Siamo giunti alla sesta puntata di The Answer, la rubrica in cui rispondiamo alle vostre domande. Ogni settimana vengono raccolti via mail (redazionetheshot@gmail.com) e sui nostri canali social i vostri quesiti, vengono scelti i più interessanti e un membro (o anche più di uno, come vedremo oggi) della redazione di The Shot vi darà la sua opinione.
Sotto con le domande quindi, buona lettura!
1) Vorrei un parere sul futuro di Booker e su cosa servirebbe per fargli fare il salto di qualità; e poi, i Suns visti nella bolla sono un fuoco di paglia oppure con qualche innesto in più possono ambire a qualcosa di più importante?
Domande di Edoardo Rodriquenz e Iacopo Castagna, risponde Andrea Bandiziol
Ciao Edoardo e Iacopo,
i Suns visti nella bolla sono, a tutti gli effetti, molto simili ai Suns che si sono visti durante la regular season ogniqualvolta abbiano avuto sei/sette giocatori di rotazione degni di questo nome. Semplicemente, i Suns sono stati fortunati nella bolla (40% da 3 nella bolla, mentre gli avversari hanno tirato col 32%) e leggermente sfortunati nelle partite in cui hanno avuto 6/7 giocatori di rotazione durante la RS (basandosi sul Net Rating, i Suns avrebbero dovuto chiudere la stagione 37-36, quindi ampiamente all’ottavo posto).
Se a questo elemento aggiungiamo che tutti i giocatori più importanti a roster tranne Booker e Bridges hanno saltato molte partite in stagione (Oubre 17, Ayton 35, Rubio 8 ma pesantissime, Saric 7, Baynes 31, Johnson 16), capite facilmente come in realtà la versione dei Suns vista nella bolla sia molto vicina ad una qualsiasi versione dei Suns vista durante la regular season, solo con almeno 6/7 membri della rotazione sani.
Il grosso problema dei Suns è stata, per l’appunto, la rotazione corta. Non è stata solo una questione di infortuni: tolti i primi 7 giocatori (Rubio, Booker, Oubre, Bridges, Ayton, Saric, Baynes), la rotazione era completata da un rookie che si è ambientato in fretta e ha fatto vedere grandi cose, ma pur sempre un rookie (Cam Johnson), Jevon Carter (che sa fare due cose di numero, difendere sul portatore di palla e tirare da 3, ma in qualsiasi altro aspetto è un grosso negativo in campo) e Frank Kaminsky (che insomma, è Frank Kaminsky).
Cam Johnson non è solo un gran tiratore piedi a terra: si muove costantemente senza palla e va rispettato ogni secondo che è in campo. Ha tocco eccelso e capacità di riallineare la parte alta del corpo in un nulla. Poteva essere scelto dopo, vero, ma varrà la sua scelta (#11). pic.twitter.com/JhXU19uAx9
— Andrea Bandiziol (@AndBand7) August 2, 2020
Non perdo nemmeno tempo sui vari Tyler Johnson, Elie Okobo e Ty Jerome di questo mondo. Capite bene come avere due giocatori tra i primi 7 citati fuori per infortunio equivalesse a dare minuti sostanziali a giocatori che non possono giocare 25 minuti a notte in NBA.
Fondamentalmente, per tutta la stagione la panchina ha disfatto la tela che il quintetto aveva tessuto nei minuti in campo. Non a caso, le 4 lineup più usate dai Suns in stagione hanno tutte avuto Net Rating tra il buono (Rubio-Booker-Oubre-Saric-Baynes, 245 minuti, +6.5) e l’eccelso (Rubio-Booker-Oubre-Bridges-Ayton, +18.6 in 225 minuti, o Rubio-Booker-Johnson-Bridges-Ayton, +14.6 in 153 minuti). Il fatto che tra le 15 3-man-lineup più usate dai Suns solo una abbia NetRtg negativo (Booker-Oubre-Saric, -0.8) e tutte le altre sia nettamente positive fa ben capire che le fondamenta di Phoenix sembrano essere ben solide. Se anche Baynes dovesse lasciare, come mi aspetto accadrà, rifirmare Saric consentirebbe ai Suns di avere una rotazione di 7+1 giocatori molto solida (Rubio, Booker, Johnson, Bridges, Ayton, Oubre, Saric, Carter come ottavo).
