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Preview Bulls 20/21: è in arrivo l’anno della svolta

Cosimo Sarti by Cosimo Sarti
6 Dicembre, 2020
Reading Time: 8 mins read
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Preview Chicago Bulls

Copertina a cura di Sebastiano Luca Martini

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RECORD 2019/20: 22-43

IN: Garrett Temple (5M / 1A), Patrick Williams (draft, #4), Devon Dotson (undrafted, 2WP), Noah Vonleh (non-guaranteed), Zach Norvell Jr. (non-guaranteed).

OUT: Kris Dunn (FA), Shaquille Harrison (FA).

ROSTER 2020/21:

G: Ryan Arcidiacono, Devon Dotson, Zach LaVine, Adam Mokoka, Zach Norvell Jr, Tomáš Satoranský, Garrett Temple, Denzel Valentine, Coby White.

F: Chandler Hutchison, Luke Kornet, Daniel Gafford, Lauri Markkanen, Otto Porter Jr., Noah Vonleh, Patrick Williams, Thaddeus Young.

C: Christian Felicio, Wendell Carter Jr.

Su tutto quello che è successo nella eterna offseason dei Bulls ho già versato fiumi di parole qui (in video), qui (in formato audio) e qui (in versione scritta), quindi direi che il mio lavoro qui è finito, godetevi la stagione! 

“Dietro ogni progresso si nasconde un’ombra” mi disse qualche anno fa un vecchietto in un negozio di libri d’epoca, e ho sempre pensato che avesse ragione. Solo ora, però, lo sperimento sulla mia pelle: dopo i grandi proclami della scorsa settimana sono tenuto a produrre una preview come si deve, per cui farò un nuovo resoconto delle vicende estive, che poi sarebbero anche primaverili e autunnali a voler essere precisi. 

 

Una franchigia rinnovata

Dunque, partiamo dalla primavera. Proprio nei giorni in cui la NBA si ferma definitivamente per via del Covid-19, John Paxson, ex Vice President of Basketball Operations, comunica alla famiglia Reinsdorf, ovvero la proprietà, che non crede più di essere la persona adatta per portare avanti il progetto di ricostruzione avviato con lo scambio di Jimmy Butler. Così facendo, dà il via ad un effetto domino che porterà al licenziamento di Gar Forman, General Manager, e Jim Boylen, Head Coach, oltre che al ricollocamento dello stesso Paxson nel ruolo simbolico di Senior Advisor. Ѐ l’uscita di scena decorosa che un vero e proprio pezzo di storia di questa franchigia meritava, dopo essere riuscito nell’impresa forse più difficile per un uomo di sport: capire quando è il momento di farsi da parte, mettere da parte l’orgoglio e lasciare spazio alle nuove leve.

Le nuove leve, nella fattispecie, sono rappresentate da Artūras Karnišovas nel ruolo che era ricoperto da Paxson, Marc Eversley come nuovo General Manager, e Billy Donovan in panchina. Karnišovas, ex cestista lituano, classe ‘71, viene da sette anni nel front office dei Nuggets, dopo aver girato il mondo – letteralmente – della pallacanestro. Questa è la sua proverbiale “grande occasione” e ha avuto l’altrettanto proverbiale “carta bianca” da parte della proprietà. Il suo primo acquisto è stato il GM Marc Eversley, proveniente dai Sixers e con un passato importante nel settore marketing di Nike, scelto proprio per le mani in pasta con i giocatori e le capacità comunicative. Ad ampliare l’organigramma del front office rispetto al passato sono arrivati JJ Polk e Pat Connelly, il primo esperto di salary cap e CBA e il secondo di scouting, entrambi con esperienza decennale nella lega. 

