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Preview Suns 20/21: CP3 per spezzare la maledizione playoffs

Andrea Bandiziol by Andrea Bandiziol
14 Dicembre, 2020
Reading Time: 11 mins read
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preview suns

Copertina a cura di Marco D'Amato

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RECORD 2019-20: 34-39

IN: Chris Paul (trade in cambio di Ricky Rubio, Kelly Oubre, Ty Jerome, Jalen Lecque e una prima scelta protetta 2023), Abdel Nader (coinvolto nella trade sopracitata), Langston Galloway (free agent, 1 anno a 2M), Ty-Shon Alexander (undrafted, two-way contract), E’Twaun Moore (free agent, 1 anno a 2.4M), Jae Crowder (free agent, 3 anni per un totale di 29.2M), Jalen Smith (selezionato al draft con la decima scelta), Damian Jones (2 anni per un totale di 3.7M, di cui 350K garantiti)

OUT: Ricky Rubio, Kelly Oubre, Ty Jerome, Jalen Lecque (tutti coinvolti nella trade con OKC), Aron Baynes (free agent, Toronto Raptors), Frank Kaminsky (free agent, Sacramento Kings), Cheick Diallo (free agent), Elie Okobo (free agent, Brooklyn Nets)

PG: Chris Paul, Jevon Carter
SG: Devin Booker, Langston Galloway, Ty-Shon Alexander
SF: Mikal Bridges, E’Twaun Moore, Abdel Nader
PF: Jae Crowder, Cameron Johnson, Jalen Smith
C: Deandre Ayton, Dario Šarić, Damian Jones

I Phoenix Suns vengono da una stagione 19/20 che è stata positiva sotto molti aspetti. Nonostante la partenza ad handicap data dalla squalifica per venticinque partite inflitta a Deandre Ayton per assunzione di diuretici e i diversi infortuni patiti da elementi chiave del roster quali Rubio, Oubre o Baynes, i Suns hanno avuto per la prima volta dopo diversi anni un Net Rating positivo (più punti segnati che punti subiti per 100 possessi). In particolare, i Suns hanno dimostrato di avere una solidissima rotazione nei loro primi otto giocatori (Booker, Rubio, Ayton, Bridges, Oubre, Saric, Baynes, Johnson): le due lineup Rubio-Booker-Bridges-Oubre-Ayton e Rubio-Booker-Bridges-Johnson-Ayton hanno infatti fatto registrare due tra i migliori Net Rating della lega tra le lineup più utilizzate (+18.6 e +14.6, rispettivamente).

Come mai dunque i Suns hanno chiuso con un record negativo? In primis, la scarsa qualità della panchina: ogni minuto giocato da Okobo, Jerome, Kaminsky o Tyler Johnson coincideva con parziali avversari. Il secondo fattore che ha influenzato negativamente il record, una sana dose d’inesperienza: stando al solo Net Rating, i Suns avrebbero dovuto chiudere la stagione con un record pari a 37-36.

Non può attribuirsi alla sola sfortuna il pessimo record dei Suns nei finali tirati di partita, bensì ad una gestione non sempre ottimale dei possessi in attacco, una malizia di squadra decisamente da affinare ed una mancanza di stelle affermate in grado di attirare quei fischi dubbi, che spesso fanno pendere la bilancia da una parte o dall’altra quando le due squadre si sono equivalse nel corso dei 48 minuti. Gli obiettivi del General Manager James Jones entrando nella stagione erano dunque chiari: allungare la panchina ed aggiungere esperienza al roster, entrambi decisamente raggiunti durante un’offseason come in Arizona non si vedeva da anni.

Una nota a margine importante: forse i risultati nella Bolla di Orlando hanno migliorato l’opinione che la lega ha dei Suns, ma la verità è che la qualità del gioco di Phoenix non è migliorata granché nella bolla rispetto alla Regular Season. Phoenix ha giocato così per tutto l’anno, a tratti anche meglio, solo che durante la stagione era stata decisamente sfortunata, mentre nella bolla è stata fortunata. Vale inoltre la pena ricordare che i Suns nella bolla erano senza Kelly Oubre, alle prese con un problema al ginocchio, e Aron Baynes, relegato in tribuna dal Covid, e che Deandre Ayton ha inanellato una delle peggiori strisce di otto partite che abbia giocato nelle prime due stagioni della sua carriera.

