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Preview Mavericks 20/21: c’è tanto oltre Luka

Enrico Bussetti by Enrico Bussetti
19 Dicembre, 2020
Reading Time: 14 mins read
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Mavericks

Copertina a cura di Alessandro Cardona

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Record 2019/20: 43-32

IN: Tyler Bey (draft, two-way contract), Josh Green (draft), Nate Hinton (two-way contract), Wesley Iwundu (free agent), James Johnson (trade), Josh Richardson (trade), Tyrell Terry (draft).

OUT: J.J. Barea (tagliato), Antonius Cleveland (free agent), Seth Curry (trade), Justin Jackson (trade), Michael Kidd-Gilchrist (free agent), Josh Reaves (free agent), Delon Wright (trade).

Roster 2020/21:

PG: Luka Dončić, Trey Burke, Jalen Brunson.

SG: Tim Hardaway Jr., Tyrell Terry, Courtney Lee, Nate Hinton.

SF: Josh Richardson, Josh Green, Wesley Iwundu.

PF: Maxi Kleber, Dorian Finney-Smith, James Johnson, Tyler Bey.

C: Kristaps Porziņģis, Dwight Powell, Boban Marjanović, Willie Cauley-Stein.

Se dovessimo riassumere i Dallas Mavericks 2019/20 in una sola immagine, l’istantanea sarebbe sicuramente lo strepitoso buzzer beater di Luka Dončić nel supplementare di gara 4 contro i Clippers, che ha momentaneamente fissato la serie sul 2-2. A Dallas si riparte da lì, da una serie persa, ma giocata per larghi tratti alla pari con un avversario troppo più forte, dall’ennesimo punto interrogativo sulla salute di Porziņģis e soprattutto dai primi vagiti ai playoffs del ragazzo d’oro, lo sloveno con il numero 77 pronto a mettere definitivamente a ferro e fuoco la NBA nei prossimi anni.

In Texas hanno approcciato questa strana offseason con in testa un’idea ben precisa: continuare su questa via, agendo sui punti deboli di un’ossatura di squadra che ha già fatto vedere ottime cose, facendo un passo per volta. Luka, ovviamente, è al centro di tutto. Va in questo senso il Draft, mai così ricco per Dallas negli ultimi anni con tanti potenziali role player da sviluppare, così come le trade effettuate: il doloroso, ma necessario sacrificio di Seth Curry ha portato in dote Josh Richardson, che va a puntellare una difesa troppo altalenante e che potrà fornire anche qualche minuto in cabina di regia. Persino James Johnson, arrivato in cambio di due giocatori ormai ai margini come Wright e Jackson, è stato fin da subito visto come il “protettore” di Dončić nei futuri scontri con i Morris e gli Harrell di turno.

C’è tanta carne al fuoco per una squadra che sembra voler continuare la sua ascesa: basterà per avere la meglio su una concorrenza sempre più agguerrita ad Ovest?

 

Il giocatore da tenere d’occhio: Josh Richardson

Lo scambio Seth Curry-Josh Richardson è passato relativamente in secondo piano nelle scorse settimane, ma rischia di essere un movimento di mercato piuttosto importante per il destino di Mavericks e 76ers. Tra i due, J-Rich (non ce ne voglia il grande Jason) è complessivamente il miglior giocatore, ma il fratello e figlio d’arte è sicuramente più congeniale agli schemi di Philadelphia, alla disperata ricerca di spacing per massimizzare il rendimento di Simmons ed Embiid. I Mavericks hanno colto l’occasione e si sono aggiudicati un ragazzo finito un po’ fuori dai radar nell’ultima stagione, ma di cui si parlava benissimo ai tempi degli Heat.

Richardson rischia di essere la vera chiave di volta della stagione dei Mavericks, anche perché finché Porziņģis alloggerà in infermeria, sarà lui il secondo violino della squadra. Il tiro da fuori non è mai stato la specialità della casa, ma l’anno scorso è stato oltremodo penalizzato dal contesto tecnico: non chiedetegli di essere la prima opzione in uscita dai blocchi, ma l’inserimento in una squadra dallo spacing estremo potrebbe far sì che le sue percentuali dall’arco si assestino intorno ad un più che accettabile 37-38%.

