“You wanted me back: I’m back.”
John Wick
Così esordiva John Wick nella scena finale del secondo capitolo della celebre saga. Come per Keanu Reeves, anche per Tom Thibodeau si aprono le porte per il ritorno a New York, in vesti differenti e con l’obiettivo di compiere una delle imprese più difficili degli ultimi vent’anni: riportare i Knicks ai vertici della Lega.
Ma facciamo un salto indietro: eravamo rimasti al 6 Gennaio dello scorso anno, quando Glen Taylor, proprietario dei Minnesota Timberwolves, comunicava di aver licenziato Thibodeau da ruolo di allenatore e P.O.B.O. (President of Basketball operations) della franchigia di Minneapolis. Da quel giorno, la figura del coach dal Connecticut sembrava essersi dileguata nell’ombra, ponendo fine alla generazione degli allenatori old-school di inizio terzo millennio.
Chi è Tom Thibodeau?
La storia di Thibodeau è quella di un self-made man, che con pazienza e duro lavoro si è conquistato il suo sogno di allenare nell’olimpo del Basket, l’NBA. Quello che in pochi sanno è che la carriera di Thibs parte sul campo, quello del Salem State College, in Massachussetts. Una Power Forward da poco più di 185 centimetri, finalizzata solamente su rimbalzi e difesa, capace di tascinare la squadra da capitano a due titoli consecutivi di Division III e alla prima partecipazione alla March Madness NCAA nella storia del College.

Solamente pochi anni sul parquet, poi il passaggio diretto in panchina, prima da assistente e poi da head coach. Il nome di Thibodeau stava iniziando a girare tra i taccuini e dopo altri quattro anni da assistente ad Harvard, arriva la prima chiamata tra i grandi. Il destino lo porta a Minneapolis, nel 1989, dove Bill Musselman, il suo primo vero mentore, lo sceglie nel suo staff per affrontare due difficili stagioni in NBA. Thibs continuerà per ben 21 anni la carriera da assistant-coach passando anche per San Antonio, Philadelphia, Houston, Boston e ovviamente New York.
Eric Musselman, figlio di Bill ed ex allenatore di Warriors e Kings, raccontò più volte del grande rispetto che si era creato tra i due: “Mio padre aveva visto qualcosa in Tom, non lo mise dietro la panchina o a fare lo scout. Per qualche motivo vide in Thibs un assistant-coach da NBA e lo mise al suo fianco fin da subito. Un trentunenne da Harvard, non sono cose che succedono tutti i giorni, se ci pensiamo ora sembra una pazzia.”

Le occasioni per andarsi a prendere una sua panchina non mancarono in quei due decenni, ma l’ossessione per il gioco “spaventava” chiunque gli proponesse un colloquio. Jeff Van Gundy, che portò Thibodeau nel suo staff sia a New York che a Houston, aveva capito che alla lunga sarebbe potuto diventare un problema per la sua carriera. I presidenti erano alla ricerca di gente che avesse anche interessi al di fuori dello sport e a domande di questo genere Thibs non sapeva come rispondere.
“Devi trovarti un f*****o hobby Tom. Digli che collezioni francobolli. Non so se interessa a qualcuno ma digli che collezioni francobolli!.”
Jeff Van Gundy

Bisognerà aspettare il 2010 per vedere per la prima volta Tom Thibodeau sedere da capo allenatore su una panchina NBA, quella dei Chicago Bulls. La cosa a non essere mai cambiata nella mente di una delle figure più controverse della storia recente della Lega, è la sua dedizione al lavoro. Una dedizione che supera di gran lunga quella di ogni allenatore presente in NBA, ma che per tanti motivi non lo ha mai portato a consacrarsi tra i migliori.
Una passione diventata ossessione, potremmo dire. Probabilmente nessuno può essere in grado di giudicare se la linea che Thibodeau ha certamente superato lo abbia portato ad essere un allenatore “superiore” o sia diventato un handicap nella sua carriera. A Chicago e Minnesota l’ambiente creato da coach Thibs è sempre stato al limite, condizionato da giocatori che non gradivano alcune pratiche messe in atto dall’allenatore. Secondo alcuni insider, capitava che potesse entrare in qualche stanza sbattendo la porta e urlando: “Che c***o state facendo?” prima di cominciare a parlare di basket. Solo e unicamente di basket.
