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Cosa abbiamo imparato dal settimo giorno di playoff

La Redazione by La Redazione
25 Agosto, 2020
Reading Time: 20 mins read
0
settimo giorno

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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Nel settimo giorno di playoff si sono chiuse le due serie della Eastern Conference: I Toronto Raptors ed i Boston Celtics hanno superato con un perentorio 4-0 i Brooklyn Nets ed i Philadelphia 76ers. Anche gli Utah Jazz hanno fatto un grosso passo in avanti verso la chiusura della serie con la vittoria sui Denver Nuggets che li porta sul punteggio di 3-1; discorso diverso per i Clippers che si fanno riacciuffare per la seconda volta dai Dallas Mavericks di uno strepitoso Luka Doncic.

 

LOS ANGELES CLIPPERS – DALLAS MAVERICKS (2-2)

Analisi di Enrico Bussetti e Lorenzo Pasquali

Lo scontro tra Mavericks e Clippers è stato fin da subito degno di attenzioni, ma Gara 4 è stata sicuramente la partita più ricca di emozioni. Con Doncic malconcio e Porzingis assente, Dallas sembrava andare incontro alla proverbiale imbarcata, ma dopo un inizio piuttosto negativo è riuscita a riorganizzarsi e la partita si è trascinata fino ai supplementari tra un colpo di scena e l’altro, concludendosi poi con il già chiacchieratissimo buzzer beater di Luka Doncic. Molti i giocatori in ascesa, altri stabili ed altri ancora in caduta libera da entrambe le parti: procediamo per punti cercando di non lasciare nessuno indietro.

Partendo dai vincitori, è impossibile non citare quello che ormai è ufficialmente il dynamic duo della panchina: Seth Curry e Trey Burke. Il primo potrebbe tranquillamente ridervi in faccia se udisse ancora le parole “tiratore puro”: solo un tentativo da dietro l’arco stanotte, peraltro sbagliato, ma tante conclusioni al ferro, dal midrange e soprattutto una sicurezza da veterano.

This isn’t about scheme, design, sets, Seth Curry is getting buckets today plain and simple. pic.twitter.com/DXsyVcuuo2

— Steve Jones Jr. (@stevejones20) August 23, 2020

Se Curry sembra essere arrivato all’apice di un percorso pluriennale, la versione bubble di Trey Burke continua a stupire. È abbastanza difficile fare considerazioni di stampo tattico: Trey segna, segna e continua a segnare in ogni tipo di situazione. Sono 25 i punti per lui stanotte, con 10/14 dal campo, 4 triple messe a segno in 5 tentativi e tanti canestri da mal di testa come questo.

Trey Burke today for the Mavs in game 4:

25 points
10-14 FG
4-5 3PT FG
W

Crossed Kawhi for a tough layup. ? pic.twitter.com/dpdOoWTmca

— Michigan in the NBA (@NBAMichigan) August 23, 2020

Dopo un inizio pieno di difficoltà ed uno svantaggio intorno ai 20 punti nel corso del 2° quarto, Rick Carlisle ha provato, come suo solito, a rimescolare un po’ le carte in tavola. Missione fallita alle voci J.J. Barea e Justin Jackson, ripescati dal fondo della panchina e rimasti in campo per soli 5 minuti senza riuscire ad incidere, mentre Michael Kidd-Gilchrist se n’è guadagnati ben 19 grazie al solito contributo nella sua metà campo. Il tiro da fuori non sarà mai il suo pane ma in difesa ci mette energia, atletismo ed intelligenza e in alcuni casi, come nella clip sottostante, sembra marcare letteralmente tre avversari alla volta.

Watch the activity from Michael Kidd-Gilchrist here. Helps on Harrell rim running, recovers to Jackson, helps on Kawhi’s drive, recovers to contest Jackson’s 3. pic.twitter.com/3StlreEa5q

— Steve Jones Jr. (@stevejones20) August 23, 2020

Sua è anche l’ottima difesa sul penultimo possesso della partita, prima che Kawhi scarichi ad uno smarcato Marcus Morris per la tripla del +1.

