Dopo una partita condotta dal primo all’ultimo minuto, i Boston Celtics si portano sull’1-2 nella serie contro i Miami Heat grazie anche al ritorno di Gordon Hayward dopo cinque lunghe settimane di stop. La squadra del Massachussets domina sia in attacco, in cui sono ben quattro i giocatori a finire con 20+ punti, che soprattutto in difesa, costringendo gli Heat a un pessimo 39% dal campo (e ad un ancor più negativo 27% da 3).
La strategia dei Celtics è chiara fin dai primi minuti: attaccare il ferro, specialmente sfruttando i mismatch creati dai frequenti switch degli Heat, non accontentandosi dei tiri da fuori. In difesa, invece, gli uomini di coach Stevens sono molto più reattivi rispetto al secondo tempo di gara 2 e riescono a togliere sicurezza all’attacco di Miami, che per rimanere in scia ai biancoverdi si affida alle giocate dei singoli.
Nel secondo quarto Miami rientra in partita, dopo aver toccato anche il -12, grazie a un Tyler Herro on fire autore di 16 punti nella sola seconda frazione. Dall’altra parte, però, gli Heat non riescono a limitare l’attacco di Boston neanche con la zona 2-3, che i ragazzi di Stevens attaccano con molta più sicurezza anche grazie alla presenza di un ottimo playmaker come Hayward. Nei 3′ finali del secondo periodo si decide la partita: sotto di 3 punti (51-48), Miami subisce clamorosamente la pressione difensiva dei Celtics che trovano canestri facili in contropiede e, con un parziale di 12-2, arrivano alla pausa lunga sul 63-50.
Al contrario di quanto successo nella sfida precedente, nel terzo quarto di gara 3 i Celtics mantengono alta la concentrazione eseguendo magistralmente il piano partita di coach Stevens come nella prima metà di gara. Dopo essere sprofondati anche a -19 una fiammata di Dragic & co. riporta gli Heat sul momentaneo -9, ma con 5 punti consecutivi, Tatum ricambia il favore facendo chiudere i suoi a +15 (89-74).
Il quarto finale prosegue sugli stessi binari dei precedenti 3 fino a circa 5′ dal termine, in cui Miami tenta due volte la rimonta: nel primo tentativo i Celtics non si scompongono e continuano a giocare di squadra (a differenza di quanto visto nelle prime 2 gare)…
…mentre nel secondo, grazie a Duncan Robinson e a Bam Adebayo, gli Heat si portano pericolosamente a -5 sul 109-104 con 46″ dal giocare ma ancora una volta non riescono a fermare l’attacco dei Celtics che segnano 8 liberi consecutivi mettendo la partita in ghiaccio.
Andiamo ora ad analizzare i punti chiave di un match dominato dai Celtics per quasi la totalità dei minuti, con gli Heat che hanno subito senza riuscire a rispondere, salvo sporadiche fiammate.
1) La strategia offensiva di Boston
Per quanto riguarda la fase offensiva, Boston ha continuato il trend visto in gara 2, che consiste nel cercare di arrivare quanto più spesso al ferro, limitando i tiri dal midrange e non accontentandosi del tiro dalla lunga distanza. Nelle shotchart seguenti si può vedere il cambiamento della shot selection dei Celtics da gara 1 a gara 3.

I Celtics sono arrivati nei pressi del ferro a piacimento sia contro la difesa a uomo sia contro la zona 2-3, che non è stata efficace come in gara 2 costringendo spesso Miami a tornare alla difesa a uomo.
Fin dai primi minuti si possono notare gli aggiustamenti implementati da coach Stevens, che ha sfruttato a proprio piacimento la difesa heavy-switch degli Heat. Duncan Robinson, noto per essere un difensore sotto la media, è stato il bersaglio preferito dei Celtics: come si vede in queste clip, Boston ha sempre cercato di servire il giocatore marcato direttamente dall’ex-Michigan ottenendo ottimi risultati; il cecchino di Miami ha difeso complessivamente ben 15 tiri (dato più alto della squadra), 9 dei quali hanno trovato il fondo della retina.
