Il dodicesimo giorno di playoff è cominciato con la sconfitta dei Bucks contro i Miami Heat di un ispiratissimo Jimmy Butler; OKC riesce invece a forzare Gara 7 contro Houston grazie ad uno straordinario Chris Paul.
MILWAUKEE BUCKS – MIAMI HEAT (0-1)
Analisi di Francesco Cellerino
Bucks e Heat promettevano una serie bella e combattuta e in effetti gara 1 non ha tradito le attese. La partita è stata tirata quasi fino all’ultimo, ma alla fine Miami è riuscita a spuntarla, trascinata da un incredibile Butler da 40 punti (15 solamente negli ultimi 6 minuti), mentre Milwaukee è stata tradita da un Giannis sottotono e ancora più impreciso del solito dalla lunetta, con 4/12.
1) La sfida filosofica tra Dragic e Lopez
Come previsto, coach Spoelstra ha cercato in tutti i modi di punire il drop di Milwaukee affidandosi alla sua arma più efficace: Goran Dragic. Lo sloveno in questi playoff sembra essere particolarmente on fire e sta mettendo a ferro e fuoco le difese di Indiana e Milwaukee con le sue fulminee penetrazioni e la sua pericolosità dal midrange, come dimostrato dallo shooting split relativo alle prime cinque gare della post-season.
La filosofia di coach Budenholzer è chiara: scommettere sulle percentuali dall’arco e intasare l’area, ma questi playoff stanno dimostrando come questo tipo di difesa sia in realtà più vulnerabile del previsto. Se i Magic erano stati traditi dalle percentuali dalla media, gli Heat sono stati decisamente più precisi, punendo regolarmente ogni esitazione di Lopez nel muoversi da sotto canestro per disturbare la penetrazione. La shot chart di Miami parla chiaro: Brook è il re indiscusso della restricted area, ma la sua efficacia crolla allontanandosi da essa.

Spoelstra ha cercato di cavalcare il più possibile le difficoltà nel contestare questo tipo di tiro di Milwaukee, facendo spesso entrare in campo Dragic non appena Budenholzer mandava in campo Lopez, facendogli giocare in modo speculare buona parte dei minuti. La sfida è stata decisamente vinta dal play degli Heat e i Bucks dovranno trovare delle contromisure per la prossime partite.
C’è da dire che, in certi casi isolati, Miami è caduta invece nella trappola della difesa di Milwaukee, facendosi ingolosire dalla possibilità di trovare un uomo smarcato sotto canestro e di fatto rendendo il pallone facile preda delle lunghe braccia degli avversari.
2) Butler è immarcabile?
Jimmy Buckets è stato indubbiamente il mattatore della partita coi suoi 40 punti (13/20 dal campo, 12/13 ai liberi) e probabilmente i Bucks lo avranno incontrato di nuovo nei loro incubi ma alcuni segnali positivi per la difesa di Milwaukee ci sono stati. Non ci soffermeremo più di tanto sugli highlight offensivi, facilmente reperibili online, ma sulle poche debolezze che ha mostrato anche in una partita giocata in modo così dominante. In particolare Butler sembra aver sofferto due situazioni: la marcatura di Matthews e la difesa in post dei Bucks. Coach Bud in questa partita ha inizialmente affidato la marcatura di Duncan Robinson a Middleton e non a Matthews, in modo da piazzare quest’ultimo addosso al giocatore offensivo più pericoloso, come d’altronde è spesso successo in stagione. Le statistiche sui matchup sono solitamente da prendere con le pinze, ma in questo caso confermano alcune percezioni dell’eye test: Wesley Matthews è il giocatore che ha avuto per più tempo e possessi Butler come diretto avversario ed è riuscito a limitarlo a 1/4 dal campo, con 1 rubata e 2 stoppate. Chiaramente queste statistiche in certi casi lasciano il tempo che trovano, dato che sia Middleton che Hill lo hanno limitato abbastanza bene in post, ma si ritrovano dei numeri impietosi per via dello show paranormale messo in piedi da Butler nella notte. D’altronde si sa che quando un giocatore con un talento del genere si accende, per i difensori la faccenda si fa veramente dura (Indiana, ne sai qualcosa?), ma in ogni caso la clip successiva mostra le difficoltà incontrate nel gioco spalle a canestro e nel superare la marcatura di Matthews. Nell’ultimo video invece Matthews è costretto ad aiutare per via della lentezza di Lopez e Butler riesce finalmente a liberarsi dalla sua asfissiante marcatura.
