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La strada di Facundo Campazzo verso la NBA

Paolo Di Francesco by Paolo Di Francesco
27 Novembre, 2020
Reading Time: 8 mins read
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Campazzo in NBA

Copertina a cura di Edoardo Celli

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Dopo mesi e mesi ormai si può definire conclusa la querelle che ha coinvolto il Real Madrid, Facundo Campazzo e il mondo NBA. Una situazione che ha racchiuso questioni di natura sia sportiva sia economica e che ha inciso anche sui rapporti con l’ambiente di un giocatore che sembrava essere al centro del suo mondo.

 

El mundo de Facundo

Dopo aver dominato il lungo e in largo il campionato argentino (a 19 anni vantava già un MVP della coppa Argentina, a 21 ha vinto il suo primo equivalente del Finals MVP), Campazzo sbarca a Madrid nel 2014. Alla fine della stagione, nel 2015, mette in bacheca la sua prima Eurolega, senza però essere protagonista della vittoria. Poche settimane dopo finisce in prestito all’UCAM Murcia. I due anni spesi nei bassifondi del miglior campionato nazionale europeo permettono a Campazzo di prendere le misure con un basket che non sembrava ancora abbastanza suo. 

 

Nel 2017 Campazzo torna a Madrid e a fine stagione vince una nuova Eurolega, stavolta da protagonista, nonostante nella finale di maggio 2018 giochi una delle sue peggiori partite. In quell’occasione Fabien Causeur si prende il posto di spalla di Luka Dončić, riuscendo a mettere una pezza alla serata no dell’argentino e alla prestazione stratosferica di Niccolò Melli, al tempo in forza ai finalisti sconfitti del Fenerbahçe. 

Lo sbarco in NBA di Dončić nel 2018 consegna a Campazzo le chiavi della squadra e lui porta i ragazzi di coach Laso di nuovo alle Final Four: tutto ciò nonostante la partenza di quello che, nonostante l’età, era stato il miglior giocatore dell’Eurolega. Nella finale per il terzo posto di Vitoria contro il Fenerbahçe, a maggio 2019, Campazzo porta anche a casa il record di assist in un match di Final Four di Eurolega, mettendone a segno 15.

Alla fine della stagione 2019 ottiene i primi contatti col mondo NBA, in particolare per l’interesse dei Dallas Mavericks, squadra sempre particolarmente attenta ai talenti provenienti dal Vecchio continente: Campazzo però in quel momento rifiuta l’offerta poiché il suo contratto col Real consiste in un triennale firmato all’inizio di quella stagione. Seppur lusingato, questa scelta forte sembra rafforzare più che mai il rapporto tra l’ambiente ed il fenomeno argentino; dopo questo momento chiave gioca una stagione 2019/2020 eccellente, anche sull’onda di un mondiale 2019 che vede l’Argentina ottenere un argento inaspettato. 

 

7.1 assist (secondo in Eurolega) e 1.4 rubate per partita (anche qui il secondo di tutta la competizione) e il Real che viaggiava spedito, solo dietro all’irraggiungibile Efes, sono segnali di una stagione che fino alla pausa COVID sembrava tutt’altro che negativa. Dall’interruzione però tutto cambia in maniera irreversibile.

 

Sognando la NBA

La situazione dovuta al COVID ha creato problemi al mondo del basket in lungo e in largo, ma le difficoltà in cui si è trovato il Real Madrid fino alla free agency NBA del 2020 sono di rara stranezza e problematicità. Partiamo dal principio: l’interruzione dell’Eurolega è stata per Campazzo un’occasione per riflettere, ed è venuto presto fuori che i contatti con l’NBA non fossero mai realmente terminati ma si fossero solo momentaneamente assopiti a causa della scelta del playmaker di giocare ancora una stagione con la camiseta blanca. Dallas Mavericks e Minnesota Timberwolves non hanno mai smesso di monitorare la situazione, e lo stop precedente alla ripresa nella bolla di Orlando ha contribuito ad aumentare l’attenzione dei front office e degli scout su situazioni extra-campo, vista l’assenza di basket giocato.