You can’t give this look up when you’re up 2. Kawhi attacks MKG, Kleber sells out to help. Make him make a tough two. Instead Morris wide open and that’s a huge shot. pic.twitter.com/HDYiR7WwSY

— Steve Jones Jr. (@stevejones20) August 23, 2020

La scelta di Carlisle di far staccare completamente Kleber dal suo diretto avversario appare quantomeno curiosa: perché concedere una tripla wide open al posto di un layup contestato quando si è in vantaggio di sole due lunghezze?

Anche dal lato offensivo la gestione tattica nel clutch time ha fatto sollevare qualche sopracciglio: un sostanziale “Luka Doncic contro il mondo intero, e soprattutto Kawhi Leonard”. Il talento cristallino dello sloveno non è minimamente in discussione, ma anche per uno come lui diventa davvero complesso dover cavare il sangue dalle rape giocando ogni singolo possesso in isolamento contro un avversario che, al netto di qualche pausa di troppo negli ultimi anni, rimane uno dei difensori più ostici da battere in single coverage.
Prima dello spettacolare tiro della vittoria, infatti, Doncic ha collezionato una serie di penetrazioni sempre più acrobatiche e fantasiose: alcune volte ha fatto la felicità dei fotografi, ma sono arrivati anche numerosi ed inevitabili errori.

Clippers had a done a great job showing/recovering with LouWill in the action. Dallas puts Reggie Jackson in the action. Reggie shows…but then they switch. Why would you give up this switch right now? Luka with a great spin move and finish. pic.twitter.com/xULkTPDvTN

— Steve Jones Jr. (@stevejones20) August 23, 2020

Kawhi with the clamps pic.twitter.com/FsbVZ0u9Sa

— NBA Central (@TheNBACentral) August 23, 2020

Coach Carlisle, tuttavia, si è nettamente guadagnato la pagnotta con la rimonta del secondo quarto, aiutato anche da un Doc Rivers ancora una volta non impeccabile. L’ex coach dei Celtics sembrava aver imparato la lezione in Gara 3, ma due giorni fa ha nuovamente mandato Montrezl Harrell allo sbaraglio contro Boban Marjanovic. Trezz, nonostante l’atletismo, paga circa 21 centimetri e 23 chili nei confronti di Bobi: non è difficile intuire il risultato.

Il serbo ha messo a referto, in campo per circa 15 minuti, 10 punti, 7 rimbalzi, con un dominio assoluto dal punto di vista fisico, che ha contribuito a tenere i Mavs aggrappati alla partita nel momento più critico. Difficile dunque da spiegare la scelta di Rivers di continuare a puntare su un Harrell non particolarmente pimpante dopo la lunga inattività, proseguendo contemporaneamente nel richiamare soventemente in panchina Ivica Zubac. Nei 92 minuti in cui il croato è stato in campo in questa serie, i Clippers hanno superato gli avversari di ben 35 punti e le percentuali dal campo di Doncic sono colate a picco.

Le cattive notizie, purtroppo per i Clippers, non finiscono qui: se si esclude Gara 1, Paul George sta continuando a rendere ben al di sotto dei suoi standard. Le basse percentuali al tiro, che i Clips stanno già pagando, stanno iniziando a generare un problema ancora più grave: nonostante le dichiarazioni fatte alla stampa, PG sembra aver davvero perso un po’ di fiducia nel suo jumper e la rinuncia a tiri come questo sono sempre un bruttissimo segnale per attaccanti del suo calibro.