 

Un giocatore da tenere d’occhio: Deandre Ayton

È fin troppo facile identificare in Ayton il giocatore con più potenziale di miglioramento del roster, e allo stesso tempo il giocatore il cui miglioramento comporterebbe il salto di qualità più sensibile per le prestazioni globali della squadra. Nella scorsa stagione Ayton ha messo in mostra enormi progressi dal lato difensivo del campo, risultando essere il quinto tra quelli che hanno difeso più di dieci tiri a partita nel peggiorare le percentuali dell’avversario da lui marcato (davanti a lui solo Giannis, Davis, Zubac e Gobert). Se alziamo la soglia dei tiri difesi a 15, nessuno oltre a Gobert ha fatto meglio di Ayton.

Se costretti però a paragonare la fase difensiva di Ayton a quella di un altro lungo nella lega, di certo non sarebbe il francese degli Utah Jazz a saltare in mente come primo nome. Il prodotto di Arizona ha infatti messo in mostra in questa stagione una capacità innata di difendere efficacemente pressoché ogni tipo di giocatore sul perimetro, tratto distintivo dei lunghi che risultano essere positivi dal lato difensivo una volta arrivati i playoffs.

Il prossimo passo per Ayton in difesa deve essere quello di diventare un leader vocale, uno che legge le rotazioni dei compagni e comunica al resto della squadra quali siano i prossimi passi. Non è un caso che una colonna portante della lega come Chris Paul abbia individuato proprio questa come l’area di miglioramento più importante per Ayton nella stagione che sta per cominciare, avendo provato sulla propria pelle quanto possa essere importante avere al proprio fianco quel tipo di giocatore (basti pensare agli anni a New Orleans con Tyson Chandler).

Deandre Ayton is here. He said most of his pointers from Chris Paul have come on the defensive end. CP3 wants him to talk constantly and be the leader. pic.twitter.com/6VpDsk6ZPy

— Kellan Olson (@KellanOlson) December 10, 2020

Sul versante offensivo del gioco, la combinazione di taglia e tocco che Ayton possiede è e sarà sufficiente per molti anni a renderlo un giocatore perlomeno neutro da quel lato del campo, un centro che unisca produzione a livelli di efficienza elevati. Di certo però le cifre e il modo in cui queste arrivano non sono tali da giustificare l’inserimento di Ayton tra le schiere dei giocatori molto positivi in fase offensiva: la scelta numero 1 al draft 2018 ha ancora bisogno di essere servito in post, non è quasi mai in grado di creare qualcosa per se stesso dal palleggio, non offre ancora spaziature particolarmente buone (sebbene nella bolla abbia mostrato potenzialità sotto questo aspetto, prendendo più di una tripla a partita e realizzandole col 30%) e, soprattutto, non riesce ad andare in lunetta con continuità.

Troppo spesso nelle prime due stagioni Ayton si è accontentato di un tiro dalla media, anche quando marcato da giocatori decisamente inferiori a lui per stazza, fidandosi del suo eccellente tocco e della sua buona forma di tiro. La verità è che un giocatore di sette piedi che si prende quindici tiri a partita e non tira da 3 con un buon volume non può permettersi di andare in lunetta solo poco più di due volte a partita: il fatto che Suns Twitter accolga così un’occasione in cui Ayton rinuncia ad un tiro dal midrange per mettere palla a terra ed attaccare il proprio avversario dovrebbe farvi capire quanto raramente l’abbia fatto nel corso della stagione.

Ayton, even late in the shot clock caught it open from midrange but attacked the mismatch and drew a foul. Highlight of the game for me so far. pic.twitter.com/4AqdoRpjZc

— Mike Vigil (@protectedpick) January 29, 2020

Non ci sono dubbi che le percentuali dal campo di Ayton siano destinate a raggiungere vette inesplorate grazie all’acquisizione di Chris Paul (guardate l’effetto che il playmaker da Wake Forest ha avuto su Chandler, Jordan e Adams), ma di certo le potenzialità del centro titolare dei Suns portano la dirigenza ed i tifosi a chiedere molto più che essere semplicemente una costante minaccia di schiacciate e lob da highlights. Ayton ha tutto per poter dominare da entrambi i lati del campo, sta soltanto a lui cambiare mentalità e diventare più aggressivo.