Campazzo ha cambiato idea rispetto a quanto aveva deciso neanche una stagione prima e il problema da risolvere per le squadre NBA interessate a portarlo negli Stati Uniti è stato immediatamente individuato nel buyout presente nel contratto dell’argentino. La cifra che era stata prevista dal contratto firmato nel 2018 per liberare il giocatore si aggirava attorno ai 6 milioni di Euro ed era una cifra di tutto rispetto, oltre che essere ben più alta del limite di 750.000 dollari consentiti alle squadre NBA per i buyout. Se la possibilità di ottenere un giocatore di alto livello e grande esperienza faceva gola, il buyout fungeva seriamente da deterrente. 

 

A questo si è aggiunta la natura del Real Madrid: Florentino Perez ha spesso sostenuto, iperbolicamente, di voler portare il suo team in NBA e davanti ad una situazione del genere era prevedibile che non si sarebbe piegato alla volontà delle franchigie NBA e di Campazzo. Così è stato: il Real Madrid ha fatto muro sul buyout, pretendendo il pagamento della clausola fino all’ultimo centesimo e cedendo solo sulla possibilità di pagare la cifra in più transazioni.

Di fatto il Real Madrid si è presentato alla free agency NBA come una sorta di trentunesima franchigia, essendo sia detentore dell’oggetto del desiderio di alcune dirigenze sia a sua volta attore interessato sul mercato degli esuberi, vista la necessità di sostituire un giocatore estremamente importante. Per uno scherzo del destino questa condizione idealmente tanto agognata da Perez è stata figlia di una situazione che ha creato al Real solo problemi e nessun beneficio. 

La ripresa dell’NBA infatti ha dato l’ennesimo colpo all’equilibrio precario in cui si trovava Campazzo: una stagione che ricominciava per concludersi molto più tardi del solito significava una free agency spostata in avanti e quindi una decisione da prendere, insieme alla dirigenza e a coach Laso. Questa scelta era tra l’opzione di fermarsi fino alla free agency NBA e quella di continuare a giocare al Real, creando però una situazione confusa, sia dal punto di vista tecnico sia motivazionale. La scelta è ricaduta sulla seconda opzione, e i motivi per accordarsi in questo senso erano evidenti per entrambe le parti in causa.

Campazzo infatti per andare in NBA sembrava aver accettato di partecipare al pagamento della parte di clausola che le squadre non avrebbero potuto pagare. Il motivo di ciò era la voglia di provare una nuova esperienza, ma soprattutto di fuggire da un’ambiente dove ormai era mal sopportato e che lui mal sopportava. Per fare questo una buona opzione consisteva nel giocare ‘gratis’ per il Real, facendo scalare alla squadra il suo stipendio dal buyout e rimanendo allo stesso tempo in forma in vista della stagione NBA.

Dal punto di vista del Real questo era un modo di mettere una pezza al fatto che il dubbio sul futuro di Campazzo avesse paralizzato il mercato degli spagnoli. Nessun playmaker di livello avrebbe rifiutato l’offerta di un’altra big europea per accettare il Real, rischiando di trovarsi in un pericoloso dualismo con l’argentino, se fosse rimasto. Un’altra questione era legata alla possibilità di mettere sotto contratto un giocatore di pari valore. Come si può immaginare era impossibile senza liberarsi del contratto del loro playmaker, visto che avrebbe messo la società nelle condizioni di dover spendere soldi non preventivati in un periodo in cui i ricavi di tutte le società di Eurolega sono andati incontro ad un ridimensionamento. 

Inutile dire che, nonostante la supercoppa vinta in estate, la stagione del Real non è stata finora paragonabile alle annate sempre al top del livello alle quali i blancos erano abituati, dal momento che il “problema Campazzo” non ha solo impedito di poter sfruttare al meglio il loro leader, ma soprattutto ha creato delle evidenti difficoltà nello spogliatoio.