Questa rotazione ha già portato a una stagione che, proiettata sulle 82 partite, avrebbe dovuto concludersi 42-40, stando al Net Rating. A quel punto basterebbe puntellare il roster con 3 o 4 elementi dalla panca in grado di calpestare un parquet NBA senza fare troppi danni, e capite come unitamente allo sviluppo dei giovani (Booker è un ’96, Ayton ’98, Bridges ’96, Johnson ’96, Carter ’95, Oubre ’95, Saric ‘94) l’obiettivo minimo dei Suns per la prossima stagione debbano essere le 45 vittorie, ma il vero obiettivo debba essere porre fine all’assenza dai playoff che perdura dal lontano 2010 (sì, la serie del tiro di Artest in gara 5).
Avrete intravisto un certo paradigma in tutte le lineup dei Suns che hanno avuto più successo in questa stagione: Rubio, Booker, Ayton e due tiratori che sappiano anche difendere. Secondo me questo concetto può essere generalizzato: per massimizzare il talento di Booker serve un buon rim protector (e Ayton lo sta diventando), servono due ali che siano buoni tiratori (meglio se almeno uno dei due sappia muoversi bene senza palla, come si vede dalle clip precedenti di Cam Johnson) e buoni difensori, e possibilmente un playmaker che sia un buon difensore e che possa levare dalle spalle di Booker il peso del creare il gioco per gli altri, almeno per larghi tratti della partita. I minuti del playmaker e di Booker possono essere anche gestiti in modo tale da lasciare che Devin Armani ogni tanto vesta anche i panni di “Point Book”.
Point Book, perché Booker oltre a segnare in ogni modo conosciuto all'umanità sa anche passarla niente male. Ha ottime letture, e come vedete preferisce usare la mano dx. pic.twitter.com/cBZ1VGyAvL
— Andrea Bandiziol (@AndBand7) August 7, 2020
Quindi, per concludere: credo che i Suns abbiano capito come massimizzare il talento di Booker, e credo che Booker il salto di qualità lo abbia fatto già quest’anno. Le cifre che ha messo a referto (punti, assist e True Shooting) non sono mai state fatte registrare da nessuna guardia tiratrice nella storia del gioco (no, nemmeno MJ): Booker le ha fatte a soli 23 anni. Con un contesto ancora migliore attorno a lui (compagni più esperti crescendo d’età, rotazione migliorata tramite FA), ho pochi dubbi che Booker possa ulteriormente alzare l’asticella (28/29 punti, 7 assist e 62-63% TS).
La carriera di Booker racconta la storia di un ragazzo in grado di sviluppare i propri talenti in maniera fondamentalmente indipendente dal contesto, ma anche i più grandi di sempre hanno visto la loro efficienza fortemente influenzata dagli sparring partner. Date a Booker 8/9 giocatori competenti attorno a lui, spacing e difesa, e Booker dimostrerà di essere lo scorer più completo dell’intera lega.
2) Secondo voi chi è stato l’MVP della bolla? Siete d’accordo con le votazioni “ufficiali”?
Domanda di Roberto Ligorio, risponde Sebastiano Barban
Ciao Roberto,
come ben saprai, il premio per il migliore giocatore della bolla è già andato ufficialmente a Damian Lillard. Allo stesso tempo però, anche noi come redazione abbiamo deciso di fare le nostre votazioni per confermare o ribaltare il risultato, come direbbe Alessandro Borghese.
Abbiamo votato in dieci e abbiamo deciso di creare una sorta di podio, decretando ognuno i tre giocatori a nostro parere migliori nel corso dei seeding games. I punteggi sono stati attribuiti a scalare (3 punti al primo, 2 al secondo e 1 al terzo), e con la somma di tutti abbiamo quindi potuto creare la nostra classifica. Ci tengo a precisare che il tutto ha avuto luogo prima che uscissero le votazioni ufficiali.