Starting to think Paul George’s confidence in his shot is shaken. All year, this would’ve been a bucket… pic.twitter.com/y2Z6QdeSHD

— Tomer Azarly (@TomerAzarly) August 23, 2020

Dal canto suo Kawhi Leonard, nonostante qualche problema con i raddoppi, continua imperterrito ad infilare un canestro dopo l’altro: Maxi Kleber sta diventando matto nel tentativo di capire come fare ad impedirgli di segnare sostanzialmente tutti i tiri dal palleggio con la mano in faccia. La stella assoluta di L.A., però, per una notte si chiama Lou Williams: il sesto uomo per eccellenza ha messo la bellezza di 36 punti, ritornando al rendimento sfavillante della scorsa stagione. La sua specialità, il tiro dal palleggio contestato andando a sinistra, non è più una novità per nessuno, ma è sempre bello ammirarlo anno dopo anno.

One of my favorie things about watching Lou Williams is when he’s clearly working to get back to his left hand, left side to pull up. Everyone knows it and yet he finds a way. pic.twitter.com/LVNn8yrSDZ

— Steve Jones Jr. (@stevejones20) August 23, 2020

Ciò che non ci si aspettava, invece, è la sua solidità difensiva: i Mavs, convinti di andare sul sicuro, hanno cercato di coinvolgerlo in ogni singolo pick and roll, soprattutto nelle fasi finali, ma Sweet Lou ha messo in mostra concentrazione assoluta e, in relazione alla taglia, una buona dose di fisicità, roba mai vista prima a Los Angeles nel corso della stagione.

Non è rimasto molto altro da sviscerare: chiaro, ci sarebbe la discreta partita del numero 77 in maglia Mavericks, ma non penso ci siano tante considerazioni che sfuggano all’ovvio. 43 punti, 17 rimbalzi e 13 assist giocando sostanzialmente su una caviglia e mezza, il consueto repertorio di stepback, floater, esitation e appoggi al tabellone da ogni angolazione possibile. In più, come se non bastasse, quel sangue freddo nei possessi decisivi che ha cercato per tutta la Regular Season. Un giocatore totale, che ha il futuro davanti a sé…basta così dai, vi serve davvero che commenti un tiro già visto da tutto il mondo fino alla nausea?

Luka Doncic Buzzer Beater against Clippers “Runaway” pic.twitter.com/Qg9kkfO7Az

— Alejandro Torres (@Alejandro_t9) August 24, 2020

Serie sul 2-2 e d’ora in poi tutto può succedere. Un tifoso dei Mavericks si può probabilmente fregare le mani dopo aver visto la sua squadra così in fiducia e coesa intorno al suo fuoriclasse senza nemmeno, per giunta, il fido scudiero Kristaps Porzingis: nella sua testa, ormai, the sky is the limit. Il suo collega losangelino, però, ha materiale per consolarsi: difficilmente Paul George potrà giocare peggio di così e in generale tutti i Clippers, per l’ennesima volta lontani dal loro potenziale, sono riusciti a rimanere sul 2-2 nonostante una lunga lista di incertezze tattiche. Difficile, ad oggi, stabilire quale sia il punto di vista più sensato.

 

DENVER NUGGETS – UTAH JAZZ (1-3)

Analisi a cura di Alexandros Moussas

A differenza delle precendenti due partite, il quarto capitolo della serie si è contraddistinto per un finale tirato grazie ad una Denver di certo più combattiva. Come in gara 1 i protagonisti sono stati i due giovani esterni, mentre sotto canestro si è assistita all’ennesima battaglia tra Gobert e Jokic. I Nuggets partono con Morris e Grant al posto di Porter Jr e Craig, scegliendo un assetto più bilanciato. I due nuovi innesti sono meno specialisti rispetto a Porter e Craig, ma sono entrambi dei giocatori più solidi se si prendono in considerazioni entrambe le metà campo e, soprattutto, hanno dei punti deboli meno evidenti. I Jazz infatti avevano messo un mirino sul rookie in fase offensiva, mentre dall’altra parte battezzavano senza alcun patema d’animo Craig, lasciandolo liberissimo di tirare da 3.

Ad inizio a partita è parso che questi due cambi potessero aiutare Denver. Millsap si rende protagonista di alcune iniziative offensive contro Ingles e Niang facendo leva sul suo tonnellaggio. Il grande ex della serie pare più reattivo ed integrato nel sistema dei Nuggets in questo capitolo, e il 3/6 dal campo nei primi 12 minuti ne è una buona esemplificazione.

