Sono finalmente iniziati i playoff nella bolla di Orlando e noi di The Shot abbiamo deciso di seguirli con delle brevi analisi delle gare giocate che verranno pubblicati quotidianamente con un giorno di ritardo dalle partite prese in esame, in modo da potervi fornire delle analisi quanto più approfondite possibile.
Oggi analizziamo i match giocati nella serata inaugurale di questi playoff: la sofferta vittoria di Denver all’overtime nonostante un Donovan Mitchell da paura; il dominio fisico e mentale dei Raptors sui Nets; la riorganizzazione tattica dei Celtics dopo la perdita di Gordon Hayward; e infine lo storico esordio da record di Luka Dončić, che non basta comunque ai Mavs per battere i Clippers.
DENVER NUGGETS – UTAH JAZZ (1-0)
analisi di Alexandros Moussas
Senza alcun dubbio, i titoli della gara inaugurale di questi playoff nella bolla se li è presi tutti Donovan Mitchell, con una prestazione da 57 punti con il 73.9 di TS%. L’ efficienza offensiva che ha contraddistinto la sua performance è stata dettata da una scelta di tiri molto buona, in cui ha limitato il numero dei midrange shots (3/5), mantenendo un rapporto di triple sui tiri totali adeguato (15 su 33), ma soprattutto ha concluso con 10/13 al ferro. In stagione regolare soltanto il 17% dei suoi tiri è arrivato entro 1 metro dal canestro, non è un caso che la migliore prestazione in carriera coincida con un’esplosione di questo genere di tentativi.

Com’è stato possibile questo cambiamento? Preparando la serie, si poteva notare facilmente come Craig avesse costretto Mitchell ad un 5/20 negli scontri precedenti, limitandolo a metà campo in maniera perfetta grazie alla sua forza fisica. Donovan però contro Craig ha un evidente vantaggio in termini di velocità e per sfruttarlo in più di un’occasione ha ricevuto il pallone il più lontano possibile dal canestro per poter prendere velocità e puntare Craig. Anche i due liberi che hanno portato all’overtime sono arrivati da una chiamata in uscita dal timeout in cui Mitchell riceve la palla nella sua metà campo per poi partire a testa bassa verso canestro, con i suoi compagni perfettamente spaziati per poter evitare l’arrivo di aiuti dal lato debole.
Le difficoltà di Craig, uscito per falli dopo aver giocato solo 22 minuti, hanno costretto Malone ad usare Jerami Grant come secondo difensore su Mitchell. Se Craig è riuscito a tenere Mitchell a 1/5 dal campo, spesso è stato costretto a ricorrere al fallo, e Donovan è stato bravo a creare e poi convertire gli otto tiri liberi conquistati. Per poter battere le lunghe leve del nipote di Horace Grant, Spida ha iniziato a giocare più lontano dal pallone e ad essere più aggressivo nei P&R. Grant per quanto sia un ottimo difensore rimane un’ala e fa difficoltà a lottare contro i blocchi e passare per poter precludere il tiro da tre di Mitchell.
Donovan, di conseguenza, ha preso tutti i tiri da tre che poteva ad inizio partita (sette tiri dei dodici marcato da Grant sono stati triple). Una volta costretto Grant a non passare più sotto i blocchi si sono aperte le praterie per le sue incursioni in area, concludendo 7/8 nella seconda frazione della partita. L’importanza del pull-up three per Mitchell è evidente: se si dimostrasse affidabile sarebbe l’arma per aprirgli le linee di penetrazione a canestro nel proseguimento di questa serie.
L’assenza di Barton e Harris per Denver toglie due corpi preziosi da impiegare contro Mitchell, e l’utilizzo di Grant come marcatore diretto preclude ai Nuggets di poter contare sul loro migliore difensore in aiuto.