Come in gara 1, inoltre, Robinson ha commesso due falli nei primi 7 minuti, costringendo coach Spoelstra a farlo sedere in panchina privando così gli Heat della loro principale bocca di fuoco dei primi quarti. La scarsa reattività e mobilità di piedi di Robinson, inoltre, ha costretto la difesa di Miami ad aiutare nelle situazioni di 1 contro 1 che lo coinvolgevano direttamente, lasciando ogni volta libero un giocatore dei Celtics. Boston ha sfruttato bene questo vantaggio sia per attaccare prima che la difesa fosse in grado di recuperare, come si vede in questa clip…
…sia a rimbalzo offensivo, come si può osservare in questa azione: Smart penetra costringendo Crowder a staccarsi da Theis, il quale, dopo un tiro fuori equilibrio ma non casuale di Smart, recupera il rimbalzo offensivo e segna 2 punti facili.
Nel secondo tempo la difesa di Robinson è leggermente migliore, ma nel complesso la sua rimane una partita negativa sotto questo punto di vista, ancor di più alla luce dello scarso contributo in attacco, tolti gli ultimi minuti del quarto finale.
In più, per aprire l’area alle incursioni dei vari Walker, Brown e Tatum, coach Stevens ha scelto più volte di posizionare Theis in angolo o comunque fuori dall’arco dei 3 punti in modo da costringere Adebayo a seguirlo, liberando così l’area:
Come anticipato poco fa, nemmeno la zona è riuscita a mettere costantemente in difficoltà l’attacco dei Celtics che, come vedremo tra poco, ha beneficiato moltissimo del ritorno di Gordon Hayward e delle sue abilità da playmaker. Nell’analisi di gara 2 si era parlato della qualità dell’attacco di Boston contro la zona che, nonostante le numerose difficoltà, aveva comunque portato a buoni tiri che però non avevano trovato il fondo della retina.
In gara 3 questi tiri sono entrati anche grazie a un miglior movimento di palla che è stato in grado di punire Miami sia con tagli dal lato debole…
…che facendo arrivare il pallone al giocatore posizionato al tiro libero.
La zona 2-3 dei Miami Heat è stata finora molto efficace perché tutti gli interpreti hanno eseguito alla perfezione i propri compiti, chiudendo penetrazioni e linee di passaggio con un timing pressoché perfetto e fidandosi l’un l’altro per quanto riguarda tagli, blocchi senza palla e closeout. In gara 3, però, gli Heat non hanno sempre prestato attenzione a questi dettagli e la prima linea della zona non è sempre riuscita a chiudere le penetrazioni alle guardie; di ciò hanno ovviamente approfittato i Celtics per trovare canestri facili come questi:
Qui sia Iguodala che Jones Jr. chiudono su Gordon Hayward lasciando completamente libero Walker che segna da 3 con metri di spazio
In questo caso, invece, Robinson sale troppo per impedire la ricezione a Walker dimenticandosi totalmente di Brown che taglia e viene servito da Smart per una schiacciata
Questa volta Brown attacca verso il centro, Dragic lo segue nonostante la presenza di Adebayo sotto canestro, lasciando solo Grant Williams che segna dall’angolo
2) Cos’ha comportato il rientro di Hayward
Il ritorno in campo di Gordon Hayward è stato come una ventata d’aria fresca per i Boston Celtics, i quali hanno potuto riavere a disposizione un giocatore importantissimo per gli equilibri della squadra in entrambe le metà campo. Come previsto, Smart è rimasto in quintetto, ma l’ex-Utah ha comunque giocato oltre 30 minuti contribuendo in maniera significativa al successo dei suoi.
Le rotazioni dei Celtics hanno sicuramente beneficiato dal rientro di Hayward, che ha preso il posto di Wanamaker come playmaker in uscita dalla panca, mettendo subito la sua firma nel match con queste due giocate:
Queste due azioni rappresentano bene l’importanza di Hayward in questi Celtics, specialmente nelle situazioni di pick and roll: nel primo caso serve Theis con un preciso passaggio schiacciato, nel secondo invece sfrutta il proprio corpo per tenere Iguodala fuori dall’azione dopo il blocco di Kanter e di segnare un tiro dal midrange.