 

Per la prima volta nella serie, Millsap è stato in grado di dare un apporto non negativo alla partita, e la sua aggressività ha regalato ai Nuggets dei possessi importanti per aiutare Jokic e Murray.

 

Per questa ragione l’inserimento di Morris è parso inizialmente efficace, nonostante abbia sporcato la prestazione con un 0/4 da 3 che finirà per pesare parecchio nel bilancio complessivo della partita. Con le sue doti di playmaking spostate nel quintetto titolare, Denver permette a Murray di giocare da guardia, condividendo la gestione del pallone e mettendo Jamal nelle condizioni di ricevere in maniera dinamica i passaggi dei compagni per poter attaccare O’Neale in velocità. Il movimento senza palla in preparazione alla ricezione è stato la chiave di varie conclusioni messe a segno da Murray.

L’impatto di Plumlee nel secondo quarto è stato più che positivo proprio per i giochi a due con il canadese dei Nuggets. Il centro ex Portland, tra consegnati e movimenti ben coordinati con il suo playmaker, ha dato una spinta all’attacco dei Nuggets.

 

 

Il nuovo quintetto cosi ridisegnato è più fisico, e non a caso i Nuggets hanno vinto la battaglia dei punti da secondo possesso (27 a 15 per Denver). Altro motivo che ha portato Denver avanti a fine secondo quarto è il quantitativo di triple tirate dai Nuggets. Se le percentuali di conversione non sono paragonabili a quelle dei Jazz, tirare da oltre l’arco ha aperto il campo rendendo la manovra di Denver più difficile da arginare (miglior prestazione da 2 della serie con 32/56). Nello specifico, Jokic ha tirato 10 volte per stanare Gobert il più possibile da sotto il canestro. Questo ha costretto i Jazz a cambiare leggermente atteggiamento nei P&R con Murray, prestando il fianco al canadese concedendogli di giocarsela uno contro uno. I suoi 50 punti sono stati costruiti su tiri difficili spesso e volentieri, e solo una versione in grande spolvero di Murray è in grado di segnare ad una efficienza sufficiente per poter reggere il ritmo dei Jazz.

 

Dopo un inizio scoppiettante, Murray ha continuato ad attaccare, risultando più efficiente da 3 che in avvicinamento. Riesce a trascinare i Denver dal -11 al -1 con una tripla tirata direttamente passando la metà campo.

 

L’inerzia sembra quasi passare improvvisamente ai Nuggets, ma dopo che i Jazz collezionano un altro viaggio in attacco inconcludente, Conley compie la giocata che rimette la partita nella direzione di Utah. La sua rubata, aiutato da Mitchell, e il seguente flagrant fischiato a Millsap è senza dubbio uno dei momenti chiave della partita.

 

Denver è riuscita a confezionare una prestazione da 136 di Off Rtg (punti segnati per 100 possessi), ma non a vincere. Questo la dice lunga su quanto questa partita sia stata decisa dagli attacchi, e quanto le due difese abbiano dei limiti ben precisi. Se Utah ha una coperta corta, sul lato Denver i problemi sono sempre arrivati dalla difesa perimetrale, e anche questa partita non ha fatto eccezione. Nel primo tempo si è assistito all’ennesima prova offensiva di Clarkson, che ormai è diventato fondamentale per segnare ad inizio partita (quasi 2/3 dei suoi 19.75 a partita) e lasciare a Mitchell e Conley il palcoscenico nella ripresa. Il copione dei Jazz pare talmente ben consolidato che quasi ci si dimentica che Conley è alla sua seconda partita delle serie. Denver non è stata in grado di arginare né Clarkson né tanto meno Mitchell quando Donovan si metteva al lavoro.

