Dall’ottavo giorno di playoff abbiamo imparato che Miami sarà una bruttissima cliente per i Bucks, che non bisogna mai dare per sconfitti i Thunder e che i Lakers non sono tra le favorite per caso.
INDIANA PACERS – MIAMI HEAT (0-4)
Analisi di Luca Bagni
Si chiude con uno sweep la serie tra la quarta e quinta testa di serie della Eastern Conference: un risultato piuttosto pronosticabile nell’esito, ma tutto sommato sorprendente nelle dimensioni. Era infatti lecito attendersi almeno una gara 5, se non addirittura una sesto episodio.
La partita di stanotte a livello di punteggio è andata contro corrente rispetto ai primi tre episodi della serie e nessuna delle due squadre ha superato i 100 punti: i Pacers si sono addirittura fermati a quota 87. Ancora una volta Indiana ha subito un primo allungo di Miami e, al pari delle partite precedenti, ha provato a ricucire lo strappo senza mai riuscire a completare l’aggancio.
Da un lato questa è una buona notizia per McMillan: la squadra ha sempre risposto presente con la volontà di competere alle sue indicazioni, anche in una situazione caratterizzata da una serie 0-3, dentro la bolla di Orlando e contro una squadra oggettivamente più forte.
Dall’altro però i Pacers hanno mostrato i soliti limiti che gli hanno impedito di impensierire Miami.
Il primo, forse il meno grave perché per definizione temporaneo, sono le condizioni fisiche di Oladipo: anche ieri dei 19 tiri tentati sono state ben 11 le triple, spia di una mancanza di esplosività dell’ All-Star dei Pacers.
A livello difensivo, Dragic e Adebayo hanno ripetutamente abusato di Brogdon e Turner per tutta la serie, mentre il tiro da tre degli Heat è stato contrastato poco e male dall’intera squadra. La sconfitta di gara 3 è dovuta essenzialmente alle percentuali astronomiche concesse agli Heat nel primo tempo.
Troppo scolastico questo hand off per giustificare tale libertà per un pericolissisimo tiratore come Robinson: chiaro esempio di mancata comunicazione e pigrizia
La Off Season di Indiana sarà molto importante: alcune decisioni dovranno essere prese dalla dirigenza, ma ne parleremo altrove.
Miami avanza invece al prossimo turno, dove probabilmente sfiderà i Milwaukee Bucks di Antetokoumpo. Una serie che si prospetta entusiasmante e dove gli Heat potranno ulteriormente mettere alla prova le proprie caratteristiche contro una squadra ovviamente molto più attrezzata di Indiana.
Il tiro da 3 punti è fondamentale nel gioco di Miami, ed è grazie a quello che varie altre soluzioni offensive acquistano efficacia: Indiana è stata massacrata dagli 1vs1 di Adebayo e Dragic, i cui difensori non potevano contare troppo sugli aiuti dei compagni, impegnati ad evitare scarichi e tiri da 3 punti aperti.
Miami in questa serie ha avuto poi un ulteriore chiaro vantaggio su Indiana: la pluralità di bocche da fuoco su cui ha potuto contare. In gara 2 Duncan Robinson è stato decisivo dopo aver giocato una deludente gara 1, quando Adebayo è stato sottotono. In gara 4 è finalmente uscito in maniera importante Tyler Herro, non sempre pienamente in ritmo nelle 3 partite precedenti: 16 punti per lui, di cui 7 utili a rintuzzare i tentativi di rientro di Indiana nell’ultimo quarto.
Questa pericolosità diffusa tra tantissimi giocatori, e non solo nei membri del quintetto, metterà in difficoltà Bucks: Miami non parte assolutamente battuta, specialmente se l’ottima organizzazione difensiva vista in queste 4 prime partite verrà replicata contro Giannis&Co. Non è affatto improbabile che la serie possa arrivare a Gara 7.