Riuscire a recuperare uno dei due sarebbe fondamentale per poter riequilibrare il quintetto dei Nuggets. Schierando Grant su Mitchell, Denver si è trovata costretta a perdere il vantaggio fisico che avrebbe altrimenti. Porter Jr. non è pronto a giocare minuti importanti ai Playoff, troppo limitato difensivamente per poter rimanere in campo e Malone si è trovato costretto a schierare Monte Morris e Dozier nei minuti decisivi della partita. Oltre a non avere un aiuto in difesa contro le penetrazioni di Mitchell, Denver si è trovata aggredita a rimbalzo concedendo un numero di rimbalzi offensivi alquanto insolito per le capacità dei Jazz, normalmente sotto la media nello specifico. Se non rientreranno né Barton né Harris le speranze di limitare Mitchell sono legato al solo Craig, un’assurdità se si pensa che Denver è molto più lunga di Utah nelle rotazioni.
Un’altra cosa che Denver può fare per bloccare le penetrazioni di Mitchell è cambiare un po’ la gestione sui P&R di Utah. Spesso si sono visti dei cambi piuttosto “regalati”, anche di fronte a un blocco portato da un esterno per poter portare via Craig da Mitchell. I Nuggets non possono prestare il fianco in questa maniera e regalare al numero 45 di Utah facili penetrazioni contro il difensore che i Jazz decidono di puntare, anche perché cosi facendo si rende Porter Jr. inschierabile. Qui un esempio a inizio partita: seppur non sia arrivato il canestro si vede la sterile resistenza del rookie di Denver nel frangente.
Altro punto importante è il posizionamento dei lunghi di fronte ai P&R di Mitchell. Millsap è troppo lento di piedi per limitarlo e l’idea di Malone di far sì che l’ex di Atlanta finti l’aiuto sistematicamente per aspettare il recupero dei compagni sul blocco quando si trova accoppiato con il bloccante credo debba essere rivista.
Quando invece il bloccante è stato Gobert, dipendendo della situazione, si è potuto vedere un posizionamento di Jokic che potrebbe essere classificato (un po’ approssimativamente) come una copertura ICE. Il serbo non esce troppo per evitare di essere costretto al cambio (e quando c’è stato Mitchell è stato letale), ma non indietreggia neanche fino al canestro per evitare una ricezione dinamica di Gobert che lanciato al canestro sarebbe difficilmente fermabile per lui. Il problema è che facendo cosi lascia la porta aperta per Donovan, che non deve farsi troppi scrupoli a puntare il ferro, in particolare se non arriva Grant dal lato debole.
Denver dovrebbe costringere Mitchell a rifugiarsi più spesso in tiri dai 5-6 metri dal palleggio, o in seconda battuta concedergli dei floater dai 3 metri. Non possono permettersi di lasciare cosi tanta libertà a centro area ad un Donovan caricato a mille. Difficile ipotizzare che Malone mandi un terzo uomo a blitzare il P&R. Mitchell non è mai stato un passatore di primo livello, ma da quando l’NBA si è spostata ad Orlando si sta dimostrando molto più efficace come playmaker rispetto al passato e di fronte ad un aiuto forte avrebbe modo di scaricare la palla sulla linea da tre punti con facilità. I Jazz, pur senza Bogdanovic, possono contare su una discreta batteria di tiratori e difficilmente verranno sbagliati così tanti piazzati come nella prima gara della serie.
Altra tattica che Denver può mettere in pratica è il trattamento “alla Harden”, obbligando Mitchell a scaricare il pallone una volta varcata la metà campo. A dire il vero in un paio di occasioni tale tattica è stata implementata con successo, anche per le non eccelse letture di Mitchell. Se da un lato l’infrazione di otto secondi a fine quarto quarto è stata sanguinosa e ha rappresentato un momento di svolta della partita, le due palle perse che devono fare riflettere e preoccupare i tifosi Jazz sono state causate da due blitz sulla linea laterale.