3) What’s up Giannis?
Tra i principali motivi della sconfitta dei Bucks, va sicuramente annoverata la prestazione della stella Antetokounmpo, apparso decisamente troppo timido e poco concentrato. La sua partita in fin dei conti non è stata terrificante, 18 punti, 10 rimbalzi e 9 assist solitamente non si trovano sotto alla voce “disastro”, ma ciò che preoccupa davvero è la facilità con cui ha permesso ai difensori avversari di limitarlo, senza opporre più di tanta resistenza e prendendosi meno responsabilità offensive del solito. Crowder in particolare è stato bravissimo a contenerlo e a subire uno sfondamento fondamentale, che è valso il terzo fallo di Giannis e che lo ha innervosito non poco, ma in generale il neo DPOY è apparso soft e rassegnato.
Inoltre Miami in transizione ha spesso cercato di portarlo verso l’angolo, per poi poterlo raddoppiare e mettere in difficoltà, generando passaggi forzati e quindi azioni macchinose per Milwaukee.
Dall’altro lato gli Heat non potranno dormire sonni tranquilli: difficilmente Antetokounmpo giocherà a questi livelli tutta la serie e probabilmente non vedremo un altro suo quarto quarto da 1/4 dal campo e 1/4 ai liberi, ma intanto il primo round della sfida ha sorriso alla franchigia della Florida.
4) Adebayo facilitatore
In uno dei suoi timeout, coach Spoelstra ha raccolto i suoi giocatori e ha scritto una sola cosa sulla lavagnetta: “PASS”.

Bam Adebayo non si è certo fatto pregare, ripagandolo con 6 assist e 60 passaggi, di cui ben 25 diretti a Goran Dragic. Miami ha spesso cercato di fargli arrivare la palla per permettergli di gestire la situazione dal post alto e dal gomito, leggendo i tagli o i movimenti sul perimetro dei suoi compagni. Questa sua capacità ha tra l’altro permesso agli Heat di mettere in difficoltà il quintetto piccolo che Milwaukee ha schierato per cercare di limitare il bagno di sangue patito dal midrange: nella seconda clip del video seguente, Marvin Williams prova in qualche modo a ostruire la linea di passaggio a Bam, ma il lungo di Miami semplicemente passa la palla sopra alla sua testa senza minimamente preoccuparsi della sua presenza. Le altre due clip invece sono ottimi esempi della bravura di Adebayo nel leggere le situazioni, servendo il tagli di Nunn o liberando Herro per una comodissima tripla.
Le premesse fanno ben sperare Miami, ma Adebayo può e deve comunque crescere, soprattutto a livello di imprevedibilità. Bam si trova molto bene a giocare con Duncan Robinson e il loro gioco a due è spesso letale, ma i Bucks sono riusciti a limitare il mortifero tiratore avversario proprio perché spesso ad Adebayo vengono gli occhi “a cuoricino” e si dimentica degli altri compagni. In questo caso il lungo fissa il suo sguardo su Robinson e non lo stacca più, cercando di trovare a tutti i costi un modo per servirlo: Middleton legge la situazione e va a guadagnarsi un fallo in attacco.
5) Middleton è tornato?
Dopo la complicatissima serie personale coi Magic, l’uscita dalla bolla di James Ennis III sembra aver giovato a Middleton, che finalmente può girare per la bolla di Orlando senza il timore di vederselo comparire improvvisamente davanti. L’esterno dei Bucks pare aver ritrovato prima di tutto la concentrazione su entrambi i lati del campo, nonostante il difficile compito nei primi minuti di gioco di contenere Duncan Robinson. La sua determinazione è apparsa evidente da situazioni come quella nella clip seguente, dove ha letto bene e intercettato un passaggio degli avversari e poi è andato fino in fondo, assorbendo un duro contatto con Olynyk.
