particolarmente sfidante, e di tutti i Rookie che riescono a trovare ogni anno minuti in campo, solo una manciata sono in grado di avere già dal primo anno un impatto positivo.

Il termine NBA-Ready viene utilizzato dai giornalisti americani per descrivere quei giocatori che più di tutti sono pronti alla sfida del primo impatto in NBA. Tra tutte le matricole pronte a sgomitare per conquistare un posto di rilievo nelle rotazioni della propria squadra, il giocatore più NBA-Ready è Obi Toppin.

Toppin è un giocatore già completo offensivamente. Classe ’98, per intenderci stessa età di Tatum ed Ayton, Obi-One si presenta nella lega con un fisico già sviluppato, che ricorda il neo vice-allenatore dei Nets Amar’e Stoudemire. Grazie al suo atletismo ed alla sua verticalità il neo newyorkése è maggiormente pericoloso come rollante nelle situazioni di pick and roll, ma oltre a questa dimensione è pronto a stupire i tifosi di New York in tutti gli altri fondamentali offensivi.

Obi Toppin showed flashes of great talent in this preseason pic.twitter.com/vJU7qj4lic

— Leonardo Pedersoli (@LeoPedersoli) December 20, 2020

Durante la pre season Toppin ha già iniziato a mettere in mostra tutta la completezza del suo bagaglio tecnico: alle situazioni da rollante infatti il lungo ha unito ricezioni in post up, tagli coi tempi giusti, penetrazioni palla in mano e scarichi molto interessanti verso i compagni. Difensivamente Toppin avrà probabilmente un impatto di basso livello, dovuto sia a limiti fisici, come il baricentro alto, che a motivi più attitudinali o legati alla comprensione del gioco, ma fortunatamente per il prodotto di Dayton la fase offensiva ha sempre avuto maggiore interesse ai fini della vittoria del premio.

 

Giocatore più migliorato: Jaren Jackson Jr. (MEM)

In zona Playoff fino alla beffa del Play-In con Portland, i Memphis Grizzlies sono stati la squadra rivelazione dello scorso anno e non sono certamente intenzionati a smettere di stupire. La Western Conference non è mai uno scherzo ed è plausibile che, con l’aumento della competizione, Memphis non riuscirà a ripetere il posizionamento in classifica della scorsa stagione ma all’interno del roster ha uno degli young core più interessanti degli ultimi anni.

Per chi ancora non lo conoscesse, Jaren Jackson Jr. è uno degli Unicorni da cui ci si aspetta la maggiore crescita. Gli Unicorni sono quei giocatori del nuovo millennio che uniscono ad un corpo da Ala Grande/Centro uno skillset degno di una guardia. Nonostante un’altezza di oltre 2 metri e 10, JJJ in un campo da basket sa fare davvero tutto: dal tirare in contropiede da quasi dieci metri al cambiare in difesa su guardie e play, fino all’attaccare il canestro con tagli e penetrazioni palla in mano.

Jaren Jackson, Jr. is one of the highest ceiling players in the NBA. A big reason for this is his quick release and how little a window he needs. Memphis’ early O is extremely simple and it only works because of JJJ’s insane range. They run guard plays for him. pic.twitter.com/qOwwlcGlQg

— Joe (@JoeHulbertNBA) June 21, 2020

Le possibilità per JJJ di vincere questo premio non passano tanto dallo sviluppo del proprio bagaglio tecnico, su cui ci sono pochissimi dubbi, quanto dalla capacità di effettuare scelte migliori in corso di gara. Durante le sue prime due stagioni NBA Jaren Jackson Jr. si è visto limitare i propri minuti per partita a causa del gran numero di falli, spesso inutili, che commette.

Nel caso in cui JJJ non riuscisse a rimanere più minuti in campo, ci saranno molteplici oppositori pronti a contendersi il titolo. Due tra questi potrebbero essere Shai Gilgeous-Alexander, il quale potrebbe presentarsi alla consegna del premio con una statline pazzesca vista la situazione da puro tanking di Oklahoma, e Derrick White, chiamato anche lui al grande salto per aiutare San Antonio durante questa fase di ricrescita.

 

Allenatore dell’anno: Monty Williams (PHX)

Escluso per ovvie ragioni il ROTY, tutti i premi finora sono legati a doppio filo con l’esperienza della bolla di Orlando, mostrando la grande importanza che potrebbe avere sia nello sviluppo dei giocatori che nell’impatto mediatico col pubbico. Tra le squadre che più di tutte hanno goduto dei riflettori della bolla per riscrivere la propria immagine troviamo i Phoenix Suns.

I Playoff a Phoenix mancano ormai dalla stagione 2009-10, ultimo anno di Nash in Arizona, ma grazie al record di 8-0 tenuto ad Orlando i Suns hanno attirato già ad Agosto tutta una serie di aspettative ed attenzioni riguardo la prossima stagione.

Devin Booker CALLED GAME ? pic.twitter.com/dyKOKO0p3Y

— NBA on TNT (@NBAonTNT) August 4, 2020

Se poi consideriamo l’assalto a Chris Paul tenuto a Novembre è molto difficile immaginarsi i Suns fuori dai Playoff, o addirittura fuori dopo il solo primo turno.

Monty Williams porta con se una concezione di gioco molto pulita e veloce, basata su cambi di velocità ed attivazioni sia vicino che lontano dalla palla. L’obiettivo primario è ovviamente far rendere al meglio la propria stella Devin Booker e la presenza di CP3 durante la prossima stagione avrà il doppio compito di massimizzare il movimento off-ball di Booker stesso, liberandolo allo stesso tempo da una serie di pressioni difensive.

Tags: jaren jackson jrLuka Doncicmonty williamsObi Toppin
Stefano Gaiera

Stefano Gaiera

Ha già pronti tutti i pezzi per costruire il carro di Lonnie Walker ed è un servo leale dell’unica vera PointGod: Dejounte Murray. Il suo credo è che Il tiro da 3, alla fine, sia solo un "Jumperino" che non ci ha creduto abbastanza.

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