Il vocione è il solito, inconfondibile. Coach Rivers, per tutti Doc, non fa trasparire la cicatrice della (verosimile) ferita rappresentata dal licenziamento subito dai Clippers, dopo 7 stagioni a Los Angeles. Quella di Philadelphia per lui, 59 anni, ha firmato un contratto quinquennale, potrebbe essere l’ultima occasione. Lo sarebbe in caso di fallimento, probabilmente. E l’affronta col solito entusiasmo contagioso, da uomo di mondo a cui la pallacanestro ha dato tutto e di più, che lo rende al solito amabile, nelle discussioni coi giornalisti. Pratico, spigliato, simpatico.
Le ha viste tutte, Doc, anzi, quasi tutte. Questa gli mancava: “Posso togliermi la mascherina?” chiede all’addetto stampa dei 76ers che l’accompagna alla postazione Zoom per l’incontro media in occasione della prima partita stagionale dei suoi ragazzi, che battono Boston 108-99 in amichevole. L’ok arriva, dunque si parte. Doc ha sempre voglia di parlare, manna per chi per lavoro raccoglie dichiarazioni e vive di notizie.
Occasione di rilancio condivisa
Doc non è il solo a provare il rilancio, nella città dell’amore fraterno. Daryl Morey ha la stessa esigenza. Come Doc ha provato a vincere in un ambiente ambizioso, per anni, e come lui non c’è riuscito alla fine. Nessuno dei due, tra Clippers e Rockets, che pure di vittorie ne hanno impilate, ha mai centrato neanche le Finals. Dopo il China Gate Morey, da Philadelphia ingaggiato come presidente, prova come Rivers a ripartire dalle certezze che l’hanno reso popolare, ma in un contesto ambientale e di organico ben diverso. E che Morey non abbia forzato la trade per Harden spiega molto, per chi vuol capire…Rivers è accomunato con Morey dalla stessa voglia di riscatto e senso d’urgenza dunque: per entrambi la prova del nove non può essere sbagliata, pena l’oblio.
Ma la voglia matta di “far vedere chi sono” di Doc e dello scienziato dei numeri applicati al basket è condivisa da tutto l’ambiente 76ers. Il “cappotto” subito ai playoff 2020 al primo turno da Boston è stato sconfortante per una franchigia che aveva affrontato la scorsa stagione con sogni di gloria proclamati. Un esame di coscienza era lecito farselo, e i primi ad abbracciare le novità sono i primi tirati in ballo, nel recente passato, inevitabilmente, quando c’è stato da distribuire le colpe di un fallimento fragoroso. Parlo di Embiid e Simmons, ovviamente.
Gemelli diversi, ma da non separare
Doc li cita di continuo, post partita. Assieme. Un mantra. “Joel e Ben li ho visti con lo spirito giusto. Impegnati, coinvolti“. E ancora: “Embiid è fenomenale. Anche quando non chiamiamo giochi per lui può fare comunque la differenza, perché è il miglior giocatore sul parquet. Ne abbiamo parlato” . Una carezza a Joel, il centro africano guascone che ha bisogno di calore, un’altra per la par condicio, all’esterno australiano che è orgoglioso e ha bisogno di sentirsi apprezzato: “Simmons fa la differenza già solo col ritmo di gara che imposta, alzandolo“.
Embiid e Simmons li ho visti con lo spirito giusto. Joel è fenomenale, Ben fa la differenza col ritmo
Doc Rivers
Coach Rivers punta su Embiid e Simmons. Che pure sono una strana coppia perché entrambi in attacco sono pericolosi soprattutto sotto canestro, pur con caratteristiche diverse, e lo saranno fin quando Simmons non metterà su un tiro decente, quantomeno dalla media distanza o almeno troverà il coraggio di prendere quello da 3 punti per preservare le spaziature. Ma Rivers non dubita dell’incastro tecnico e di personalità, pur all’antitesi: tanto caldo ed espansivo Joel, talvolta pure troppo, quanto gelido e distante Ben, spesso pure troppo. “Embiid e Simmons li ho voluti far giocare il più possibile nel primo tempo. Da subito. Un conto è giocare contro se stessi in allenamento, impari poco di quello di cui disponi, un altro giocare contro un avversario rilevante. Queste partite di prestagione ci servono per acquisire fiducia“.
Uno che ci sta riuscendo, a prendere fiducia, è Tyrese Maxey, strepitoso contro i Celtics: la scelta numero 21 del Draft 2021 potrebbe rivelarsi un “furto” di Philly…”He’s good” – chiosa Doc -. É buono. Un uomo di basket, già campione da giocatore, con poi una carriera NBA top da Coach e dirigente, quelli buoni li riconosce subito. Senza perdersi in parole inutili. Minimalista, ma chiarissimo.
La luna di miele di Simmons
Qualcuno già lo immaginava a Houston, di questi tempi. Sacrificato alle bizze di Harden, desideroso di cambiare aria. Difficilmente a una trade per Simmons, magari con Thybulle e per non farsi mancar nulla una scelta futura al Draft di contorno, i Rockets, spalle al muro, avrebbero potuto dire di no. I conti tecnicamente sarebbero tornati. Ma i 76ers non hanno messo Simmons sul piatto della bilancia, come contropartita. In modo forse persino sorprendente. Consigliere prima ancora che testimonial, per le nuove maglie. Punto fermo. Sentendolo parlare si capisce come mai. C’è sintonia, col Doc.
Doc è stato grande sinora. Ha giocato, è facile parlargli. Mi dà fiducia, mi permette di fare il mio gioco
Ben Simmons
Simmons a differenza di Rivers ha la mascherina tirata su. Come al solito è di poche parole e come al solito le sue parole sono macigni. Stavolta che chiudono con il passato, e così facendo aprono al futuro. “Doc è stato grande sinora. Ha giocato (ad alto livello) a basket, è facile relazionarsi con lui. É onesto con noi giocatori. Mi dà fiducia, mi permette di giocare la mia partita, fare il mio gioco. Ha detto che faccio la differenza quando alzo il ritmo? Mi fa piacere. Amo spingere, aggressivo, proprio come vuole lui“. Parole al miele per una volta, e soliti comportamenti ruvidi, come sempre. Finisce l’ultima frase e se ne va sbrigativo, senza neppure salutare i cronisti collegati via Zoom.
Queste sono, nel bene e nel male, le carte che ha in mano Coach Rivers. A lui gestirle e giocarsi la coppia assi al momento giusto. Ne va del suo futuro, oltre che di quello di franchigia. L’ultima occasione, forse. Però lo guardi sorridere sereno, Doc, mentre si mangia con gli occhi i suoi ragazzi e capisci che pensa davvero di avere la mano giusta, sul tavolo NBA. Quella che gli sta a cuore come poche altre, quella del riscatto.