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Dennis Schröder, un nuovo cavaliere per il Re

Kevin Brunetti by Kevin Brunetti
26 Novembre, 2020
Reading Time: 11 mins read
0
Dennis Schroeder Lakers

Copertina a cura di Fra Villa

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Sembra ieri che i Los Angeles Lakers alzavano al cielo il proprio diciassettesimo Larry O’Brien Trophy dalla bolla di Orlando, e in pratica è sostanzialmente così. Dopo un’insolitamente breve pausa tra Finals e data di via libera per gli scambi in ottica della stagione 2020/2021, siamo di nuovo a parlare di Lakers, anche se questa volta per via di una trade. Il 15 novembre infatti una serie di Tweet di Adrian Wojnarowski e Shams Charania hanno dato il via alle danze alla nuova stagione, nonostante la prima data utile per ufficializzare gli scambi fosse in realtà soltanto il giorno successivo.

Lakers guard Danny Green and the No. 28 overall pick have been a focus of the trade discussions for Schroder, sources tell ESPN. https://t.co/KOAcjyIked

— Adrian Wojnarowski (@wojespn) November 15, 2020

Dennis Schröder ai Lakers, Danny Green e la pick #28 al Draft 2020 ai Thunder. Una trade tanto semplice quanto efficace per entrambe le parti coinvolte. Quello su cui ci vogliamo concentrare oggi però è quanto lo scambio in questione va ad impattare i gialloviola, sia nell’ottica di quanto i campioni in carica aggiungono, che di quanto perdono.

 

+ In entrata

La stagione 2019/20 di Dennis è stata indubbiamente la sua miglior annata in carriera. Quasi 19 punti di media a partita e runner up al titolo di Sixth Man of the Year in maglia Thunder, non un biglietto da visita di poco conto. Schröder arriva ai Lakers come asset molto importante per la faticosa stagione a venire, principalmente perché dà a Coach Frank Vogel un’opzione che fino ad oggi non era ancora presente a roster. Il suo ruolo è ancora ovviamente tutto da definire, in quanto essendo il miglior playmaker in squadra si può sicuramente speculare sul fatto che meriti un posto nello starting five, ma la soluzione più intrigante, e probabilmente più funzionale per tutti, sarebbe la conferma nel ruolo che lo ha visto eccellere in Oklahoma. Vale a dire il sesto uomo.

OFFICIAL: Welcome to Los Angeles, Dennis Schröder pic.twitter.com/U7zsvgL2G3

— Los Angeles Lakers (@Lakers) November 19, 2020

Il motivo di ciò è davvero molto semplice: nel quintetto di partenza dei Lakers, il playmaker sarà inevitabilmente LeBron James. La gestione del pallone è stata sempre nelle sue mani negli avvii di partita, ed è difficile pensare ad una situazione differente per la stagione a venire, Schröder o non Schröder. L’arrivo del tedesco però porta in squadra un giocatore rapido e capace di creare un tiro dal palleggio per sé, cosa che con Rajon Rondo in campo spesso e volentieri veniva a mancare. Per quanto l’ex Celtics sia infatti molto abile nelle letture per i compagni, costruire un tiro dal palleggio per sé stesso non è esattamente il suo principale punto di forza. In primis perché il tiro in questione non c’è, fatta eccezione per i Playoff… Ma questa è un’altra storia.

Si pensi quindi alla situazione più frequente: primo quarto inoltrato, LeBron James si accomoda in panchina per i primi minuti di riposo della sua partita ed in campo resta Rondo a generare situazioni offensive al fianco di Anthony Davis. L’azione più frequente? Rajon che porta palla oltre la metà campo, attende che AD prenda posizione in post e lo serve per quello che diventerà un post up spalle a canestro oppure un tiro, spesso contestato, dal mid-range. Per quanto Davis sia un talento incredibile, accontentarsi di utilizzarlo in questo modo è quasi blasfemia. Il fatto che con LeBron in panchina l’attacco dei Lakers diventasse stagnante era sotto agli occhi di tutti, ed era chiaro che fosse qualcosa su cui la dirigenza avrebbe dovuto lavorare in offseason.