L’intervallo sembra però avergli tolto di nuovo parte del talento: nella seconda metà di gara ha segnato solo 7 dei suoi 28 punti, con un quarto quarto da 5 miseri punti. Nell’ultima frazione i Bucks si sono quindi trovati a non poter contare sui due giocatori di maggior talento del roster, soccombendo inevitabilmente davanti ai fuochi d’artificio di Butler.
6) Il supporting cast di Milwaukee
Se in difesa ha faticato, Brook Lopez è stato fondamentale in attacco, viste anche le difficoltà di Antetokounmpo, e se non avesse commesso il suo quarto fallo nel terzo quarto la partita sarebbe potuta andare diversamente. La sua precisione dal campo e in particolare dall’arco ha costretto Adebayo a seguirlo ovunque, liberando teoricamente l’area per le scorribande di Giannis, che però non ha saputo approfittarne.
Korver è stato importantissimo per permettere ai Bucks di rimanere in qualche modo attaccati alla partita con due giocate difensive importantissime, non proprio la specialità della casa, oltre che a un paio di tiri decisamente più nelle sue corde. Nel primo caso ha compiuto un’autentica magia fermando un contropiede di Miami, mentre nel secondo ha forzato la palla persa di Iguodala con un ottimo closeout.
Il resto della panchina ha invece davvero deluso, con prestazioni troppo brutte per essere vere, ad eccezione forse del solo Marvin Williams: troppo poco per impensierire gli Heat. La presenza di Hill in quintetto ha sicuramente impoverito la panca dei Bucks, ma non può essere l’unica spiegazione e scusante.
7) Le spaziature di Miami
Gli Heat hanno parzialmente deluso nel tiro dall’arco, soprattutto per via della giornata storta di Robinson, ma sono comunque riusciti a mascherare molto bene i loro non tiratori. C’è da dire che però in alcuni casi hanno avuto una fretta eccessiva di giocare in penetrazione, non dando tempo ai propri tiratori di posizionarsi e allargare le maglie della difesa: in questo caso Tyler Herro ha cercato di sfruttare il fattore sorpresa ma, vista la presenza in campo di Adebayo e Iguodala, i Bucks non si sono preoccupati e hanno intasato l’area, condannando all’errore la guardia avversaria, che non aveva dato il tempo a Butler e Nunn di posizionarsi sul perimetro.
8) Habemus closing lineup? Spoiler: no
Come sottolineato nella preview della serie, i Bucks hanno spesso vinto le loro partite con un sostanzioso vantaggio; quando invece hanno perso, in molte occasioni non è stata una sconfitta punto a punto. Questo porta Milwaukee a non avere una lineup rodata per ammazzare i finali di partita e gara 1 non ha fatto eccezione. Negli ultimi minuti coach Bud ha cambiato spesso uomini, non riuscendo a far quadrare in modo definitivo la situazione: Antetokounmpo non ha più riposato dagli ultimi minuti del terzo quarto, Connaughton ha avuto tanti minuti consecutivi, ma tutti gli altri hanno fatto un continuo avanti e indietro con la panchina, che probabilmente, visto il risultato finale, non ha giovato. In particolare ha un po’ stupito la scelta di lasciare fuori per tutto il finale di gara Matthews, unico giocatore che abbia dato l’impressione di poter arginare il tornado Butler: se a inizio quarto i suoi minuti sono stati assegnati a Korver, che come già detto ha ripagato la fiducia mantenendo i Bucks in scia, nel finale di gara la presenza di Matthews avrebbe sicuramente fatto comodo.
HOUSTON ROCKETS – OKLAHOMA CITY THUNDER (3-3)
Analisi di Francesco Contran
Gara 6 della serie tra Oklahoma City Thunder e Houston Rockets è, per intensità ed equilibrio, probabilmente una delle partite più belle dei playoff. In bilico fino all’ultimo e decisa da Chris Paul e Russell Westbrook, la partita vede vincitori i Thunder, che forzano gara 7 e costringono Houston a sprecare il primo match point. L’appuntamento per il win or go home è fissato alle 3 del mattino italiane, ma andiamo a vedere le chiavi della partita.
