Dopo aver visto saltare tutti i free agent a disposizione del mercato, i Knicks forse devono pensare seriamente all’idea di far crescere una stella in casa. L’ultima volta che ci sono seriamente riusciti è stato 35 anni fa con Patrick Ewing, ora la squadra si trova per l’ennesima volta a un punto di ripartenza e su Obi Toppin può davvero pensare di costruire un progetto interessante. Sono bastate tre partite di preseason a infiammare l’ambiente, il punto di svolta è arrivato nella vittoria in rimonta contro i Cavs nell’esordio stagionale al Garden. Sotto di 18 punti nel terzo quarto, coach Thibodeau si è affidato a un quintetto giovanissimo con Quickley, Knox, Barrett, Toppin e Robinson per riuscire a rientrare e a mettere la freccia in un finale che ha infiammato i media e i fan della Grande Mela. Con Toppin che ha chiuso ogni discorso con una schiacciata dalla linea di fondo.
Per certi versi può sembrare una versione moderna della volpe e dell’uva: i Knicks hanno dovuto incassare uno dopo l’altro i rifiuti di Chris Paul, Fred VanVleet, Gordon Hayward, Danilo Gallinari, Jerami Grant e in ultimo Giannis Antetokoumpo. Così nel tentativo di fare di necessità virtù si cerca di convincersi che non hanno bisogno di altro e che l’erba del proprio giardino è più verde di quella degli altri. La questione però è più articolata di quanto si possa pensare.
Toppin poppin
È il claim di queste ultime settimane a New York. Giocatore di casa, con tonnellate di video che passano in tv sulle sue partite da undicenne nei playground di Brooklyn. In due anni a Dayton ha fatto incetta di premi, tra cui il Naismith College Player of the Year, per poi essere l’ottava scelta assoluta all’ultimo draft. È un’ala forte che sa correre e, soprattutto, sa passare molto bene, pescando anche il giocatore solo sul lato debole. Nell’uno contro uno preferisce invece il gioco in avvicinamento fronte a canestro. All’università ha dimostrato di avere tiro da tre punti (41%) anche se finora ha avuto le polveri bagnate. Sarà lui questo Natale a far vendere le magliette dei Knicks ma soprattutto rappresenta uno dei candidati naturali per il premio di rookie dell’anno, facilitato anche dal fatto che i Knicks saranno privi di ambizioni di classifica e lui avrà tanti minuti a disposizione.
L’incognita è legata alla capacità di tenuta difensiva, specialmente nei pick and roll e contro giocatori più piccoli di lui. Una caratteristica che lo rende quasi incompatible con Randle, giocatore più pagato di questi Knicks che ha appena rinnovato per 63 milioni in 3 stagioni ma che nonostante i 18 punti – miglior realizzatore – contro i Cavs è sembrato poco efficace e ha chiuso con un plus minus di -9 in una partita vinta di 7 punti.
Vecchio e nuovo
Randle, Bullock, Payton e Smith sono i giocatori di maggiore esperienza e sono stati i più anonimi. Di fronte a dei Cavs modesti, con otto assenze nel roster, i giocatori della vecchia guardia hanno giocato sotto ritmo, tirato male, difeso poco. Soprattutto non sono praticamente mai riusciti ad attaccare al ferro quella che nelle ultime due stagioni è stata la peggiore difesa del campionato. Il vero cambiamento si è visto con Quickley da point guard, bravo a tenere alta la pressione sulla palla e a mettere in ritmo i compagni. Ha QI cestistico e la cosa non può passare inosservata, ma ha bisogno di mettere su chili e muscoli per reggere una stagione regolare da 72 partite. Alla fine contro Cleveland ha piazzato 7 assist e tanta sostanza con un paio di belle conclusioni in flow ma ancora troppi errori dall’arco. A beneficiarne sono stati soprattutto Knox e poi Barrett e Robinson, che si sono fatti trascinare dal ritmo svegliandosi dal torpore. Un quintetto in cui i giocatori di maggiore esperienza – Knox e Robinson – hanno appena due stagioni di Nba all’attivo e il più vecchio si ferma a 22 anni.
Mitchell Robinson è ancora un giocatore grezzo ma proprio per questo ha ampi margini su cui lavorare. Ha atletismo e presenza nel pitturato anche se la lentezza negli spostamenti laterali gli crea continui problemi di falli, cosa che lui per ora non riesce proprio a gestire. Barrett è stato il primo giocatore dei Knicks dai tempi di Ewing a segnare più di 14.5 punti di media nella sua stagione da rookie. Sembra abbia fatto qualche passo in avanti e acquisito maggiore fiducia. Difficilmente diventerà un all star ma ha davanti la possibilità di progredire. Infine Knox, scelto due anni fa al primo giro e finora è stato autore di poche buone prestazioni e tutte troppo distanziate tra loro.
L’ultima menzione per i giovani Knicks va a Myles Powell, eroe di Seton Hall nelle ultime stagioni (All-American e Big East Player of the Year lo scorso anno) che non è stato scelto al draft e ha firmato un Exhibit 10 per poi finire probabilmente in G-League. Non è sicuramente il più grosso, il più veloce o il più atletico ma sicuramente ha una grande capacità realizzativa. E questo potrebbe tornare comodo se continuerà a migliorare.
Tutto questo patrimonio potrebbe trovare tanto spazio, specialmente in una stagione come questa sulla quale pende l’incognita della pandemia e gli almeno dodici giorni di stop per i giocatori positivi previsti dal protocollo Covid.
Coach Thibs non si arrende
Ovviamente Thibodeau è intrigato da questi prospetti ma ribadisce ogni giorno che l’arrivo di una stella possa servire a far crescere tutto il gruppo e aiutare molto i giovani nel loro percorso verso la maturità. «Non posso assicurare che la squadra messa in campo in queste partite possa essere quella che arriverà al termine della stagione. Perché l’obiettivo di migliorare il roster non si esaurisce mai. Questo può avvenire migliorando i giocatori, scegliendoli al draft, con le free agency e con le trade. Le buone squadre si concentrano ogni giorno su tutti e quattro questi aspetti. Penso che sia fondamentale avere una stella. Ci sono alcuni ragazzi che migliorano di stagione in stagione fino a diventare i migliori della lega. Se non li hai, devi fare scambi o puntare alla free agency. Le opportunità non vengono da sole ma bisogna lavorare per creare opportunità».
Della vittoria contro i Cavs l’ha impressionato soprattutto l’atteggiamento di Immanuel Quickley: «È stato bravo in difesa. Grazie a lui la squadra ha rimontato e allungato, soprattutto ha dato sicurezza e si sono visti i ragazzi divertirsi in campo. Spesso mi chiedono se lo ritengo una point guard o una shooting guard, io credo che il ruolo sia cambiato molto negli ultimi dieci anni e per me è una guard. Di tutto il gruppo dei giovani mi è piaciuta molto la voglia di combattere».
Kentucky Knicks
Intanto dalle free agency arriva James Young, il sesto ex Wildcats, il settimo se si include l’assistente allenatore Kenny Payne. Scelto al 17esimo posto da Boston nel 2014, è in arrivo dagli israeliani del Maccabi Haifa e va a infoltire la colonia ex UK composta da Randle, Noel, Knox, Quickley, Kidd-Gilchrist e Payne.