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I Suns continueranno a muoversi come una nuvola nel cielo?

Phoenix Suns Italy by Phoenix Suns Italy
15 Dicembre, 2020
Reading Time: 9 mins read
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Phoenix Suns community

Copertina a cura di Alessandro Cardona

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“Perseverare ripaga sempre, almeno a Phoenix si spera sia così…”. Negli ultimi anni essere un tifoso dei Phoenix Suns è stato come essere distesi su un prato a guardare le nuvole, cercando di capire se la nuvola che stai fissando da un po’ riesca a muoversi o meno: non ti importa se è la più veloce, tu vuoi solo che si muova, visto che in passato si muoveva molto velocemente…

“With the first pick in the 2018 NBA Draft, the Phoenix Suns select…Deandre Ayton from Nassau, Bahamas and The University of Arizona”. Ad ascoltare queste parole di Adam Silver, molti in Arizona (e non solo) avranno esultato, ed è più che naturale: i sette anni precedenti sono stati una sofferenza continua, e ora Phoenix per la prima volta nella sua storia può accogliere in casa la prima scelta assoluta al draft.

Ma, come sempre accade in queste occasioni, il pensiero è sempre lo stesso: “Speriamo che sia quello giusto”. Già, nessuno vuole il cosiddetto “bust”, cioè un giocatore sul quale in molti avevano grandi aspettative che poi si è rivelato per qualche motivo un giocatore scarso o al meglio mediocre (vedasi Olowokandi, Kwame Brown o Bargnani) e magari scelto davanti a future superstar (vedasi Darko Miličić, scelto dai Pistons con la seconda scelta assoluta nel 2003 davanti a Wade, Anthony, Bosh e Korver, e nel giro di 3/4 anni era già praticamente un ex giocatore).

Intanto il draft va avanti, alla 2 i Kings chiamano Bagley, alla 3 gli Hawks scelgono Dončić, proprio quel Luka Dončić che in molti volevano alla 1 ai Suns, però a Phoenix si è restii a dare di nuovo fiducia ad un giovane europeo, dopo che appena due anni prima era stato scelto alla quarta scelta assoluta Dragan Bender, giovane promessa croata che… beh, che dire, promessa non mantenuta: dopo 3 anni di poco o nulla nella Valle ha provato a rimanere negli USA andando prima ai Bucks e poi agli Warriors, finendo poi per ritornare a giocare nel Maccabi Tel Aviv, dove tutto era iniziato.

Tornando al Draft 2018, i Suns si sono sentiti più sicuri a scegliere Deandre – che ha giocato al college a pochi chilometri dalla Talking Stick Resort Arena di Phoenix – che il giovane oltreoceano, basta rischi insomma. Andando avanti, Jaren Jackson Jr. va a Memphis e alla quinta scelta i Dallas Mavericks scelgono Trae Young, giovane di Oklahoma che ricorda tanto Steph Curry, che cedono immediatamente ad Atlanta assieme ad una prima scelta futura per prendere proprio Luka Dončić.

Il draft continua con la stessa Phoenix che imbastisce uno scambio; dopo aver scelto alla numero 16 Zhaire Smith, lo mandano immediatamente a Philadelphia in cambio della loro scelta numero 10, cioè quel Mikal Bridges che, appena saputo della selezione da parte dei 76ers, era scoppiato di gioia. Per lui, nato e cresciuto nella zona di Philly e con tre anni di college a Villanova (che si trova appena fuori la città dell’amore fraterno), avere l’occasione di poter giocare a casa sembrava incredibile. La gioia però è durata poco: nemmeno il tempo di fare un paio di interviste ed era già di proprietà dei Suns e, ad essere onesti, anche i fan più affezionati nell’Arizona avranno pensato per un attimo “Ah, un pochino mi spiace”. Il draft di Phoenix si chiude con l’arrivo del francese Elie Okobo e di George King al secondo giro, ma ovviamente il focus rimane su quello che è successo all’inizio, e ora rimane il campo a dover parlare.

Perché questo focus? Perché questa retrospettiva al Draft di due anni fa? Perché è da quest’anno che, in qualche maniera, i tifosi dei Suns hanno detto “Forse si sta smuovendo qualcosa, forse riusciamo ad uscirne”. Sono passati oramai ben otto anni dall’ultima apparizione ai playoffs, persi con rimpianto contro i rivali dei Lakers. Devin Booker, la stella della squadra, a luglio viene rinnovato per 5 anni. Igor Kokoskov è l’allenatore, il nuovo allenatore, il quinto in cinque anni: Koko è una persona competente, ha fatto per anni l’assistente in giro per la lega e ha lavorato anche in Arizona dal 2008 al 2013, sia per Coach Porter e sia per Coach Gentry.