Oklahoma ha coinvolto fin dall’inizio Gallinari
Danilo Gallinari, miglior giocatore di OKC in gara 1 e poi lentamente ed inesorabilmente sparito dalla serie, è stato cercato fin da subito dai suoi compagni, che hanno dato 5 opportunità a Danilo appena cominciata la partita.
L’idea era quella di forzare i mismatch contro giocatori più bassi dell’italiano, in modo da sfruttarne il vantaggio di taglia, oltre a servire la sua mano mortifera dall’arco dei tre punti. Danilo ha iniziato 0/4, ma il suo coinvolgimento iniziale è stato molto importante e alla lunga ha iniziato a segnare. A fine primo quarto il bottino dell’italiano è stato di 7 punti con 3/7 dal campo e 1/4 dall’arco, ma i tiri presi erano buoni tiri e hanno dimostrato che OKC può e deve cercare meglio il suo miglior tiratore.
Il primo quarto in generale è stato caratterizzato da ottime difese, e il punteggio basso di 25-24 per i Rockets rispecchia solo in parte ciò. La partita è iniziata con molti falli e contatti fisici, e in generale parecchio nervosismo, come logico che sia in un elimination game dei playoff. Le squadre hanno perso 5 palloni a testa nel primo quarto, dimostrando parecchia imprecisione palla in mano. Russell Westbrook in particolare ha perso due palloni nello stesso identico modo nel primo quarto, anticipando una tendenza che lo accompagnerà per l’intera gara.
L’importanza di Darius Bazley e l’inutilità di Terrance Ferguson
Con 6 minuti da giocare nel primo quarto, Luguentz Dort, miglior difensore di Oklahoma City, commette il terzo fallo. Donovan è costretto a passare alla sua death lineup con le tre pointguard e ciò aiuta a nutrire l’attacco di OKC. Con un non tiratore in meno, infatti, la circolazione di palla è più fluida e garantisce migliori opportunità offensive ai Thunder, benché li privi del miglior uomo da spendere James Harden, con conseguenti problemi in difesa.
Per far riposare le sue guardie, il coach dei Thunder ha pensato di schierare Ferguson, giocatore al suo terzo anno nella lega e decisamente inadeguato per giocare a questi livelli. Nei 5:20 in cui è stato in campo il suo Net Rating è stato -54.5, con un clamoroso 53.8 di Offensive Rating. Per quanto il campione sia piccolo, l’eye test conferma come questo giocatore non possa e non debba stare in campo. Offensivamente non segna mai, e difensivamente è troppo magro per poter sperare di marcare Harden o Westbrook. I risultati, che vi lascio nella clip qua sotto, sono tragicomici: continuamente bersagliato in difesa e inutile in attacco, è stato l’uomo in più per i Rockets nel secondo quarto.
Molto più preparato, invece, è stato il sempre più convincente rookie di Oklahoma City Darius Bazley. Sostituto di Gallinari e parte della rotazione da playoff, il classe 2000 ha impattato il secondo quarto prendendosi 6 tiri liberi in rapida successione e mettendo in mostra un’ottima difesa. In grado di cambiare su tre ruoli e di proteggere abbastanza bene il ferro, ottimo in aiuto, attivissimo a rimbalzo e ancora a segno dall’arco dei tre punti, Darius ha chiuso l’ennesima gara con un Net Rating positivo di +16.8 in ben 22 minuti giocati. Nonostante offensivamente non abbia l’impatto di Gallinari, è un difensore molto migliore e ha ancora parecchie potenzialità. Il fatto che da rookie sia in grado di giocare tanto in postseason è un ottimo segnale per una squadra come Oklahoma City, che sta ricostruendo puntando anche su di lui.
