Siamo giunti alla nona puntata di The Answer, la rubrica in cui rispondiamo alle vostre domande. Ogni settimana vengono raccolti via mail (redazionetheshot@gmail.com) e sui nostri canali social i vostri quesiti, vengono scelti i più interessanti e un membro (o anche più di uno, come vedremo oggi) della redazione di The Shot vi darà la sua opinione.
Sotto con le domande quindi, buona lettura!
1) Com’è stata la stagione di Dennis Smith Jr. e quale potrebbe essere il suo futuro?
Domanda di Dimitri Lazzari, risponde Francesco Perillo
Ciao Dimitri,
provare a dare una valutazione complessiva dell’annata di Dennis Smith Jr. non è affatto facile. Le aspettative erano molto alte per questa stagione, visto anche il buon impatto che aveva avuto a New York nei mesi successivi alla trade con Dallas; aspettative che non erano state alimentate solo da stampa e tifosi, ma anche dallo stesso Smith, che in piena offseason si era detto convinto di poter trascinare la squadra ai playoff. Esattamente lo scenario opposto a quello verificatosi, sia nei risultati di squadra sia a livello di traguardi personali.
Smith aveva lavorato molto nell’estate 2019 per modificare la sua meccanica di tiro, che già nei due anni precedenti aveva fatto sorgere diversi dubbi. Gli esiti però sono stati controproducenti, e lo hanno reso uno dei giocatori meno efficaci della lega. Guardando semplicemente ai numeri, l’involuzione è stata drastica: Smith ha peggiorato le sue percentuali al tiro, già carenti anche in passato, arrivando al 34% dal campo con il 30% dall’arco e il 50% ai liberi, il tutto condito da 2.9 assist a partita. Inoltre è risultato penultimo della Lega per TS% tra i giocatori con almeno 15 minuti di media, con il 39.9%. Solo Al-Farouq Aminu ha fatto registrare un numero più basso con il 39.5%.
Smith Jr. si è mostrato più vulnerabile anche nell’attaccare il ferro, situazione in cui ha trovato sempre meno convinzione col passare della stagione. Tra i giocatori con almeno 2 drives a partita è stato infatti uno dei pochi a concludere a canestro con percentuali minori al 50%. Indipendentemente dalla meccanica, queste cifre sono certamente frutto anche di una shot selection che non ha mai mostrato alcun segno di miglioramento.
Detto questo, sarebbe troppo facile dare tutte le colpe a Dennis, dimenticandoci del contesto. La scorsa stagione per i Knicks è stata il risultato di una gestione disastrosa, sia in campo sia fuori. Le scelte sconsiderate di Fizdale hanno gravato su tanti giovani – come lo stesso Knox – e non hanno permesso ai ragazzi di guadagnare la fiducia necessaria per potersi esprimere al meglio. Smith è probabilmente quello che ne ha sofferto di più, anche a causa dei continui infortuni, che lo hanno costretto a giocare solamente 34 partite con poco più di 500 minuti in totale.
Ad oggi, le possibilità che i Knicks decidano di inserirlo in qualche trade come filler, rimangono alte. Già durante lo scorso febbraio era stato vicino agli Hornets insieme a Randle, ma è difficile che si possa riaprire una pista con Charlotte. Nel roster di New York in questo momento figurano anche Ntilikina, Harper e Payton, quest’ultimo in bilico con un contratto parzialmente garantito. Indipendentemente da Payton, Leon Rose affonderà per rinforzare il pacchetto play, e che sia via free agency, draft o trade poco importa. Anche solamente per questioni numeriche, appare difficile che i Knicks decideranno di tenere anche Smith Jr.
Nonostante questo, non è da sottovalutare quale possa essere l’impatto di Tom Thibodeau, un grande estimatore di Dennis dai tempi del college. Sarà interessante capire se proverà a dargli una seconda chance o se lo lascerà andare senza troppi complimenti. I prossimi giorni ci daranno una panoramica più chiara di quale strada decideranno di intraprendere i Knicks e, di conseguenza, quale sarà quella di Smith Jr. L’unica cosa sicura è che se nativo di Fayetteville vorrà continuare la sua esperienza in NBA, dovrà ritrovare la fiducia smarrita e riportarla in campo, che sia a New York o in qualsiasi altra squadra della lega.
2) Cosa ne pensate della situazione a Houston e dove pensate possa andare Westbrook?