Hanno fatto parte della “giuria”, oltre al sottoscritto: Daniele Astarita, Daniele Sorato, Riccardo Olivieri, Mattia Torre, Andrea Bandiziol, Andrea Snaidero, Stefano Gaiera, Alexandros Moussas e Andrea Poggi. Di seguito, la tabella con le nostre votazioni finali:

Come puoi ben vedere, non ci siamo discostati di molto dalle votazioni fatte dai media americani all’interno della bolla: il nostro MVP resta comunque Damian Lillard, anche se per noi il verdetto non è stato unanime.
Dame D.O.L.L.A. ha viaggiato a 41.5 punti di media in otto partite, trascinando Portland ai play-in contro Memphis e guadagnando di conseguenza la chance (poi convertita con la vittoria di Ferragosto) di giocare anche quest’anno la postseason.
Secondo classificato, sia per noi sia per i media accreditati, è stato ovviamente Devin Booker. A differenza dei giornalisti però, nella nostra giuria c’è chi ha voluto premiare con il primo posto il franchise player di Phoenix per la cavalcata (quasi) trionfale che ha portato i Suns a essere l’unica squadra uscita imbattuta dalla bolla di Orlando. La favola di Booker però non ha avuto lieto fine, in quanto le vittorie congiunte di Portland e Memphis all’ultima giornata hanno vanificato per un soffio il sogno di Phoenix – al pari di quello degli Spurs, che non disputeranno i playoff per la prima volta dal 1997 -, che partiva come fanalino di coda tra le squadre arrivate a Disney World.
Al terzo posto, infine, abbiamo raggiunto un ex-aequo che prima dell’inizio dei seeding games nessuno si sarebbe aspettato: troviamo infatti, a pari punti con James Harden, due anni fa MVP della Lega (finalista quest’anno assieme ad Antetokounmpo e James) e miglior marcatore di questa stagione, un insospettabile T.J. Warren, che grazie alle sue straordinarie prestazioni (tra cui un career high di 53 punti all’esordio nei seeding games) ha conquistato il fattore campo per i suoi Pacers, per quanto questo possa valere giocando i playoff su campo neutro.
Chiudono la nostra classifica fuori dal podio Luka Dončić e Caris LeVert con un punto a testa. Le motivazioni stanno nel fatto che il fenomeno sloveno abbia quasi realizzato una tripla doppia di media nelle sette partite in cui è sceso in campo a guidare il gioco dei Mavs, mentre LeVert abbia condotto una squadra priva di metà roster e rattoppata alla meno peggio a guadagnare il settimo seed sulla griglia playoff.
3) Alberto Mammoliti – Con il miglioramento di Carmelo nella bolla è possibile che Portland lo rinnovi per un’altra stagione, che probabilmente sarà la sua ultima? E poi, Portland deve sacrificare McCollum per provare a fare un altro step in avanti? Se sì, qual è la pedina che servirebbe ai Blazers?
Domande di Alberto Mammoliti e Gianmarco Galli Angeli, risponde Emanuele Tatta
Ciao Alberto e Gianmarco,
la situazione salariale di Portland è abbastanza complessa quindi è praticamente impossibile aspettarsi stravolgimenti folli in offseason. L’idea sarà perciò quella di confermare il nucleo di questa stagione, ‘Melo compreso, vista la difficoltà di trovare giocatori in grado di segnare punti facili accettando uno stipendio così basso. La vera questione è quella opposta: ‘Melo accetterà di rimanere in una squadra alla quale è grato per l’occasione concessa ma che non è assolutamente in grado di competere per l’anello che darebbe alla sua carriera tutt’altra conclusione?
Per quanto riguarda C.J. invece, rispondere poche ore dopo la commovente prestazione nel finale del play-in è estremamente complicato. Cerco di non cadere nel recency bias dicendoti di sì: se i Blazers vogliono fare il salto di qualità necessario per competere per il titolo NBA, allora dovranno cercare di fare a meno di McCollum, un giocatore eccezionale ma con caratteristiche fisiche e tecniche troppo simili a quelle di Lillard.