MILWAUKEE BUCKS – ORLANDO MAGIC (3-1)
Analisi di Francesco Cellerino
Al contrario della scorsa partita praticamente a senso unico, in gara 4 i Magic hanno sfoderato una prestazione di grande orgoglio e il 121-106 finale non rende giustizia alla franchigia della Florida. Con la serie sul 3-1 per i Bucks (unica serie ad Est non conclusa con uno sweep), andiamo ad approfondire i principali temi di gara 4.
1) La partita di Khris Middleton
Affrontiamo immediatamente il cosiddetto elefante nella stanza: Khris Middleton sta giocando senza dubbio una serie al di sotto delle aspettative e se non ci fosse stato il riscatto nell’ultimo quarto con 18 dei suoi 21 punti totali, il giudizio sarebbe stato ancora più inclemente.
Come già detto in occasione di gara 3, Middleton sta soffrendo in modo incredibile la marcatura di James Ennis III, contro il quale è stato letteralmente disastroso. Nella clip successiva ho provato a raccogliere la maggior parte dei possessi significativi in cui Ennis ha marcato il secondo violino dei Bucks e le immagini sono impietose: Khris non è riuscito a mettersi in ritmo (0/5 dal campo nel matchup), ha perso palloni non da lui e ha subito una stoppata, venendo completamente annullato.
La frustrazione di Middleton è risultata evidente, così come è sembrato chiaro che ormai mentalmente fosse fuori dalla partita. L’apice è stato raggiunto a cavallo tra terzo e quarto quarto: dopo due falli consecutivi, ma tutto sommato perdonabili, all’inizio dell’ultima frazione ha commesso un fallo imbarazzante per un giocatore del suo livello, andando sostanzialmente a correre addosso a Ross e dando l’idea di aver perso il controllo sul proprio gioco.
Come in gara 3 però c’è stato un fondamentale turning point: se nella scorsa partita era stata l’espulsione di Ennis a giovare a Middleton, in questo caso è stato il cambio nelle marcature a inizio quarto quarto. Fournier e Fultz non sono minimamente riusciti a limitare Khris, che ha di colpo ritrovato fiducia e ha ricominciato a segnare i suoi tipici tiri anche ben contestati. Proprio per questo viene da pensare che il problema fosse soprattutto a livello mentale, fattore che non può far dormire sonni tranquilli ai Bucks: se la serie contro i Magic può essere portata a casa anche con un Middleton fuori giri, nelle prossime serie per vincere servirà la sua versione immarcabile vista solo nel finale di partita.
2) Brook Lopez e la difesa dei Bucks
Per mettere in difficoltà la difesa deep drop dei Bucks comandata da Brook Lopez, i Magic stanno facendo un uso esasperato del gioco dal midrange per sfruttare lo spazio in penetrazione ottenuto grazie ai blocchi sul perimetro e alla riluttanza di Lopez nell’allontanarsi dalla sua posizione sotto canestro, nella quale è invece praticamente insuperabile. Tra le sedici squadre dei playoff, Orlando è nettamente prima per percentuale di tiri totali presi dal midrange, con un inusuale 16.2% (per capirci i Bucks prendono appena il 9.1% dei loro tiri da quella zona). Per fortuna dei Bucks, in gara 4 i Magic non hanno tirato con buone percentuali dalla media e il solo Ross (5/5 nelle conclusioni in penetrazione) è riuscito a far davvero male, ma questa tendenza preoccupa non poco in vista delle prossime serie di playoff.

La strategia di coach Clifford è stata chiara e non ha pagato per ragioni legate alla precisione. Hanno provato a punire Lopez ogni volta che ha scelto di non aiutare tempestivamente sulle penetrazioni, gettando qualche dubbio sul quintetto “alto” di Milwaukee.