I cambi in difesa proposti da Malone sono conseguenza più di un fatto personale che di schemi. Durante la partita solo un paio di volte si è visto Millsap prendere in consegna Gobert per togliere Jokic dal lato difensivo del P&R di Utah, ma con relativo successo. Nei primi due tentativi Gobert rolla con l’intento di poi fare un “seal” (o Theiss) screen per rendere impossibile il recupero di Millsap e Grant, aprendo un’ autostrada per Mitchell. Nella seconda azione, Murray intuisce il tutto ma non riesce a stoppare il sottomano di Donovan.

 

I Nuggets continuano a provare varie combinazioni per poter trovare una soluzione al loro problema principale: il P&R di Mitchell e Gobert. Il fatto che non abbiano trovato il bandolo della matassa al quarto capitolo fa pensare che questa difficoltà sia piuttosto strutturale (stando al roster attuale), e se i Jazz continueranno ad eseguire i giochi di Snyder con la qualità di esecuzione avuta fino ad ora, sarà dura per Denver allungare la serie. D’altro canto bisogna sottolineare come entrambe le squadre stiano tirando di gran lunga meglio di quanto fatto in stagione (Mitchell è ancora sul 74% di TS%), e un ritorno sulla terra di certi indicatori statistici è fisiologico. La serie non è chiusa, ma non pare distante dall’esserlo.

 

TORONTO RAPTORS – BROOKLYN NETS (4-0)

Analisi a cura di Gianmarco Galli Angeli

Come ampiamente pronosticabile e pronosticato, i Toronto Raptors sconfiggono i Brooklyn Nets in gara 4 ed accedono alle semifinali della Eastern Conference, dove affronteranno i Boston Celtics. Quella tra i canadesi ed i bianco-neri è stata una serie terminata ancor prima di iniziare: le infinite assenze del roster newyorkese hanno pesato molto e gli uomini di Vaughn sono sembrati in debito di ossigeno già dopo Gara 2. L’ultima partita, infatti, è stato un autentico massacro: 150 – 122, record di punti ai playoff per gli uomini di Nick Nurse.

Protagonista assoluto di tale massacro è stato Serge Ibaka. Air Congo ha chiuso con 27 punti (12/14 dal campo, 3/3 da 3), 15 rimbalzi (3 offensivi), 2 assist e 2 stoppate in meno di 20 minuti, dando la sensazione di essere in costante controllo della gara. Quando Vaughn richiamava in panchina Jarrett Allen, lui era lì pronto a mordere la partita ed aumentare il distacco tra le due squadre. Kurucs non è stato in grado di limitarlo una singola volta ed il confronto è stato impietoso.

 

Viste le difficoltà del lettone nel marcare in penetrazione Ibaka, ha preferito lasciargli il tiro dall’arco, dimenticandosi che l’ex Thunder è anche un ottimo tiratore dalla lunga distanza. Non che gli altri abbiano fatto meglio di Kurucs, anzi. Nella clip sottostante si vede il timido tentativo di Luwawu-Cabarrot di limitare Air Congo: due possessi consecutivi risolti agevolmente con un gancio ed un fadeaway.

 

Una partita senza storia ed aggravata da alcune incomprensibili scelte tattiche di coach Vaughn. I Raptors tiravano da 3 con estrema facilità (22/47) e lui continuava a preoccuparsi di proteggere il ferro. In particolare la panchina dei canadesi ha beneficiato di questi errati accorgimenti: Ibaka 3/3 dalla lunga distanza, Powell 5/9, Davis 4/8 e Thomas 2/3.

 

Come si vede nella clip, la paura più grande dei Nets è quella di concedere il ferro ad Anunoby. LeVert non cambia proprio per evitare il taglio del #3 dei Raptors e Chiozza arriva in ritardo, concedendo tre punti facili a Norman Powell. Discorso forse ancora più grave per quanto riguarda i lunghi dei canadesi, costantemente battezzati nonostante siano dei giocatori molto abili a tirare dal perimetro, come detto pocanzi riguardo Ibaka.