Al suo posto, i Blazers dovrebbero cercare un giocatore più abile difensivamente, anche a costo di perdere qualcosina nel fondamentale della creazione. Un’occasione interessante che potrebbe presentarsi a breve è rappresentata da Jrue Holiday, giocatore fin troppo sottovalutato per colpa del contrattone firmato anni fa e del contesto tutt’altro che competitivo in cui si trova attualmente. Il contratto di Holiday scade nel 2021 con una player option per la stagione 2021-22, perciò la sua trade value è nettamente inferiore rispetto a quello di C.J., che ha già firmato un’estensione che – trade permettendo – lo terrà in Oregon fino all’estate 2024.
4) In un’ipotetica trade tra Philadelphia e Cleveland riguardante Simmons, chi ci guadagnerebbe?
Domanda di Giovanni Marra, risponde Dimitri Lazzari
Ciao Giovanni,
per rispondere alla domanda occorre fare un piccolo lavoro di contesto. Drummond ha una player option da 28 milioni che scade nel 2020, Love ha un contratto da 30 milioni annui che scade nel 2023 e c’è tutta una serie di giovani più o meno pronti e più o meno interessanti (che sono quelli che verosimilmente finirebbero nell’eventuale trade per Simmons).
È evidente che gran parte del futuro prossimo, compresa questa possibile trade, dipenda da Drummond. Quello che mi aspetto, o meglio, mi aspettavo io, era che Andre andasse ad esercitare la player option quest’anno per poi salutare nel 2021, lasciando i Cavs con molto spazio salariale in quella free agency. Perché parlo al passato? Perché nelle ultime settimane si stanno facendo sempre più insistenti le voci su un possibile accordo a lungo termine con Drummond. Evidentemente a Cleveland si stanno rendendo contro che scambiare Love senza rimetterci almeno una scelta futura è complicato, e stanno iniziando a pensare di ricostruire attorno ai due (supposti) all-star.
Questo cambia tutte le prospettive, ed è il dilemma che affligge Altman. Da un lato i Cavs potrebbero puntare su Garland/Porter/Sexton/Osman/scelta 2020 e affiancare a loro (e a Love) dei free agent utili nel 2021. Dall’altro potrebbero ritenere Love e Drummond giocatori ancora affidabili e orientarsi verso una modalità win now (o meglio, “playoff now”), anche a costo di sacrificare alcuni di questi giovani a disposizione.
Chiarite le prospettive, veniamo alla trade. Simmons è un giocatore che a me piace moltissimo, è un grande difensore, tratta la palla come pochissimi in NBA, è un giocatore secondo me molto adatto a diventare il fulcro di un progetto tecnico anche di alto livello. Il tiro per un 2.08 secondo me è un aspetto certamente in parte limitante, ma non centrale. Questo è Simmons a 360°.
Nel contesto Cavs ho dei dubbi soprattutto dal punto di vista offensivo con Drummond (ma pure con Nance, altro contratto lungo seppur non così pesante), mentre difensivamente è evidente che passare da Garland e Sexton a Simmons sia un upgrade clamoroso. Se Altman dovesse “arrendersi” al contratto di Love e costruire attorno a lui una squadra, diciamo che nonostante Drummond e Simmons non siano il duo perfetto rimarrebbero due acquisizioni importanti per un mercato piccolo. Sarebbe un primo passo in una sorta di raccolta di grossi nomi che potenzialmente potrebbero aiutare a rimettere Cleveland sulla mappa. In ogni caso parliamo di un giocatore di 24 anni, potrebbe essere un affare anche se dovessero arrivare (come temo) risultati deludenti con questo trio.
Quindi, per rispondere alla domanda, i Cavs con Simmons ci guadagnano se è questa la strada che vorranno percorrere, se vorranno incrementare nel breve periodo il numero di W e se vorranno diventare “la squadra di Simmons”.
Da tifoso credo però sarebbe più produttivo a lungo termine dimenticarsi trade come questa, salutare Drummond e magari cercare di piazzare Love, per puntare sui giovani che si hanno, anche se questo significherebbe sopportare almeno un’altra stagione nei bassifondi della lega.
5) Cosa manca ai Nets per vincere il titolo o comunque arrivare alle Finals (ipotizzando KD e Kyrie sani)? Un terzo violino? Se sì, chi? E per quanto riguarda il coach?
