Tutto e subito, ad ogni costo. Salvo il pagamento della luxury tax per il secondo anno consecutivo, con conseguente sovrattassa. È stato obiettivamente inattaccabile l’atteggiamento della dirigenza Blazers durante la brevissima finestra di mercato 2020-2021. Neil Olshey, il GM che dal 2012 dirige le sorti della franchigia, si è focalizzato su un dato di fatto incontestabile: Lillard e McCollum (30 anni il primo, 29 il secondo) sono nel pieno del loro prime, ma la loro carriera non è eterna. Lo stesso Nurkic, il terzo violino, è già un veterano con sette anni di esperienza in NBA ed un grave infortunio, fortunatamente alle spalle. Non si poteva, né si doveva più aspettare: è necessario tentare di vincere ora. Del resto, un altro Damian Lillard non passerà tanto facilmente – quantomeno a breve – in Oregon. Conseguentemente bisognava essere disposti a sacrificare le prime scelte al Draft in cambio di giocatori di esperienza e di sostanza che potessero completare il roster.
La premessa della free agency è stata di enorme buonsenso: si è correttamente valutato che i Blazers non avessero bisogno di “nomi” per scaldare il cuore dei tifosi di Rip City– del resto le tre stelle ci sono già (Lillard è tra i primi dieci giocatori della Lega, mentre McCollum e Nurkic sono, nel loro ruolo, tra i top players della Western Conference) – ma la necessità era quella di ottenere giocatori di complemento e specialisti (soprattutto) difensivi per finalizzare lo starting five e creare una vera e propria second unit. Più in particolare, l’obiettivo primario era allargare le rotazioni.
La bolla di Orlando aveva infatti dimostrato come, sostanzialmente, i “nostri” (complice l’ulteriore infortunio di Zach Collins ed il rifiuto alla partecipazione a Disneyland da parte di Trevor Ariza per ragioni familiari) giocassero esclusivamente in sei: Lillard, McCollum, Trent, Melo, Nurkic e Whiteside. Il complemento era infatti composto da Wenyel Gabriel e poco altro; con tutto il rispetto, molte squadre di G-League non avrebbero sfigurato nel confronto con la panchina. Il tentativo della dirigenza è stato pertanto quello di tornare ad avere quella profondità che, solo 15 mesi prima, aveva portato ad una insperata e meritatissima finale di Conference. Nel mentre, purtroppo, per ragioni salariali e scadenze contrattuali erano stati scambiati e/o lasciati liberi, Seth Curry, Evan Turner, Meyers Leonard, Jake Layman, e, soprattutto, Enes Kanter, Moe Harkless ed Al Farouq Aminu.
Il colpo di mercato
Detto, fatto. Portland, per la prima volta dopo tanti anni, sembra non aver sbagliato un colpo in questa fase di mercato. In un Draft molto particolare, senza prospetti certi e, comunque, valutabili solo nel medio – lungo periodo, è stato scelto di cedere la 16esima scelta (i mock draft suggerivano un’ala grande sul genere di Achiuwa o Saddiq Bey… nessuna gemma preziosa per intenderci, ma solo onesti mestieranti) e una prima scelta futura (2021, protetta), scambiando Trevor Ariza per Robert Covington. Covington è stato il fiore all’occhiello del mercato: giocatore affidabilissimo, di eccellente sostanza. Classico 3&D a volte discontinuo al tiro, ma molto abile in fase difensiva e un vero tormento per gli avversari a causa della capacità di entrare in tutte le linee di passaggio. Potrà ricoprire sia la casella di ala piccola sia quella di power forward.
Ceduta senza rimpianti la prima scelta, la seconda (chiamata 46) del Draft è stata usata per selezionare C.J. Elleby. Guardia – ala, prodotto di Washington State uscito dal college al secondo anno. Fuori dai riflettori della lottery, il ragazzo, per quanto grezzo, pare dotato di grande dinamismo su entrambi i lati del campo, con percentuali al ferro ancora migliorabili. Avrà tempo per crescere, del resto dal suo primo anno di NBA ci si aspetta solo tanta panchina.
A completamento del quintetto, in posizione di small forward, è stato rinnovato Rodney Hood. Lungodegente da un pericoloso infortunio (rottura del tendine d’Achille) ha incredibilmente rifiutato la player option per diventare free agent e rinegoziare un più vantaggioso accordo biennale, parzialmente protetto da Portland in funzione delle sue condizioni di salute. Di Hood si può solo parlar bene: bravissimo ragazzo del Mississipi, ex Duke, ottimo compagno di squadra amatissimo da società e tifosi. Ha trovato la sua casa in Oregon e vuole rimanerci a lungo. È un ottimo tiratore pronto a ricevere sugli scarichi e non disdegna iniziative dal palleggio in posizione di shooting guard (ruolo che potrà eventualmente svolgere per dare fiato al backcourt titolare). Coach Stotts ha dichiarato che è completamente guarito e si aspetta di averlo a disposizione sin dalla opening night del 22 dicembre.
