RECORD 2019/20: 30-42.
IN: Kira Lewis Jr. (Draft #13), Steven Adams (via OKC), Eric Bledsoe (via Milwaukee), Wenyen Gabriel (FA), Ike Anigbogu (FA), Naji Marshall (two-way contract), Will Magnay (two-way contract), Willy Hernangomes (FA), Tony Carr.
OUT: Jrue Holiday, Frank Jackson, Kenrich Williams, E’Twaun Moore, Derrick Favors, Josh Gray, Zylan Cheatham.
ROSTER 2020/21:
PG: Lonzo Ball, Kira Lewis Jr.
SG: Eric Bledsoe, JJ Redick, Nickeil Alexander-Walker, Sindarius Thornwell.
SF: Brandon Ingram, Josh Hart, Naji Marshall.
PF: Zion Williamson, Nicolò Melli, Wenyen Gabriel.
C: Steven Adams, Jaxson Hayes, Willy Hernangómez, Ike Anigbogu, Will Magnay.
La stagione 2019/20 non si è conclusa nel migliore dei modi per la franchigia della Louisiana; ad Orlando, infatti, sono arrivate solo due vittorie. Non sempre è andata così male, anzi, l’ultimo anno dei Pelicans è stato un sali-scendi costante, tipo una giostra. Come in tutte le migliori montagne russe, il campionato inizia in salita; nelle prime 10 gare il record di NOLA è negativo: 2 vittorie e 8 sconfitte. La scalata sembra interminabile e sempre più ripida, tanto che tra il 23 novembre ed il 17 dicembre i giovani Pels – orfani di Zion da inizio stagione – perdono tutte le 13 gare disputate, in fila.
L’annata ritrova un po’ di senso e di “discesa” grazie ai miglioramenti di Ingram e, finalmente, l’esordio di Zion a fine gennaio. L’ obiettivo, seppur distorto dalle iniziali sconfitte, rimane quello di fare i playoff ma nella bolla tutto va in frantumi, il ricordo è fresco e fa male. New Orleans ha voglia di giocare e far vedere a tutti di non essere quella vista in estate.
L’offseason inizia con un cambio di comandante, da Gentry si passa a Stan Van Gundy. Dopo, iniziano le trade: Jrue Holiday viene spedito a Milwaukee in una intricata trade a 4 squadre dalla quale i Pelicans ricevono Steven Adams – a cui viene prontamente esteso il contratto, 35 milioni in 2 anni – da OKC, Eric Bledsoe da Milwaukee e delle future scelte al draft. Una mezza rivoluzione in Louisiana che lascia molte perplessità sia ai tifosi che agli addetti ai lavori.
Il giocatore da seguire: Zion Williamson
Di giocatori interessanti in Louisiana ce ne sono a bizzeffe, chi per un motivo o chi per l’altro. Abbiamo il nostro Nicolò Melli; il fresco vincitore del most improved player Brandon Ingram; il fratello più vecchio dei Ball e anche un nuovo giovanissimo rookie, Kira Lewis Jr. Tutti giocatori che stuzzicano l’appetito e che focalizzano l’attenzione verso la città del Mardi Gras, ma nessuno affascina e attrae come Zion Williamson.
L’ex Duke ha a malapena assaggiato il parquet NBA giocando solo 24 partite – meno che al college (33 gare) – a causa di problemi fisici; Nonostante ciò, ha mostrato lampi di quel che può fare in campo, sin dalla prima partita. La sua seconda ricezione in post basso è la fotografia di cosa è Zion, un oggetto misterioso che cattura gli sguardi di una difesa intera per poi punirla servendo il taglio del compagno.
Sto scrivendo l’articolo su NOLA e sono andato a ripescare un vecchio Tweet. Qui vediamo il secondo* post-up di Zion.
— Andrea Poggi (@AndreaPoggi14) December 9, 2020
Ora anche formato video. https://t.co/rhAYy45Uf1 pic.twitter.com/BC5ixbCi3a
Il 20enne è chiamato a dimostrare chi è veramente dopo appena 24 gare giocate in NBA. Non è solo la sua franchigia ad esigerlo, ma la NBA intera. Infatti, i suoi Pelicans verranno trasmessi 14 volte in diretta nazionale durante la stagione, al pari di grossi mercati come Golden state, Boston e Dallas. Williamson avrà gli occhi di tutti puntati addosso, occhi pronti a criticare – o elogiare – per ogni minima azione. Il cammino di Zion inizia in salita, ma è una strada riservata solo a chi è veramente speciale.