Il grande terzo quarto di Gallinari e Dort
I microfoni di TNT ci regalano uno spezzone di Donovan negli spogliatoi: il coach dei Thunder dice che bisogna entrare in campo con la giusta mentalità, e bisogna evitare un’imbarcata come nella precedente gara 5. Sotto di 3 all’intervallo, i giocatori di Oklahoma City dimostrano di non aver sentito nulla. Da un paio di palle perse in successione da OKC, Houston ricava dei punti in transizione con Harden e Westbrook, portandosi sul 58-49 con 10:30 al termine del terzo quarto. Da quel momento, Gallinari si mette in proprio e inizia a produrre 11 punti in fila con tre triple e un jumper, lo stesso tipo di tiri che nel primo quarto non erano entrati quasi mai. OKC riesce così a contenere la produzione offensiva eccelsa di James Harden e a difendere bene sui suoi compagni, sfruttando anche i possessi sprecati dai Rockets con le palle perse. Houston perde infatti 10 palloni nel quarto, anche se i Thunder ne approfittano solo in parte: sono ricorrenti le azioni in cui una squadra perde il pallone e l’altra in contropiede va a sua volta a fare lo stesso.
In un terzo quarto abbastanza caotico emerge Luguentz Dort, rientrato in gara dopo i problemi di falli: con un paio di layup contribuisce alla rimonta e le sue due triple in due possessi consecutivi suggellano il vantaggio di 77-75 a fine periodo. Emerge anche l’ottima difesa di Oklahoma City: da 3:33 a fine quarto Houston non riesce a segnare mai, merito anche della difesa di Bazley, Dort e Noel. Vi lascio gli highlights della partita di Gallinari, esploso proprio nel terzo quarto, ricordando che è stato fondamentale coinvolgerlo a inizio gara per avere questa produzione offensiva.
I momenti decisivi e l’ascesa di Chris Paul
Chiamato a fare la differenza dopo una pessima gara 5, Paul si presenta con 12 minuti da giocare, 13 punti a referto e 5/13 dal campo: Chris è stato più aggressivo da inizio gara, ma i suoi tiri non sono entrati con la tipica frequenza. Il quarto conclusivo inizia con le squadre che si rispondono colpo su colpo: Paul, Schroeder e una tripla di Bazley portano Oklahoma City sul +8, ma Harden, Tucker e un eccellente Robert Covington riportano sopra i Rockets. Ottima la partita del 3&D più famoso della lega, che chiude con 18 punti con 4 triple a segno e un complessivo 7/11, oltre alla consueta buona difesa. Tra le altre cose, anche 5 palle recuperate e 3 stoppate, opinabilmente il migliore dei suoi con James Harden: aggressivo al ferro e non esitante dall’arco, ha giocato la miglior partita offensiva della sue serie dopo due rivedibili gare 3 e 4 e una normale gara 5. Con una tripla di difficoltà folle, The Beard porta i suoi sul +5, poi un tecnico fischiato a Chris Paul porta i Rockets al vantaggio 98-92 con 4:19 da giocare. Il fischio arbitrale infiamma il leader dei Thunder, che in due azioni consecutive segna due triple complicatissime proprio contro Robert Covington che difende molto bene, ma vede i tiri dell’avversario trovare il fondo della retina.
Da quel momento abbiamo un minuto confusionario, in cui Houston perde palla ed OKC non sfrutta la cosa andando a sua volta a gettare il pallone: parte di questo è merito della difesa della squadra allenata da D’Antoni in transizione, che si è fatta trovare prontissima in quella fase di gioco. In generale, nonostante 22 palle perse da Houston, i punti in contropiede segnati da Oklahoma sono solamente 5, mentre i Rockets hanno sfruttato le capacità transizione di Westbrook e Harden con 20 punti in contropiede. A un layup di Russell risponde Schroeder, e si arriva all’ultimo minuto in parità a quota 100.