Nottate passate a guardare video e partite, studiando ogni singolo dettaglio dell’avversario successivo. Jim Boeheim, allenatore di Siracuse ed ex collega di Thibodeau nello staff del Team USA, ha raccontato di come si lavorasse durante le Olimpiadi 2016:
“Qualche scouting report, qualche video e qualche partita, ed erano già le 4 di mattina. A quel punto io e gli altri dello staff andavamo a dormire, per me cinque ore di preparazione contro una squadra che batterai di 50 punti sono sufficienti! L’unico che restava in piedi insieme a Coach K era Tom, loro continuavano a lavorare per ore mentre noi eravamo già a letto.”
Jim Boeheim
L’obiettivo era sempre lo stesso: farsi domande e trovare risposte, solo così si sarebbe potuta preparare al massimo la prossima partita.

Quello di cui siamo certi è che la mentalità che lo ha sempre contraddistinto abbia giocato un ruolo fondamentale nella scelta dei Knicks, molto di più del piano tecnico, del quale siamo pronti a discutere.
Le tre chiavi di una reunion annunciata.
È necessario essere chiari fin da subito: le possibilità che il fit tra i Knicks e Thibodeau si possano tramutare in un’accoppiata vincente sono basse. La scelta di Leon Rose di offrire la panchina ad un allenatore navigato sembra andare contro a tutti gli obiettivi che dovrebbe avere una squadra in rebuilding. Il problema vero è che i Knicks non saranno mai realmente in rebulding e i loro ultimi vent’anni caratterizzati dalla gestione Dolan ne sono la più chiara dimostrazione. Detto questo, è obbligatorio che davanti ad un nuovo cambio di rotta si debbano valutare tutti i pro e i contro che una scelta come quella di Thibs può comportare.
1) La gestione dei minutaggi.
Le preoccupazioni più grandi legate a Thibodeau sono ovviamente quelle relative ai minutaggi. Guardando solamente alla sua ultima esperienza con i Timberwolves, è facile vedere come nella stagione 2016-17 Minnie avesse ben tre giocatori con più di 37 minuti di media: Zach LaVine, Andrew Wiggins e Karl-Anthony Towns. A farne le spese quell’anno fu LaVine con un grave infortunio al ginocchio, mentre Wiggins e Towns riuscirono a resistere giocando l’intera regular season.

Detto questo è giusto far notare come una flessione positiva ci sia stata durante la seconda stagione. Towns passò a 35.6 mpg mentre Wiggins a 34.8 mpg. Se confrontati per esempio ai minutaggi medi della stagione NBA in corso, i due si troverebbero tra l’ottavo e il quindicesimo posto, al pari di giocatori come Trae Young o Shai Gilgeous-Alexander, entrambi solamente al secondo anno nella Lega.
Certamente nell’era del load management una gestione aggressiva dei minutaggi non può però più essere accettata. Lo stesso Thibs in una delle ultime interviste aveva parlato di come gli “scienziati” stiano diventando sempre più importanti dell’economia delle squadre. Ecco perchè appare impensabile credere che l’ex coach di Minnie possa realmente riproporre anche ai Knicks delle rotazioni in stile Bulls 2011.
2) I problemi di comunicazione.
Il punto relativo alla comunicazione è certamente quello che potrebbe creare più problemi a Thibodeau. New York rimane e rimarrà il mercato più grande della Lega nonostante tutto, il che ha sempre creato problemi nelle relazioni tra i media e gli svariati allenatori passati negli ultimi vent’anni. La pazienza è poca e basta un niente per aprire processi e distruggere velocemente l’ambiente dall’esterno.
Se da una parte i Knicks avranno a guidarli, per la prima volta dopo tanto tempo, un nome con le spalle abbastanza larghe per reggere l’urto con la città, dall’altra Thibodeau dovrà mostrare progressi anche all’interno dello spogliatoio. Gli errori comunicativi commessi in Minnesota non potranno riproporsi in una franchigia come quella arancio-blu, nella quale una piccola crepa diventerebbe una spaccatura letale nel giro di poco tempo.