Ai tempi di Miami si è parlato più volte di uno spostamento di Richardson nel ruolo di point guard, data la sua buona visione di gioco. Non si è mai arrivati ad una svolta così netta, ma con la palla in mano il ragazzo ha continuato a far vedere ottime cose, e un po’ di creazione secondaria a Dallas serve come il pane. La grandezza di Dončić ne ha offuscato le ombre per gran parte della scorsa stagione, ma la sua tendenza a sporcare un po’ la partita man mano è venuta fuori in più di un’occasione ai playoffs. Luka è e rimane un giocatore sublime in quell’ambito, ma non può gestire ogni singolo possesso e togliergli un po’ di pressione in attacco può solo fargli bene.

Il più grosso punto di forza di Josh, però, coincide con il maggior punto debole dei Mavericks, ed è forse questo il motivo che rende la sua aggiunta così interessante. Richardson è un difensore davvero completo: altezza, struttura, apertura alare, rapidità di piedi, intelligenza, tenacia. Vi basta digitare il suo nome su Twitter e troverete decine di sue clip sul grande lavoro che fa nella sua metà campo: questa racchiude un po’ tutto.

Love this defensive possession by Josh Richardson. Plays perfect help on KAT to prevent Powell from getting embarrassed, then gets back on Okogie and forces a really tough shot.

Looking like he may be the X-factor this season. pic.twitter.com/kQvRgJ7r5b

— Ryan Mainville (@RyanMainville) December 18, 2020

Molto probabilmente lo vedremo impegnato a contenere quasi esclusivamente le guardie avversarie, in modo da poter dirottare Dončić su un’ala per esporre in misura minore la sua non eccezionale rapidità di piedi. Jamal Murray, Donovan Mitchell, Devin Booker, Chris Paul, Stephen Curry, Damian Lillard e, almeno ad oggi, James Harden, sono solo alcuni dei nomi dei backcourt delle principali concorrenti dei Mavericks, che ora hanno un’arma in più da giocarsi per limitarli. Dulcis in fundo, Josh ha già speso belle parole sulla stabilità di uno spogliatoio in cui il suo carattere pacato sembra integrarsi molto bene e la mano, in questa preseason, sembra già calda: i tifosi biancoblu potrebbero aver trovato un nuovo elemento del roster di cui innamorarsi.

 

Miglior scenario possibile

Una piccola premessa: troverete meno Luka Dončić in questo articolo di quanto probabilmente vi aspettiate. Il motivo è piuttosto semplice: è assolutamente scontato che Dallas non possa prescindere dal miglior rendimento possibile del suo fuoriclasse per perseguire una qualsivoglia ambizione di vertice. Ciò che più sbalordisce di Luka è la sua completezza tecnica, soprattutto nella metà campo offensiva; vi basti pensare che è l’unico giocatore nella NBA attuale su cui si possa pensare di costruire un modello offensivo eliocentrico, il cui unico altro interprete nella storia è tal LeBron Raymone James. Dončić si candida ad essere uno dei migliori creator della storia del gioco e non servo certo io per spiegarvelo, per cui preferisco spendere qualche parola sugli aspetti in cui ha ancora margini di miglioramento.

Un aspetto che ho notato parecchie volte nella scorsa stagione è un vistoso calo di rendimento nei finali di partita. Niente di più normale per un ragazzo che, è bene ricordarlo ogni tanto, è un sophomore di 20 anni che ha una franchigia sulle spalle, ma alcune cifre fanno davvero rabbrividire: nel cosiddetto clutch time, Dončić ha una TS% del 45% ed il suo Offensive Rating è 100.4. I numeri, come sempre, non mentono e infatti nessuna squadra da playoffs ha perso tante partite punto a punto quanto i Mavericks, usciti vittoriosi solo in 17 occasioni su 41. Pensate quante volte l’anno scorso i tifosi si sono mangiati le mani, anche perché un piazzamento migliore in regular season avrebbe certamente garantito un accoppiamento più morbido dei Clippers e di conseguenza, chissà, magari un passaggio almeno al secondo turno…

Luka, abituato fin dall’adolescenza a pressioni fuori dalla norma, non vede sicuramente l’ora di smentire quei numeri e cominciare ad infilare con più regolarità tiri come questo (ebbene sì, non ho resistito).