Rispetto alle scorse tre gare, anche per ovviare a questo problema, coach Budenholzer ha cercato di far muovere più spesso Brook lontano dal canestro, principalmente per seguire Vucevic nella metà campo difensiva. In gara 3 la scelta era stata invece quella di lasciare il più possibile spazio sul perimetro al centro montenegrino per invogliarlo a tirare e il risultato era stato un 2/8 dall’arco. Curiosamente, in questa partita il suo tabellino recita 6/10 dall’arco (3/4 nell’ultimo quarto), nonostante i suoi tiri siano stati decisamente più contestati, ma non è questo il punto principale: se in alcuni casi gli aiuti di Lopez lontano dal canestro sono stati ottimi, in varie occasioni la sua presenza in campo è sembrata problematica. Fino a pochi anni fa, il lungo di Milwaukee è stato deficitario in difesa, solo l’approdo nel sistema di coach Bud lo ha reso un incredibile rim protector grazie alla sua difesa drop e le sue lunghissime braccia che oscurano il cielo a qualunque giocatore in penetrazione. Il suo tipico posizionamento serve però soprattutto a mascherare la sua estrema lentezza di piedi, che a 32 anni non potrà di certo essere risolta. Ecco che quando è stato attirato lontano dal canestro ha perso completamente il tempo del suo intervento, facendosi bruciare sul primo passo in velocità da qualunque avversario.
Inoltre questo tipo un po’ diverso di difesa ha inceppato alcuni degli oliatissimi meccanismi difensivi dei Bucks, portando ad alcune incomprensioni come nella prossima clip, dove Antetokounmpo e Lopez corrono contemporaneamente a contestare il tiro, regalando un facilissimo mismatch a Vucevic sotto canestro.
Per ovviare a questi problemi, Milwaukee ha optato ancora una volta in vari spezzoni di gara per il quintetto “piccolo” con Giannis da centro o con il recuperato Ilyasova e Marvin Williams da lunghi, mentre per Robin Lopez è arrivato un DNP. Tra l’altro ha stupito la scelta di contrapporre il quintetto con Ilyasova e Williams proprio al quintetto alto di Orlando, col primo che ha marcato Birch e il secondo che ha provato a contenere Vucevic. Con loro in campo, la difesa è stata decisamente diversa dal solito e molto più aggressiva, con Williams in particolare che si è spesso francobollato al trascinatore degli avversari.
Per il resto, come nelle altre partite della serie, l’attacco dei Magic è stato piuttosto prevedibile, vista l’assoluta dipendenza da Vucevic: in questo caso ad esempio il lungo indugia decisamente troppo in post e Bledsoe legge l’occasione per una comoda palla rubata.
3) La difesa dei Magic
I Magic, rispetto alle scorse tre gare, hanno provato a cambiare spesso difese per provare a mettere in difficoltà Milwaukee, riuscendo nell’intento in alcune situazioni. Se della difesa su Middleton abbiamo già parlato, va detto che rispetto alle scorse partite Orlando ha scelto di rischiare un po’ di più nella gestione dei contropiedi. Nelle altre gare l’ordine era stato quello di correre in difesa senza cercare il rimbalzo offensivo, mentre in gara 4 la strategia è stata più rischiosa e in certi casi ha pagato, ma ha anche obbligato i Magic a esporre il fianco ai temibilissimi contropiedi dei Bucks. Nella clip successiva il risultato finale delle due azioni è stato lo stesso, ma per motivi diametralmente opposti: nel primo caso, il mancato rientro dopo l’errore sul tiro è stato fatale come temuto da Clifford, mentre nel secondo caso solo la sfortuna ha impedito a Orlando di ottenere un secondo possesso grazie al recupero di Birch, che non sarebbe stato possibile se la squadra fosse corsa in difesa come nelle altre partite.
A inizio secondo quarto invece Orlando ha improvvisamente scelto di blitzare, o comunque raddoppiare i portatori di palla, mettendo in grande difficoltà in un paio di occasioni l’attacco di Milwaukee. La strategia è però molto rischiosa e raddoppi portati con poca convinzione come nel terzo possesso del prossimo video hanno spalancato la via del canestro ai Bucks.