In entrambe le circostanze Mitchell sceglie di effettuare un passaggio schiacciato per terra, un errore tattico se si considera chi fossero i giocatori che gli stessero portando l’aiuto. Probabilmente Malone riproporrà questa opzione molto più spesso in gara 2 se Mitchell dovesse accendersi di nuovo, obbligando gli altri quattro sul parquet per i Jazz a creare in attacco. Diventerebbero ancora più fondamentali Ingles e Clarkson, gli unici due in grado di mettere la palla per terra per crearsi un vantaggio contro il proprio avversario.
Una postilla finale la vorrei dedicare a una scelta di Snyder di cui non trovo motivazione. Una scelta che da tifoso mi ha tormentato particolarmente, non trovandoci alcuna ragione logica dietro, ecco. Se nella second unit ci giocano sia Ingles che Clarkson e si alternano nel compito di playmaker, perché deve giocare Mudiay se viene utilizzato unicamente come tiratore sugli scarichi? Se quello è il suo utilizzo, il rookie Miye Oni è senza dubbio più adatto di lui al ruolo e, proprio nella partita di dieci giorni fa contro Denver, Oni aveva dato segnali positivi, difendendo forte e tirando bene da tre. Capisco sia pur sempre una matricola, ma non capisco come gli si possa preferire il congolese in un ruolo che non è neanche il suo.
TORONTO RAPTORS – BROOKLYN NETS (1-0)
analisi di Marcello Salvo
Nonostante le basse aspettative per questa serie, la speranza di Brooklyn per gara 1 era quella di riuscire a prendere di sorpresa i Raptors, un po’ come l’anno scorso fecero i Sixers al secondo turno.
Quello che invece hanno fatto è stato schiantarsi subito contro la difesa di Toronto. I campioni in carica hanno voluto mettere addosso fin dall’inizio moltissima pressione su LeVert, portandolo fuori dalla sua comfort zone. Il trascinatore dei Nets all’interno della bolla, a sua volta, si è reinventato point guard per tentare di migliorare il suo impatto sulla squadra: buon segnale per un giocatore come lui.
I Raptors attaccano tanto in transizione, la difesa di Brooklyn si perde spesso uomini e manca di comunicazione, lasciando campo aperto per le incursioni di Lowry e VanVleet. Anche nella difesa a metà campo i Nets fanno molta fatica, ma non è una novità, la presenza di Allen è un grosso malus: fa molta fatica in situazioni di pick and roll e pick and pop, chiedere in particolare a VanVleet, autore di 30 punti che equivalgono al suo career high personale ai playoff.
Molti dei suoi punti sono arrivati da attacchi in transizione, dove Allen è stato preso in velocità concedendogli parecchie entrate in totale libertà. Anche Ibaka e Gasol avranno modo di sfruttare a loro vantaggio l’accoppiamento con lui in campo nel corso della serie. Quando era portatore in situazioni di pick and roll, inoltre, è stato difeso malissimo dai Nets, i quali hanno lasciato il suo difensore di turno a sbattere costantemente contro i blocchi di Ibaka, assicurando a Fred quel minimo vantaggio che un giocatore con un rilascio veloce come il suo si fa bastare con piacere.
Altra scoperta dell’acqua calda è che la second unit di Brooklyn non sia adatta ad un contesto playoff. Luwawu-Cabarrot è l’unico che dà buoni segnali dalla panca, trovandosi pure suo malgrado a dover prendere il posto in campo di Kurucs, quando quest’ultimo è costretto a uscire per falli.
Non c’è nessuno da mettere su Siakam: Luwawu-Cabarrot non sfigura nella prima gara solo perché Pascal a momenti non prova nemmeno ad attaccare, accontentandosi di tiri difficili dal palleggio, da tre o dalla media indistintamente. Nel momento in cui decidesse di attaccare il ferro con più convinzione però ci sarebbe poco da fare.
Per provare ad allungare questo primo turno, Vaughn dovrà giocoforza affidarsi di più ad Harris, che vista la pressione esercitata dai canadesi su LeVert potrà avere spazi importanti.