Ecco perché Dennis Schröder è senza alcun dubbio un upgrade. Il suo arrivo significa con tutta probabilità vedere Rondo fare le valigie in free agency, ma quello che l’ex Thunder porta alla squadra è innegabile. Schröder può fungere da playmaker e shot creator con James in panchina, così come da secondary ball-handler per far riprendere fiato a LeBron nei minuti in cui i due saranno in campo insieme. Come faceva spesso e volentieri Rondo nei secondi due quarti, ma dando alla squadra uno spacing decisamente migliore. Schröder arriva da una stagione in cui si è distinto come mai prima d’ora in quanto a realizzazione dall’arco, avendo chiuso con un 38.5% da tre punti (su cinque tentativi esatti a partita) che diventa 41% in situazioni di catch&shoot. Una percentuale ben migliore del 32.8% su appena 2.6 tentativi a partita, spesso totalmente non contestati, di Rondo.

With Dennis Schröder, the Lakers could get another solid playmaker who has become an effective catch-and-shoot threat as well.

He made 41% of 273 catch-and-shoot 3s in 2019-20. pic.twitter.com/rlUKc7xWou

— Kirk Goldsberry (@kirkgoldsberry) November 15, 2020

Resta da capire quanto la stagione appena conclusa possa essere un margine di paragone realistico per quanto riguarda le percentuali dall’arco che ci si aspetta da lui, visto che nelle quattro annate precedenti il suo ondivago tiro da tre punti ha svariato dal 29 al 34%. L’aspetto incoraggiante in questo senso è che per la prima volta in carriera giocherà assieme a LeBron James… E siamo sinceri, davvero pensiamo che un tiratore possa peggiorare notevolmente una volta messo di fianco al #23? In più, da quanto riporta Brian Windhorst di ESPN, Schröder è un giocatore molto gradito da LeBron stesso, che già da almeno un anno lo avrebbe indicato come parte della lista di elementi con cui gli sarebbe piaciuto giocare. Per Windhorst, Rob Pelinka era già stato vicino a chiudere per lui alla trade deadline 2019, ma l’affare si era poi chiuso con un nulla di fatto.

In ogni caso l’ex Thunder e Hawks porta con sé la sua capacità di costruire tiri per sé stesso e per i compagni, in particolare in una manciata di situazioni che i tifosi di Oklahoma City avranno chiaramente impresse e che sembrano replicabili senza troppa difficoltà anche nella sua nuova squadra. La prima ha solitamente coinvolto un lungo come Nerlens Noel da bloccante, per poi sfruttarlo come rollante al ferro. Spesso per un alley-oop, oppure come in questo caso, come destinatario di un bellissimo passaggio schiacciato a terra.

 

Parlando sempre di blocchi, è risultato efficace anche nello sfruttare quelli portati dal già citato Noel, così come quelli di Steven Adams, manovrandoci intorno per costruire per sé stesso un facile pull up dal mid-range. Una situazione che sembra potersi ripetere in maglia Lakers al fianco di Anthony Davis e Dwight Howard, a patto che quest’ultimo rinnovi. O chissà, magari proprio il free agent Nerlens Noel.

 

La terza e ultima potrebbe invece coinvolgere LeBron James invece che un lungo, visto che ai Thunder è stata spesso frutto di un handoff di Chris Paul. Nel caso specifico il tedesco serve CP3 che gli restituisce il pallone con un handoff e si mette sulla strada del diretto marcatore, facendogli perdere un passo e garantendo un facile jumper non contestato dal mid-range. Lo stesso schema si è anche più volte concluso con una penetrazione al ferro. In ogni caso, due punti facili.

 

L’ultimo aspetto da considerare è quello che i Lakers aggiungono fuori dal parquet in termini di asset. Già, perché anche nel peggiore dei casi, Schröder è ad oggi un asset che ha più valore di Danny Green, e con un contratto (15.5 milioni in stagione in scadenza nel 2021) che potrà essere nuovamente mosso senza troppa difficoltà nel caso le cose a Los Angeles non girassero per il verso giusto. Nel migliore dei casi invece, i Lakers avrebbero portato a roster un secondary ball-handler e shot creator appena ventisettenne a prezzo di saldo, e con la possibilità di rinnovarlo nel 2021. Un prototipo di giocatore non esattamente semplice da aggiungere in free agency per una franchigia che ha già due contratti importanti a pesare sul cap.

 

– In uscita

Ovviamente, Danny Green. Per quanto le sue prestazioni nella bolla di Orlando siano state caratterizzate da molte difficoltà, sarebbe intellettualmente disonesto non sottolineare quanto l’ex Spurs sia stato importante per la corsa al titolo dei Lakers, soprattutto durante la stagione regolare.