Un’alternativa per il quintetto base, qualora fosse necessario aggiungere centimetri, sarà lo spostamento di Covington da 3 e l’utilizzo da titolare, nel ruolo di ala grande, di Zach Collins, attualmente ancora alle prese con una frattura da stress alla caviglia sinistra con successivo intervento chirurgico (dovrebbe recuperare per fine gennaio). Per lui sarà un anno decisivo, data la prossima scadenza contrattuale e la necessità di far emergere definitivamente il suo valore.
Rinforzi dalla panchina
Tornando al mercato, superata la notte del draft Neil Olshey non ha perso tempo ed ha piazzato in quarantotto ore tutti i colpi necessari per chiudere il roster 2020 – 2021. Fiutando la scarsa stima di Brad Stevens per un certo tipo di lunghi, Portland, a prezzi di saldo (addio Mario Hezonja…) ha riportato all’ovile Enes Kanter, per la gioia anche del senatore democratico Ed Markey che sta lavorando con lui – a quattro mani – per ottenere una risoluzione che condanni le violazioni dei diritti fondamentali dell’uomo in Turchia. Kanter, amnesie difensive a parte (che coach Stotts ha saputo magistralmente mascherare due anni or sono) ha già dimostrato in Oregon di poter svolgere l’importante ruolo di vice Nurkic: venti minuti dalla panchina ad alta intensità con buoni punti nelle mani.
E non è finita qui: da Miami è arrivato un eccellente difensore nonché un atleta superlativo (vincitore della gara delle schiacciate all’All-Star Game) in Derrick Jones Jr! Un biennale un po’ costoso (19M) per un prodotto undrafted che potrà dare fiato a Robert Covington ed eventualmente affiancarlo quando sarà necessario difendere con le unghie sugli All-Star avversari. Duttilità e versatilità potranno garantirgli minuti importanti, anche nelle fasi finali delle partite. Infine, a completamento del reparto lunghi, si è deciso di investire a basso costo e con il minimo rischio su Harry Giles: un prospetto di grande hype al liceo, fermato spesso dagli infortuni ma, essendo giovanissimo, con un’ottima prospettiva di crescita nel mondo NBA.
Poteva finire qui, ma è arrivata la classica ciliegina sulla torta: nonostante il richiamo di un grande mercato come New York, Carmelo Anthony ha deciso di dar fiducia e ringraziare l’ambiente di Portland rifirmando per un anno al minimo salariale. Melo è stata la scommessa vinta dello scorso anno; si è presentato in Oregon dopo dieci mesi di totale inattività e avrebbe potuto risultare inutile o addirittura dannoso, come ricordano bene i tifosi di Houston e OKC. Al contrario, si è messo al servizio della squadra, individuando perfettamente il suo ruolo di mentore dei giovani senza fare minimamente ombra ai senatori che hanno in mano lo spogliatoio. L’alchimia tra Lillard e Melo è stata inaspettata, ed è stata una grande soddisfazione prendere atto di questo rinnovo annuale. Il ruolo di ‘Melo nel 2021 uscirà ulteriormente ridimensionato in prospettiva, ma sarà utilissimo vederlo giocare quei 15-20 minuti in cui potrà ricordare agli avversari di essere uno dei più grandi marcatori della storia NBA.
La second unit, pertanto, alla luce delle operazioni di cui sopra, finalmente può essere degna delle contender a Ovest: non bisogna infatti dimenticare Gary Trent Jr – sorpresona nella bolla di Orlando per le sue percentuali da tre punti nonché per la sua attitudine difensiva, a discapito di un corpo da guardia – e Anfernee Simons, chiamato quest’anno a dimostrare di poter davvero rappresentare il futuro di Rip City.
Depth Chart e obiettivi
In sintesi, i Blazers si presenteranno così ai nastri di partenza:
PG: Lillard, Simons
SG: Mc Collum, Trent Jr,
SF: Hood, Derrick Jones Jr, CJ Elleby, Little
PF: Covington, Collins, Anthony
C: Nurkic, Kanter, Giles
Un mercato con i fiocchi, c’è poco da dire. Giocatori solidi, senza fronzoli, in grado di fornire quella profondità di rotazioni che l’anno scorso è tremendamente mancata. Detto ciò, è evidente che la stagione sarà influenzata dalle prestazioni e dallo stato di salute della coppia più bella dell’Oregon, ovvero Lillard e CJ. Dai loro numeri si potrà definire l’andamento della regular season e la posizione nella griglia dei playoffs, un obiettivo imprescindibile. Le ambizioni di ripetere la finale di conference sono il minimo comun denominatore di tutta Rip City, una franchigia che dopo tanta sfortuna ha davvero la voglia, una volta per tutte, di vincere.
Filippo Zaffarana di Portland Trail Blazers Italia