Come si vede dalle clip, la difesa di Toronto è poco concentrata e preoccupata dei movimenti di Harris, lasciandogli facili penetrazioni.
In una delle prossime gare poi, Vaughn potrebbe provare a levare minuti ad Allen, magari schierando Kurucs e uno tra Luwawu-Cabarrot e Anderson, cercando di aprire di più il campo, massimizzando l’efficienza del movimento off the ball di Harris o di Temple. La serie sembra avere storia breve, per cui tanto vale sperimentare.
Da queste clip si vede quello che offensivamente dovranno fare Kurucs e Anderson, tirare da tre e attaccare i closeout dei lunghi di Toronto, cosa che almeno il lettone può fare con continuità. Allo stesso tempo Toronto è piena di giocatori intelligenti e Nurse non mai dimostrato di avere problemi col cambiare strategia di gioco.
Non sarà una serie combattuta, almeno proviamo a renderla divertente.
BOSTON CELTICS – PHILADELPHIA 76ERS (1-0)
analisi di Cesare Russo
Partiamo subito con le cattive notizie: dopo la vittoria nella serata inaugurale dei playoff i Celtics si approcciano a gara 2 con la consapevolezza di non poter puntare su Gordon Hayward, che salterà il resto della serie (e forse anche della prossima qualora dovesse passare, quattro settimane il bollettino ufficiale) a causa dell’infortunio alla caviglia subito nel finale della partita.
Questo avrà ovviamente un grande impatto per la squadra che passa dalla sicurezza della vittoria in controllo di gara 1 (eccetto un calo di concentrazione nel terzo quarto), alla preoccupazione di dover trovare nuove soluzioni per sopperire alla mancanza dell’ex Utah Jazz.
L’equilibrio portato dal gioco di Gordon Hayward è stato un elemento fondamentale durante tutta la stagione. La sua completezza offensiva, dal ball handling all tiro sugli scarichi, ha garantito all’attacco dei Celtics una grande fluidità che Marcus Smart, probabile sostituto, farà fatica a riprodurre, per insufficienze nel bagaglio tecnico ma soprattutto per un equilibrio e una freddezza lontani anni luce dallo Smart che siamo stati abituati a conoscere in passato.
In particolare, nel contesto della serie, questa sostituzione porta anche accoppiamenti difensivi più facili per Philadelphia, che ha nelle ali il suo reparto più debole difensivamente.
La difesa di Boston in gara 1 è apparsa solida, forte delle 18 palle perse forzate e del lavoro di raddoppio su Embiid. Nessun giocatore è apparso in grande difficoltà nelle marcature e la presenza di Smart sul parquet ha ovviamente esercitato un moltiplicatore positivo straordinario come sempre. Anche qui l’assenza di Hayward si farà sentire. Con un minutaggio più consistente, Smart dovrà stare più attento alla gestione dei suoi falli e questo potrebbe farlo desistere dal cercare giocate più azzardate.
Il coinvolgimento di Embiid è invece la sfida che i 76ers dovranno affrontare in attacco per provare a pareggiare la serie. Dopo un primo quarto in cui JoJo ha fatto quello che voleva in post basso contro Theis, ha ricevuto sempre meno passaggi e, quando ciò è avvenuto, gli aiuti dei Celtics gli hanno reso la vita difficile.
Pur dando ragione a Brett Brown quando dice che “sfruttare eccessivamente una singola giocata porta con sé dei rischi se non si è attenti”, il calo nei possessi per la superstar della squadra lascia molto perplessi. Se i Sixers vogliono provare a vincere la serie Embiid è l’unica reale possibilità per farlo.
Il capitolo difensivo invece ruota intorno ad una voce che prende sempre più piede, ovvero la promozione in quintetto per Thybulle al posto di Horford, che non è stato inserito nella closing lineup di lunedì notte.