Onestamente non si può biasimare esageratamente la difesa di Orlando, che come noto deve fare a meno di Isaac, Gordon e MCW, trovandosi cortissima nelle rotazioni. Giannis è risultato immarcabile, nonostante su di lui si siano alternati quasi tutti da Clark, Fournier e Fultz a Birch, ma tutto sommato il lavoro è stato buono, nonostante qualche imperdonabile disattenzione come ad esempio aver completamente dimenticato Korver libero sul perimetro a pochi minuti dalla fine e in piena rimonta. I Bucks, nonostante la debacle di gara 1, sono più forti e l’hanno ampiamente dimostrato, portandosi a una sola vittoria dal passaggio del turno. Le possibilità di Orlando sono ridotte a un lumicino e servirà una gara 5 perfetta sotto tutti i punti di vista per mantenere viva la serie, prospettiva al momento difficile, ma l’ottima partita giocata fino al momento in cui Middleton ha deciso di accendersi può comunque lasciare un barlume di speranza ai tifosi Magic. I Bucks dal canto loro non possono permettersi di sbagliare ancora, vista anche la facilità con cui le altre concorrenti hanno sweepato le loro avversarie, per non perdere giorni preziosi di riposo.
LOS ANGELES LAKERS – PORTLAND TRAIL BLAZERS (3-1)
Analisi di Andrea Poggi
Dopo tre ottime gare in casa Lakers giungiamo a gara 4, partita fondamentale per mettere un punto sulla serie e confermare quanto di buono fatto vedere fino ad ora. Il match non presenta tantissimi spunti tattici: i Blazers hanno giocato tutte le carte in loro possesso e non sono riusciti a limitare Davis e LeBron; dall’altro lato, invece, i Lakers sono riusciti ad imbrigliare l’attacco di Portland in maniera più che ottima. Come scritto anche nei precedenti articoli, il game plan difensivo di Vogel è mutato e si è aggiustato in base alle capacità offensive del ‘’Dynamic Duo’’ avversario compromettendone l’efficacia, c’è da specificare però che le condizioni fisiche di alcuni giocatori di Portland non sono ottime: McCollum ha problemi alla schiena, Lillard si è dislocato un dito in gara 2 e in gara 4 è uscito per problemi al ginocchio e Nurkic non sembra minimamente in forma.
Gli aggiustamenti difensivi dei giallo viola non solo hanno limitato l’offensiva degli avversari ma hanno anche aperto il campo per dei ‘’fastbreak points‘’ facili: nel primo quarto i Lakers hanno segnato 12 punti in contropiede, quasi la metà dei punti in contropiede che segneranno in tutta la partita.
Nelle clip possiamo vedere due perfetti esempi di ‘’Defense to Offense’’ di cui parlavo poco più su. Davis tiene benissimo Nurkic in post e riesce a rubare palla a quest’ultimo, nel frattempo Green e LeBron iniziano il contropiede: tre passaggi e si arriva al canestro, questa volta subendo fallo. Nella seconda clip troviamo di nuovo il candidato DPOY (premio andato poi a Giannis Antetokounmpo) andare a contestare in modo pressoché perfetto Anthony al ferro, palla recuperata e James schiaccia in contropiede.
Il solco nel primo quarto, che si manterrà per tutta la partita, non è solo frutto di punti in contropiede e ottime difese ma anche di tiri da 3 messi a segno. I primi 12 minuti sono stati quasi perfetti dalla lunga distanza, nel secondo quarto le cifre sono un po’ peggiorate ma sono rimaste ottime: 11 su 19 da 3 a metà gara. Al contrario, Portland riesce a convertire solo 4 triple su 10 tentativi, una buona percentuale ma non è abbastanza per reggere il passo dei Lakers. Grazie a questi numeri stratosferici i Lakers concluderanno il secondo quarto con un vantaggio di 29 lunghezze, una partita praticamente già finita.