In più, Brad Stevens ha utilizzato Hayward in un quintetto molto piccolo al posto di Theis: questa lineup ha giocato complessivamente quasi 7 minuti in gara 3 segnando 26 punti con 8/11 dal campo, 2/3 da 3 e 8/8 ai liberi, risultando molto efficace anche in difesa, subendo solamente 13 punti e costringendo Miami al 29% dal campo (4/14) e all’11% da 3 (1/9).
Chiaramente questo sample size è troppo ridotto per trarre conclusioni affidabili, ma è chiaro che aver ritrovato un giocatore così versatile come Hayward, che può permettere a Stevens utilizzare quintetti molto più dinamici in entrambe le metà campo, può solo migliorare le prestazioni dei Celtics.
3) L’asfissiante difesa di Boston
Il rientro di Hayward ha portato benefici anche alla difesa dei Celtics, che in gara 3 sono stati protagonisti di un vero e proprio clinic difensivo ai danni dei Miami Heat, costringendoli in molte occasioni a prendere tiri affrettati, soprattutto da 3.
Herro si accontenta di un tiro forzato da 3 invece di giocare il pick and roll con Adebayo, con la difesa dei Celtics che ancora una volta ha costretto Miami a prendere un tiro sullo scadere dei 24
Con Robinson in panchina dopo pochi minuti, gli Heat hanno dovuto sudare per ogni singolo canestro a causa dell’abilità dei Celtics di switchare praticamente su tutti i blocchi, caratteristica che ha privato i Miami di prendere vantaggi in diversi momenti.
Adebayo, come spesso accade, aspetta che si sviluppi l’azione sul lato debole, ma non trovando giocatori liberi forza la penetrazione perdendo palla
Qui invece, con pochi secondi sul cronometro dei 24, Tatum e Theis raddoppiano Dragic in angolo costringendolo a fare un improbabile passaggio facilmente intercettato da Hayward
Walker e Theis cambiano su un pick and roll tra Herro e Olynyk, il Tedesco tiene due palleggi del rookie di Miami e dal lato debole arriva Smart in aiuto, mentre Hayward copre la linea di passaggio per lo scarico in angolo intercettando il pallone
Arrivati ancora allo scadere dei 24, Dragic deve attaccare 1vs1 Walker che rimane con lui costringendo lo Sloveno a prendere un tiro forzato
In generale, Boston ha tenuto Miami a meno del 39% dal campo subendo solamente 12 triple su 44 tentativi (27%), riuscendo a contestarne ben 33, e soprattutto è stata in grado di rendere inefficace il movimento senza palla dei giocatori degli Heat che raramente sono riusciti a ricevere dopo un taglio (situazione in cui Miami è una delle migliori squadre della lega).
I Celtics sono riusciti a non far mai entrare in partita Goran Dragic, che ha finito gara 3 con 11 punti (peggior prestazione di questi Playoffs) con 2/10 dal campo, 1/5 da 3, 5 assist e 5 palle perse. Nello specifico, lo Sloveno ha incontrato parecchie difficoltà contro Marcus Smart, il quale è stato il principale difensore del playmaker di Miami in gara 3 dopo essere stato in marcatura su Duncan Robinson per i primi 2 incontri.
4) La partita di Jaylen Brown
Se da una parte Jayson Tatum è stato il simbolo dell’efficacia offensiva dei Boston Celtics con 26 punti e 8 assist, dall’altra Jaylen Brown lo è stato per la fase difensiva. L’ex-Berkeley ha chiuso gara 3 con 26 punti (11/17 dal campo, 1/2 da 3 e 3/5 ai liberi), 7 rimbalzi, 5 assist, 3 recuperi e una stoppata; in attacco Brown ha sostanzialmente lasciato che la partita venisse da lui, ha forzato pochi tiri e ha punito le distrazioni dei Miami Heat ogni volta che ha potuto.