Dalla sua parte Thibs avrà certamente il vantaggio di essere solo e unicamente il coach di questi Knicks. Basta ruoli presidenziali, solamente il campo come unico giudice. La “Jimmy Butler saga” è stato certamente il turning point della sua esperienza a Minneapolis, capace di portare alla lunga e dolorosa separazione con i T-wolves. L’unica cosa sicura di una vicenda mai realmente chiara agli occhi di tutti, è stata la gestione fallimentare dal punto di vista disciplinare dello stesso Thibodeau, incapace di usare il pugno duro contro il suo pupillo anche quando sarebbe stato necessario per salvare la nave.
A New York, almeno per il momento, non figurano giocatori con un carattere ed uno status così elevato da poter rischiare di incorrere in altre situazioni simili, il che, almeno sulla carta, avvantaggerà in maniera significativa i primi mesi di lavoro per Thibs.
3) Lo sviluppo dei giovani.
La terza ed ultima chiave è probabilmente la più importante: la crescita dello young core. Come scritto in precedenza, Thibodeau non è certamente l’uomo che ti aspetti di vedere sulla panchina di una squadra in ricostruzione. Detto questo, quando gli unici sette contratti interamente garantiti per la prossima stagione hanno una media di 21 anni, è chiaro come il successo dei Knicks e dello stesso Thibs sia strettamente legato al fatto che questi giovani facciano dei passi importanti nel loro sviluppo.
Lo stesso Thibodeau aveva fatto intendere come un programma di sviluppo di alto livello fosse fondamentale per la crescita della squadra: “Penso sia fondamentale che i giovani giochino tanto. Se i ragazzi non avranno a disposizione un numero di minuti sufficiente per crescere utilizzeremo la G-League. Ormai è una parte importante della Lega e proveremo a sfruttarla al massimo.”
Craig Robinson, addetto al Player Development e alle operazioni della G-League, non sarà più all’interno dell’organizzazione dopo le ultime stagioni fallimentari e i Knicks, a questo proposito, hanno fatto sapere di avere intenzione di assumere un numero considerevole di addetti allo sviluppo, oltre agli assistenti dello staff di Thibs.
All’interno dello staff è arrivato infatti un nome di primo livello come quello di Kenny Payne, che dopo la lunga esperienza a Kentucky diventerà l’assistant-coach più pagato della Lega: più di Tyronn Lue e Jason Kidd per fare due nomi. Payne avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo dei giovani e si prenderà carico della crescita in primis di Mitchell Robinson, dopo aver lavorato al player development di lunghi come Anthony Davis e lo stesso Karl-Anthony Towns. Inoltre Payne da Kentucky ritroverà Kevin Knox, che dopo una stagione molto complessa avrà un’occasione unica con uno degli uomini che sono stati capaci di dargli le basi per lanciarlo in NBA.
La sensazione è che il nuovo front office voglia colmare le possibili mancanze di Thibodeau sul fronte dello sviluppo, assumendo uno staff di primo livello in grado di poter essere complementare con le caratteristiche del tecnico. Solo il campo ci dirà se sarà sufficiente a rendere finalmente New York un terreno fertile per la crescita dei giovani.
Come sarà il nuovo attacco dei Knicks?
Sarà interessante capire quali potrebbero essere le caratteristiche dei nuovi Knicks di Thibodeau. Paradossalmente nell’esperienza a Minnesota è stato più facile trovare la quadra dell’attacco rispetto a quella della difesa, grazie soprattutto al talento offensivo su cui poteva contare il roster. Durante queste tre stagioni i Timberwolves hanno sempre avuto un Offensive Rating superiore a 109.5, arrivando ad essere il quarto miglior attacco della Lega nel 2017-18, con 113.4 punti di media ogni 100 possessi.
A Thibodeau viene comunque rimproverata una poca propensione per una modernizzazione del gioco, il che è in parte giustificato dai numeri. Per numero di tentativi dall’arco, Minnie si è sempre trovata nel fondo della Lega durante le scorse tre annate, nonostante un progressivo aumento delle conclusioni da 21 a 28.7. Solamente tre squadre durante la stagione in corso hanno preso meno di 30 tiri da tre a partita: i San Antonio Spurs, gli Indiana Pacers e, per l’appunto, i New York Knicks.
Un minimo tentativo di vedere un gioco più consono rispetto agli stardard della Lega odierna lo possiamo invece notare nel pace, passato da 96.0 a 100.2 in una sola stagione. Le squadre di Thibs hanno sempre tenuto un pace molto basso rispetto alle medie della Lega, mentre nell’ultima stagione erano saliti fino al dodicesimo posto.