Le due shot chart (sono dei primi due quarti) evidenziano le disparità al tiro delle due squadre. Portland ha avuto, tutto sommato, una serata normale al tiro da 3, i problemi però sono stati due: la serata incredibile al tiro dei Lakers e la difficoltà nel segnare in area contro i centri giallo-viola.
Dopo questa partita è necessario parlare di Kuzma. Il giovane Lakers sta disputando dei PO sopra le aspettative. In stagione Kuz è risultato spesso inconsistente in attacco (31% da 3 e 43% dal campo) con una una shot selection da rivedere ed una carenza nel passing abbastanza vistosa. in difesa le cose sono andate anche peggio, la sua mobilità limitata lo ha reso vittima di facili blow by e isolamenti. Tutto però sembra cambiato dall’inizio di questi PO e ieri sera ha confermato le impressioni positive. Non fraintendete, l’incostanza al tiro c’è ancora ma son le scelte ad essere cambiate ed anche la difesa. In gara 4 Kuzma ha preso raramente tiri in isolamento “a là Jordan”, anzi, si è fatto trovare pronto per ricevere il pallone o fare un semplice passaggio. L’aspetto che maggiormente mi ha colpito è la volontà di difendere: non arriva più soft sul difensore ma lo fronteggia basso sulle gambe e con i piedi in movimento. Chiariamoci, Kuzma non sarà mai un ‘’lockdown defender’’ ma queste piccole accortezze fanno sperare in un suo apporto quantomeno neutro in una serie di PO combattuta.
Nella prima clip vediamo Kuzma mentre torna su Trent, rimane basso sulle gambe e utilizza il fisico. I piedi sono in movimento. Nella seconda clip invece vediamo le rotazioni dopo il blitz sull’isolamento di Lillard: Kuzma sta a uomo sul lato debole ma appena vede la rotazione di Smith (che sera zonato) corre per recuperare su Simons ed impedire una tripla facile.
Houston Rockets – Oklahoma City Thunder (2-2)
Analisi di Francesco Contran
Per trovare l’ultima volta in cui gli Oklahoma City Thunder vinsero una gara 4 di playoff bisogna tornare indietro fino al 2016. Con una serie in bilico e un 3-1 che avrebbe significato una sconfitta pressoché certa, OKC trova la forza di rimontare uno svantaggio in doppia cifra e di vincere la gara in volata, impattando sul 2-2 la serie. Possiamo finalmente dire che la serie è iniziata, e gara 5 sarà probabilmente il decisivo pivotal game. Analizziamo ora le chiavi di gara 4
Houston vive delle percentuali dall’arco
Con un Russell Westbrook ancora a bordo campo, ma pronto a rientrare come testimoniato dal lavoro svolto nel prepartita, il gioco degli Houston Rockets è molto semplice: palla ad Harden che penetra e scarica per una tripla per i compagni, o che tira lui stesso dall’arco, o che va forte al ferro. Nel primo quarto questa tipologia di gioco ha funzionato benissimo e, complice una difesa alquanto rivedibile di Gallinari e Adams e delle rotazioni in generale in ritardo, i Rockets hanno beneficiato di molti tiri comodi anche dagli angoli, dove Jeff Green e Pj Tucker, colpevolmente battezzati, hanno iniziato a fare male. The Beard deve aver sentito qualche voce sulla difesa di Luguentz Dort, e ha cominciato molto forte con 5 su 6 dal campo e un perfetto 3/3 dalla lunga distanza per mettere subito in chiaro le cose con 15 punti nel primo quarto. Houston ha però concesso buone opportunità ai Thunder, che si sono ritrovati sotto di soli 2 punti in una partita che è iniziata praticamente senza difendere. L’impressione era che Mike D’Antoni volesse che OKC giocasse al suo stesso gioco, sapendo che alla lunga le percentuali dei Thunder si sarebbero sporcate maggiormente.
