Nuggets in sette. Tre parole che rappresentano l’essenza dell’ultima stagione dei Denver Nuggets, capaci nell’impresa di rimontare per ben due volte in una sola cavalcata playoffs un 3-1, prima con i Jazz e poi con i Clippers, fermandosi però alle Western Conference Finals contro dei Lakers lanciatissimi verso il titolo. È proprio da queste tre parole che i ragazzi di coach Malone ripartono per questa nuova stagione, con la consapevolezza di poter fare grandi cose, ma soltanto mettendo sul parquet tutta la grinta e la voglia di vincere mostrata nella bolla di Orlando. I Nuggets poggiano su due colonne che stanno diventando sempre più solide: Nikola Jokić e Jamal Murray, i quali negli scorsi playoffs hanno dimostrato finalmente di appartenere all’élite della lega.
Se la struttura è sorretta da quella che una volta si chiamava “asse play-pivot”, attorno a questa Tim Connelly ha costruito un roster di “gregari” e giovani promesse per tentare di ripetere, se non superare, quello fatto pochi mesi fa. Se la free agency dei Nuggets si è delineata soprattutto sulle conferme – su tutte quelle di Millsap e Morris – le Pepite sono di certo una delle squadre che ha subito le perdite più sanguinose, specialmente per il modo in cui sono arrivate.
Sicuro di rifirmarlo, pronto a pareggiare qualsiasi offerta nei limiti della follia, il front office dei Nuggets ha visto Jerami Grant – uno dei protagonisti della scorsa stagione – incamminarsi verso l’area “partenze” dell’aeroporto di Denver. Destinazione? Detroit. Detroit? Esatto, Detroit Pistons. “L’avranno riempito di soldi!” Sì, ma l’offerta era stata pareggiata dai Nuggets. “Avranno un progetto ambizioso” Beh, forse, ma per ora anche no.
E allora cosa può spingere un giocatore a preferire i Pistons a una contender? Per rispondere a questa domanda ho passato diverse notti insonni, e ancora una risposta chiara non c’è. La partenza di Grant non è stata però l’unica, né la più dolorosa. Lasciar partire Torrey Craig è stata una delle decisioni più dolorose per i Nuggets: un giocatore scoperto, inventato e innalzato a difensore top, che ha sempre gettato il cuore oltre l’ostacolo. Giocatori così, nella lega di oggi, se ne trovano pochi, e infatti i Bucks se lo sono preso subito.
Se i Nuggets programmano per il presente, non si può certo dire che in Colorado non guardino al futuro. Se MPJ è stato pubblicamente innalzato a terzo violino, specialmente dopo le prestazioni negli scorsi playoffs (anche se sulla difesa c’è ancora da lavorare tanto), il suo posto di “oggetto misterioso” è passato a Bol Bol, che ha mostrato qualche sprazzo di talento nella bolla ma anche di essere ancora molto acerbo, anche se Coach Malone tenterà di farlo maturare durante la stagione. A loro si aggiungono ovviamente i rookie Zeke Nnaji e R.J. Hampton, anche loro, soprattutto il secondo, investimenti a lungo termine.
Oltre a loro ci sono però altri due volti nuovi in casa Denver: uno è Isaiah Hartenstein, lungo ex Rockets preso per sostituire il partente Plumlee, l’altro è quello che durante la stagione gli servirà (speriamo) tanti palloni, anche nei modi più impensabili: Facundo Campazzo, il cui genio e sregolatezza ha già incantato gli Stati Uniti, la cui “garra” ha già catturato il cuore dei tifosi.
Facu new nickname is Spider-Man.
— Jamal Murray (@BeMore27) December 13, 2020
That man be EVERYWHERE!!
Jamal, Nikola, MPJ, ma anche Harris, Millsap, Monte Morris, Facu: i Nuggets sono in corsa in una Western Conference sempre più competitiva. Obiettivo minimo? Secondo turno dei playoffs. Ripetersi alle Finali di Conference? Ampiamente alla portata. Esordire alle Finals? Difficile, ma mai impossibile. Specialmente se portiamo gli altri a Gara 7.
Andrea Radi per Nuggets Europe Italia