Ma il suo contributo in fase difensiva è stato ancor più importante: in totale Jaylen Brown ha difeso 15 tiri (solamente Smart ne ha contestati di più, con 16) subendo solamente 3 canestri (di cui 1/7 da 3 punti), ha causato 5 palle perse e ha concesso solamente 12 punti complessivi. Brown ha difeso soprattutto sui tiratori di Miami (Robinson ed Herro) concedendo loro solamente il 25% dal campo (2/8 con 1/6 da 3). Inoltre è riuscito a limitare anche Jimmy Butler (1/4 contro di lui) e a tenere in diverse occasioni anche Bam Adebayo dopo un cambio difensivo.
Nel momento chiave della partita, ovvero negli ultimi minuti del secondo periodo con Miami a -3, è stato protagonista delle due giocate difensive che hanno permesso ai Celtics di piazzare il parziale di 12-2 che Miami non è più riuscita a rimontare.
5) La Herro-ball e il fantasma di Jimmy Butler
Se i Miami Heat sono stati a galla per i primi 24 minuti con Robinson fuori per problemi di falli, gran parte del merito deve andare a Tyler Herro, che nella sola seconda frazione ha segnato 16 punti con 6/8 al tiro e 4/5 da 3 risultando essere l’unico giocatore in grado di segnare con continuità contro l’attentissima difesa dei Celtics.
Nel secondo tempo, invece, come il resto della squadra, non è stato in grado di contribuire in maniera significativa (solo 4 punti con 2/8 dal campo e 0/6 da 3) e spesso si è accontentato del tiro da 3 in mancanza di altre soluzioni a causa della solita ferrea difesa di Boston. Nonostante questo c’è poco da recriminare al rookie classe 2000 ex-Kentucky che sta stupendo un po’ tutti, perché probabilmente senza di lui questa partita sarebbe stata chiusa già dopo i primi 2 quarti.
Guardando il tabellino che recita 17 punti (6/13 dal campo), 8 rimbalzi, 3 assist si potrebbe dire che la prestazione di Butler in gara 3 sia stata appena sufficiente; in realtà è andata molto peggio di così. Butler solitamente lascia sempre che la partita venga a sé, preferisce coinvolgere i compagni nei primi possessi piuttosto che prendersi tiri, magari per paura di forzare, per poi salire in cattedra nei minuti finali e condurre i Miami Heat alla vittoria, come si è visto contro i Bucks in gara 1, ma anche contro Boston nella scorsa partita.
In gara 3, invece, Butler ha avuto un atteggiamento quasi passivo, cercando sempre il passaggio per un compagno invece di provare a mettersi in proprio, aspetto che sarebbe stato fondamentale vista l’asfissiante difesa dei Celtics che ha impedito agli Heat di sviluppare il loro gioco. Dopo una prima anonima metà di partita l’ex-76ers ha provato a creare qualcosa per sé stesso in modo da scaturire la rimonta dei suoi Heat, ma i due tiri che ha tentato sono state scelte a dir poco discutibili che non hanno prodotto alcun risultato.
Conclusione
Dopo il litigio nello spogliatoio al termine di gara 2, i Celtics hanno prontamente reagito con una prestazione di carattere che non ha dato scampo ai Miami Heat. Il rientro di Hayward, inoltre, ha consentito (e consentirà) a Stevens di poter adattare al meglio i suoi quintetti contro quelli degli Heat senza dover far troppo affidamento ai vari Wanamaker, Williams III e Ojeleye.
Miami, invece, deve assolutamente trovare il modo di entrare in partita fin da subito e non aspettare la doppia cifra di svantaggio per reagire e giocare in modo competitivo; per fare ciò dovrà avere a disposizione un Jimmy Butler più produttivo e disposto a prendersi più responsabilità, essendo l’ex-Marquette il leader tecnico ed emotivo della squadra assieme a Dragic.