Ecco qualche situazione che potremmo rivedere proposta durante la prossima stagione.
In questo caso si nota subito il lavoro di Towns in fase di costruzione offensiva: prima porta via il difensore e provoca il blocco di Wiggins, che taglia immediatamente a centro area. Una volta raddoppiato e ricevuta palla sul perimetro scarica immediatamente per l’uomo libero al ferro. Azione basilare ma efficace che potrebbe vedersi riproposta con altri protagonisti.
Un altro gioco utilizzato moltissimo da Thibs sia a Chicago che a Minnie è basato sul pick and roll sul lato. Non avendo un giocatore fatto e finito con caratteristiche simili a quelle di Butler, è probabile che si lavorerà subito per rendere Barrett un portatore di palla affidabile, anche se molto dipenderà dal Draft di Ottobre e dalla scelta che farà New York.
In questo caso, nonostante la buona difesa dei Grizzlies, Butler avrebbe la possibilità di servire subito Towns dopo il blocco ma sceglie saggiamente di andare sul fondo. Una volta raddoppiato sulla linea trova KAT sotto canestro, in una posizione certamente più pericolosa rispetto alla precedente. Schemi di questo genere venivano usati molto anche con Taj Gibson come bloccante, giocatore che probabilmente Thibodeau ritroverà l’anno prossimo.
Nelle ultime partite stagionali anche lo stesso Mike Miller aveva provato a dare fiducia ad RJ come play, disegnandogli più giochi per penetrare facilmente in area. Nella clip qui sotto possiamo notare il doppio blocco portato da Payton e Randle per un’entrata a canestro senza troppe difficoltà.
Situazione esattamente identica anche quella disegnata da Thibodeau per Butler, il quale ha qualche difficoltà in più a concludere per lo switch di Zubac.
Parlando invece di come potrebbe adattarsi Robinson sotto la gestione Thibs, andrebbe in parte guardato l’utilizzo di Towns. Ovviamente non sono giocatori paragonabili, avendo caratteristiche differenti e un bagaglio tecnico che non permette al giocatore dei Knicks di avere la scelta quasi infinita di soluzioni offensive di cui gode KAT. Lavorando con Payne, Robinson si focalizzerà certamente sul gioco in post e sulle skills offensive necessarie per iniziare un serio percorso di crescita in attacco.
Le abilità di palleggio permettono a Towns di effettuare giocate di questo tipo senza grossi problemi, ma è probabile che la prossima stagione vedremo anche Robinson mettere di più la palla a terra. In questo caso il centro dei T-wolves va a bloccare su Bogdanovic per creare separazione e lasciare un tiro aperto al compagno.
L’ICE funziona ancora?
L’urlo di battaglia di Thibodeau. Nei cinque anni a Chicago i commentatori dello United Center hanno sentito quella parola più di ogni altra. Con l’espressione ICE si fa riferimento al principio fondamentale su cui si è basata la fortezza dei Bulls tra il 2010 e il 2015. Un principio semplice ma efficace solo se svolto alla perfezione e sul qualche Thibs ha passato anni di studio maniacale. Nel momento in cui l’attacco svolge un P&R sul lato i difensori spingono il palleggiatore sul fondo, impedendo che si possa chiudere il gioco a due o che l’attaccante si possa spostare a centro area. In questo modo il difensore del bloccante chiude la penetrazione in aiuto e l’attaccante si ritrova “ghiacciato” sul fondo. Se svolto alla perfezione il risultato provoca una palla persa o un passaggio forzato. Nella clip sottostante due chiare situazioni di ICE dei Bulls di Thibodeau.
La domanda che in molti si sono posti durante la sua seconda esperienza da head coach è chiara: i principi difensivi sviluppati a Chicago sono ancora efficaci in una Lega in continua evoluzione? I Bulls con Thibs hanno potuto figurare per quattro anni consecutivi in Top six per Defensive Rating, a differenza dei Timberwolves, che hanno faticato in maniera esponenziale trovandosi quasi sempre tra gli ultimi del ranking.