Domanda di Andrea Lo Giudice, risponde Filippo Barresi
Ciao Andrea, grazie per la bella domanda.
Andiamo con ordine. I Rockets affronteranno un offseason per certi aspetti inusuale se osserviamo la loro situazione da due distinti punti di vista. Da un lato, dopo l’addio di Mike D’Antoni, c’è stato un cambio in panchina con l’arrivo del rookie Stephen Silas. Dall’altro abbiamo un roster completamente bloccato e progettato dall’ormai ex GM Daryl Morey per competere secondo le idee imposte dagli ex componenti della dirigenza.
A Houston per questi motivi la situazione è complessa, ci si aspetterebbe un qualche cambiamento di direzione, ma è molto difficile gestire il tutto a livello di costruzione della squadra. In questo primo periodo di offseason si stanno accumulando voci di possibili scambi e iniziano a farsi sentire i primi malumori da parte di alcuni componenti della squadra. Russell Westbrook infatti ha recentemente alimentato le speculazioni su una sua possibile partenza.
L’ex MVP è quindi un giocatore molto chiacchierato in orbita Rockets e sarebbe la vittima sacrificale preferita dalla società per poter smuovere un po’ le carte in vista della prossima stagione. È importante ricordare in questo senso che circa un anno fa Houston ha dovuto rinunciare a gran parte dei suoi asset per riuscire a portare Westbrook accanto a James Harden, perciò privarsene ora sarebbe un segnale tanto forte quanto inaspettato.
Proprio parlando di una possibile trade che comprenda Russel Westbrook a mio parere non credo che Houston abbia molto potere contrattuale durante le trattative. Questo per via di tre motivi: in primo luogo, l’innesto del numero #0 non ha portato quasi nulla in termini di miglioramento nell’ultimo anno, Houston ha terminato la sua corsa alle semifinali di conference proprio come nel 2019.
Successivamente è importante notare come Westbrook abbia un contratto di $132.6 milioni spalmati nell’arco di tre anni che bloccano pesantemente le possibili strategie a livello di costruzione del roster. Infine, è proprio lui, secondo alcuni rumors, a spingere per cambiare squadra in vista della prossima stagione. Questi tre fattori incidono pesantemente sulle richieste che la franchigia potrà avanzare in fase di contrattazione.
Tra le squadre nominate più di frequente in collegamento ai Rockets abbiamo Charlotte, New York e Orlando. Tutte e tre possono sfruttare l’eventuale arrivo di Westbrook per migliorare il loro roster attuale, però non devono assolutamente compromettere il loro futuro per portare a termine lo scambio. Queste squadre hanno un core di giocatori giovani che necessitano di crescere ancora molto, la presenza dell’ex MVP potrebbe facilitare questo sviluppo portando grande professionalità. Bisogna quindi fare attenzione in fase di contrattazione.
Charlotte potrebbe mettere sul piatto due giocatori come Cody Zeller e Terry Rozier. Una trade del genere permetterebbe ai Rockets di migliorare sul breve periodo e di guadagnare flessibilità sul lungo termine, visto che il primo è in scadenza e il secondo ha solo due anni di contratto. Rozier è stato uno dei migliori tirarori in catch and shoot nella passata stagione e potrebbe incastrarsi benissimo nell’idea di gioco di Houston; Zeller da numero 5 garantirebbe una buona efficacia in situazioni di PnR offensivo senza perdere in alcun modo la versatilità difensiva tanto adorata dai texani.
Anche New York ha una serie di giocatori pronti e con contratti importanti da poter mandare a Houston senza toccare il suo nucleo di giovani, su tutti Bobby Portis e Julius Randle. Questo scambio potrebbe rimpolpare il reparto lunghi dei Rockets che negli ultimi anni è stato troppo spesso sacrificato: offensivamente sia Portis che Randle possono garantire spacing e versatilità. Infine, troviamo Orlando che tra le tre è quella con più fretta di trovare una stella come Westbrook dato che negli ultimi anni si è sentita una forte mancanza in termini di scoring e star power.
Il primo nome coinvolto in uno scambio del genere sarebbe quello di Gordon, che ormai non rientra più nei piani della società. Per completare il pacchetto potrebbe essere necessario sacrificare Markelle Fultz, reduce da una buona stagione, ma che sembra non essere adatto a fare il primo violino di una squadra con ambizione.
3) Ponendo il caso di una possibile trade per LaVine, quali squadre sarebbero interessate al profilo? E soprattutto, cosa puoi ricevere per lui?