Luka Doncic Buzzer Beater against Clippers “Runaway” pic.twitter.com/Qg9kkfO7Az

— Ale (@Alejandro_t9) August 24, 2020

Le percentuali da tre punti dello sloveno non sono state eccezionali, ma quel 31.6% in stagione è dovuto principalmente ad un alto coefficiente di difficoltà delle conclusioni. Oltre l’80% delle triple tentate sono arrivate dal palleggio e l’amore viscerale per lo stepback è spesso e volentieri controproducente: immaginate che macchina perfetta potrebbe essere un Dončić più equilibrato e razionale nella selezione dei tiri e nella gestione dei ritmi della gara. Per tacere poi del post basso, soluzione che utilizza solamente nel 3.4% dei suoi possessi, ma con cui produce un ottimo bottino di 1.02 punti per possesso. Di questo passo, ai difensori potrebbe servire una bussola per seguirlo, o, in alternativa, un rosario…

Detto di Batman, gli infortuni di Robin, all’anagrafe Kristaps Porziņģis, rischiano di minare il talento di un giocatore dal quale i Mavericks, per una serie di ragioni, non possono al momento prescindere. Tra il primo periodo di puro rodaggio, gli acciacchi e l’interruzione del campionato a causa della pandemia, abbiamo potuto ammirare KP a pieno regime per meno di due mesi, ma i risultati sono stati a tratti di altissimo livello. Il lettone rimane un mismatch che cammina in attacco, grazie alla sua combinazione di altezza e tocco, e quando è in giornata può metterne trenta senza apparente sforzo. Qui un’analisi più dettagliata della sua intesa con Dončić e delle sue tendenze, positive e negative, nella metà campo offensiva.

Gira e rigira, però, si torna sempre lì: una buona salute è una conditio sine qua non per un giocatore che ha firmato un quinquennale al massimo salariale solo l’estate scorsa e che, salvo cataclismi, sarà parte integrante del futuro dei Mavericks. Una mobilità maggiore gli permetterebbe anche di limitare i danni nella metà campo difensiva: un suo utilizzo da 4 ai playoffs sembra comunque infattibile, ma anche come centro è lecito attendersi qualcosa di più.

Fa strano dirlo nel contesto di una squadra percepita come Dončić-centrica sempre e comunque, ma il supporting cast dei Mavericks è stato fondamentale nella scorsa stagione. Nessun giocatore in particolare che spiccasse, ma tantissime frecce diverse nella faretra di uno dei migliori arcieri NBA: coach Rick Carlisle.

the Mavericks rotation is really just Luka, Kristaps, and what seems like an infinite number of really good 7th men, and somehow Rick Carlisle makes it work just about every night

— tim cato (@tim_cato) December 5, 2019

Già detto del nuovo arrivato Josh Richardson, l’altro esterno che presumibilmente partirà titolare è Tim Hardaway Jr., che è parso rigenerato nella stagione appena conclusa ed è all’ultimo anno di un contratto un po’ troppo generoso: è dunque lecito attendersi un’annata di alto livello dal figlio di Tim Bug, che ha sfiorato il 40% dall’arco l’anno scorso. Nella bolla si è anche dilettato con maggiore fortuna nei tiri dal palleggio, che si inserirebbero a meraviglia nella già citata ricerca di maggiore varietà in attacco e lo renderebbero qualcosa di più di una semplice minaccia sugli scarichi.

Sulla restante parte del backcourt c’è ben poco da dire: nonostante l’addio strappalacrime di J.J. Barea, ci sarà sempre spazio per point guard tascabili con un ottimo tiro da fuori ed elevato QI cestistico in una squadra di Carlisle. Trey Burke ha raddrizzato una carriera che sembrava pericolosamente avviarsi verso la Cina o l’Europa nella bolla ed è stato premiato con un contratto triennale, Jalen Brunson appare pronto a ritagliarsi il suo spazio dopo due anni di ottimo ma ridotto contributo e Tyrell Terry, anche solo per il cognome, pare fatto con lo stampino per i Mavericks: ci sarà da divertirsi nel vederli darsi battaglia per conquistare minutaggio.