Pur commettendo errori evidenti in alcune situazioni, Thybulle si è dimostrato il migliore in marcatura su Tatum (tenuto a 2/9 al tiro, ma c’è da considerare un calo generale tra primo e secondo tempo) ed è stato il principale contributore per la rimonta nel terzo quarto insieme a Josh Richardson. Un suo spostamento in quintetto garantirebbe migliori accoppiamenti contro le ali dei C’s e la possibilità di cercare in maniera più continua il post basso in attacco grazie ad una migliore suddivisione di minuti dei due centri.
Se il quintetto dovesse rimanere invariato invece, Brown potrà comunque riprendere da un buon lavoro fatto in gara 1. Grazie ad un sistema di accoppiamenti abbastanza fluido (i quattro giocatori offensivi principali sono stati marcati per almeno 10 possessi da due giocatori), i 76ers sono riusciti a rendere i mismatch sfavorevoli più difficili da individuare ed attaccare e le rotazioni hanno lasciato pochi tiri smarcati. Quest’ultima strategia ha però un prezzo da pagare: Philadelphia non ha mai effettuato un aiuto o un raddoppio sui pick and roll, lasciando giocatori del livello di Tatum e Walker liberi spesso di creare i tiri che volevano.
Gara 2 si prospetta quindi una partita con poche certezze, la centralità di Embiid e Tatum, le palle perse dei 76ers e tanti dubbi, legati soprattutto ai rispettivi piani difensivi. Ai Celtics è richiesto uno sforzo per mantenere l’equilibrio mostrato per 48 minuti anche senza Hayward, dai Sixers ci si aspetta invece un gioco offensivo più aggressivo e organizzato e una difesa più collettiva.
LOS ANGELES CLIPPERS – DALLAS MAVERICKS (1-0)
analisi di Enrico Bussetti
Siamo solo alla prima gara ma Clippers e Mavericks hanno già messo tantissima carne al fuoco. L’inizio è uno dei più bizzarri mai visti: i “padroni di casa” scendono in campo con un’intensità pazzesca fin dalla palla due, facendo sembrare i Mavs completamente spaesati e portandosi sul 18-2 in meno di 4 minuti.
Salta subito all’occhio un Luka Dončić completamente ingabbiato e che colleziona palle perse in serie: i Clips portano l’aiuto con i tempi giusti e soffocano spazi e linee di passaggio.
Per quanto riguarda la metà campo difensiva la drop coverage di Kristaps Porziņģis costa cara a Dallas: George e Leonard sono fin da subito ispiratissimi sia in penetrazione che dalla media distanza.
Clippers attacking Porzingis in P&R. Porzingis in a drop vs. PG which opens things up. Key in a drop is you have to contain penetration and contest at the rim. Porzingis gets beat too easily on this drive, ends up contesting but it’s too late. pic.twitter.com/EBKr2wcR3S
— Steve Jones Jr. (@stevejones20) August 18, 2020
Tutto d’un tratto, però, qualcosa sembra incepparsi: Luka torna a bucare la difesa come un coltello nel burro e a trovare quegli scarichi facili per i tiratori sul perimetro che tanto hanno fatto male alle difese avversarie in regular season. La novità è invece l’utilizzo di Tim Hardaway Jr., maggiormente coinvolto come portatore di palla nei pick and roll e in generale come realizzatore dal palleggio e creatore secondario. Nelle prime settimane della stagione l’idea di Carlisle era stata proprio quella di schierarlo come sesto uomo a cui dare tanta palla in mano in uscita dalla panchina: una serie di brutte prestazioni aveva contribuito ad assegnargli un ruolo più simile ad un puro tiratore dagli scarichi, ma la partita di ieri ha dato segnali incoraggianti, seppur ancora minimi.
Altre note positive vengono da Trey Burke, che ha sofferto meno del previsto in difesa e si candida come backup point guard stabile per tutta la postseason, e da Michael Kidd-Gilchrist: se l’ex Charlotte dovesse offrire altre prestazioni del genere al tiro (2/3 da dietro l’arco) potrebbe acquisire grande importanza all’interno delle rotazioni, vista anche la sua eccelsa abilità come difensore.