Domanda di Carlo Tosciri, risponde Cosimo Sarti
Ciao Carlo,
di concreto per ora c’è poco, ma che LaVine abbia uno dei migliori contratti della lega e sia la miglior pedina di scambio dei Bulls non è un segreto. Detto questo, con ancora due anni di contratto a poco meno di 20 milioni a stagione, i Bulls non hanno fretta; a maggior ragione considerando che le parole d’ordine del nuovo front office sono – giustamente – “valutare e fare scelte ponderate”. E fu così che i Bulls presero Russell Westbrook e Kevin Love, con tanto di Red Hot Chili Peppers a suonare Californication alla cerimonia di presentazione.
Il profilo di una squadra che potrebbe cercare LaVine è molto semplicemente quello di una squadra che ha bisogno di punti. Tanti punti, perché, sollevato dalla responsabilità di creare per gli altri, Zach garantisce vagonate di canestri con un’efficienza di altissimo livello. Rimangono i problemi difensivi, nonostante i progressi costanti ma lenti, che però non dovrebbero spaventare oltremodo una squadra già consolidata e con un sistema ben oliato.
In conclusione, per trovare una squadra a LaVine bisogna guardare fra quelle già da playoff a cui manca ancora un secondo o terzo violino che sia un realizzatore. Un’alternativa potrebbero sempre essere Kings o Knicks, per qualche motivo a me oscuro… se fondate una squadra di basket NON con la “K” il nome, mi raccomando.
Individuato il profilo delle potenziali acquirenti, bisogna immaginare un compenso che sia equo per uno dei contratti più convenienti della lega e, giocando con la trade machine, ho faticato a trovarlo. I Bulls non sono interessati a grandi nomi sul viale del tramonto, nè alle scelte fuori lottery che offrirebbe una squadra da playoffs, fattori che insieme alla mancanza di fretta non lasciano presagire una trade imminente.
C’è anche da considerare che LaVine, pur non essendo perfetto, è migliorato in ogni aspetto del gioco in ogni stagione, e a 25 anni è davvero ad un passo dal diventare un all-star in pianta stabile: il nuovo front office è disposto a rischiare di partire scaricando un all-star prima di valutarlo in campo? Per questo mi sento di pronosticare che Zach inizierà la stagione in maglia Bulls e poi si vedrà, con la scelta al draft che sarà un indizio decisivo se dovesse arrivare una guardia.
Giusto per divertirci, ecco qualche scambio che funzionerebbe partorito dalla mia testolina senza inside sources.
- PHI: Embiid + Scott
- CHI: LaVine + Carter Jr. + Satoransky + 2021 2nd
- NYK: Ellington + Knox + Ntilikina + 2021 1st + 2021 2nd (più alta fra CHA e DET)
- CHI: LaVine
E, infine, l’unica squadra su cui c’è stata qualche voce, che però non ha granchè da offrire a mio avviso e dovrebbe lavorare per trovare una buona scelta al prossimo draft da spedire a Chicago.
- DAL: Hardaway Jr. + Brunson + 2020 2nd (via GSW) + 2025 1st (pick swap)
- CHI: LaVine
4) Fred VanVleet può fare il main creator in una squadra che ambisce alle Conference Finals?
Domanda di Federico Turrisi, risponde Pietro Caddeo
Rispondo con un’altra domanda: il buon Fred vale un’offerta da quasi massimo salariale? Se Masai è abbastanza sicuro che sia una “big-time priority”, vuol dire che il suo valore di mercato non si discosta troppo da un “quasi max contract”
Mentre ci sarebbero degli interessanti scenari in cui lo si potrebbe addirittura tenere attraverso sign-and-trade, le parole di Masai sottolineano quanto VanVleet sia ormai parte integrante del core dei Raptors, al pari di Siakam (29 milioni di dollari nella prossima stagione) e di Lowry (30 mil. nella prossima stagione).
Arrivando al punto di vista tecnico: il passo in avanti fatto come creatore in situazioni di transizione e come tiratore sulle uscite e in palleggio, arresto e tiro, lo portano ad essere considerato un portatore di palla primario più che solido.

Come infatti suggerisce BBall-Index, quello può benissimo essere identificato come il suo ruolo offensivo
Ma ci sono altri fattori da considerare nelle capacità di un “main creator”, come gestisce i PNR. Se sui “drag” sa servire o mantenere vantaggio mettendosi in proprio, sui pick and roll giocati oltre i primi 12’ non è che brilli. Come riportato da NBA/stats, Fred segna 0.84 punti per possesso in PNR, trovandosi nel 50° percentile di chi sfrutta questa situazione di gioco da ball handler.