National TV games for the 2020-21 season:
— NBA Central (@TheNBACentral) December 5, 2020
Lakers – 16
Celtics – 14
Mavericks – 14
Pelicans – 14
Warriors – 14
Nets – 13
Bucks – 12
Clippers – 11
Heat – 10
76ers – 9
Suns – 9
Rockets – 7
Nuggets – 6
Blazers – 5
Jazz – 4
Raptors – 4
Grizzlies – 3
(Via @basketballtalk ) pic.twitter.com/emlmFgZE9f
Il miglior scenario possibile
Il miglior scenario possibile per una franchigia come i Pelicans è tutt’altro che semplice e non è possibile ridurlo al semplice “fare i playoff”. Certo, lo scopo ultimo è quello di strappare un pass per la postseason, dove giocano “quelli forti”, ma non è l’unico interesse e nemmeno il più importante. Tra la prima palla a due della stagione e quella dei play-off passano una miriade di situazioni e altri traguardi che servono ad arrivare alla meta finale.
I miglioramenti di Ingram e Lonzo
Il principale obiettivo che si deve prefissare la franchigia della Louisiana è quello di sviluppare e far crescere il tanto discusso young core, ovvero il nucleo di giovani. Sono gli ex Lakers in particolare – oltre al già citato Zion – a dover fare il salto di qualità e confermarsi. Il primo, il più importante di tutti tra gli ex gialloviola è senza ombra di dubbio Ingram, il quale, alla luce del contratto da 159 milioni di dollari appena firmato, deve confermarsi sui livelli della stagione appena passata.
La scelta numero 2 al draft 2016 ha fatto passi avanti notevoli in un solo anno a New Orleans – ha perfezionato aspetti sia tecnici che mentali – diventando la prima opzione offensiva della squadra ed All-Star. I miglioramenti sono tangibili e facilmente visibili sia durante la partita che attraverso le statistiche; il tiro, per esempio, è passato dal 33% su 1.8 tentativi a gara nel 2018-19 ad un suntuoso 39% su 6.2 tentativi. Discorso analogo anche per i tiri liberi, aspetto spesso sottovalutato, dove ha incrementato le percentuali di realizzazione del 18%, passando da un misero 67% ad un ottimo 85%. L’ultimo video in particolar modo è un chiaro esempio di come Ingram sia rispettato dall’arco: Morant è costretto ad uscire forte sul perimetro per evitare la tripla e questo permette a Brandon di attaccare in palleggio il recupero.
Brandon è migliorato anche palla in mano diventando effettivamente un realizzatore a tre livelli. Nelle clip seguenti possiamo prima notare come sia capace di battere il proprio difensore sul primo passo e dopo un palleggio finire sopra al ferro; poi, vediamo due azioni contro Memphis nella bolla. In tutte e due le situazioni cerca Brandon Clarke da attaccare: sul 19 a 10 crea separazione con una virata e tirando in fadeaway, mentre, su finire del primo quarto, grazie ad una quasi impercettibile esitazione, riesce a mandare fuori posizione il giocatore dei Grizzlies quel tanto che basta per poter arrivare a canestro e subire fallo.
La capacità di passare la palla è un aspetto del gioco del nativo di Kinston che, personalmente, ho sempre apprezzato molto. il livello non è eccelso e non è paragonabile ai top della lega, ma a differenza di altri realizzatori “puri” non guarda solo il canestro (Tunnel vision).
Il 23enne ha registrato il massimo in carriera per quanto riguarda gli assist per partita (4.2) facendo rimanere invariata la TOV% (le palle perse per 100 possessi) al 13.1%. Le letture ci sono e lo ha dimostrato a più riprese: servire un compagno in angolo con un penetra e scarica, passarla ad una mano dal palleggio nel traffico o eseguire un passaggio nella tasca (pocket pass) al lungo che taglia a canestro.
Un giocatore che non ha bisogno di conferme ma di un vero e proprio salto di qualità è Ball. Lonzo, nel suo primo anno ai Pelicans, è migliorato tanto, soprattutto nella forma di tiro e nella gestione a metà campo del gioco. Questo però non è abbastanza. Zo ha ancora dei grossi problemi in alcuni aree di gioco tra cui la costruzione del tiro a difesa schierata, i tiri liberi ed il tocco nei pressi del ferro. Gli ultimi due sono gli ambiti più preoccupanti.
Nel miglior scenario possibile i Pelicans aiutano Lonzo a eliminare – o comunque nascondere – queste lacune rendendolo non solo un buon tiratore sugli scarichi – 37% su 6 tentativi -, ma anche un creatore di gioco credibile a metà campo in grado di aiutare a sviluppare una azione o creare/mantenere il vantaggio. Ovviamente, non sarà mai un James e nemmeno un Lowry – entrambi capaci di creare per sé stessi e gli altri a metà campo – per questo rimane di vitale importanza permettergli di correre in transizione in modo da servire “semplici” assist, come qua sotto.