Maxi Kleber, che come previsto ha dimostrato di saper reggere almeno a tratti l’urto di George e Leonard nella sua metà campo, è sembrato invece parecchio fuori fase in attacco: solo 3 punti con 1/5 al tiro, tre palle perse e nessuna conclusione effettuata da dentro l’area dei tre punti. La sua serata e quella di Dorian Finney-Smith, che ha offerto una prestazione esattamente speculare da dietro l’arco, confermano i sospetti della vigilia: una buona parte delle fortune di Dallas passerà dalle mani di quei tiratori che hanno performato oltre le aspettative in stagione e sono ora chiamati a confermarsi con un livello di pressione decisamente più elevato.
Dal lato Clippers, invece, il giocatore più pimpante al di fuori delle due stelle è stato sicuramente Marcus Morris, che ha offerto una prestazione positiva non solo a livello statistico ma anche a livello di intensità messa sul parquet: l’ex giocatore dei Knicks ha adottato fin dai primi minuti la giusta mentalità da playoff. Non sono mancati però, tra le fila dei losangelini, giocatori decisamente meno brillanti: Beverley e Harrell hanno sicuramente risentito del loro ingresso in ritardo all’interno della bolla, mentre ci sono meno attenuanti per un Reggie Jackson completamente fuori fase e autore di una disastrosa difesa su Dončić.
La sensazione generale avuta guardando i ragazzi di Doc Rivers è stata sulla falsariga di tutto il resto della stagione, quella di un gruppo che ancora non ha trovato il modo di esprimere tutto il suo potenziale. L’ex coach dei Celtics ci ha messo anche un po’ del suo con qualche quintetto insostenibile difensivamente, ma nel momento in cui i Clippers dovessero riuscire ad avere un contributo solido da tutti i loro comprimari diventerebbe veramente difficile per i Mavs reggere il passo. Dopo la tanto discussa espulsione di Porziņģis, Dallas è rimasta con il solo Kleber come lungo e ha dovuto rimettere in campo Boban Marjanovic, che ha tutto sommato offerto una buona prestazione ma non è sostenibile per più di cinque minuti consecutivi con l’intensità della postseason: il confronto tra le due panchine sembra pendere nettamente dalla parte di Los Angeles.
L’ultimo spunto tattico degno di nota lo si coglie riguardando i minuti finali, quando entrambe le squadre hanno adottato quintetti super leggeri. Beverley, Williams, George, Leonard e Morris da una parte, Dončić, Curry, Hardaway Jr., Finney-Smith e Kleber dall’altra: Carlisle ha fatto di necessità virtù e Rivers ha cercato di massimizzare il potenziale offensivo della sua squadra. Il risultato, avendo sostanzialmente dieci tiratori in campo, è stato un spacing estremo e un’ovvia fluidità di entrambi gli attacchi: il punteggio finale ha premiato i Clippers, anche grazie a questa pesantissima tripla di Paul George, ma c’è grande curiosità di rivedere in campo entrambi i quintetti.
Clippers have Lou Williams screen for Paul George again. Trying to get Curry in the action. Another good show and recovery by Dallas. Not sure what you can do when Paul George is hitting this one. pic.twitter.com/8AaIcXUMOK
— Steve Jones Jr. (@stevejones20) August 18, 2020
Nonostante possa suonare strano, Dallas potrebbe rimpiangere più avanti questa sconfitta. Al netto dell’assenza di Porziņģis, che ha tolto a Carlisle l’arma tattica probabilmente più pericolosa nel suo scacchiere, la squadra meno blasonata di L.A., forse peccando un po’ di supponenza, ha giocato sotto i suoi standard, soprattutto nella metà campo difensiva. Un’eventuale vittoria in gara 1 avrebbe potuto dare più pepe ad una serie in cui i Clippers restano i grandi favoriti, ma siamo comunque appena all’inizio.