 

Miglior scenario possibile

I Suns non centrano l’obiettivo playoffs dal lontano 2010, quando furono eliminati alle Western Conference Finals dai Los Angeles Lakers di Kobe Bryant e Pau Gasol, che vinsero poi il titolo in sette gare contro gli eterni rivali Boston Celtics. Il roster costruito in estate da James Jones è di livello, certamente migliore rispetto alla passata stagione: sebbene Ricky Rubio sia stato un fattore importante nel cambio di rotta della franchigia dell’Arizona, dentro e fuori dal campo, Chris Paul rappresenta un enorme miglioramento rispetto al playmaker spagnolo, soprattutto in termini di spaziature, tiro dal palleggio, capacità di punire i cambi contro i lunghi sul pick&roll ed esperienza nei finali di partita più difficili da gestire. Paul ha una natura competitiva come pochi altri giocatori nella lega ed è disposto a ricorrere ad ogni mezzo, fin ai limiti delle regole, per portare a casa il risultato: Jordan Bell e Minnesota ne sanno qualcosa.

Come già scritto nell’articolo sugli effetti benefici per Phoenix della trade con OKC, lo stile di gioco di Paul è perfetto per le situazioni clutch, per le partite decise in volata: poche palle perse, pochi falli commessi, capacità di mettere pressione sugli arbitri per ottenere un fischio favorevole e di punire ogni mezzo metro lasciatogli in qualsiasi fazzoletto dell’area avversaria. Ho pochi dubbi che il record dei Suns in queste situazioni migliorerà e non di poco.

Allo stesso tempo, come accennato in precedenza, la dirigenza ha coperto la falla maggiore del roster 2019/20, cioè la mancanza di ricambi validi dalla panca. Le acquisizioni di Crowder, Galloway e Moore sono importanti per Monty Williams: portano esperienza, spacing e corpi utili in fase difensiva, ma soprattutto eliminano del tutto le porzioni di gara in cui sono presenti in campo giocatori non adatti a una rotazione NBA. Il roster dei Suns è ora profondo, con molto potenziale ancora da esprimere (soprattutto Ayton, Bridges e Smith), ma allo stesso tempo già adatto ad affrontare le difficoltà che i playoffs presentano: i Suns hanno tanti tiratori che aprono il campo (Booker, Paul, Johnson, Galloway, Moore), creatori dal palleggio, ottimi difensori perimetrali (Carter, Bridges), corpi da lanciare contro i “megacreatori” alla Doncic (Crowder, Šarić) e protezione del ferro.

L’Ovest è più che mai una giungla, con molte squadre in lotta per gli ultimi due/tre posti ai playoffs, e la mancanza di continuità potrebbe rappresentare un problema all’inizio per i Suns, anche se l’approdo in postseason dovrebbe essere ampiamente alla portata. Una volta arrivati ai playoffs, una rotazione Paul-Booker-Bridges-Crowder-Ayton-Šarić-Johnson più uno tra Galloway, Moore, Carter e Smith non è esattamente quello che una qualsiasi squadra vorrebbe trovarsi di fronte. Non stupitevi se i Suns dovessero fare rumore ai playoffs: se è molto difficile per le ragioni sopracitate che riescano ad avere il fattore casa al primo turno, allo stesso modo, levate le due losangeline, non ci sono franchigie evidentemente migliori dei Suns in ottica postseason, e la caratura di Paul, insieme all’inesorabile ascesa di Booker al ruolo di superstella e alla costruzione intelligente del roster, potrebbero spingere i Suns oltre il primo turno.

 

Peggior scenario possibile

Il livello medio dell’Ovest è davvero alto, e ai nastri di partenza almeno dodici squadre puntano dichiaratamente ai playoffs. Alcune di loro saranno favorite nel mese di gennaio dall’aver mantenuto intatto il nucleo della passata stagione, soprattutto in un’annata come questa caratterizzata da Training Camp durati meno di un mese, e tra queste non ci sono di certo i Phoenix Suns. Inoltre, quando la competizione è così serrata, un infortunio ad uno dei tuoi migliori giocatori può significare l’essere tagliati fuori dalla corsa: il rischio è quanto mai tangibile nel caso dei Suns, data la storia pregressa di problemi fisici di Chris Paul. Sebbene Paul abbia cambiato sia regime di dieta, passando ad una dieta vegetariana, che preparatore nell’estate 2019 con risultati evidenti (solo due partite saltate nella scorsa stagione), il numero 3 sta per compiere 36 anni all’alba della sua sedicesima stagione NBA ed è del tutto lecito aspettarsi alcuni incidenti di percorso.