Il reparto lunghi è rimasto sostanzialmente lo stesso: dietro agli intoccabili Porziņģis e Kleber, Marjanović e Cauley-Stein si giocheranno probabilmente il posto di centro di riserva con l’oggetto misterioso Dwight Powell, protagonista di un’ottima prima parte di stagione nel 2019/20, ma tutto da valutare dopo il devastante infortunio al termine d’Achille. Molto più interessante invece il discorso sulle ali, dove l’anno scorso si è avvertita per larghi tratti una mancanza di presenza fisica, soprattutto nella metà campo difensiva. Detto, fatto: Dorian Finney-Smith, protagonista di un’affascinante ascesa dal mondo degli undrafted, gode ora dell’ottima compagnia di Josh Green, rookie da Arizona che si candida ad essere un 3&D di valore fin dal primo giorno, perfetto per giocare con Dončić.

Josh Green must have saw my tweets. The rookie played really well tonight. pic.twitter.com/IrSJA06qlU

— Glen (@Glenjr1988) December 15, 2020

Anche James Johnson sembra essere un’aggiunta molto logica: un veterano di grande esperienza e cattiveria agonistica, che oltre a saper difendere su più ruoli è un ottimo passatore e che negli anni ha messo su un rispettabile tiro da fuori. In un colpo solo, Dallas si è liberata di un contratto pluriennale come quello di Wright e di un giovane piuttosto deludente come Justin Jackson e si è messa in casa un contratto in scadenza che potrebbe tornare utile in parecchi momenti della stagione: bravo, bravo e ancora bravo a Donnie Nelson, anche in queste operazioni minori.

Indipendentemente dall’ultimo taglio che verrà effettuato, con il giovane Iwundu ed il veterano Courtney Lee a contendersi l’ultimo posto tra le ali e probabilmente anche nel roster, le mancanze in questo reparto sembrano essere state colmate e ci sono tutti i presupposti per essere ottimisti.

Nel miglior scenario possibile, Luka Dončić alza al cielo il suo primo trofeo di MVP e KP trova finalmente stabilità e costanza di rendimento. L’umore dello spogliatoio è fin da subito alle stelle e la panchina è un mix letale di conferme e nuove aggiunte fin da subito integrate. Dallas ha la meglio su tutte le concorrenti al ruolo di “anti L.A.” e chiude la regular season al terzo posto dietro Lakers e Clippers. Passato il primo turno, lo scontro con i Clippers è un’inaspettata e dolcissima vendetta di Dončić & Co., che si arrendono ai Lakers in Finale di Conference con un sorriso grande così, anche perché LeBron ha definitivamente scelto Luka come suo erede.

 

Peggior scenario possibile

Il discorso fatto in precedenza per Dončić, certezza nel bene e nel male, continua ad essere valido: se la pancetta fatta vedere in preseason dovesse andar via in fretta, sono davvero pochi gli scenari con un rendimento di Luka considerevolmente più basso.

La doppia anima dei Mavericks, tanto efficaci in attacco quanto traballanti in difesa, non è mai stata un segreto e Porziņģis, dopo qualche sprazzo positivo tra gennaio e febbraio, ai playoffs è tornato ad essere un bersaglio troppo facile per gli avversari. Finché si tratta di rim protection, i 221 centimetri sono sufficienti e le stoppate non hanno mai smesso di fioccare, ma appena portato fuori dall’area ha fatto troppe volte la figura del cervo in tangenziale. Non è solo questione di scarsa mobilità laterale: troppo spesso il lettone non legge bene la situazione, soprattutto sui pick and roll, porta l’aiuto in ritardo o banalmente si posizione nel modo sbagliato, facendosi battere facilmente o commettendo fallo.