Lo sviluppo di Zion e la convivenza con Adams
Williamson durante la sua prima stagione – se possibile chiamare così – è stato usato in modo diverso rispetto a quanto fatto vedere al college. Gentry ha incrementato del 7% i possessi in post per il prodotto di Duke causando una perdita di efficienza – da 1.3 punti per possesso a 0.92 punti per possesso. Ovviamente, anche altri fattori, quali maggior fisicità nella NBA ed una peggiore condizione atletica al rientro dall’infortunio, hanno influenzato negativamente il dato.
Nonostante alcune scusanti, far giocare un giocatore alto “solamente” 198cm in post basso per il 20% dei possessi non rimane una grande idea non solo per via dell’altezza, ma anche perché viene limitato il suo gioco. Zion non ha un tiro affidabile e deve fare affidamento a tiri in avvicinamento per poter segnare, soluzione che può andar bene per una stagione regolare, ma non ai playoff dove le difese sono attente e preparate su ogni minimo dettaglio.
?Zion Williamson
— Andrea Poggi (@AndreaPoggi14) December 7, 2020
Mentre mi recuperavo alcune partite ho notato la tendenza a cercare l’ex Duke molto in post basso. Questa cosa mi ha fatto storcere il naso.
Come si vede dalla grafica Zion ha incrementato del 7% i suoi possessi in post diminuendo di efficienza.
1/5 pic.twitter.com/b5wd9DALyl
Sono tre gli ambiti dove Zion ha subito un calo minore: schiacciate a rimbalzo d’attacco (putback), punti in transizione e tagli a canestro. Una vittoria per Van Gundy sarebbe quella di riuscire ad enfatizzare questi tre aspetti nel gioco della sua stella. Zion in movimento è difficilmente arginabile dagli altri giocatori: possiede un mix di esplosività e forza superiore a quasi tutti nella lega, dunque queste situazioni diventano anche facilmente ri-percorribili a più riprese in una partita.
Qui arriva la prima controversia. Se il modo migliore di utilizzare Zion è vicino al canestro, perché prendere Adams che è un giocatore che non allarga il campo e pesta i piedi alla giovane stella? Steven, a questo gruppo pieno di giovani, va a fornire esperienza e alcune soluzioni tattiche che, nel migliore dei casi, si possono rivelare vincenti, sia offensivamente che difensivamente.
Innanzitutto, è un giocatore intelligente capace di leggere il pick and roll in modo più che buono e di saper fare la scelta giusta; in secondo luogo, l’ex Thunder è un passatore spesso sottovalutato per il ruolo. Certo non è Nikola Jokić o Gasol, ma rimane comunque un centro capace di servire i tagli dei compagni e di gestire i ritmi quando si trova all’altezza del gomito o, per esempio, non appena prende un rimbalzo. In questo caso vediamo come Adams riesca a eseguire un passaggio schiacciato per Gallinari in mezzo all’area:
Some interesting things that I’ve seen vs. switch during the first half of G2 ⏬
— Francesco Nanni (@Franz_NanniBK) August 20, 2020
Ball at the nail, flare screen and Gallo slips, nice and hard pass from Steven Adams for the finish
Timing note ⏱️: Slip happens WHILE Adams is turning his head and CONNECTING with Gallo pic.twitter.com/Vn1xvsGKCO
Già nel 2017 si vedevano passaggi del genere.
Steven Adams is often the target of Russell Westbrook assists, but he’s had some nice passes himself. Here’s one: https://t.co/xawjlZL0dO pic.twitter.com/pnqtCDpgbE
— Positive Residual (@presidual) October 28, 2017
Zion non ha ancora dimostrato di essere un difensore ai livelli di Duke e spesso hanno sfruttato la sua pessima condizione fisica e mentale per generare tiri aperti. Inoltre, l’altezza può essere un problema se si finisce contro il Davis di turno ai playoff. Per questo, Steven Adams può essere un giocatore interessante e capace di sopperire ad alcune lacune di Williamson.
Negli anni ad OKC, il lungo neozelandese, si è rivelato essere un discreto intimidatore al ferro e rimbalzista difensivo (3.9 taglia fuori a partita, 15esimo nell’intera lega secondo NBA.com/stats). Dalle clip si vede come riesca a tenere bene il post contro Jokić e come sia capace di aiutare quel tanto che basta per sporcare le conclusioni avversarie, come contro James.