Qualora questa eventualità dovesse concretizzarsi, è facile immaginare che i Suns potrebbero lasciare qualche partita per strada. Qualora Harden dovesse veramente rimanere a Houston, levate le due di Los Angeles, rimarrebbero Houston, Portland, Dallas, Utah, Denver, Golden State, Memphis, Minnesota, New Orleans e Phoenix a lottare per sei posti playoffs: è possibile che le quattro che rimarranno fuori saranno decise più dagli imprevisti che da effettivi rapporti di forza, pertanto ogni squadra dovrà cercare di salvaguardare a tutti i costi la possibilità di scendere in campo competitivamente. Come non ritengo inverosimile vedere i Suns protagonisti in senso positivo ai playoffs, allo stesso modo non è impossibile che i Suns non riescano a rompere la maledizione a causa di infortuni o incidenti di percorso vari.

 

Previsione finale

Data la giovane età, è lecito aspettarsi un miglioramento di molti elementi del roster: Ayton, Bridges, Johnson, Booker e Carter hanno tutti ventiquattro anni o meno, pertanto la qualità del roster di Phoenix è destinata a crescere nei prossimi anni anche solo grazie allo sviluppo interno. Nonostante ciò, il presente di Phoenix sembra essere roseo: nei minuti senza Paul in campo, sarà Booker a prendere in mano le redini della squadra. Sarà sorprendente per il grande pubblico realizzare quanto la guardia da Kentucky sia migliorata nel trovare i compagni di squadra: i quintetti formati da Booker, un lungo in grado di portare buoni blocchi e rollare a canestro e tre tiratori sono stati estremamente efficaci nella scorsa stagione.

Point Book, perché Booker oltre a segnare in ogni modo conosciuto all’umanità sa anche passarla niente male. Ha ottime letture, e come vedete preferisce usare la mano dx. pic.twitter.com/cBZ1VGyAvL

— Andrea Bandiziol (@AndBand7) August 7, 2020

Certo, un infortunio ad uno tra Booker e Paul evidenzierebbe la più grande debolezza del roster, la mancanza di playmaking. La scelta della dirigenza è chiara, lasciare aperto il percorso di sviluppo per Booker in un ruolo “alla Harden”, con i dovuti distinguo del caso: se questa scelta può essere quella giusta per il post-Paul (cioè fra due anni), è altresì possibile che si riveli essere eccessivamente rischiosa nel presente.

Questa è forse l’unica incongruenza imputabile alla offseason di Phoenix, insieme alla selezione di Jalen Smith con una scelta probabilmente troppo alta: il prodotto di Maryland potrebbe sembrare un doppione di Ayton, ma sebbene non abbia un profilo atletico nemmeno lontanamente paragonabile a quello di Ayton (le anche troppo alte rappresentano un limite difficilmente valicabile nella sua proiezione come difensore perimetrale), è un tiratore migliore e probabilmente un miglior difensore al ferro del centro titolare. Williams non ha escluso di provarlo vicino ad Ayton stesso in alcune lineup particolarmente dotate di taglia, ma il suo utilizzo primario sarà vicino a Šarić in uscita dalla panchina. Questa soluzione è da tenere d’occhio soprattutto per i minuti in cui Williams spolvererà “Point Book”, cioè quando CP3 sarà in panchina.

Sbilanciarsi in una stagione come quella che sta per iniziare nella Western Conference di quest’anno espone al rischio di previsioni sbagliate, ma probabilmente il risultato più verosimile è quello di una qualificazione ai playoffs, seguita da una dignitosa uscita al primo turno che lasci intravedere grossi margini di miglioramento per la stagione successiva.

Tags: Chris Pauldeandre aytonDevin BookerJae Crowderjames jonesPhoenix SunsRicky Rubio
Andrea Bandiziol

Andrea Bandiziol

Andrea, 30 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di The Shot vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora. Non è molto contento quando gli si ricorda che i Suns ora avrebbero potuto avere Doncic a roster.

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