Clippers attacking Porzingis in P&R. Porzingis in a drop vs. PG which opens things up. Key in a drop is you have to contain penetration and contest at the rim. Porzingis gets beat too easily on this drive, ends up contesting but it’s too late. pic.twitter.com/EBKr2wcR3S

— Steve Jones Jr. (@stevejones20) August 18, 2020

Il vero problema per Dallas è che, anche volendo, le alternative sono poche. Kleber è preziosissimo quando si tratta di cambiare sui piccoli, ma per quanto sia scaltro e voglioso, rimane un giocatore leggerino per difendere contro centri molto fisici. Powell, ad oggi ingiudicabile, ha un’intensità ammirevole, ma non è mai stato noto come la reincarnazione di Ben Wallace e Marjanović non potrà mai giocare più di 6-7 minuti consecutivi. Rimane Cauley-Stein, che tra mille difetti resta un buon intimidatore, ma parliamo di un giocatore che ha all’attivo 13 partite in maglia Mavericks: tutto tranne che una certezza. Un handicap non da poco in un ruolo ben coperto a livello numerico ma in cui, visti anche i contratti, non sarà così semplice fare dei cambiamenti.

Una prevedibile, ma preoccupante tendenza emersa nei playoffs riguarda le percentuali sugli scarichi di alcuni role player: più si andrà avanti e più sarà facile vedere Dončić raddoppiato, triplicato o comunque fermato con qualunque mezzo possibile e a quel punto alcuni giocatori potrebbero vedersi costretti a prendere più tiri del dovuto. Finney-Smith, in un modo o nell’altro, ha tenuto botta, mentre Kleber, sfiancato da Kawhi Leonard nella sua metà campo, è colato a picco con un desolante 19.2% dall’arco nella serie contro i Clippers. Parliamo di giocatori che in un contesto di ampie spaziature possono rappresentare un’alternativa credibile, ma ai playoffs, dove tutto è più complicato, la mano di tiratori non così naturali può tremare. James Johnson è fatto della stessa pasta, e non è impossibile che anche Richardson e Green si facciano trascinare nella spirale negativa.

Infine, un problema per Dallas può essere banalmente rappresentato dalle qualità delle concorrenti. Lasciando per un attimo in sospeso Houston, lo smantellamento dei Thunder è l’unica nota positiva in casa Mavericks. I Nuggets hanno dimostrato al mondo e a loro stessi che l’asse Murray-Jokic può arrivare fino in fondo e anche i Jazz non potranno far altro che migliorare a livello di amalgama. Portland si è rinforzata e Phoenix, con un CP3 in più, sembra pronta al salto di qualità. Con anche i vecchi Warriors vogliosi di tornare sul palcoscenico che conta e le giovani Memphis e New Orleans in lampa di lancio, potrebbe essere questione di un attimo, tra coronavirus e infortuni da sovraccarico, trovarsi pericolosamente vicini alla zona play-in.

Nel peggior scenario possibile, Dončić parte un po’ con le marce basse a causa di una scarsa forma fisica e la squadra sembra seguirlo, trovandosi sostanzialmente a dover rincorrere per tutta la durata della regular season. I playoffs vengono comunque conquistati ma con un 7°/8° seed, che si traduce in un altro scontro con una losangelina ed un’altra uscita al primo turno. Porziņģis continua a passare più tempo in infermeria che in campo e va presa una decisione sul rinnovo di contratto di un Richardson deludente, che potrebbe compromettere la flessibilità salariale. L’entusiasmo sembra un po’ scemare intorno alla banda di Cuban.

 

Previsione

Dončić potrebbe effettivamente partire un po’ più piano del previsto, ma disputerà comunque un’altra stagione da top 6-7 NBA indiscusso. Porziņģis migliorerà a piccoli passi, continuando a dividere i pareri, ma la squadra è ben oliata e la mano di Carlisle farà il resto.

Dallas concluderà probabilmente intorno al 4°/5° seed e Dončić avrà ottime possibilità di vincere la sua prima serie di playoffs, ma in semifinale di Conference Los Angeles, gialloviola o meno, si dimostrerà comunque troppo forte. I presupposti per creare una continuità nei piani alti della Western Conference, come fatto nell’era Nowitzki, ci sono comunque tutti.

Tags: dallas mavericksJames JohnsonJosh RichardsonKristaps PorzingisLuka DoncicMark CubanMaxi KleberRick Carlisle
Enrico Bussetti

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Vive per il basket da quando era alto meno della palla. Resosi conto di difettare lievemente in quanto a talento, rimedia arbitrando e seguendo giornalmente l’NBA, con i Mavericks come unica fede.

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