Il General Manager è sempre Ryan McDonough, non esattamente amatissimo, così come il proprietario della franchigia Robert Sarver: probabilmente sono le persone più messe sotto torchio dai tifosi, che sono stufi e arcistufi di vedere una squadra con una storia così importante essere trasformata nella barzelletta della lega. Esattamente nove giorni prima dell’inizio della stagione è proprio Sarver che fa la prima mossa importante: McDonough viene licenziato e al suo posto arriva, ad interim, l’ex giocatore dei Suns James Jones, cosa che fa rimuginare molti: “Non dovremmo creare stabilità? Ok, McDonough non ha lavorato affatto bene, ma non era meglio trovare qualcuno con esperienza al suo posto?”, oppure il più classico dei “Siamo passati dalla padella alla brace”.

Jones farà ricredere molti se non tutti, ma effettivamente la situazione pare prendere una pessima piega. La squadra parte bene anche senza la stella Devin Booker (fuori per un piccolo infortunio), all’opening night c’è già la prima sfida tra Ayton e Dončić ed è un’ottima vittoria per i Suns, però da quel punto i ragazzi di Kokoskov iniziano a non produrre più. Ayton non gioca male, però guardando nel vicino Texas arriva la vera depressione: il giovane sloveno col numero 77 dei Mavericks sta seriamente alzando le vendite di Maalox in tutta Phoenix, da Scottsdale alla Contea di Maricopa. Dončić sta giocando come in Europa, e in fondo si sapeva che sarebbe stato più pronto rispetto ad Ayton, però se perdi per anni arrivi ad una condizione dove sì, ti basta poco per esaltarti, ma al contempo ti basta poco per buttarti giù di morale e credere che tutto sia perduto.

La mazzata? Robert Sarver decide che è sin troppo amato, quindi dopo essersi lamentato per più di un anno con la Contea di Phoenix dicendo di volere che siano i cittadini a pagare per la ristrutturazione dell’arena, il 12 dicembre, dopo che la mozione per il rinnovamento non passa la votazione del Consiglio della Contea, lui minaccia di portare i Suns fuori da Phoenix, indicando Las Vegas e Seattle come possibili destinazioni. Scatta un putiferio: sono stati solo un paio di giorni, ma tanto è bastato per la gente dell’intera Arizona per dimostrare l’affetto e l’amore verso Sarver, ed è anche diventato virale il discorso fatto da una anziana signora davanti al Consiglio della Contea, dove “ricordava” a Sarver che prima di minacciare dovrebbe investire nella squadra e non viceversa.

La faccenda si conclude dopo poco, con il proprietario dei Suns che smentisce di aver detto di volersene andare e che i Suns appartengono solo e solamente a Phoenix. Ok, Robert. Pochi giorni dopo arriva la prima mossa di James Jones: via Ariza, che aveva contribuito poco o nulla, e da Washington arriva un ragazzo che fino ad allora era conosciuto solo perché considerato belloccio e per una sua scazzottata in una serie di playoffs contro i Boston Celtics, Kelly Oubre Jr. In quel periodo l’unico pensiero a riguardo era sostanzialmente questo: “Tanto il gioco in campo è discutibile, perché non renderlo più appetibile mettendo gente più fotogenica?”.

Arriva l’anno nuovo e le cose si stabilizzano, a gennaio la contea approva finalmente la ristrutturazione dell’arena e la costruzione del nuovo centro d’allenamento, i Suns continuano a perdere, anche male, arrivando addirittura a 17 sconfitte filate, ma le prestazioni individuali di Booker e Oubre fanno sorridere, Ayton va a sprazzi e la stagione arriva alla conclusione. Kokoskov viene licenziato, lui se ne va polemizzando il fatto di aver voluto Dončić invece di Ayton e la domanda rimane la stessa: “E ora? Siamo sempre a fissare la nuvola?”.

Nel frattempo James Jones diventa ufficialmente il GM dei Suns e, dopo varie voci, arriva anche il nuovo allenatore, Monty Williams. Se Igor l’anno precedente era stato il quinto in cinque anni, Monty era ovviamente il sesto in sei: ok, magari è bravo, ma dovevano esserlo anche quelli visti prima di lui, però al contrario di quelli prima, lui ha rinunciato ai Lakers per venire da noi, quindi forse forse…

C’è fiducia (tanto, cosa c’è da perdere?), T.J. Warren viene scambiato con Indiana in cambio di un sacchetto di patatine alla paprika, al draft i Suns prendono il giocatore più “anziano” della classe con Cam Johnson da North Carolina, e nella Valle del Sole arrivano anche l’australiano Baynes, il croato Šarić e lo spagnolo Ricky Rubio, che poi in estate diventa anche campione del mondo con la propria nazionale. La stagione inizia bene con una vittoria coi Kings, poi come l’anno precedente arriva un’altra mazzata; Ayton è risultato positivo ad un diuretico proibito ed è sospeso per 25 partite. Il ragazzo si scusa pubblicamente, però la stagione sembra già di nuovo compromessa.

Nonostante la lunga assenza di Deandre la stagione va avanti benino, ma comunque non abbastanza per stare vicino ai playoffs. Il pensiero generale è “Perlomeno non siamo più i peggiori”, che forse non sarà la presa di posizione più bella, però intanto uscire dal fondo è già qualcosa. Devin Booker viene (finalmente!) nominato All-Star, prendendo il posto di Lillard e in generale tutti sono contenti, un bravo ragazzo che ha vissuto i primi cinque anni di carriera in quel letamaio merita questa soddisfazione.