E dopo un primo tempo iniziato in parità a 60 punti, Houston si è incendiata segnando le prime 8 triple tentate e prendendo il largo fino ad accumulare 15 punti di vantaggio. Il problema è che invece di sfruttare la cosa a proprio vantaggio per andare più frequentemente al ferro, i Rockets si sono accontentati di tiri contestati e spesso senza ritmo dagli 8 metri, e dopo la streak che poteva ammazzare la partita hanno segnato solamente 5 triple su 26 tentativi, facendosi rimontare e perdendo nel finale in volata. Ciò ci porta al secondo problema principale evidentissimo per i Rockets, ossia delle rotazioni cortissime che alla lunga hanno lasciato esausti i giocatori allenati da D’Antoni.
La fatica dei Rockets nel quarto quarto
Con Ben McLemore che è stato in campo solo 8 minuti e Austin Rivers solamente 14, di fatto l’unico sostituto con un buon minutaggio è stato Jeff Green. Harden ha giocato 42 minuti, House jr e Tucker più di 37, Covington 34: con queste rotazioni e una condizione di forma irriconoscibile rispetto alle prime due gare non deve stupire che i Thunder abbiano rimontato. Come ciò sia avvenuto lo spiegherò successivamente, ma il dato di fatto è che il Net Rating dei Rockets, fino a quel momento positivo, è stato di -22.2 nel quarto conclusivo. Ciò significa che in 100 possessi i Thunder avrebbero segnato 22.2 punti in più dei texani, e questo ci fa capire perché Houston, stanchissima, ha perso. La mancanza di idee in attacco è evidentissima nel 77.7 di Offensive Rating, e il fatto che su 25 tiri tentati 19 fossero triple fa pensare che James Harden non avesse più la forza nelle gambe per andare al ferro. The Beard e compagni si sono intestarditi a voler vincere a tutti i costi con un tiro che non voleva entrare nemmeno quando ben costruito, e hanno finito per rivivere in piccolo la clamorosa debacle subita da Golden State nel 2018. Grande responsabile è Mike D’Antoni, che ha sfiancato i suoi giocatori pensando di vincere la gara entro il terzo quarto, e l’assenza di Westbrook, che comunque ha dato spettacolo a bordo campo, non ha dato alternative ai possessi giocati da James Harden.
Dennis Schroeder vero trascinatore di OKC
Prima di parlare dell’MVP indiscusso della gara vorrei soffermarmi su una delle trade più riuscite della gestione Presti negli ultimi anni. Dopo l’eliminazione ai playoff nel 2018 per mano degli Utah Jazz, invece di tagliare e stretchare il pesante contratto di Melo, il general manager di OKC imbastì una trade che portò Dennis Schroeder, talentuosa ma discontinua point-guard tedesca degli Hawks a Oklahoma City, in cambio proprio del contratto di Anthony, oltre a una scelta protetta in lottery per il 2022. Con questo scambio i Thunder ottennero la backup point guard di cui avevano bisogno per sostituire Russell Westbrook, con l’arrivo di CP3 il gioco del tedesco è decisamente maturato e merita indubbiamente il 6MOTY Award.
Dennis Schroeder ha un primo passo fulmineo ed è stato semplicemente incontenibile per la difesa di Houston: i suoi 30 punti con 4/7 da 3 e 10/16 dal campo non sono solo frutto di buone scelte di tiro dall’arco nel giro palla finalmente adeguato di OKC, ma derivano soprattutto dal fatto che nessuno è riuscito a stargli dietro in difesa. Col suo tocco eccellente e un ottimo controllo del corpo in velocità, Dennis ne ha approfittato per andare al ferro in ogni momento della gara, risultando decisivo nel finale di gara. Appena entrato in gara ha inoltre messo 8 punti in rapida successione per mantenere i suoi in partita.