Molto sicuramente è dipeso dai giocatori a disposizione di Thibodeau. Con l’arrivo di Robert Covington e Dario Saric, nella trade che aveva spedito Butler a Philadelphia, i Wolves erano riusciti a cambiare marcia nella loro metà campo. Le ultime 26 partite di Thibs sulla panchina di Minnesota recitavano un record di 14-12 ed un defensive rating da Top ten. Detto questo è chiaro che di errori ne siano stati commessi molti e che valutando complessivamente le tre annate la difesa di squadra è stata totalmente insufficiente. Ecco alcune clip che mostrano delle situazioni tipo sofferte dai T-wolves di Thibodeau.
Come si può notare immediatamente questa è una situazione di ICE. Kaminsky e Walker effettuano un pick and roll sul lato, ma Kemba viene subito schiacciato sul fondo dall’ottimo lavoro di Teague e Bjelica, che negano sia il gioco a due che l’attacco al ferro. Il problema in questo caso è che obbligatoriamente servirà un terzo difensore in aiuto, in questo caso Dieng, e il passaggio di Walker diventa scontato nell’angolo per un tiro wide open. Anche se Crawford fosse rimasto sull’uomo sarebbe bastato un’altro extra-pass per Lamb, con lo stesso risultato di un tiro aperto con metri di spazio.
La domanda ritorna: l’ICE funziona ancora come 10 anni fa? Una squadra nel 2020 può basarsi ancora su questo principio come cardine per la propria difesa? La risposta è ovvia: no. Siamo sempre più abituati a vedere quintetti bassi e ormai le squadre basano il proprio attacco sull’avere quattro o addirittura cinque tiratori affidabili dal perimetro. Ovviamente questo pochi anni fa non era ancora così marcato e per questo i Bulls potevano puntare così tanto sul costringere il play avversario a scaricare sul lungo a centro area o addirittura fuori, zone dove non potevano essere pericolosi per la difesa. Il gioco è cambiato e i modi per aggirare una difesa ICE sono sempre di più. Anche per questo motivo Minnesota negli anni di Thibodeau è stata una delle peggiori difese perimetrali della Lega, lasciando sempre più del 36.6% da tre punti agli avversari.
Anche in questa clip troviamo una difesa ICE. Se il passaggio dietro la schiena di DJ Augustin fosse stato più preciso ci sarebbe stato un tiro aperto per Speights, un lungo da 36% da tre in carriera, non proprio l’ultimo giocatore che vorresti lasciare libero sul perimetro. L’errore successivo è quello di Muhammad che corre in aiuto per raddoppiare Speights a centro area, una posizione dove era chiaramente meno pericoloso, lasciando Simmons libero dall’arco.
I miglioramenti nella difesa di Thibodeau si sono visti principalmente su aiuti e rotazioni. In entrambe le clip sottostanti è facile notare come la presenza di giocatori in grado di marcare più di un ruolo senza grandi difficoltà abbiano spinto Thibs a chiamare tanti switches, sia sul palleggiatore che off the ball, per mettere in difficoltà l’attacco.
A New York figurano pochi giocatori in grado di poter cambiare con facilità su due o tre ruoli. Oltre a Ntilikina, solamente Bullock, Gibson e parzialmente Barrett hanno le caratteristiche fisiche e tecniche per poter applicare una difesa di questo genere.
Thibodeau influenzerà il Draft dei Knicks?
La prima data segnata in rosso sul calendario del front office newyorkese è quella del prossimo 20 agosto. Con la Lottery ormai alle porte il risultato dell’estrazione ci darà una visione più chiara di quale potrà essere la scelta dei Knicks al Draft di ottobre. Sappiamo di quanto Thibodeau abbia una preferenza per ali fisiche con grande atletismo e le scelte di Okogie e Bates-Diop nel Draft 2018 ne sono la conferma. Nella classe 2020, giocatori con un identikit simile potrebbero essere Isaac Okoro e, in parte, Anthony Edwards.
Nonostante questo, i Knicks sembrano focalizzati sulla scelta di una point guard e, se il destino dovesse finalmente voltarsi verso la Grande Mela, non ci sarebbero molti dubbi sull’arrivo di LaMelo Ball. Ecco le percentuali con cui si presenta New York alla Lottery di giovedì.

Sarà dura, ma Thibodeau è pronto ad affrontare il terzo, e probabilmente ultimo, capitolo della sua carriera da head coach. Lo farà a New York, sulla panchina più spinosa della Lega, in una città che da vent’anni aspetta una svolta mai arrivata, per dimostrare di non essere uno tra i tanti.
Thibs-Knicks, here we go.