All’improvviso, l’11 marzo la NBA si ferma per colpa del COVID-19. Fosse finita qua tutti a Phoenix sarebbero stati moderatamente contenti, la stagione non era andata terribilmente e la squadra aveva prospettive per il futuro, comunque finire la stagione sarebbe voluto dire giocare senza Kelly Oubre Jr. che si era fatto male a febbraio, quindi va bene anche così. Però, dopo settimane di voci e piani, la decisione è quella di formare una bolla a Disneyworld, a Orlando, e Phoenix è della partita. Otto gare di regular season più eventuali spareggi tra ottava e nona per l’accesso ai playoffs: missione difficile ma non impossibile, o almeno questo è il pensiero in Arizona.

Magari vincendone 5 o 6 si può sperare, e in questa particolare situazione i giovani Suns lo possono fare: il gruppo è molto unito, talmente unito che si sono anche dati il nome di “Valley Boyz”, dedicato ovviamente alla Valley Of The Sun dove è locata Phoenix, quindi metter su una striscia di vittorie consecutive può dare entusiasmo, e poi mai dire mai. Inizia l’avventura a Disneyworld: prima partita, vittoria con i Wizards. “Ok, loro avevano meno speranze di noi, questa era una vittoria d’obbligo”. Seconda partita, vittoria con i Mavericks: “Ah, buono! Non siamo così male”. Terza partita, vittoria con i Clippers: “DEVIN BOOKER SULLA SIRENAAAAAAAA!”. Quarta partita, vittoria con i Pacers: “Siamo gli unici imbattuti!”.

Dopo le prime quattro partite la situazione era chiara: i Valley Boyz erano lì per vincere, tutti in stato di grazia, compreso l’imprevedibile Cameron Payne, voluto da Monty Williams proprio appena prima di andare ad Orlando. Ora stava giocando con una facilità disarmante, eppure poco tempo prima giocava in G League, bollato come uno scarso che in NBA non aveva futuro. Oltre alle partite di Booker e compagni, ora il focus era rivolto anche alle concorrenti che dovevano “aiutare”, perdendo come se non ci fosse un domani. Quarta, quinta, sesta, settima e ottava partita. Vittoria, vittoria, vittoria e vittoria. Imbattuti, 8-0 nella bolla… ma non abbastanza: Memphis e Portland si giocano i playoffs e Phoenix torna a casa a testa alta, anzi, altissima.

Il morale è alle stelle, la stagione è andata bene, ora però inizia un qualcosa che nel deserto non si vive da anni, dai tempi di Nash: Phoenix è sotto ai riflettori e si parla di voci di mercato. I Suns sono in trattativa con i Thunder per niente meno che Chris Paul: non è un omonimo, è proprio quel Chris Paul, CP3 vuole venire ai Suns. Questa cosa dovrebbe attirare entusiasmo, no? Ovviamente sì, pensando anche ai miglioramenti che potrebbe portare per un giocatore come Ayton, un suo arrivo sarebbe molto importante.

Il ragazzo sloveno scelto due chiamate dopo non sta giocando affatto male, anzi, però dopo un decennio di sofferenze c’è paura di toccare questo giocattolo che ha iniziato a funzionare; non si vuole che si rompa e si rovini tutto il lavoro fatto fino a quel momento, soprattutto perché nello scambio sarebbe coinvolto anche Kelly Oubre Jr., il ragazzo che arrivò da Washington quasi nell’anonimato e ora è lo spirito della squadra, tanto che proprio il “Valley Boyz” da lui creato ha ispirato i Suns a creare le nuove maglie “City Edition”, dedicate appunto alla Valley of the Sun.

Alla fine lo scambio avviene, e Kelly – assieme a Rubio e Ty Jerome con delle scelte future al Draft – va a OKC, proprio qualche giorno dopo l’uscita dell’annuncio delle nuove maglie, con Oubre protagonista dello shooting fotografico pubblicitario, che, per ironia della sorte, sarà l’unica volta che l’ex Washington avrà addosso quella divisa. Il futuro Hall Of Famer Chris Paul è in città, e assieme a lui nel giro di pochi giorni arrivano Jae Crowder dai Miami Heat e il giovane Jalen Smith, scelto con la decima chiamata al Draft: le sue lacrime in diretta TV hanno commosso molti, e ai tifosi dei Phoenix Suns hanno fatto sorridere, perché quelle sono lacrime di gioia, quella gioia che mancava da molto tempo nella valle. I brutti tempi, forse, sono passati… ma non vogliamo dirlo ad alta voce. In fondo, vogliamo solo vedere quella nuvola muoversi di nuovo.


Wael Ammar per Phoenix Suns Italy

Tags: Chris Pauldeandre aytonDevin BookerIgor KokoshovLuka Doncicmonty williamsRobert Sarver
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