Come potete vedere dal video qua sopra, Harden salva un airball di Westbrook con 40″ sul cronometro, salvo poi sbagliare una tripla complicata, mentre Paul ottiene e segna due liberi. Con 13 secondi sul cronometro D’Antoni non chiama timeout, e inspiegabilmente Harden non si prende il pallone. Russell cerca di sfruttare la semitransizione per andare al ferro, ma vedendo un muro cerca uno scarico complicato per Covington su cui Chris Paul si avventa. La palla finisce per essere persa, e sotto di due i Rockets sono costretti a commettere fallo su Gallinari che porta i suoi sul +4, chiudendo la partita. Gran quarto conclusivo quello della Point God con 15 punti, 5/7 al tiro e tre triple clutch. Inspiegabili invece i soli tre tiri presi da Harden nei minuti finali, in cui le azioni le hanno dovute gestire Westbrook e in parte Eric Gordon, finendo per perdere in volata. E la stanchezza non sembra una scusante valida per il numero 13, anche perché quando OKC l’ha puntato in difesa non ha concesso nulla.
Conclusioni
Oklahoma City ha forzato gara 7 contro Houston, in una partita a cui a Billy Donovan si può imputare solamente l’utilizzo di Ferguson. Steven Adams ha infatti giocato meglio del solito, collezionando 9 rimbalzi offensivi, il contributo che ci si aspettava da lui sin da inizio serie. OKC ha vinto 10 a 4 a rimbalzo offensivo, ma ha ottenuto solo una decina di punti da seconda opportunità, perché la difesa di Houston è stata solida per tutta la gara e non si è mai disunita. Non abbiamo visto il quintetto piccolo con le 4 guardie e Gallinari; nonostante una prova opaca di Gilgeous-Alexander e Schroeder, Oklahoma è riuscita a trovare le giuste opportunità e soprattutto ha retto in difesa. Adams e Bazley hanno protetto abbastanza bene il ferro, mentre una buona marcatura a uomo di OKC e l’imprecisione dei Rockets dall’arco ha portato al 15/44 finale. Nemmeno i Thunder hanno tirato bene dall’arco, ma in questa serie non l’hanno mai fatto, e le 19 palle perse non sono state fatali solamente perché Houston ne ha collezionate ben 22.
Buona è stata la difesa in raddoppio su Westbrook in post, che ha scaricato spesso male per i compagni, come testimoniano le 7 palle perse a fronte di soli 3 assist. Non è chiaro perché D’Antoni abbia dato tante responsabilità anche a fine gara a un giocatore con ancora restrizioni di minutaggio(27 i minuti di Russell) e una condizione non ottimale. Harden ha giocato sui suoi standard per 3 quarti, ma poi è sparito poco a poco dalla gara, gestendo sempre meno possessi fino al finale di gara in cui non ha mai provato i suoi isolamenti. Anche lui è stato impreciso con 5 palle perse, mentre Eric Gordon è irriconoscibile: sta tirando 8/43 dall’arco e il suo impatto nella serie è pressoché nullo nelle ultime gare, mentre aveva dominato nelle prime due al ferro. Non so se ciò sia dovuto alla scelta di Oklahoma City di non raddoppiare Harden, con Houston abituata a giocare 4 contro 3 con palla a Gordon, o se semplicemente Eric non ha recuperato dall’infortunio, fatto sta che per ora non sta rispettando le aspettative.
Quel che è certo è che i Thunder hanno risposto bene all’umiliazione e andranno in gara 7 da sfavoriti, ma con tutta la voglia di vincere. Houston deve necessariamente passare il turno per scongiurare un fallimento che avrebbe pure molte attenuanti, ma in cui i colpevoli di certo non mancano. Primo tra tutti Mike D’Antoni, assente nel quarto finale di gara 6, in cui il ruolo di coach l’ha ricoperto Westbrook con risultati rivedibili.
Ad ogni modo la serie avrà una fine alle 3 del mattino, e comunque vada per i Thunder sarà un successo, ma è certo che entrambe le squadre venderanno cara la pelle. I Los Angeles Lakers e tutti gli appassionati NBA non vedono l’ora di assistere a questa gara 7 in cui non mancheranno le scintille, e, azzardo, una grande prestazione di Harden e Westbrook chiamati a reagire. La fine del primo turno si avvicina, e si spera che sarà in grande stile.