Nel vederlo partire molti penseranno ovviamente a quello che i Lakers perdono dall’arco, ma l’apporto di Green non è sempre così semplice da interpretare. E’ infatti un giocatore che sul parquet si misura prevalentemente in intangibles. La sua stazza per esempio non è facile da trovare nel ruolo di guardia, per quanto poi non sia un giocatore né particolarmente atletico o veloce, e questo lo aiuta enormemente quando si tratta di difesa in aiuto, presenza a rimbalzo, rim protection e closeut sui tiratori avversari. Caratteristiche non semplici da rimpiazzare. Un altro buco lasciato dal suo addio è la gravity esercitata nella metà campo offensiva, per quanto sul finale degli scorsi playoff le sue difficoltà già avessero causato un notevole calo nell’attenzione riservatagli dai difensori avversari.

Oltre a questo, in una stagione che sarà influenzata da un periodo di riposo più breve per le squadre artefici di una profonda playoff run, perdere Green significa veder partire colui che per la maggior parte dei minuti sul parquet era l’incaricato di difendere sulle pericolose ali avversarie, soprattutto su quelle più fisiche. Una perdita che, a braccetto con quella di Avery Bradley, va a rendere ancora più importante rinnovare Kentavious Caldwell-Pope. Inoltre, cambia inevitabilmente le strategie in free agency dei losangelini. Per quanto infatti i Lakers si presentino comunque ai blocchi di partenza con due cheat codes come LeBron James e Anthony Davis per chiudere sulle ali avversarie, nessuno vuole vedere i loro compiti difensivi appesantiti enormemente per la maggior parte dei minuti delle 72 partite di stagione regolare. Come già successo ai playoff, Bron e AD saranno infatti opzioni difensive estremamente importanti per il coaching staff in momenti cruciali di partita, ma anche e soprattutto giocatori che vanno preservati in modo da non farli arrivare fisicamente sovraccarichi a fine anno quando le partite contano di più.

Oltre a Green, prontamente già rigirato da Oklahoma City a Philadelphia nella trade comprendente Al Horford, LA ha ceduto anche la pick #28 al Draft di mercoledì, anch’essa girata altrove e tramutatasi in Jaden McDaniels per i Minnesota Timberwolves. Indubbiamente un asset non indispensabile e che in California sono ben felici di aver tramutato in Schröder, ma comunque degno di nota vista la qualità delle pescate Lakers a fine primo giro/secondo giro negli ultimi anni. A proposito di Draft, sembrava anche che Pelinka fosse intenzionato a cercare di acquistare per cash una scelta al secondo giro, come già fatto lo scorso anno per selezionare l’interessantissimo Talen Horton-Tucker, ma niente si è concretizzato. Probabile che l’affare chiuso dai Bucks cedendo due future second rounder per un secondo giro di quest’anno abbia settato la barra troppo in alto per poter acquistare una pick in cambio solamente di un compenso economico.

 

Come cambia la free agency

Con un difensore perimetrale in meno e un ball-handler in più, per forza di cose a cambiare saranno anche i piani in free agency. L’obiettivo primario dovrà essere per forza di cose un difensore in grado di marcare le ali avversarie, possibilmente qualcuno in grado di farlo meglio di Caldwell-Pope, che per quanto vada sicuramente considerato come alternativa ha dimostrato di fare fatica contro ali più fisiche di lui. Giocatori utili in questo senso potrebbero essere Wesley Matthews, Moe Harkless e Kent Bazemore, tutti obiettivi accessibili per una franchigia che dovrebbe trovarsi in grado di offrire una Mid-Level Exception (da definire se saranno i 9.2 milioni della Full o i 5.3 della Taxpayer) e una serie di minimi.

In questo, soprattutto dopo la decisione di Avery Bradley di non esercitare la propria player option da 5 milioni, sarà molto importante il rinnovo del già citato KCP. Su quest’ultimo i Lakers hanno gli early bird rights, e nonostante sia uscito dall’attuale contratto, per Zach Lowe di ESPN il suo ritorno dovrebbe essere soltanto una formalità. Resta da capire però quali sarebbero le cifre. Questo sembra ad oggi lo scenario più probabile, per quanto ovviamente i tifosi gialloviola sperino in un rinnovo a cifre più modeste come una sorta di ringraziamento per i circa 30 milioni di dollari in due anni guadagnati con gli annuali firmati dal 2017 al 2019, anche se quest’ultima opzione sembra davvero poco realistica.