 

Il timore di una penetrazione a canestro spaventa Luwawu-Cabarrot molto di più del giocatore che ha davanti: Marc Gasol ringrazia e mette una tripla facilissima.

Se nei seeding games Vaughn era uscito come un potenziale candidato alla panchina dei Nets, questa post-season ha fatto capire che quasi certamente non sarà lui l’head coach di BKN il prossimo anno.

Tranne Gara 2, i Nets non hanno mai dato l’impressione di potersela giocare contro i Raptors. Non di poter vincere, sia chiaro, era impossibile chiedere una cosa del genere, ma proprio di provare a far sudare i canadesi. Vaughn ha le sue colpe e non sono pochissime. Oltre a quelle analizzate poc’anzi, c’è anche un problema nel gameplan e nelle rotazioni. Nell’ultima gara ha inserito Musa, impresentabile, già nel primo quarto permettendo agli “ospiti” di costruire un buon margine. Rodions Kurucs non può giocare ai playoff: se in attacco tutto sommato può cavarsela in difesa è un gigantesco punto a favore degli avversari. Ciò nonostante anche ieri ha giocato 17 minuti (non nel garbage time). Sicuramente i problemi di rotazione hanno costretto Vaughn a prendere alcune decisioni ma Lance Thomas, nei pochi possessi a disposizione, ha fatto certamente di meglio.

Lungi da noi criticare un allenatore che aveva a disposizione del materiale tecnico da mettersi le mani nei capelli durante i playoff, però è doveroso sottolineare gli errori così come è corretto dargli credito per un’intuizione che aveva pagato i giusti dividendi ad inizio partita: mettere Jarrett Allen a marcare Pascal Siakam. Nella clip si vede proprio il camerunense giocare un iso contro Big Jay. Prova a superarlo in penetrazione ma The Frosho è molto agile con le gambe e gli resta incollato, lo ingabbia e lo costringe ad un tiro forzato che verrà stoppato da Temple, arrivato in aiuto.

 

Nella confusione e nel disordine generale i Nets hanno provato a rispondere (senza troppa fortuna) ai Raptors grazie all’uomo più identificativo di questo roster, Caris LeVert. Si è sbattutto su e giù per il campo provando a prendere rimbalzi importanti (6 totali, 3 offensivi) e trascinando la squadra in quegli unici minuti in cui la partita è stata tirata. Non sono bastati neanche 35 punti, neanche un incredibile 6/9 da tre per avere la meglio sui canadesi, ma quando si predica nel deserto è difficile fare di meglio. Resta però il rammarico per ciò che non è successo nelle precedenti sfide della serie ed è accaduto solo in Gara 4. Nel primo quarto il #22 ha attaccato sistematicamente Fred VanVleet che sarà anche un buon difensore ma paga diversi centimetri a LeVert.

 

Non è un caso che questa sia stata la peggior gara disputata dalla point guard dei Raptors. L’attacco sistematico da parte del 22 bianco-nero, come si vede nella clip, ha mandato in confusione FVV che dopo neanche 8 minuti di gioco aveva a referto tre falli e zero punti realizzati. Quando non c’era il #23 sulle sue tracce, LeVert ha comunque dato prova di essere un giocatore pronto a recitare il ruolo di protagonista ad alti livelli. Il suo tallone d’Achille sono le triple in pullup e in stepback ma i passi avanti mostrati nei seeding games hanno avuto conferma anche ai playoff, in particolare, come si vede dalla clip, in Gara 4.

 

Nonostante un super LeVert, ad inizio secondo tempo i Raptors hanno dato l’allungo decisivo. All’intervallo lungo il punteggio era 77-68 a favore dei canadesi, 6 minuti dopo 94-70. Quello che i numeri non dicono è che i Nets erano, difensivamente parlando, rientrati molto bene in campo ma le assistenze di Chiozza erano preghiere che puntualmente venivano sciupate dai compagni di squadra. Gli errori grossolani che si vedono nella clip sottostante rendono l’idea di quanto sia stato grande lo spreco di punti da parte dei Nets che esattamente in questo intervallo di tempo hanno perso la partita e la serie.