Domanda di Andrea Poggi, rispondono Gianmarco Galli Angeli e Marcello Salvo
Ciao Andrea,
la risposta è meno facile di quanto si possa pensare. L’ottimo lavoro fatto nella bolla ha leggermente spostato l’attenzione dalla realtà del roster dei Nets. Uno (o meglio, almeno uno) tra Irving, Dinwiddie e LeVert è palesemente di troppo: dato per scontato che Uncle Drew non si muova, sembra più facile che sia l’ex Pistons a lasciare Brooklyn dato che la shooting guard è venerata dalla BKN Brigade e sembra avere un ottimo rapporto con Durant.
L’altro grande problema della rosa riguarda lo spot di 4/5. Durante la scorsa free agency la dirigenza si è mossa benissimo: oltre a Durant ed Irving, sono arrivati due giocatori che per una squadra che punta in alto possono essere utilissimi, Taurean Prince e DeAndre Jordan. Il primo purtroppo è stato protagonista di una stagione pessima (nonostante la maggior parte delle colpe non sono affatto dell’ex giocatore degli Hawks), il secondo ai playoff può dire la sua ma visto il brutto infortunio di KD è impossibile immaginare che giochino insieme senza avere degli evidenti problemi difensivi.
Il famigerato terzo violino, dunque, dovrebbe essere un giocatore che possa giocare sia da 4, con Jordan in campo, sia come centro con KD da ala grande (ormai è assurdo parlare di ruoli, ma è solo per disporli idealmente in campo). Deve essere un giocatore capace di ruotare bene in difesa, di tenere fisicamente il post basso avversario e capace di garantire una buona efficienza in attacco. Un giocatore che sembra rispondere a questo identikit è Paul Millsap. Il problema è che una trade per arrivare al giocatore dei Nuggets, ad oggi, sembra impossibile. In primis perché a Denver si tengono ben stretto un giocatore del genere e poi perché per pareggiare i 30 milioni annui di stipendio, i Nets dovrebbero mettere sul tavolo Dinwiddie, LeVert, Allen e, presumibilmente, la pick al prossimo draft.
Altri nomi che potrebbero fittare alla grande in questi Nets sono Serge Ibaka, il quale diventerà UFA a fine stagione e per il quale Sean Marks dovrebbe fare follie; Al Horford, ma anche qui il contratto è altissimo e quindi è improbabile lasci Philadelphia per dirigersi nella Grande Mela; Christian Wood, al quale scade il contratto ed esplorerà la free agency, ma ci sono squadre disposte ad investire molto su di lui; infine Richaun Holmes, che l’anno prossimo prenderà 5 milioni dai Kings e per il quale si potrebbe imbastire una trade mettendo sul piatto Jarrett Allen e un paio di pick. Sebbene siano profili con delle proprie peculiarità, sono tutti molto differenti da Big Jay e Jordan, e questo è un bene per BKN. Il più realistico potrebbe essere proprio Holmes, che è un difensore in grado di fare molte più cose del Frosho.
Per quanto riguarda il capitolo head coach, ad oggi è ancora tutto in ballo. Tra i motivi che hanno portato all’esonero di Kenny Atkinson, oltre alla litigata con Dinwiddie e le critiche mosse da Durant e Irving, c’è stato il fattore esperienza: una sola serie disputata ai playoff come HC, persa 4-1 con i 76ers, era motivo di preoccupazione per la dirigenza dei Nets. Per questo stesso motivo è probabile che Vaughn faccia le valigie. Dispiace perché è un allenatore che ha dato tantissimo per la squadra soprattutto nei seeding games ma Sean Marks ha in mente un altro profilo, ovvero Ty Lue. Sebbene abbia all’attivo pochi anni da HC ha vinto un anello ed è arrivato più volte alle Finals, non sarà un innovatore né un rivoluzionatore ma potrebbe essere il profilo giusto per mettere le star a proprio agio e puntare ad arrivare fino in fondo.
Per concludere aggiungo che, probabilmente, l’annata decisiva per provare a vincere l’anello non sarà questa ma quella 2021/2022 con KD che ha recuperato dall’infortunio e la squadra ben amalgamata.