Il peggior scenario possibile
Lo scenario peggiore, senza troppi giri di parole, è quello che vede gettare al vento lo sviluppo di un nucleo di giovani promettenti che, se indirizzati bene, possono aiutare una franchigia a voltare pagina. Questo scenario non è utopico e anzi, può avverarsi già da quest’anno. Vediamo cosa potrebbe andare male e far avverare questa situazione.
Difesa e spaziature
Quello che preoccupa maggiormente guardando la rosa di NOLA sono la difesa e le spaziature; due punti cruciali per questa squadra. Procediamo con ordine partendo dalla metà campo difensiva per poi arrivare all’attacco.
Lonzo e Bledsoe sono dei buoni difensori, il primo più di squadra e di sistema mentre l’altro è migliore sull’uomo. I dubbi iniziano a sorgere quando ci si avvicina alle retrovie. Adams diventa impresentabile quando deve stare sul perimetro o comunque quando è lontano dal canestro. Per esempio contro Houston, ai playoff, si è trovato molto spesso fuori dalla sua area di competenza risultando inadatto a marcare giocatori più veloci di lui. Nel seguente video è possibile vedere come Steven sia costretto a rimanere attaccato ad House rendendogli così impossibile aiutare sulle penetrazioni o ruotare con efficacia. Harden – e nel video anche Rivers – lo ha anche attaccato dal palleggio, situazione aliena al neozelandese.
Zion potenzialmente potrebbe sopperire alle mancanze del neo-acquisto, ma per ora non è parso essere minimamente quello visto a Duke. Molte volte, infatti, si deconcentra e si rilassa distendendo le gambe e ciò permette agli avversari di coglierlo impreparato. Sulla palla ha dimostrato di poter reggere, ma solo per pochi attimi e questo a causa della sua pessima condizione atletica. Insomma, come si evince dal tweet qui sotto, il lavoro da fare è tanto e i problemi sono tangibili.
?Zion Williamson, di nuovo. (si, guarderò tanto i Pels quest’anno)
— Andrea Poggi (@AndreaPoggi14) December 8, 2020
In questa clip c’è tutto Zion 2019:
1. Si dimentica Love, non è pronto per il cambio di direzione ed è alto sulle gambe.
2. Hai sbagliato? Bene, ti punisco in contropiede. (Gran outlet pass di Lonzo). pic.twitter.com/x0FQGhE5xu
Per quanto riguarda l’attacco, coach Van Gundy dovrà puntare moltissimo sul gioco in transizione e sui tagli a metà campo, questo per evitare di compromettere le spaziature, vitali nel basket odierno. Nel peggiore dei casi, le aggiunte di Adams e Bledsoe possono rivelarsi un danno più grosso di quanto si pensi. Entrambi non sono dei tiratori e fanno del gioco nei pressi del ferro il loro punto di forza.
In particolare l’ex Milwaukee potrebbe causare più danni che altro. Durante gli scorsi playoff i limiti di Eric – pessime scelte, gestione dei ritmi pessima e un tiro da tre inesistente – sono stati esposti sia da una ottima squadra come Miami che da una peggiore come Orlando; le sue pessime prestazioni hanno contribuito a far uscire i Bucks anzi tempo.
Tutto subito, tutto troppo presto
Quello che appare come LO scenario peggiore è anche il più tremendamente realizzabile. Un ragionamento simile può essere fatto per gli Hawks, ovvero cercare di dare alla stella una contender accelerando i tempi di sviluppo. Questo procedimento è utilizzabile in squadre con una cultura ed un sistema definiti e non che vengono rimodellati ogni anno.
Gli acquisti di Bledsoe e Adams, anche a causa dei già discussi problemi tattici, possono essere visti come un modo di bruciare le tappe in negativo. Un modo per cercare di instillare una mentalità nello spogliatoio, ma senza una vera idea di dove andare a parare con lo sviluppo del giocatore più pregiato. Quel che rischia di fare New Orleans nel peggiore dei casi è una fine stile Detroit o Sacramento, squadre giovani e interessanti, ma perennemente nel limbo. Vale la pena spingere sull’acceleratore per fare, forse, il play-in senza potenziare i “novellini”?
Previsione finale
Molto probabilmente la franchigia della Louisiana cercherà in tutti i modi di accaparrarsi un posto ai playoff o, quantomeno, ai play-in. In una stagione corta come questa, i Pelicans, potranno vincere più o meno 30 partite, tutte sudate e combattute dato che la western conference è piena di squadre di alto livello. Si prospetta un altro anno di montagne russe, con più salite che discese, per quanto riguarda i risultati sul campo. L’obiettivo principale, prima ancora di competere ad alti livelli, rimane lo sviluppo del nucleo dei giovani e non deve passare in secondo piano per nessuna ragione. Per fare i playoff c’è tempo.