 

La nuova avventura

Appena dopo la sua ultima partita in Eurolega col Real Madrid – chiusa con ben 12 assist e una vittoria netta sul Fenerbache – e l’ultima in campionato chiusa con 20 punti, è arrivata la notizia che Campazzo avrebbe firmato coi Denver Nuggets. Nonostante la franchigia del Colorado non avesse fatto trapelare un interesse particolare per il giocatore negli ultimi mesi, questa notizia era uscita come quasi certa ormai da prima del Draft e le scelte delle franchigie che più lo avevano seguito sono state chiarificatrici.

I Timberwolves infatti hanno ottenuto Rubio in uno scambio e hanno scelto Leandro Bolmaro al draft; i Mavericks invece hanno scelto di puntare su Tyrell Terry, PG sottodimensionata che ha virtualmente chiuso la possibilità di un arrivo di Campazzo in un reparto guardie già affollato. 

Ora ci si deve chiedere cosa possa dare Campazzo a Denver. L’argentino è una PG di circa 180cm che fa della sua abilità di passatore il pezzo forte del repertorio. Il suo talento in questo fondamentale si mette in mostra sia in transizione sia a difesa schierata, dove riesce a manipolare la difesa con lo sguardo come fanno i migliori playmaker e a gestire nel modo migliore le situazioni di pick e roll e pick and pop. Il tiro c’è anche se le percentuali da 3 non sono entusiasmanti (34% in carriera). Questo dato è dovuto non ad una mancanza di tocco, ma alla tendenza a prendersi tiri difficili a causa della taglia ridotta che lo porta a dover prendere maggiore separazione dall’avversario.

Il lato difensivo è sicuramente quello in cui avrà più difficoltà, dal momento che potrà marcare solo le PG non sovradimensionate. La sua capacità di mettere pressione sui portatori e recuperare palloni è sicuramente un plus e il QI cestistico lo aiuterà molto, però la squadra dove si va ad accasare non sembra aver il sistema difensivo adatto per coprirne le lacune. Campazzo comunque, a dispetto dell’altezza, vanta un telaio da quasi 90kg di muscoli ed è estremamente rapido.

 

Il fit con Denver è la preoccupazione maggiore, dato che il ruolo di guida della second unit sembra essere saldamente in mano ad un Monte Morris che – nonostante tutti i limiti – ha giocato dei buonissimi playoff. L’integrazione con le stelle della squadra sembra anche più problematica: nella metà campo difensiva formerebbe un backcourt atroce con Murray, e con Jokić sarebbe costantemente coinvolto in situazioni di pick and roll. Oltre a questo, col serbo non sembra potersi integrare bene neanche offensivamente: Campazzo infatti non è incline a giocare off-the-ball, non è un tiratore che agisce sfruttando i blocchi né un tagliante efficace a causa della sua taglia, e rende al meglio solo quando può orchestrare l’attacco a suo piacimento. 

Ciò che sicuramente potrà portare a Denver sarà un’attitudine vincente, una competitività spiccata e un’esperienza nel giocare le partite che decidono le stagioni. Se le caratteristiche sono infatti scoraggianti riguardo un suo possibile impiego cospicuo a livello di playoff, il mindset che porterà nello spogliatoio è quello che serve. Questo sarà più importante anche in una squadra con giocatori come Porter, Murray e Jokić, a cui potrebbe mancare davvero poco per compiere il salto che li renderà contender. 

Per tirare le somme, la scelta della dirigenza dei Nuggets è probabilmente una scelta che non dipende dalle caratteristiche del giocatore, ma da quanto può portare in termini di attitudine in campo e nello spogliatoio. L’ultimo anno per Campazzo è stato un travaglio e questa nuova avventura è esattamente quello che stava aspettando per ricominciare. Tutti si augurano di vederlo giocare non solo con la sua professionalità, ma anche con l’entusiasmo e la convinzione che i problemi col Real Madrid sembravano avergli fatto perdere. 

Tags: Denver Nuggetsreal madrid
Paolo Di Francesco

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