Di fatto il campo e compiti individuali dicono che il “main creator” è Lowry, per QI, letture e leadership. Ma VanVleet deve ancora compiere 27 anni e per quanto la selezione di tiro e il playmaking siano da creatore secondario, in tutte le lineup non condivise con Lowry ha comunque dimostrato di poter essere “main creator” per quei 10-12 minuti a partita in una squadra che ha saputo dare del filo da torcere agli Heat finalisti NBA.
5) Vorrei la vostra opinione su una trade che mi sta logorando il cervello. Avrebbe senso e sarebbe fattibile per OKC scambiare tramite sign and trade Gallinari e Paul per arrivare a Horford e Harris di Philadelphia?
Domanda via mail di Davix, risponde Francesco Contran
Ciao Davix,
nonostante la tua trade ormai non sia più possibile dato che Paul è andato a Phoenix, questa domanda è un ottimo spunto per imbastire una riflessione più generale.
Innanzitutto è doveroso fare una premessa. Nella NBA ogni giocatore può essere un asset positivo, da cui ricavi qualcosa di concreto se lo cedi, o un asset negativo, a cui per cederlo devi allegare qualcos’altro, come ad esempio scelte al draft. Cosa determina questo status? Essenzialmente le prestazioni, ma ancora più importante è il contratto. Un giocatore può infatti essere anche un top 20 della lega, ma avere un valore negativo legato a un contratto supermax. Un esempio è Russell Westbrook: le squadre pretendono asset per accollarsi il suo contratto.
Venendo alla tua domanda, Chris Paul fino a 15 mesi fa era considerato un asset negativo: per cederlo e arrivare a Westbrook – all’epoca asset positivo – Houston ha dovuto concedere diverse pick ai Thunder. Oggi non è più così, dopo un’eccellente stagione Chris è di nuovo un All-NBA e – nonostante il contratto – il suo valore è positivo: per questo motivo Phoenix ha dovuto pagarlo. Quanto a un Gallinari in scadenza, la sign and trade sarebbe anche possibile, ma nonostante un finale di stagione non all’altezza, Danilo rimane un giocatore molto ambito, e ciò significa che Philadelphia dovrebbe cedere asset positivi.
E qui veniamo al vero problema di questa trade: Horford e Harris non sono asset positivi, perché i loro contratti esorbitanti li rendono i giocatori meno appetibili della lega. OKC avrebbe avuto da pagare il contratto di Paul ancora un paio d’anni, e prendendo Horford e Harris dovrebbe ricoprirli di soldi, intasando il cap per almeno quattro anni. Capisci ora che dal punto di vista di OKC tutto ciò sarebbe stato privo di senso, anche se Philadelphia allegasse svariate first pick al draft.
Per una squadra in ricostruzione, che ha pagato la luxury tax anche quest’anno, doverla pagare ancora per prendere due giocatori sicuramente capaci, ma con i peggiori contratti della lega, non c’è alcuna convenienza. Anche perché con Al e Tobias la squadra competerebbe probabilmente per uno degli spot ai playoff, sacrificando la possibilità di scegliere in top 10. L’ho già detto nella revisione della stagione, Shai Gilgeous-Alexander potrebbe essere un ottimo secondo violino, ma non ha le caratteristiche per diventare un top 10 della lega, conditio sine qua non per vincere un anello.
I top 10 della lega si trovano spesso, se si è fortunati, tra le prime cinque scelte al draft, per cui è chiaro che oltre dal punto di vista economico e contrattuale, ai Thunder non convenga nemmeno da un punto di vista che guarda al futuro. Quanto a Philadelphia, sarebbe un all-in dichiarato, e un tiratore come Danilo farebbe molto comodo, ma sicuramente sarebbe stato rischioso puntare tutto su un ormai 35enne Paul, benché in ottime condizioni.
Con l’arrivo di Daryl Morey e Doc Rivers è possibile che Philadelphia si muova e cerchi di liberarsi dei contratti di Horford e Harris, ma cederli entrambi, peraltro alla stessa squadra, sembra un sogno irrealistico. Perciò no, anche se non fosse esistita l’offerta di Phoenix credo che questo scambio non si sarebbe mai concretizzato.