L’impressione è la stessa che ho avuto in gara 2 e in gara 3: quando Dennis entra in campo, i compagni sembrano più consapevoli di poter arrivare in area anche contro la zona di Houston, e quando le percentuali dall’arco sono di questo tipo, complici anche tiri aperti concessi da una rivedibile difesa dei Rockets, Schroeder diventa più che un sesto uomo.
Come OKC ha risposto a Houston: CP3, Bazley e tiri liberi
Dopo un primo tempo con ritmi altissimi e in cui la palla trovava spesso il fondo della retina per le due squadre, Houston è andata in fuga sul +15. Per arginare l’urto texano, un Paul fino a quel momento impalpabile è salito di livello, iniziando a colpire coi suoi jumper letali dalla media, trovati grazie anche al fatto che i Thunder hanno cercato di attaccare velocemente per evitare gli sterili isolamenti di 20 secondi visti nelle prime due gare. Con una serie di possessi giocati in 8 o meno secondi nel terzo quarto ha guidato la rimonta di Oklahoma City, che ha chiuso il terzo periodo sotto di 1 con una splendida tripla di Schroeder allo scadere. Senza mai esitare, un CP3 aggressivo e improntato allo scoring si è dimostrato il leader che doveva essere fin dalla vigilia.
Ottima anche la prova di Darius Bazley, rookie dei Thunder che è a 6/10 dall’arco nelle prime 4 partite in carriera ai playoff, e che ha solo 19 anni. Darius, oltre a garantire una buona perimetralità, è un ottimo difensore sull’uomo e un buon rimbalzista. Quando è entrato nel terzo quarto al posto di un invisibile Gallinari i Thunder hanno iniziato la rimonta anche grazie alla tripla del giovane classe 2000. Il Net rating di +25.8 in 18 minuti e la condivisione del campo con Noel hanno consentito a Oklahoma City di difendere meglio l’arco e di attaccare senza paura in una semitransizione perenne.
L’abilità della squadra allenata da coach Billy Donovan di prendersi i tiri liberi, sacrosanti nella larga parte della gara, ha fatto il resto. Houston ha commesso molti falli evitabili e i numeri della regular season, con OKC prima squadra per differenziale tra liberi ottenuti e concessi, sono esplosi: ben 28 tentativi dalla lunetta contro i 10 di Houston sono serviti ad ottenere punti facili, ma soprattutto a far raffreddare, spezzando il ritmo, l’attacco dei Rockets.
Le partite di Adams, Noel e del quintetto piccolo
Nonostante un discreto impatto a rimbalzo offensivo, con 4 errori dei compagni catturati, un paio di putback e 12 punti, Steven Adams è stato ancora insostenibile in difesa. Guardando i primi sei minuti del primo quarto, almeno 8 punti dei Rockets derivano da problemi di mobilità di Steven che hanno compromesso le rotazioni difensive. Poiché OKC non riesce a trovarlo nel post profondo e Adams non è un giocatore molto aggressivo in attacco, dove avrebbe i mezzi per andare a segnare, il suo impatto è stato ancora negativo. Meglio di lui si è comportato Nerlens Noel nella propria metà campo, e non è un caso che i migliori Thunder si siano visti col neozelandese fuori dal parquet. Billy Donovan ha accolto le preghiere dei tifosi di Oklahoma City e ci ha anche deliziati con un quintetto estremamente piccolo, con le 3 guardie, Dort e Gallinari sul finire di secondo e ultimo quarto. In 11 minuti il Net Rating è un assurdo +61.5, con un altissima AST% e una buona tenuta difensiva. Questo perché Houston non ha voluto attaccare Danilo, peggior difensore in campo, preferendo i tiri dal perimetro.