Come avrete intuito, la maggior parte dei cambiamenti per i Bulls sono avvenuti lontano dal campo, e si punta molto sulla crescita dei giocatori con l’aiuto di un ambiente rinnovato. Per raggiungere i playoffs, però, occorre aggiungere circa una quindicina di vittorie rispetto allo scorso anno, un’impresa non da poco anche per il coach che solo pochi mesi fa ha guidato i Thunder ad un quinto posto impensabile alla vigilia del campionato. Dal lontano 2003, quando Paxson portò a Chicago Scott Skiles, i Bulls non assumevano un allenatore con esperienza in NBA, e si tratta solo della seconda volta nell’era Reinsdorf, iniziata nel 1985. Skiles, il primo coach selezionato da Paxson, fu capace di trascinare i “Baby Bulls” di Hinrich, Gordon, Deng e Chandler aile prime apparizioni ai playoffs dopo il ritiro di MJ; la storia si ripeterà con la nuova dirigenza, o bisognerà intervenire in modo netto anche sul roster? L’unica certezza sulla nuova stagione è che avremo la risposta a questa domanda.

Due parole sulla quarta scelta assoluta Patrick Williams vanno spese. Oggetto misterioso del Draft 2020, ha scalato le draft board nelle ultime ore che hanno preceduto l’annuncio delle scelte: è stato un segreto ben custodito dai Bulls, o un abbaglio causato dal troppo tempo a disposizione per analizzare le giovani promesse? Il potenziale a livello atletico e fisico è innegabile, così come è sotto gli occhi di tutti il fatto che sia il classico “diamante grezzo”. Non troverete una sola persona, si tratti di un giocatore, un allenatore o uno scout, che non abbia una buona parola per lui, il ché lascia ben sperare; quando ci sono testa, fisico e talento, di solito è solo questione di tempo prima che la squadra possa raccogliere i frutti dell’investimento fatto. Io sono convinto che sia stata un’ottima scelta, ma il pericolo che il giocatore non riesca ad emergere e si riveli un super atleta che non sia nè carne nè pesce come cestista esiste sempre quando si selezionano ragazzi così acerbi.

 

I giocatori da seguire quest’anno

Era il 2017 quando i Bulls hanno deciso di iniziare un rebuilding che all’alba della quarta stagione deve ancora dare i suoi frutti. La ragione per cedere Jimmy Butler era semplice: visto che una ricostruzione sarà inevitabile, sfruttiamo la nostra ultima pedina di scambio finché il suo valore di mercato è alto, in modo da non dover partire proprio da zero. A Chicago quel giorno di luglio sono arrivati in tre: Dunn, LaVine e Markkanen. Dunn è già stato scartato dalla nuova dirigenza perché non abbastanza efficace nel tiro da tre, ma sicuramente saprà costruirsi una lunga carriera altrove come specialista difensivo; LaVine e Markkanen, invece, sono all’anno della verità.

Zach LaVine ha uno dei contratti più appetibili della lega, altri due anni a 19,5 milioni per una produzione statistica da All-Star. Produzione statistica, appunto. E le vittorie? Il talento individuale e la capacità di fare canestro non si discutono, ma per fare il passo avanti necessario a diventare il leader tecnico ed emotivo di una squadra da playoffs manca ancora qualcosa. Il momento per dimostrare di potersi conquistare quel ruolo è ora: verrà liberato dall’incombenza di dover creare gioco in un sistema inadatto alle proprie caratteristiche, potendosi concentrare su quello che sa fare meglio – canestro, dicevamo -, ma dovrà anche continuare a migliorare difensivamente, fino al punto di non risultare dannoso per la propria squadra lontano dalla palla. Se Zach non convincerà la nuova dirigenza di essere quel tipo di giocatore, aspettatevi che venga scambiato per un pacchetto contenente scelte.

