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I Sixers hanno trovato in Morey e Rivers il loro duo vincente?

Sixers Pride Nation Italia by Sixers Pride Nation Italia
8 Dicembre, 2020
Reading Time: 5 mins read
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Philadelphia 76ers community cover

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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Chi mastica di sport americano sa bene che quella di Philadelphia è una delle tifoserie più viscerali dell’intero panorama sportivo d’oltreoceano. Ma ciò che rende ancora più unica la città è il fatto che praticamente tutte le franchigie cittadine che militano nelle leghe professionistiche degli sport più popolari, sono da sempre accomunate da momenti di immensa esaltazione seguiti più spesso che volentieri da altrettanto enormi delusioni. La norma per il tifoso di Philly sono i digiuni di vittorie che durano lustri, quando non decenni, interrotti, come in una trama scritta ad arte da un sadico regista, da singole stagioni esaltanti, che in più di un’occasione però rimangono stupende incompiute (come le NBA Finals del 2001 con i Sixers del meraviglioso Allen Iverson), o nel migliore dei casi gemme trovate non si sa bene come nel deserto di una totale assenza di programmazione (vedi la vittoria del Superbowl 2017 degli Eagles, quella delle World Series del 2008 ad opera dei Phillies e ancora più indietro il titolo leggendario dei Sixers di Doctor J. e Moses Malone nel 1983). Per chi come noi ha scelto i Sixers come propria squadra del cuore la offseason è da sempre, per tutti i motivi elencati, la stagione dei sogni, delle speranze che la prossima possa essere finalmente la stagione della svolta, del ritorno alle Finals e, perché no, del tanto agognato Larry O’Brien Trophy.

Sotto i peggiori auspici

Mai come in questo 2020, disgraziato per tanti versi, a quella offseason noi dei Sixers ci siamo arrivati col morale sotto i tacchi. Letteralmente distrutti nel primo turno di Playoffs dagli eterni rivali di Boston, odiati almeno quanto l’aristocratico cugino Gastone da zio Paperino (Paperino è una fantastica metafora dei Sixers e dei propri tifosi, tra l’altro, eternamente convinti di essere perseguitati dalla sorte e avvolti dalla negatività), con un roster costruito l’estate precedente su premesse sbagliate, male assortito e con falle di ogni genere, unitamente ad uno spazio salariale ai minimi termini per le scelte scellerate operate dalla dirigenza tutta, prima ancora che da un GM esordiente totale in stile Fantozzi sulle piste di Cortina. Inutile dire che le speranze di una riscossa a breve termine erano, anche nel più ottimista dei tifosi della community italiana, vicine allo zero e c’era già chi parlava di terapie d’urto, se non addirittura di rebuilding, o della necessità assoluta di scambiare uno dei nostri due All-Star, Embiid oppure Simmons.

Il primo a pagare invece, come consuetudine, è stato coach Brown, che per la verità non godeva di particolari favori tra i nostri follower, ma che nonostante gli errori a lui imputabili (non pochi), non si può considerare come il maggiore responsabile né dell’annata negativa sul campo, né soprattutto delle deficienze a livello di roster e dei problemi ad esso collegati: mancanza di giocatori perimetrali, scarsità di tiratori, contratti esorbitanti a giocatori non di primissimo livello come Harris oppure sul viale del tramonto come Horford.

Ed è a quel punto che il “regista” di cui sopra, ha deciso ancora una volta di metterci lo zampino.

Un’occasione inattesa

Mentre già tutti ci chiedevamo, qui in Italia come oltreoceano, come potesse una proprietà, che nel recente passato aveva mostrato in più occasioni una tendenza innata all’ignavia, quando non al rendersi ridicola agli occhi dell’intera Lega, rimettere in piedi un simile dissesto sia a livello di guida tecnica che dirigenziale, sono arrivati due autentici colpi di fortuna, perché di questo si è trattato, parliamoci chiaro. Nell’ordine si sono resi disponibili sul mercato prima un coach da Hall of Fame come Doc Rivers e pochi giorni dopo un dirigente dotato di un pedigree di valore assoluto come Daryl Morey. A quel punto, forse perfino Homer Simpson avrebbe messo mano all’unica risorsa che certamente non manca agli attuali proprietari della franchigia di Phila, ossia una vagonata di dollari con cui ricoprire i due pur di assicurarsi i loro servigi per il prossimo quinquennio.

E i risultati non hanno tardato a vedersi: con Elton Brand a fare (finalmente!) da scudiero in veste di “apprendista” GM, l’accoppiata Morey-Rivers ha cominciato subito l’opera di restyling del roster appena prima del Draft, riuscendo con una autentica magia a scaricare il contratto di Al Horford, che ci avrebbe zavorrato per altri tre anni per complessivi 70 milioni di dollari circa, in cambio di due giocatori con contratti in scadenza, di cui almeno uno dei quali, Danny Green, certamente più utile alla causa in termini di chimica di squadra. Più ancora dei tre rookie poi scelti con le pick a rimaste a disposizione, peraltro graditissimi alla maggior parte di noi, è stata proprio questa prima trade il vero capolavoro di Morey.

Nel giorno del Draft è arrivata anche l’altra trade che ha portato a Phila un tiratore di primo livello come Seth Curry in cambio di un Josh Richardson mai integratosi appieno nel team della passata stagione. Ecco, J-Rich, come viene soprannominato, è forse l’emblema delle scelte poco raziocinanti operate l’anno prima: pur essendo un giocatore di rotazione più che discreto, seppure con un QI cestistico alquanto discutibile, era prevedibilmente assai poco compatibile con una squadra che fin dall’inizio aveva deciso di privarsi di uno dei migliori tiratori di ogni epoca in J.J. Redick e di un creatore di gioco eccellente dal perimetro come Jimmy Butler, entrambe caratteristiche che il povero Josh era chiamato praticamente da solo a sostituire.

Il futuro è già in casa

Con un nuovo President of Basketball Operations (questo il titolo ricoperto da Morey) che arrivava da Houston, non potevano che giungere anche indiscrezioni su un potenziale interesse dei Sixers nei confronti di James Harden, che a detta di molti, se non proprio tutti, starebbe forzando la mano alla propria franchigia per essere scambiato. E qui si innesta benissimo il discorso della fiducia che, in tutte le dichiarazioni pubbliche fin qui rilasciate, il nostro Daryl sembra accordare senza alcuna esitazione alle due attuali star dei Sixers, Simmons ed Embiid. Senza l’uscita di uno di questi due campioni, sembra infatti improponibile anche solo pensare di poter mettere in piedi un’offerta credibile per “The Beard”. E a quanto pare, Morey e lo stesso coach Rivers sono entrambi sicuri che da questi due i Sixers debbano ripartire nella loro riscossa. Con un roster molto più razionale, dove con le trade sopra citate ma anche attraverso il Draft si è cercato di rinforzare adeguatamente il settore delle guardie, con particolare attenzione alle capacità balistiche dei giocatori che dovranno operare attorno alle due superstar, la loro speranza e quella di tutti noi è che l’esperienza e il carisma di Doc Rivers possano mettere Simmons ed Embiid nelle condizioni di operare in attacco con le giuste spaziature, andando a correggere, in parte mascherare, e, perché no, in futuro migliorare i difetti congeniti di questo “duo delle meraviglie”, che fino a oggi è stata solo la bella incompiuta di cui si parlava all’inizio.

Conoscendo Morey però, non è finita qui… E chissà che zio Paperino non possa finalmente trasformarsi in Paperinik!

Carlo Polidori

Tags: horfordJosh RichardsonMoreyPhiladelphiaSimmonssixers
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