 

Per Brooklyn questa è stata l’ultima partita prima dell’era Durant-Irving, mentre per i Raptors i playoff continuano. Il prossimo turno contro i Celtics sarà molto più impegnativo di questo, soprattutto se l’infortunio subito ieri da Kyle Lowry lo costringerà a saltare qualche sfida della serie. A ranghi completi Toronto ha un roster che può mettere in difficoltà tutte quante le squadre rimaste.

 

BOSTON CELTICS – PHILADELPHIA 76ERS (4-0)

Analisi a cura di Leonardo Spera

Nelle righe conclusive dell’analisi di Gara 3 avevo pronosticato una reazione d’orgoglio di Philadelphia che, purtroppo per i tifosi della città dell’amore fraterno, non c’è stata. I Boston Celtics sono stati quindi la prima squadra a chiudere una serie nella bolla di Orlando (seguiti poco dopo dai Toronto Raptors).

È difficile scrivere qualcosa che non sia già stato detto negli articoli precedenti, visto che ogni partita ha evidenziato praticamente sempre gli stessi aspetti. Sostanzialmente Philly si è dimostrata una squadra mal costruita, con evidenti lacune a livello di roster (in particolare la mancanza di tiratori affidabili che aprissero il campo e consentissero a Embiid di lavorare nel pitturato) e guidata da un allenatore che non è riuscito a fare i dovuti aggiustamenti nella serie, incapace di rinunciare alla drop coverage come unica soluzione difensiva sui pick&roll avversari. Come detto in precedenza, ciò ha reso vita più facile agli esterni di Boston, in particolare al già citato Kemba Walker che è riuscito ad imporsi sugli avversari grazie alle sue grandi doti di tiratore dal palleggio.

L’assenza di Ben Simmons si è fatta sentire nella difesa su guardie e ali dei Celtics, lasciando loro vita facile contro difensori non abbastanza rapidi da poterli fermare.

In casa Celtics invece c’è molto di cui essere contenti, a partire dalle prestazioni di Jayson Tatum. Il ventiduenne di Saint Louis ha giocato una partita solida e ordinata, giocando spesso da ballhandler principale e mostrando un’ottima gestione dei possessi anche quando raddoppiato dalla difesa avversaria.

I Boston Celtics, che comunque erano i favoriti a passare il turno, sono stati bravi a mantenere alta la concentrazione e a resistere ai tentativi di rimonta di Philly. La squadra di Brad Stevens ha dimostrato di essere concentrata e pronta ad un lungo percorso in questa postseason; resta da vedere come affronterà la serie contro i Toronto Raptors, sicuramente un avversario più ostico di questa versione dei 76ers.

Per Philadelphia resta l’amaro in bocca per non aver avuto la loro seconda star a disposizione, oltre al fatto di aver subito uno sweep nonostante un Joel Embiid a tratti dominante (30 punti e 12 rimbalzi di media, con il 60% di True Shooting e quasi 15 tiri liberi tentati a partita).

Non sta al sottoscritto pronosticare il futuro della franchigia della Pennsylvania, tuttavia penso sia lecito aspettarsi qualche grosso cambiamento prima dell’inizio della prossima stagione, oltre al recentissimo licenziamento di Brett Brown. Lasciamo queste due squadre al loro futuro, una che proverà a raggiungere le Finali di Conference mentre l’altra sarà obbligata a mettere in discussione quanto fatto nelle ultime stagioni. A noi spettatori, fortunatamente, non resta che metterci comodi e goderci lo spettacolo.

Tags: Boston CelticsBrooklyn Netsdallas mavericksDenver NuggetsDonovan MitchellJayson TatumJoel EmbiidKawhi LeonardLos Angeles ClippersLuka DoncicNikola JokicPascal SiakamPaul GeorgePhiladelphia 76ersplayoff NBAtoronto raptorsUtah Jazz
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