Lauri Markkanen sprizza potenziale offensivo da tutti i pori ma, con il contratto da rookie in scadenza a fine stagione, è il momento di esprimerlo in campo con continuità. Un giocatore di quella stazza che sia un tiratore di quel livello non si era probabilmente ancora mai visto. Non si tratta di un lungo in grado di aprire il campo con il tiro da tre, bensì di un vero e proprio specialista del settore alto oltre 210 cm e con un insospettabile atletismo. Ha prodotto numeri da futuro All-Star nei periodi in cui è riuscito ad essere aggressivo e coinvolto, e cifre da Ryan Anderson baltico nei momenti più difficili. Ѐ vero, Boylen lo ha relegato in un ruolo da impiegato delle spaziature che ne ha spento l’entusiasmo e stroncato la curva di crescita, però, come per LaVine, adesso è ora di mettere da parte le attenuanti e far vedere ai tifosi che Jimmy Butler non è stato sacrificato invano.

 

Nella migliore delle ipotesi…

Si vola ai playoffs; questo è l’obiettivo da raggiungere perché la stagione possa considerarsi un successo. Ovviamente, la prima partecipazione alla postseason dal 2017 passa per le mani dei due giocatori di cui sopra, chiamati a dare la svolta decisiva alla propria carriera oltre che alla stagione dei Bulls. Billy Donovan, superando per il secondo anno consecutivo le aspettative della vigilia, potrebbe conquistare il Coach of the Year, Markkanen sarebbe sicuramente in corsa per il Most Improved Player e LaVine avrebbe finalmente conquistato lo status di All-NBA a cui dichiaratamente ambisce. Oltre ai risultati, trattandosi di una squadra giovane, sarebbe di fondamentale importanza anche vedere una crescita costante di Coby White e Wendell Carter, che saranno con ogni probabilità titolari insieme a Zach e Lauri. Il quinto titolare, Otto Porter, è la chiave della stagione di Chicago: se Otto è sano e in forma, i Bulls possono giocarsela, se Otto è in borghese, far avverare queste rosee previsioni sarà pressoché impossibile. Questo perché Porter è l’unica ala di alto livello su cui Donovan può fare affidamento, al netto di auspicabili sorprese positive da Williams e Hutchison.

 

Nella peggiore delle ipotesi…

Probabilmente lo immaginate già. Otto Porter non riesce a stare in campo e i suoi due giovani vice non si dimostrano all’altezza, costringendo Donovan ad arrabattarsi per mandare in campo un quintetto equilibrato. LaVine finisce sul mercato prima della trade deadline, Markkanen non dimostra di meritare un rinnovo e anche gli altri giovani del quintetto base finiscono per naufragare non essendo ancora in grado di tenere a galla la squadra da soli. Con una stagione così si renderebbe necessario un ulteriore rebuilding, impostato dall’inizio dalla nuova dirigenza, con tanti saluti alla posteseason per qualche altro anno. Un incubo a cui non voglio nemmeno pensare, per cui passiamo oltre e avviamoci alla conclusione di questa preview.

 

Conclusione di questa preview

Poi non dite che non sono uno di parola. Cosa aspettarsi dai Bulls, quindi? Entusiasmo e crescita sono i due obiettivi astratti a cui puntare, che si tradurranno inevitabilmente in un numero di vittorie più alto per questo gruppo di giovani di belle speranze che sta cercando di diventare una squadra. Come detto, la conditio sine qua non è la buona salute di Otto Porter, in attesa di scoprire se Patrick Williams potrà prendere il suo posto in quintetto nella stagione successiva. A questa condizione qualunque risultato peggiore di una partecipazione al play-in tournament sarebbe una grossa delusione, mentre una stagione in cui si lotta per un posto ai playoffs fino all’ultimo e buona parte dei giovani dimostra di aver imboccato la strada giusta nel proprio percorso di sviluppo dovrebbe considerarsi positiva. Qualunque premio individuale o ulteriore posizione in classifica guadagnata è materiale da scarpetta, the rest is gravy – come si suol dire. 

Tags: Billy DonovanChicago BullsZach Lavine
Cosimo Sarti

Cosimo Sarti

Il Laocoonte della redazione di The Shot dal giorno della sua fondazione, imperverso inascoltato su tutti i canali di comunicazione disponibili.

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