Non abbiamo visto ancora un quintetto piccolo con Bazley e Gallinari contemporaneamente in campo, ma è un passo avanti e ci sta che Donovan voglia usare poco questa imprevedibile lineup, anche perché difensivamente alla lunga si rischia di pagare. In ogni caso, è evidente che il lungo non faccia dominare a rimbalzo offensivo, perché i Thunder hanno vinto 9 a 8 il computo, lasciando diverse seconde opportunità a Houston
Luguentz Dort sa difendere anche con 5 falli
Lu Dort ha faticato in difesa su James Harden, commettendo 3 falli nei primi due quarti e arrivando a 5 sul finire del terzo quarto. Con il miglior difensore dei Thunder in difficoltà, si pensava che James Harden avrebbe banchettato copiosamente. Così non è stato: uscito sul finire del terzo quarto, rientrato per un minuto, poi di nuovo uscito e rientrato con 9:46 minuti da giocare, Luguentz non ha più abbandonato il terreno di gioco. The Beard ha segnato un paio di layup su un cambio difensivo e una tripla disperata a fine partita, annullato dalla straordinaria difesa del Ministro della Difesa di Oklahoma City, che ha forzato il numero 13 a tirare triple da 9 metri o a passare il pallone. L’ex Sun Devil ha anche segnato 3 delle 9 triple concesse dalla difesa di Houston, non mostrandosi mai esitante nel prendere quel tipo di conclusioni e cercando anche di muoversi senza palla. Non posso fare a meno di lasciare gli highlights del miglior difensore di Oklahoma City dai tempi di Andre Roberson. Se svilupperà un buon tiro, dieci anni nella lega non glieli toglie nessuno.
I momenti decisivi
La partita si è decisa nel quarto finale, come spesso accaduto nella stagione dei Thunder. Notando la stanchezza evidente di un James Harden sovrautilizzato, OKC ha cercato di coinvolgerlo nei pick-and-roll in cui Dort, bloccando per Paul o Schroeder, forzava il mismatch. I tiri dalla media del primo e le penetrazioni del secondo hanno trovato i canestri decisivi per vincere la partita. Una rubata clutch di un insufficiente Gallinari e un’allucinante attacco al ferro del tedesco hanno dato a Oklahoma City il vantaggio decisivo, conservato senza problemi ai tiri liberi. Houston non è invece riuscita a trovare il fondo della retina con un tiro dall’angolo di PJ Tucker, tanto per cambiare lasciato solo, ma ha perso definitivamente la partita buttando quel pallone nelle mani di Gallinari. Non si capisce comunque perché Oklahoma City abbia lasciato ben 22 triple dall’angolo nella serie a PJ, che ne ha messe 10 e che non può essere lasciato libero dal suo spot preferito.
Considerazioni finali
Oklahoma City pareggia una serie che poteva chiudersi molto presto, e Billy Donovan inizia finalmente a fare i necessari aggiustamenti. Per Houston la sconfitta non è per nulla incoraggiante, perché nonostante le shooting slump è arrivata tirando 23/58 dall’arco, un più che buono 39.7%. La difesa esaltante delle prime due gare sembra essere un vago ricordo e le guardie dei Thunder non temono più la zona, ma anzi hanno capito che alzando il pace in attacco trovano opportunità migliori. Il coinvolgimento di Adams non giustifica il suo impiego in campo, mentre non è mai stato trovato Gallinari in gara 4, cosa che è necessario fare per sfruttare i vantaggi di taglia dell’azzurro. L’impressione è che l’inerzia della gara sia cambiata, e Houston necessita del ritorno di Russell Westbrook, che pare essere sempre più vicino a iniziare la sua postseason. Con il numero 0 in condizione i Rockets sicuramente riusciranno a vincere la serie, ma il fatto che si sia allungata tanto e che le rotazioni stiano già sfiancando i titolari non è un buon segno per una semifinale di conference contro i Los Angeles Lakers. Gara 5 è di solito quella decisiva sul 2-2, vedremo se i Thunder cavalcheranno l’onda o se l’inerzia della serie verrà nuovamente cambiata. Certamente, dopo due prime gare in cui sembrava non ci fosse scampo, abbiamo trovato la serie più interessante del primo turno.