Il best-case scenario sarebbe quindi veder rientrare alla base KCP, a cui i Lakers potranno offrire un aumento visti gli addii di Cook e Bradley, e trovarsi a disposizione la Full Mid-Level Exception e una serie di minimi. In uscita dovrebbe inoltre esserci senz’altro Rajon Rondo, che ha attratto l’interesse di Clippers e Hawks, con i Lakers che vorrebbero invece cercare di tenere Markieff Morris, per quanto improbabile al minimo salariale, Jared Dudley, elemento di indubbia importanza all’interno dello spogliatoio per quanto i suoi minuti di gioco effettivo siano stati molto pochi, e Dwight Howard. A proposito di quest’ultimo, resta da capire quali siano le sue pretese economiche, ma per Harrison Faigen di Silver Screen & Roll l’idea della dirigenza sembra molto chiara.

Da quanto viene riportato, il front office dei Lakers starebbe chiamando Dwight almeno tre volte a settimana per ricordargli che è un elemento che vogliono assolutamente tenere a roster. Howard ha fatto sapere che rifirmerebbe volentieri, ma che non è più disposto a “giocare gratis”. Chiaro riferimento al contratto non garantito con cui si è unito ai Lakers la passata stagione. Al minimo salariale Los Angeles cercherà sicuramente di tenerlo, ma se le sue pretese fossero più alte, a malincuore dovrà essere sacrificato.

Restando in tema Howard, a prescindere o meno dal suo rinnovo potrerebbe beneficiare un upgrade come centro di riserva, quantomeno per rimpiazzare un JaVale spesso e volentieri ingiocabile ai playoff. Tramite Shams Charania, McGee ha fatto sapere di aver deciso di utilizzare la propria player option da 4.2 milioni, ma potrebbe ancora finire in un pacchetto di scambio… Magari insieme a Kyle Kuzma, con cui altrimenti i Lakers dovranno affrontare il delicato tema del rinnovo contrattuale. In ogni caso, sembra assai probabile che serva andare alla ricerca di almeno un centro in FA. Certo che questo significherebbe dover convincere McGee a rinunciare alla sua attuale no-trade clause, ma in cambio di una destinazione appetibile anche per il giocatore potrebbe rivelarsi un’opzione percorribile e che beneficia entrambe le parti.

I nomi più interessanti per il ruolo potrebbero essere quelli di Tristan Thompson, Nerlens Noel (che potrebbe così riunirsi a Dennis Schröder) o Willie Cauley-Stein, se non addirittura quello di Serge Ibaka, nel caso in cui il front office decidesse di voler spendere la MLE in quest’ottica invece che su un difensore perimetrale nel ruolo di ala. Quest’ultima però sembra una pista più difficilmente percorribile, visto che da quanto trapela potrebbe chiedere tra i 12 e i 15 milioni firmando un contratto triennale, mentre potrebbe accontentarsi della MLE soltanto se gli fosse proposto un quadriennale. Un grosso punto interrogativo per un lungo in fase calante che avrebbe 35 anni al termine di un accordo del genere.

 

Cosa riserva il futuro?

Se LeBron James e lo scontato rinnovo di Anthony Davis non bastassero (resta solo da capire se sarà un annuale più player option per allinearsi al contratto del #23 oppure un biennale più PO che lo porterebbe al 2022 quando potrà firmare un contratto da ten year veteran), per sorridere basta pensare che dopo un titolo come ricompensa per i tifosi dopo anni e anni di delusioni, la franchigia sembra avere più che mai una direzione chiara. Due stelle, una serie di asset che ben le complementano e che nel peggiore dei casi potranno diventare pedine di scambio in future trade, e soprattutto un’ottima chance di difendere il titolo nella stagione a venire. Non esattamente dettagli da poco.

Bucks, Clippers e Nets avranno sicuramente qualcosa da ridire, ma in casa Lakers c’è di che essere ottimisti.

Tags: Dennis SchröderLeBron JamesLos Angeles Lakers
Kevin Brunetti

Kevin Brunetti

Italo-americano e tifoso dei Lakers per forze di causa maggiore. Se mi fossi azzardato a tifare Clippers mi sarei trovato per strada con un'infanzia alla Jimmy Butler. Fondatore di NbaRevolution.com dal 2015 al 2018, poi mentre ero dal parrucchiere ho twittato "I don't wanna be here" ed è successo un casino.

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